Riflessioni sul dottorato
Ciao a tutti,
sono un neolaureato in matematica e chiaramente mi si presenta la scelta di intraprendere un corso di dottorato.
Sto riflettendo sulla politica di ammissione. Chiedere un progetto di ricerca per ammettere ad un corso che deve formare proprio in tal senso mi sembra molto discutibile. È vero che in università e soprattuto nella vita conta molto l’intraprendenza, ma come posso presentare una domanda di ammissione seria e poter essere distinto tra le numerose candidature? Sono giovane e inesperto e sopratutto la ricerca non garantisce appunto risultati certi. Conta di più essere affiancato da un professore di alto livello rispetto alle proprie capacità?
Da quel che so solo la SISSA a Trieste mantiene il test scritto e ho scoperto purtroppo che anche la Normale ha adottato il formato progetto di ricerca. Forse in questo modo si premia chi fin da giovane età si è impegnato garantendo un percorso di eccellenza, ma devo dire che avrei dato tutto me stesso per prepararmi a un eventuale test a Pisa ora che ho una maturità completamente diversa e sarebbe stata per me una grande emozione.
Cosa ne pensate? Bisogna farsi furbi?
sono un neolaureato in matematica e chiaramente mi si presenta la scelta di intraprendere un corso di dottorato.
Sto riflettendo sulla politica di ammissione. Chiedere un progetto di ricerca per ammettere ad un corso che deve formare proprio in tal senso mi sembra molto discutibile. È vero che in università e soprattuto nella vita conta molto l’intraprendenza, ma come posso presentare una domanda di ammissione seria e poter essere distinto tra le numerose candidature? Sono giovane e inesperto e sopratutto la ricerca non garantisce appunto risultati certi. Conta di più essere affiancato da un professore di alto livello rispetto alle proprie capacità?
Da quel che so solo la SISSA a Trieste mantiene il test scritto e ho scoperto purtroppo che anche la Normale ha adottato il formato progetto di ricerca. Forse in questo modo si premia chi fin da giovane età si è impegnato garantendo un percorso di eccellenza, ma devo dire che avrei dato tutto me stesso per prepararmi a un eventuale test a Pisa ora che ho una maturità completamente diversa e sarebbe stata per me una grande emozione.
Cosa ne pensate? Bisogna farsi furbi?
Risposte
"megas_archon":Ma quando finisci di scrivere rileggi quello che hai scritto? Ma lo sai che al di fuori di te ci sono persone diverse da te? Mi sembra che stai cercando di indottrinare la gente ad essere come te. Ognuno ha il suo percorso. L'uccisione dell'autorità si deve fare subito (al primo anno di università), più tardi la uccidi più avrai problemi con essa. Un relatore non è un capo, non ne devo uccidere l'autorità, è una guida. In ogni caso ognuno è libero di pensarla come vuole, tu stai solo imponendo i tuoi punti di vista come fossero la verità. Non capisci che il tuo modo di porti è tossico? Ognuno fa come gli pare. Dai per favore. Poi "palle mosce" lo dici a tuo fratello, non a persone che neanche conosci, grazie.
Ora, semplicemente: adesso che sono vecchio e stanco e incattivito dall'idiozia insanabile di chi mi circonda, mi aspetto che chi non abbia fatto un simile percorso di acquisizione dell'indipendenza sia da trattare alla stregua del suddetto cercopiteco, perché io non mi sono certo comportato così per apparire più bravo; l'ho fatto perché ritenevo e ritengo che chi non ha la forza d'animo di farlo sia una bestia, e da bestia vada trattato, inflessibilmente, senza sconti, con onesta crudeltà.
la differenza è che la faccio con le palle zincateMa taci per favore. Non sai neanche di cosa parli. Il fatto che tu abbia raggiunto un'autonomia di pensiero non significa che gli altri non l'abbiano raggiunta. Ma chi ti credi di essere?
... quello che ho preteso rompendo i coglioni fino alla nausea a chiunque mi stesse intorno, è che non mi facessero perdere tempo con le loro domande del ****, e mi mostrassero come diventare capace di fare le mie cose nel mio modo; e spesso mi sono confrontato con gente che era del tutto inabile a farlo, perché addestrava barboncini a saltare sempre più in alto più forte loro battevan le mani. Ho sorriso di circostanza e sono passato oltre, proprio per evitare di perdere tempo.
Ma siamo tutti passati da cose di questo tipo, e allora? Dovevamo forse vantarci su un forum di essere strafighi e ognuno per sé? Boh.
"megas_archon":
Quello che sto dicendo è molto semplice: a uno studente di dottorato non devi "insegnare come si gioca a tennis"; quello che hai davanti è un adulto già pienamente formato. Un tuo pari in tutto e per tutto, solo acerbo.
"megas_archon":
Una persona che ha "a malapena letto un articolo" è certamente troppo immatura per questo, e del resto, come potrebbe essere altrimenti? Averne letti centinaia (tutti quelli che riguardano il corpo della tesi che si scrive, che è per lo più un lavoro di survey di un fatto noto, che lo riordina e organizza i prerequisiti in un posto solo...) è il requisito essenziale ad avere terminato con profitto una laurea magistrale, e la capacità di navigarli rapidamente, senza fermarsi al particolare ma incamerando le informazioni in modo trasversale, l'unico modo di decidere a un livello superficiale chi far entrare nell'accademia e chi no: in breve, "fare esercizi complessi" è quella cosa che 'sti benedetti wannabe dottorandi devono già aver fatto fino alla nausea, non la cosa che nei successivi 4 anni devono imparare a fare, ancora di più e ancora più forte (sembra il classico adagio "non importa dove andiamo, basta che ci arriviamo correndo"...).
Ti giuro, siamo coetanei ma mi sembra che tu abbia preso la laurea magistrale in un luogo dalle coordinate spaziotemporali assai differenti. Uno studente di dottorato agli inizi è uno che ha dovuto fare una trentina-quarantina di esami in 5 anni, alcuni dei quali completamente inutili ma obbligatori e ha avuto qualche mese per scrivere una tesi perlopiù compilativa, il che quando va bene significa che ha letto un articolo più o meno recente e ha provato ad assorbirne qualcosa. Questo non è un adulto formato, è un ragazzo (ti ricordo che ti sei laureato a 23 anni, non a 33) che si affaccia al mondo della ricerca. Compito del relatore è insegnargli ad affrontarla, cosa per la quale non esiste un'unica via, ma che non può prescindere dal fare almeno qualche noioso esercizio.
Il modello di matematico che descrivi tu è senza ombra di dubbio ammirevole e sono d'accordo con te al 100% che è il modello a cui sarebbe giusto che tutti ambiscano; quello che trovo fuori di testa è aspettarsi che un neolaureato sia così. Non metto in dubbio che esistano degli studenti così (anche se permettimi di dubitare del fatto che tu abbia letto centinaia di articoli a quell'età), gli Scholze grazie al cielo ogni tanto vengono fuori, dico che è un'aspettativa irrealistica e pure un po' dannosa, perchè se dovessi estromettere dal dottorato chi "non ha una propria visione della matematica" a 23 anni estrometteresti anche delle persone che crescendo forniranno dei contributi di grande valore. E questa per me è l'unica cosa che conta; siamo pagati per far progredire la conoscenza, non importa con quale visione.
"megas_archon":
A me hanno dato un dottorato per un'idea mia, a cui ho voluto lavorare io,
E al 99% dei dottorandi, e lo sai benissimo, viene dato un progetto del relatore, e i dottorandi bravi ci lavorano, lo risolvono e da lì partono per la propria strada. E magari arrivano molto più in là di dove sarebbero arrivati da soli. Bada bene, non sto dicendo che questa sia la via giusta da seguire, sto dicendo che demonizzarla come una cosa da palle mosce è una stupidaggine sesquipedale.
"megas_archon":
Ma voi, che diavolo di scusa avete per avere le palle così mosce?
Ditemi: voi cosa **** facevate quando studiavate durante la laurea?
Io personalmente un po' studiavo un po' mi facevo una sana dose di cazzi miei, e sono contento di averlo fatto perchè poi sono cresciuto, tra tutti i miei difetti, senza diventare uno di quegli zombie che si incontrano alle conferenze che hanno una conoscenza enciclopedica di vaste aree della matematica ma non sanno fare una lavatrice o non vanno in vacanza per stare a casa a lavorare. Suvvia, di Ramanujan, Gauss, Tao, Serre ce n'è uno ogni tanto, tutto il resto è noia.
"megas_archon":
Cioè: non è la matematica a doversi adattare ai bisogni delle persone o alle loro specificità, semmai al contrario, sono le persone a dover usare la matematica come mezzo di transustanziazione alchemica per migliorare sé stesse. Altrimenti facciano pure i ragionieri.
"megas_archon":
Come tale, non posso che plaudere al fatto che finalmente si cerca timidamente di suggerire che, se non sei capace di pensare in autonomia a una disciplina dopo 5 anni di pratica, forse dovresti considerare di non provare a diventare uno dei contributori al suo progresso, pena la cocente delusione di dover colmare, nei pochissimi anni di un dottorato, il gap tra te e l'autonomia di pensiero, nel mentre vittima del publish or perish.
Io sono pure d'accordo con te su questo eh, dico solamente che avere autonomia di pensiero e scrivere un progetto di ricerca significativo sono due step completamente differenti del processo di crescita personale.
Ahhahahh. Comunque ammiro tutti voi e le vostre conoscenze. Come un bambino che osserva meravigliato ed affascinato stimolato a capire anche lui tutto questo mondo.
Beh, no, Lui è così. Da sempre. Punto.
Quindi prendere o lasciare. Tertium non datur (almeno in questo caso
)
Quindi prendere o lasciare. Tertium non datur (almeno in questo caso

Ad essere sincero il tuo modo di ragionare così estremo atterrisce e qualche matematico timidone potrebbe mollare prima ancora di inziare di sfogliare il suo primo libro.
La mia domanda: è davvero necessario questo approccio? E' vero che siamo in tanti ed ognuno ha il suo proprio modo di vedere e concepire la scienza però questo modo spartano può divenire parecchio indigesto.
Cosa ti ha portato ad estramizzare le tue conoscenze?
La mia domanda: è davvero necessario questo approccio? E' vero che siamo in tanti ed ognuno ha il suo proprio modo di vedere e concepire la scienza però questo modo spartano può divenire parecchio indigesto.
Cosa ti ha portato ad estramizzare le tue conoscenze?
Vorrei anche che fosse chiaro che propongo questo muro di testo non per dirottare la conversazione o rovinarla, ma perché mi rendo conto del mio ruolo cardine di unica voce di una minoranza, all'interno di una comunità che è fatta prevalentemente da studenti ma che contiene anche alcuni adulti. Da adulti, il nostro compito è spartirci i sottogruppi di studenti allineati a una certa ideologia, per prenderli come apprendisti (questo è un accademico nel suo volto essoterico: uno spacciatore di ideologie)
Da che ho memoria io mi faccio voce di una visione della matematica che è minoritaria, che si basa sull'idea che tutti sono benvenuti a praticarla a patto che soddisfino alcuni requisiti minimi, pena l'imbastardimento della disciplina. Cioè: la matematica/chiesa è ordini di grandezza più importante delle persone, che sono i suoi sacerdoti. Chi si conforma a un'ortodossia e a certi standard di qualità, è benvenuto e dovrebbe avere meno ostacoli possibile. Gli altri, meh.
Cioè: non è la matematica a doversi adattare ai bisogni delle persone o alle loro specificità, semmai al contrario, sono le persone a dover usare la matematica come mezzo di transustanziazione alchemica per migliorare sé stesse. Altrimenti facciano pure i ragionieri.
In quanto fautore di un tale punto di vista, nel mio lavoro di docente/advisor faccio il possibile per selezionare con pungente elitarismo chi ritengo non sia in grado di servire nel mio beneamato corpo (qui si rispetta gentaglia come [espunto] e [espunto]: qui vige l'uguaglianza, qui non conta un **** nessuno). Ma poi, quando trovo qualcuno che desidera imparare, disgustato dalla mediocrità com'ero io, disgustato dalla propria mediocrità, faccio quello che è in mio umano potere per instradarlo e fargli fare la sua matematica; tanto per me è tutta uguale, non c'è veramente una gran differenza tra l'algebra, la logica, la geometria, l'analisi, la combinatoria.. sono dialetti di una lingua, ne parlo alcuni meglio di altri, non li parlerò mai tutti per limiti cerebrali e temporali, ma... ho cambiato radicalmente area di ricerca quattro volte, e non escludo accadrà una quinta. Perché le varie parti della matematica sono organi di un corpo: l'oggetto del mio studio è il corpo, e ho dedicato la mia carriera all'universalismo che è possibile a condizione si imparino le cose in un certo modo.
Come tale, non posso che plaudere al fatto che finalmente si cerca timidamente di suggerire che, se non sei capace di pensare in autonomia a una disciplina dopo 5 anni di pratica, forse dovresti considerare di non provare a diventare uno dei contributori al suo progresso, pena la cocente delusione di dover colmare, nei pochissimi anni di un dottorato, il gap tra te e l'autonomia di pensiero, nel mentre vittima del publish or perish.
Da che ho memoria io mi faccio voce di una visione della matematica che è minoritaria, che si basa sull'idea che tutti sono benvenuti a praticarla a patto che soddisfino alcuni requisiti minimi, pena l'imbastardimento della disciplina. Cioè: la matematica/chiesa è ordini di grandezza più importante delle persone, che sono i suoi sacerdoti. Chi si conforma a un'ortodossia e a certi standard di qualità, è benvenuto e dovrebbe avere meno ostacoli possibile. Gli altri, meh.
Cioè: non è la matematica a doversi adattare ai bisogni delle persone o alle loro specificità, semmai al contrario, sono le persone a dover usare la matematica come mezzo di transustanziazione alchemica per migliorare sé stesse. Altrimenti facciano pure i ragionieri.
In quanto fautore di un tale punto di vista, nel mio lavoro di docente/advisor faccio il possibile per selezionare con pungente elitarismo chi ritengo non sia in grado di servire nel mio beneamato corpo (qui si rispetta gentaglia come [espunto] e [espunto]: qui vige l'uguaglianza, qui non conta un **** nessuno). Ma poi, quando trovo qualcuno che desidera imparare, disgustato dalla mediocrità com'ero io, disgustato dalla propria mediocrità, faccio quello che è in mio umano potere per instradarlo e fargli fare la sua matematica; tanto per me è tutta uguale, non c'è veramente una gran differenza tra l'algebra, la logica, la geometria, l'analisi, la combinatoria.. sono dialetti di una lingua, ne parlo alcuni meglio di altri, non li parlerò mai tutti per limiti cerebrali e temporali, ma... ho cambiato radicalmente area di ricerca quattro volte, e non escludo accadrà una quinta. Perché le varie parti della matematica sono organi di un corpo: l'oggetto del mio studio è il corpo, e ho dedicato la mia carriera all'universalismo che è possibile a condizione si imparino le cose in un certo modo.
Come tale, non posso che plaudere al fatto che finalmente si cerca timidamente di suggerire che, se non sei capace di pensare in autonomia a una disciplina dopo 5 anni di pratica, forse dovresti considerare di non provare a diventare uno dei contributori al suo progresso, pena la cocente delusione di dover colmare, nei pochissimi anni di un dottorato, il gap tra te e l'autonomia di pensiero, nel mentre vittima del publish or perish.
Stai descrivendo la grande dicotomia tra i due tipi di matematici. Ma evitiamo di andare fuori tema, sono stanco, oggi ho (appunto!) fatto esercizi molto difficili tutto il giorno, guidati dalla visione di voler dimostrare qualcosa parte di un piano più ampio.
Quello che sto dicendo è molto semplice: a uno studente di dottorato non devi "insegnare come si gioca a tennis"; quello che hai davanti è un adulto già pienamente formato. Un tuo pari in tutto e per tutto, solo acerbo. A costei devi semmai insegnare una maniera di generare "giochi", ora che ne ha visti trilioni (vero? altrimenti che minchia ha fatto tutto il tempo? Dato esami di analisi numerica o finanza?) dando nel frattempo una definizione formale e limiti epistemici precisi a cosa significa esattamente "gioco". Una volta si chiamava "la maturità" perché arrivavi maturo ed eri un adulto; adesso sembra sia legittimo che un@ che vuole iniziare un dottorato stia ancora attaccat@ alla tetta del genitore 2. Rigetto questa ideologia con un conato di vomito.
Anche un cercopiteco impara, per estenuante iterazione, a eseguire il gesto tecnico; a te sembra sufficiente, mentre per me è necessario, ma serve ben altro(TM) per stabilire chi sia un buono studente. Intuire cosa quei gesti significano è il prerequisito, e capirlo veramente il punto di arrivo, di un percorso come un dottorato, che deve formare un individuo capace di contribuire in maniera autonoma al progresso della disciplina cui presta le mani.
Una persona che ha "a malapena letto un articolo" è certamente troppo immatura per questo, e del resto, come potrebbe essere altrimenti? Averne letti centinaia (tutti quelli che riguardano il corpo della tesi che si scrive, che è per lo più un lavoro di survey di un fatto noto, che lo riordina e organizza i prerequisiti in un posto solo...) è il requisito essenziale ad avere terminato con profitto una laurea magistrale, e la capacità di navigarli rapidamente, senza fermarsi al particolare ma incamerando le informazioni in modo trasversale, l'unico modo di decidere a un livello superficiale chi far entrare nell'accademia e chi no: in breve, "fare esercizi complessi" è quella cosa che 'sti benedetti wannabe dottorandi devono già aver fatto fino alla nausea, non la cosa che nei successivi 4 anni devono imparare a fare, ancora di più e ancora più forte (sembra il classico adagio "non importa dove andiamo, basta che ci arriviamo correndo"...).
A me hanno dato un dottorato per un'idea mia, a cui ho voluto lavorare io, dopo essere stato ovviamente indirizzato da un relatore verso una macroarea, ma anche dopo aver setacciato la letteratura senza aspettare mi venisse detto cosa fare, dopo essermi fatto un'idea personale delle cose, averle rielaborate criticamente [cioè dopo essermi incazzato con i guru della suddetta macroarea, che venivano chiamati "i maggiori geometri della generazione corrente" e sono invece cialtroni illetterati], averle sussunte in un linguaggio personale, e averle amalgamate in maniera creativa nel cercare di dimostrare una congettura che ho formulato per il semplice fatto di aver notato che due dei 1389024 papers che ho ingurgitato riflettendo su ciò che leggevo parlavano senza saperlo della [url=https://ih1.redbubble.net/image.2034772688.1723/raf,360x360,075,t,fafafa:ca443f4786.jpg]stessa dannata cosa.[/url]
Per fortuna poi che OP l'ha preso nell'unico modo sensato, il mio invito a non frignare: come uno sprone a fare del proprio meglio, perché essere padroni della propria formazione è profondamente empowering, come una scossa di spalle e un invito a provare a fare una roba nuova con la propria testa: usarla senza rotelle.
Ma voi, che diavolo di scusa avete per [///essere così poco assertivi///]?
Ditemi: voi cosa **** facevate quando studiavate durante la laurea? Io ho passato gli anni prendendo in prestito libri in biblioteca. Quelle competenze sbilenche e senza alcun baricentro mi hanno però riempito la testa di parole chiave: questo mi piace, questo non mi piace, questo è un mistero, questo è impenetrabile, questo è banale. Questo somiglia a... Questo sembra solo un caso particolare di... Voi cosa avete fatto? Avete aspettato che un'altra persona vi dicesse cosa fare e come farlo? Vi siete fidati del fatto che XYZ vi ha detto che la Congettura della Fagiana Arrosto è un importantissimo problema per la scuola parmense di teoria del controllo? Fate come volete, ma questo è camminare all'ombra del proprio maestro, che invece personalmente io ho deciso di ammazzare e trascendere -ho trattato da pari il mio relatore, che ha ricambiato trattandomi da pari e proponendo di lavorare insieme su un problema condiviso; mi ha insegnato, semmai, a limitare la mia creatività mettendola a terra, cioè al servizio di un obiettivo realistico, così come a fottermene di questo sottotesto (squisitamente figlio di una scuola matematica in particolare) che sento spesso associare alla matematica strutturale (che sia "fuffa", è tutto una questione di fare esercizi difficili, viva i problem solver, buuu i theory builder che si fanno le seghe su cose che neanche esistono lol).
Ora, semplicemente: adesso che sono vecchio e stanco e incattivito dall'idiozia insanabile di chi mi circonda, mi aspetto che chi non abbia fatto un simile percorso di acquisizione dell'indipendenza sia da trattare alla stregua del suddetto cercopiteco, perché io non mi sono certo comportato così per apparire più bravo; l'ho fatto perché ritenevo e ritengo che chi non ha la forza d'animo di farlo sia una bestia, e da bestia vada trattato, inflessibilmente, senza sconti, con onesta crudeltà.
Certo, io faccio una matematica particolare, sono un sadico e uno psicopatico (cosa che sembra ancora non vi entri in zucca), e le mie opinioni vanno pesate su questa tara. Ma sono qui, e faccio la stessa cosa che fate voi; la differenza è che la faccio con le palle zincate, e vorrei dire a OP che secondo me qualsiasi cosa sia meno di questo è una matematica adattata alla propria umanità, non una matematica che è strumento per trascenderla. Non ho mai permesso a nessuno di dirmi su cosa pensare; non serviva, lo sapevo benissimo da me. Semmai, quello che ho preteso rompendo i coglioni fino alla nausea a chiunque mi stesse intorno, è che non mi facessero perdere tempo con le loro domande del ****, e mi mostrassero come diventare capace di fare le mie cose nel mio modo; e spesso mi sono confrontato con gente che era del tutto inabile a farlo, perché addestrava barboncini a saltare sempre più in alto più forte loro battevan le mani. Ho sorriso di circostanza e sono passato oltre, proprio per evitare di perdere tempo.
Quello che sto dicendo è molto semplice: a uno studente di dottorato non devi "insegnare come si gioca a tennis"; quello che hai davanti è un adulto già pienamente formato. Un tuo pari in tutto e per tutto, solo acerbo. A costei devi semmai insegnare una maniera di generare "giochi", ora che ne ha visti trilioni (vero? altrimenti che minchia ha fatto tutto il tempo? Dato esami di analisi numerica o finanza?) dando nel frattempo una definizione formale e limiti epistemici precisi a cosa significa esattamente "gioco". Una volta si chiamava "la maturità" perché arrivavi maturo ed eri un adulto; adesso sembra sia legittimo che un@ che vuole iniziare un dottorato stia ancora attaccat@ alla tetta del genitore 2. Rigetto questa ideologia con un conato di vomito.
Anche un cercopiteco impara, per estenuante iterazione, a eseguire il gesto tecnico; a te sembra sufficiente, mentre per me è necessario, ma serve ben altro(TM) per stabilire chi sia un buono studente. Intuire cosa quei gesti significano è il prerequisito, e capirlo veramente il punto di arrivo, di un percorso come un dottorato, che deve formare un individuo capace di contribuire in maniera autonoma al progresso della disciplina cui presta le mani.
Una persona che ha "a malapena letto un articolo" è certamente troppo immatura per questo, e del resto, come potrebbe essere altrimenti? Averne letti centinaia (tutti quelli che riguardano il corpo della tesi che si scrive, che è per lo più un lavoro di survey di un fatto noto, che lo riordina e organizza i prerequisiti in un posto solo...) è il requisito essenziale ad avere terminato con profitto una laurea magistrale, e la capacità di navigarli rapidamente, senza fermarsi al particolare ma incamerando le informazioni in modo trasversale, l'unico modo di decidere a un livello superficiale chi far entrare nell'accademia e chi no: in breve, "fare esercizi complessi" è quella cosa che 'sti benedetti wannabe dottorandi devono già aver fatto fino alla nausea, non la cosa che nei successivi 4 anni devono imparare a fare, ancora di più e ancora più forte (sembra il classico adagio "non importa dove andiamo, basta che ci arriviamo correndo"...).
A me hanno dato un dottorato per un'idea mia, a cui ho voluto lavorare io, dopo essere stato ovviamente indirizzato da un relatore verso una macroarea, ma anche dopo aver setacciato la letteratura senza aspettare mi venisse detto cosa fare, dopo essermi fatto un'idea personale delle cose, averle rielaborate criticamente [cioè dopo essermi incazzato con i guru della suddetta macroarea, che venivano chiamati "i maggiori geometri della generazione corrente" e sono invece cialtroni illetterati], averle sussunte in un linguaggio personale, e averle amalgamate in maniera creativa nel cercare di dimostrare una congettura che ho formulato per il semplice fatto di aver notato che due dei 1389024 papers che ho ingurgitato riflettendo su ciò che leggevo parlavano senza saperlo della [url=https://ih1.redbubble.net/image.2034772688.1723/raf,360x360,075,t,fafafa:ca443f4786.jpg]stessa dannata cosa.[/url]
Per fortuna poi che OP l'ha preso nell'unico modo sensato, il mio invito a non frignare: come uno sprone a fare del proprio meglio, perché essere padroni della propria formazione è profondamente empowering, come una scossa di spalle e un invito a provare a fare una roba nuova con la propria testa: usarla senza rotelle.
Ma voi, che diavolo di scusa avete per [///essere così poco assertivi///]?
Ditemi: voi cosa **** facevate quando studiavate durante la laurea? Io ho passato gli anni prendendo in prestito libri in biblioteca. Quelle competenze sbilenche e senza alcun baricentro mi hanno però riempito la testa di parole chiave: questo mi piace, questo non mi piace, questo è un mistero, questo è impenetrabile, questo è banale. Questo somiglia a... Questo sembra solo un caso particolare di... Voi cosa avete fatto? Avete aspettato che un'altra persona vi dicesse cosa fare e come farlo? Vi siete fidati del fatto che XYZ vi ha detto che la Congettura della Fagiana Arrosto è un importantissimo problema per la scuola parmense di teoria del controllo? Fate come volete, ma questo è camminare all'ombra del proprio maestro, che invece personalmente io ho deciso di ammazzare e trascendere -ho trattato da pari il mio relatore, che ha ricambiato trattandomi da pari e proponendo di lavorare insieme su un problema condiviso; mi ha insegnato, semmai, a limitare la mia creatività mettendola a terra, cioè al servizio di un obiettivo realistico, così come a fottermene di questo sottotesto (squisitamente figlio di una scuola matematica in particolare) che sento spesso associare alla matematica strutturale (che sia "fuffa", è tutto una questione di fare esercizi difficili, viva i problem solver, buuu i theory builder che si fanno le seghe su cose che neanche esistono lol).
Ora, semplicemente: adesso che sono vecchio e stanco e incattivito dall'idiozia insanabile di chi mi circonda, mi aspetto che chi non abbia fatto un simile percorso di acquisizione dell'indipendenza sia da trattare alla stregua del suddetto cercopiteco, perché io non mi sono certo comportato così per apparire più bravo; l'ho fatto perché ritenevo e ritengo che chi non ha la forza d'animo di farlo sia una bestia, e da bestia vada trattato, inflessibilmente, senza sconti, con onesta crudeltà.
Certo, io faccio una matematica particolare, sono un sadico e uno psicopatico (cosa che sembra ancora non vi entri in zucca), e le mie opinioni vanno pesate su questa tara. Ma sono qui, e faccio la stessa cosa che fate voi; la differenza è che la faccio con le palle zincate, e vorrei dire a OP che secondo me qualsiasi cosa sia meno di questo è una matematica adattata alla propria umanità, non una matematica che è strumento per trascenderla. Non ho mai permesso a nessuno di dirmi su cosa pensare; non serviva, lo sapevo benissimo da me. Semmai, quello che ho preteso rompendo i coglioni fino alla nausea a chiunque mi stesse intorno, è che non mi facessero perdere tempo con le loro domande del ****, e mi mostrassero come diventare capace di fare le mie cose nel mio modo; e spesso mi sono confrontato con gente che era del tutto inabile a farlo, perché addestrava barboncini a saltare sempre più in alto più forte loro battevan le mani. Ho sorriso di circostanza e sono passato oltre, proprio per evitare di perdere tempo.
"megas_archon":
E come la valuti, senza prima controllare che la persona in questione sappia distinguersi la bocca dall'ano?
Stai dicendo che l'unico modo di valutare la motivazione è far scrivere a persone che a malapena avranno letto un articolo in vita loro un progetto di ricerca con una loro personale visione della matematica? Anzi mi stupisce il fatto che tu riesca a dare una valutazione basata su un compito del genere.
"megas_archon":Il punto di partenza è sempre risolvere degli esercizi complicati, tutto il resto sono super****le.No, non è vero e mi dispiace tu veda la cosa in modo così dicotomico: cosa credi, che io non insista anche e soprattutto sulla capacità tecnica quando devo decidere se qualcuno sarà un buono studente? Ma un matematico non è solo un artigiano, deve far sì che la padronanza del gesto tecnico (banale: basta studiare per apprenderla) risponda a una domanda di ampio respiro (non banale: per averne una si deve saper pensare correttamente).
E il compito di un buon tennista non è solo tirare la palla al di là della rete, è anche il comprendere gli aspetti sottili di tattica e strategia della partita. Ma se devo insegnare a qualcuno come si gioca a tennis, come prima cosa gli insegno come mettere la palla in campo, e questo avviene tramite esercizi noiosi: dritti e rovesci tutti uguali, a ripetizione, finchè la palla non va consistentemente di là dalla rete.
Tra l'altro, per tornare alla matematica, nella mia limitata esperienza ho conosciuto vari tipi di persone. Alcune erano mosse, come dici tu, dalla motivazione di fare qualcosa "di ampio respiro", al primo anno di dottorato parlavano di massimi sistemi, erano davvero entusiasti ed avevano "una loro visione della matematica". Altri erano mossi da un'ambizione molto più schietta e forse tu diresti abietta. Non parlavano granchè ma lavoravano sodo, risolvevano esercizi complicati. Dopo una decina d'anni, quelli del primo tipo avevano in linea di massima fallito, o abbandonato la matematica. Gli altri sono perlopiù diventati ottimi matematici, e hanno dato contributi profondamente originali alla matematica. Solo, l'hanno fatto dopo anni di fatiche silenziose.
Cioè se uno studente ha un progetto in mente dovrebbe aspettarsi di trovare un supervisore che gli fa fare il dottorato su quel progetto? Non credo proprio. L'aspetto molto positivo di uno studente che ha già idee su cosa ricercare è il fatto che ha una grande motivazione, e la motivazione è tutto.
Io personalmente se dovessi assumere un dottorando valuterei più di tutto la motivazione.E come la valuti, senza prima controllare che la persona in questione sappia distinguersi la bocca dall'ano?
Il punto di partenza è sempre risolvere degli esercizi complicati, tutto il resto sono super****le.No, non è vero e mi dispiace tu veda la cosa in modo così dicotomico: cosa credi, che io non insista anche e soprattutto sulla capacità tecnica quando devo decidere se qualcuno sarà un buono studente? Ma un matematico non è solo un artigiano, deve far sì che la padronanza del gesto tecnico (banale: basta studiare per apprenderla) risponda a una domanda di ampio respiro (non banale: per averne una si deve saper pensare correttamente). Il mio compito è insegnare allo studente a pensare in maniera igienica per realizzare il suo progetto, quale che esso sia.
Devo dire che le parole di megas_archon sono state molto motivanti e mi trovo in accordo. Poi mi rendo conto che devo scontrarmi con la realtà e passare dalle parole è molto difficile. Tra parentesi l’idea di leggere decine di articoli la trovo molto noiosa.
Comunque voi dite che in fin dei conti il progetto di ricerca non viene tanto considerato. Allora è inevitabile tornare alla domanda iniziale e chiedermi se devo puntare sulla simpatia dato che l’unico modo di valutare è proprio il progetto di ricerca. Nel frattempo il mio relatore mi ha proposto degli esercizi “scelti” di analisi 1,2 e funzionale che mi piacerebbe iniziare a fare, anche se vorrei approfondire anche altro.
Comunque se volete raccontarmi un po’ di più sulla vostra esperienza vi ascolto volentieri.
Comunque voi dite che in fin dei conti il progetto di ricerca non viene tanto considerato. Allora è inevitabile tornare alla domanda iniziale e chiedermi se devo puntare sulla simpatia dato che l’unico modo di valutare è proprio il progetto di ricerca. Nel frattempo il mio relatore mi ha proposto degli esercizi “scelti” di analisi 1,2 e funzionale che mi piacerebbe iniziare a fare, anche se vorrei approfondire anche altro.
Comunque se volete raccontarmi un po’ di più sulla vostra esperienza vi ascolto volentieri.
[ot]
haha, io continuo a non saperlo nemmeno dopo averlo finito[/ot]
"hydro":
Quando ho iniziato il dottorato non sapevo neanche da che parte fossi girato
haha, io continuo a non saperlo nemmeno dopo averlo finito[/ot]
Pensare in autonomia e’ sicuramente la competenza più importante, ma non ha nulla a che vedere con lo scrivere un progetto di ricerca senza averne le competenze. Io personalmente se dovessi assumere un dottorando valuterei più di tutto la motivazione. La visione personale della matematica si acquisisce negli anni, a volte nei decenni. Il punto di partenza è sempre risolvere degli esercizi complicati, tutto il resto sono super****le. Oppure studenti fenomenali.
Forse avrei dovuto dire "OP, non preoccuparti: fai fare a chatGPT il lavoro, rendilo credibile dandogli una letta o due, e mandalo senza farti troppe paranoie". Però sono stanco, amici, di vedere l'ortodossia della pratica matematica imputtanirsi anno dopo anno e questa minima autonomia non vederla nemmeno in tanti postdoc, che sono stati per 3-4 anni esecutori di esercizi complicati, invece di costruirsi una loro propria visione della matematica (e della sua prassi) complessiva e trasversale, e scegliendo a partire da quella i problemi su cui lavorare. Se non siete in grado di pensare da soli, ve lo insegniamo noi; se vi pesa il culo al pensiero di essere autonomi non fate un dottorato, vi prego.
Ho l'impressione non abbiate letto quello che ho scritto... Concordo che questo esercizio di scrittura non debba essere fondamentale, concordo che non ci verrà probabilmente dato alcun peso. È un modo come un altro per stabilire, in assenza di altri dati, come pensa il candidato. Non concordo con il lassismo nel lasciar frignare il candidato che crede che sia "molto discutibile" fare un assessment del genere a proposito delle sue capacità. Concordo che la matematica siamo piena di late bloomer, ma non mi piace chi si lamenta quando gli si chiede di pensare in autonomia: per quello che è il mio criterio nello scegliermi uno studente, l'impazienza di andare finalmente in bici senza rotelle è importante.
Mi dispiace non siate arrivati alla soglia di un dottorato già capaci di scegliere (e ho detto *scegliere*, non *risolvere*, com'è che non si è capito cosa ho detto?) in autonomia un problema su cui lavorare, ma mi fa piacere vi sia andata bene lo stesso.
Mi dispiace non siate arrivati alla soglia di un dottorato già capaci di scegliere (e ho detto *scegliere*, non *risolvere*, com'è che non si è capito cosa ho detto?) in autonomia un problema su cui lavorare, ma mi fa piacere vi sia andata bene lo stesso.
"Luca.Lussardi":
Attenzione kry_98, hai ricevuto opinioni sul dottorato molto discutibili, prendile con la dovuta cautela. Le esperienze di ciascuno di noi sono diverse e nessuna descrive la verità, io ho fatto il dottorato e non mi ritrovo in niente di ciò che ha scritto megas_archon.
Sono assolutamente d’accordo. Quando ho iniziato il dottorato non sapevo neanche da che parte fossi girato, figuriamoci saper scrivere anche solo un abbozzo di progetto di ricerca. Ci vuole tempo prima di iniziare a capire quali siano i problemi centrali della ricerca e come si facciano domande sensate. Non ci si aspetta che uno studente che inizia un dottorato sappia farlo, ci si aspetta che abbia una formazione di base molto solida e un metodo di studio efficace. Detto questo, se vuoi applicare per un dottorato che richiede un progetto, prova a scrivere ad un docente con cui ti interesserebbe lavorare e chiedi consiglio, può darsi che ti dia lui un’idea di progetto o che ti dica di non preoccuparti e che non è una cosa a cui viene dato grande peso.
Attenzione kry_98, hai ricevuto opinioni sul dottorato molto discutibili, prendile con la dovuta cautela. Le esperienze di ciascuno di noi sono diverse e nessuna descrive la verità, io ho fatto il dottorato e non mi ritrovo in niente di ciò che ha scritto megas_archon.
Tu dici:
Riguardo al primo punto, come puoi presentare una tale domanda? Molto semplice: dimostrando
Riguardo al secondo punto, nessuno si aspetta che tu ottenga dei risultati. Ci si aspetta tu sia capace di studiare in autonomia, e fare domande in autonomia, senza che qualcuno vomiti nella tua bocca delle idee di cui tu sei l'esecutore. Ci si aspetta tu formuli una congettura XOR descriva lo stato dell'arte riguardo ad un problema specifico (per poi estenderlo con l'aiuto del tuo relatore) XOR faccia una domanda del tipo "chissà cosa succede se si scontra con ?"
Per esempio, quando cercavo un relatore nell'ottobre 2012 (dopo essermi laureato a luglio di quell'anno), ho preparato un pdf e mandato ad alcune persone, scritto così:
Era una proposta fuori misura, ingenua, malcacata? Sono finito poi a fare tutt'altro? Ovviamente sì, e nessuno si aspetta di meno, proprio perché sei giovane e inesperto. Però citavo (molte) fonti correttamente, e formulavo una domanda vaga, ma anche ancorata a un corpo di letterature di pre-esistente, che dimostravo di avere almeno superficialmente letto.
Parliamoci chiaro: se non è ora il momento di valutare la tua capacità di ingaggiare con i problemi mettendo il **** sul tavolo con sicumera[nota]A questo si riduce l'essere un ricercatore: una lerp di umiltà -per non montarsi la testa- e arroganza -per non cadere in depressione o vittima della sindrome dell'impostore-[/nota], quando altro dovrebbe accadere? Il tuo lavoro da ora in poi consisterà nell'incamerare rapidamente le informazioni contenute in decine di articoli, spesso scritti molto male, senza avere il tempo di leggerli davvero, ma dovendo usare correttamente i loro risultati, sapendoli generalizzare se necessario. Imparare questa abilità, e l'arte sottile di fare una buona domanda, nonché acquisire la padronanza tecnica per rispondere a quella domanda, è qualcosa che deve aver già iniziato a succedere (durante una laurea magistrale, che prepara a quello: chi la usa per altro la spreca).
Chiedere un progetto di ricerca per ammettere ad un corso che deve formare proprio in tal senso mi sembra molto discutibile. È vero che in università e soprattuto nella vita conta molto l’intraprendenza, ma come posso presentare una domanda di ammissione seria e poter essere distinto tra le numerose candidature?e
Sono giovane e inesperto e sopratutto la ricerca non garantisce appunto risultati certi.
Riguardo al primo punto, come puoi presentare una tale domanda? Molto semplice: dimostrando
piena conoscenza delloSapere orientarsi, senza perdersi, nell'area di ricerca in cui si vuole entrare è la conditio sine qua non per iniziare un dottorato. Altrimenti, perché quel problema? Perché non un altro? Perché quella linea di ricerca? Perché non un'altra? Come pensi scegliamo le domande su cui lavorare (a parte con l'antico e infallibile criterio "mi sono occupato di questo problema perché il conto veniva")?
stato dell’arte del settore, padronanza delle metodologie di ricerca all’interno della disciplina
e comprendendo un’adeguata bibliografia
Riguardo al secondo punto, nessuno si aspetta che tu ottenga dei risultati. Ci si aspetta tu sia capace di studiare in autonomia, e fare domande in autonomia, senza che qualcuno vomiti nella tua bocca delle idee di cui tu sei l'esecutore. Ci si aspetta tu formuli una congettura XOR descriva lo stato dell'arte riguardo ad un problema specifico (per poi estenderlo con l'aiuto del tuo relatore) XOR faccia una domanda del tipo "chissà cosa succede se
Per esempio, quando cercavo un relatore nell'ottobre 2012 (dopo essermi laureato a luglio di quell'anno), ho preparato un pdf e mandato ad alcune persone, scritto così:

Era una proposta fuori misura, ingenua, malcacata? Sono finito poi a fare tutt'altro? Ovviamente sì, e nessuno si aspetta di meno, proprio perché sei giovane e inesperto. Però citavo (molte) fonti correttamente, e formulavo una domanda vaga, ma anche ancorata a un corpo di letterature di pre-esistente, che dimostravo di avere almeno superficialmente letto.
Parliamoci chiaro: se non è ora il momento di valutare la tua capacità di ingaggiare con i problemi mettendo il **** sul tavolo con sicumera[nota]A questo si riduce l'essere un ricercatore: una lerp di umiltà -per non montarsi la testa- e arroganza -per non cadere in depressione o vittima della sindrome dell'impostore-[/nota], quando altro dovrebbe accadere? Il tuo lavoro da ora in poi consisterà nell'incamerare rapidamente le informazioni contenute in decine di articoli, spesso scritti molto male, senza avere il tempo di leggerli davvero, ma dovendo usare correttamente i loro risultati, sapendoli generalizzare se necessario. Imparare questa abilità, e l'arte sottile di fare una buona domanda, nonché acquisire la padronanza tecnica per rispondere a quella domanda, è qualcosa che deve aver già iniziato a succedere (durante una laurea magistrale, che prepara a quello: chi la usa per altro la spreca).
Ti riporto quanto si dice nel bando di ammissione.
C’è poi la prova orale.
C’è poi la prova orale.
Chiedere un progetto di ricerca per ammettere ad un corso che deve formare proprio in tal senso mi sembra molto discutibile.Cosa significa esattamente questo? Cosa ti viene chiesto?
Bisogna farsi furbi?Nella vita? Sempre. Bisogna metterlo in culo a tutti. In matematica? Meglio di no.