Un problema 'antico' ma sempre attuale...

Sk_Anonymous


Visto che in una interessante discussione dedicata a Karl Friedrich Gauss [del quale qui sopra potete vedere l’effige in un biglietto da dieci ‘vecchi marchi’… ] si è parlato del ‘Teorema fondamentale dell’algebra’ vorrei chiarirmi un paio di dubbi in proposito. Uno dei dubbi è il seguente: è valida la seguente alternativa del teorema in questione?…

Dato un polinomio p(x) a coefficienti reali di grado n con n dispari esiste almeno un numero reale $u_0$ in modo che sia…

$p(x)= (x-u_0) q(x)$ (1)

… essendo q(x) un polinomio a coeficienti reali di grado n-1. Dato invece un polinomio p(x) a coefficienti reali di grado n con n pari e maggiore di 0, esistono almeno due numeri reali $u_0$ e $v_0$ in modo che sia…

$p(x)=(x^2–u_0x-v_0)q(x)$ (2)

… essendo q(x) un polinomio a coefficienti reali di grado n-2


cordiali saluti

lupo grigio


Risposte
david_e1

IgnoranteInMate
una domanda che non ha nulla a che fare con la dimoastrazione: come mai vedo i dollars ($) al posto delle formule?se non ricordo male doveri vedere qualche formula...

Sk_Anonymous
cari amici
mi rendo conto che serve a questo punto che io faccia chiarezza sugli 'intenti' che mi hanno spinto ad avviare questa discussione. Diciamo intanto che fin dai tempi di scuola la materia che più mi appassionava, dopo la matematica s'intende, era la storia. Naturalmante, essendo di carattere un irriducibile 'bastian contrario', ancora oggi sono instintivamente portato a 'ridiscutere' moltè 'verità assodate' esistenti sia nella matematica sia nella storia. Ad esempio tutti voi [o almeno quelli che da più tempo frequentano questo spazio...] conoscete la mia ostinazione nel condurre la mia battaglia contro le cosiddette 'forme indeterminate' [per esempio espresssioni del tipo $0^0$, $sin0/0$, etc...]. Stando così le cose quale campo migliore vi può essere per la mia 'voglia di critica' della storia della matematica?... :wink:

Così, quando su questo stesso forum è stato aperto una sicussione incentrata su Karl Friedrich Gauss, non ho resistito alla tentazione di intervenire a proposito della attribuzione allo stesso Gauss del 'primato' della dimostrazione del 'Teorema fondamentale dell'algebra'. Concordo certamente con l'opinione unanime secondo la quale Gauss rappresenta il top dei matematrici dell'era moderna, ma sono convinto che molti suoi 'meriti' siuano stati 'esagerati'. Come ho spiegato nel mio intervento, la 'dimostrazione' del teorema in questione data da Gauss è datata 1799. Nei due secoli precedenti [ma probabilmente anche prima...], allorchè non erano stati creati i potenti strumenti della teoria delle funzioni di variabile complessa, diversi matematici avevano tentato l'impresa e quello che era giunto più vicino al successo era stato Euler, seguito poi da D'Alambert. La 'dimostrazione' fornita da Gauss nella sua tesi di laurea altro non è stata che un 'raffinamento' [per altro non privo di 'bachi'...] dell'opera dei predecessori. La vera 'svolta' doveva verificarsi quindici anni dopo, nel 1814, allorchè Jean Robert Argand, uno sconosciuto impiegato di banca svizzero, pubblicava una ‘prova’ del Teorema fondamentale dell’algebra assai più semplice delle precedenti, basata su quanto esposto due anni prima dallo stesso Argand nell’opera Essai sur la manière de représenter les quantitiés imaginaires dand les constructions géometriques, la quale deve essere considerata il primo testo di teoria delle fuznioni di variabile complessa scritto al mondo. Ovvio che l'opera di Argand, non appartenendo alla 'cittadella' dei matematici, non verrà riconosciuta e sarà Augustin Luois Cauchy alcuni anni dopo [1821] a 'scoprire' la dimostrazione di Argand spacciandola per sua. Oggi su tutti i testi di analisi matematica compare in pratica la dimostrazione del Teorema fondamentale dell'algebra in 'versione Cauchy'...

Questo mio lungo discorso, che spero non vi abbia annoiato, serve a spiegare gli 'intenti' che mi hanno spinto ad aprire una discussione su questo argomento. In primo luogo il 'primato' della dimostrazione del Teorema fondamantale dell'algebra nella forma oggi universalmante ritenuta come 'valida' dovrebbe spettare [piaccia o no ai matematici...] a Argand. In secondo luogo il 'merito' di aver per primo ottenuto significativi e concreti risultati utilizzando gli strumenti dell'algebra e dell'analisi 'tradizionali' dovrebbe spettare a Euler. Il 'tentativo' [certamente assai presuntuoso...] da me inaugurato di trovare una dimostrazione del teorema in questione utilizzando gli strumenti matematici esistenti al tempo di Euler dovrebbe essere interpretato in questo senso...

cordiali saluti

lupo grigio


david_e1
Si hai ragione, ma qui Lupo Grigio lo ha dimostrato!

Camillo
Confesso che non ho ancora letto la dimostrazione di lupo grigio ma lo farò ; comunque la conclusione che un polinomio a coefficienti reali di grado dispari abbia almeno una soluzione reale viene anche direttamente dal fatto che le eventuali soluzioni complesse vanno a coppie (sono numeri complessi coniugati) e quindi se il grado è dispari ,c'è senz'altro almeno una soluzione reale .

Camillo

david_e1
In effetti ho guardato con attenzione solo la prima parte della dimostrazione... gia' quella di per se contiene comunque un risultato molto interessante: i polinomi di grado dispari a coefficienti reali ammettono almeno una radice reale!

Sk_Anonymous
cari amici
sono veramente lusingato dei complimenti che avete voluto tributarmi... solo che devo comunicarvi che, almeno per il momento, tali complimenti sono oltremodo prematruri e immeritati :oops: ...

In effetti sono stato preso dalla fretta ed ho scritto...

Le $q_i$ i=0,1,…,n-2, $r_1$ ed $r_0$ sono tutte funzioni di u e v e possono essere trovate sviluppando la (3) ed egualiando le potenze di x al primo e secondo membro. Si ottiene…

$q_(n-2)=p_n$
$q_(n-3)=p_(n-1)+u q_(n-2)$
$q_(n-4)=p_(n-2)+u q_(n-3)+v q_(n-2)$
……………………………………………………………………
$q_0=p_2+u q_1+vq_2$
$r_1=p_1+uq_0+vq_1$
$r_0=p_0+vq_0$ (4)


Fin qui tutto bene. Solo che poi ho proseguito in maniera 'automatica' in questo modo...


Osservando le (4) è facile constatare che…

$q_(n-2)$ è una costante
$q_(n-3)$ è un polinomio di grado 1 in u e di grado 0 in v
$q_(n-4)$ è un polinomio di trado 2 in u e di grado 1 in v
…………………………………………………………………………………………….
$q_0$ è un polinomio di grado n-2 in u e di grado n-3 in v
$r_1$ è un polinomio di grado n-1 in u e di grado n-2 in v
$r_0$ è un polinomio di grado n in u e di grado n-1 in v


E' evidente che l'ultima riga contiene un errore e deve essere invece letta così...

$r_0$ è un polinomio di grado n-2 in v

Fà una bella differenza non è vero?... soprattutto perchè n-2 è un numero pari!...

Con molto dipiacere devo quindi annunciarvi che la festa è rimandata... naturalmente non dispero e conto di ricevere qualche aiuto...

cordiali saluti

lupo grigio


david_e1
Sembrerebbe giusto!

Bella dimostrazione!

Comunque la tua non e' una formulazione del tutto alternativa del Teorema Fondamentale dell'Algebra in quanto e' valida solo per polinomi a coefficienti reali, mentre il TFA vale anche per polinomi a coefficienti complessi...

Sana2
Eheh, Lupo, sei fenomenale :-)
purtroppo, ora, non ho gli strumenti per capire e per mettermi in discussione, ma magari prima o poi qualcun altro si farà vivo^^

Sk_Anonymous
Restando in fiduciosa attesa di osservazioni da parte di chi magari è interessato alla cosa, proverò a tenatare di dimostrare la seconda parte della variante alternativa del ‘Teorema fondamentale dell’algebra’ da me proposta. Prima però è assolutamente necessaria una premessa …

Si definisce funzione razionale intera di due variabili u e v una funzione del tipo…

$f(u,v)= sum_(i=0)^n sum_(j=0)^m a_(i,j) u^i v^j$ (1)

Nel caso particolare in cui $a_(n,j)$ vale 0 per j diverso da 0 ed è diverso da 0 per j=0, diremo che f(u,v) è un polinomio di grado n in u. In altre parole per un valore qualsiasi di $v=v_0$, $f(u,v_0)$ sarà un polinomio di grado n in u. Analogamente nel caso in cui $a_(i,m)$ vale 0 per i diverso da 0 ed è diverso da 0 per i=0 diremo che f(u,v) è un polinomio di grado m in v. Nel caso in cui entrambe le condizioni sobo soddisfatte diremo che f(u,v) è un polinomio di grado n in u e di grado m in v. In questo caso per un valore qualsiasi di $v=v_0$, $f(u,v_0)$ è un polinomio di grado n in u e per un qualsiasi valore di $u=u_0$ $f(u_0,v)$ è un polinomio di grado m in v…

Esaurita la premessa, proviamo dimostrare la seconda parte del teorema, vale a dire che, dato un qualunque polinomio p(x) a coefficienti reali di grado n con n pari e maggiore di zero, esiste almeno una coppia di numeri reali $u_0$ e $v_0$ per cui vale la relazione…

$p(x)= (x^2-u_0 x –v_0) q(x)$ (2)

… nella quale q(x) è un polinomio a coefficienti reali di grado n-2. Indichiamo con $p_i$, i=0,1’…,n i coefficnti di p(x) e con $q_i$, i=0,1,…, n-2 i coefficienti di q(x). Per la regola della divisione tra poloinomi, dati due numeri reali u e v vale la realzione…

$p(x)=(x^2-ux-v) q(x) + r(x)$ (3)

… in cui è $r(x)=r_1 x + r_0$. Le $q_i$ i=0,1,…,n-2, $r_1$ ed $r_0$ sono tutte funzioni di u e v e possono essere trovate sviluppando la (3) ed egualiando le potenze di x al primo e secondo membro. Si ottiene…

$q_(n-2)=p_n$
$q_(n-3)=p_(n-1)+u q_(n-2)$
$q_(n-4)=p_(n-2)+u q_(n-3)+v q_(n-2)$
……………………………………………………………………
$q_0=p_2+u q_1+vq_2$
$r_1=p_1+uq_0+vq_1$
$r_0=p_0+vq_0$ (4)

Osservando le (4) è facile constatare che…

$q_(n-2)$ è una costante
$q_(n-3)$ è un polinomio di grado 1 in u e di grado 0 in v
$q_(n-4)$ è un polinomio di trado 2 in u e di grado 1 in v
…………………………………………………………………………………………….
$q_0$ è un polinomio di grado n-2 in u e di grado n-3 in v
$r_1$ è un polinomio di grado n-1 in u e di grado n-2 in v
$r_0$ è un polinomio di grado n in u e di grado n-1 in v

Trattando la prima parte del teorema si è dimostrato che per un qualunque polinomio di grado n con n dispari esiste almano un valore della variavile per il quale il polinomio stesso si annulla. Ora essendo p(x) di grado pari risulta che $r_1(u,v)$ è un polinomio di grado n-1, cioè dispari, in u. Ciò significa che per un qualunque valore $v_0$ di v vi sarà almeno un valore di u per cui è…

$r_1(u,v_0)=0$ (5)

Per la stessa ragione risulta anche che $r_0(u,v)$ è un polinomio di grado n-1, cioè dispari, in v. Ciò significa che per un qualunque valore $u_0$ di u vi sarà almeno un valore di v per cui è…

$r_0(u_0,v)=0$ (6)

Combinando insieme la (5) e la (6) si deduce che deve esistere almeno una coppia di numeri reali u_0 e v_0 tali che sia contemporaneamente …

$r_1(u_0,v_0)=0$
$r_0(u_0,v_0)=0$ (7)

… col che la (2) è validata. Anche in questo caso è riarchevole il fatto che la dimostrazione sia stata possibile con strumenti di algebra e analisi del tutto elementari [sicuramente disponibili già nel XVII° secolo…] e senza fare ricorso ai numeri complessi…

cordiali saluti

lupo grigio



Sk_Anonymous
Dal momento che nessuno ha risposto alla mia domanda, considererò valida l’equazione ‘silenzio=assenso’. Scherzi a parte, se un polinomio qualsiasi a coefficienti reali di grado n con n dispari può essere scritto nella forma…

$p(x)=(x-u_0)q(x)$ (1)

… con q(x) polinomio a coefficienti reali di grado n-1 [e quindi pari…], ciò significa che $u_0$ è radice di p(x) e le rimanenti radici sono le radici di q(x). Analogamente se un polinomio di grado n con n pari può essere scritto nella forma…

$p(x)=(x^2-u_0x-v_0)q(x)$ (2)

… con q(x) polinomio a coefficienti reali di grado n-2 [e quindi pari…], ciò significa che le due radici [reali distinte, reali coincidenti o complesso coniugate…] del polinomio di secondo grado $x^2-u_0x-v_0$ sono radici del p(x) e le rimanenti radici sono le radici di q(x). E’ dunque evidente che, dato un polinomio p(x) a coefficienti reali di grado n, utilizzando una strategia un poco diversa a seconda che sia n pari o n dispari, sono in grado di isolare tutte le radici di p(x) che pertanto devono essere necessariamente in numero n…

Ciò premesso, proviamo a fornire una dimostrazione alla prima parte del teorema, vale a dire che, dato un qualsiasi polinomio p(x) di grado n con n dispari, esiste almeno un numero reale $u_0$ il modo che sia…

$p(x)= sum_(i=0)^n p_i x^i$=$(x-u_0)q(x)$ (3)

… con q(x) polinomio a coieffcienti reali di gradi n-1. Dal momento che $p_n$ è per definzione diverso da 0, non è limitativo supporre $p_n>0$ giacchè in caso contrario basta semplicemente cambiar segno a tutti i coefficienti di p(x). Per la nota regola di divisione tra polinomi, dato un numero reale u, è sempre valida la relazione…

$p(x)=(x-u)q(x)+r_0$ (4)

… in cui $q(x)=sum_(i=0)^(n-1) q_i x^i$ è un polinomio di grado n-1 e $r_0$ è un polinomio di grado 0 [cioè una costante…]. E’ evidente che sia le $q_i$ con $i=0,1,…,n-1$ sia $r_0$ sono funzioni di u. E’ altresì evidente che se per $u=u_0$ è $r_0(u_0)=0$ la (3) è verificata e $u_0$ è radice di p(x). Le $q_i$ e la costante $r_0$ possono essere trovate in maniera iterativa sviluppando la (4) ed egualiando i coefficienti delle potenze di x…

$q_(n-1)=p_n$
$q_(n-2)=p_(n-1)+uq_(n-1)$
$q_(n-3)=p_(n-2)+uq_(n-2)$
………………………………………………
$q_0=p_1+uq_1$
$r_0=p_0+uq_0$ (5)

Ossernando le (5) è facile constatare che…

$q_(n-1)=p_n$ è un polinomio in u di grado 0
$q_(n-2)=p_(n-1)+uq_(n-1)$ è un polinomio in u di grado 1
$q_(n-3)=p_(n-2)+uq_(n-2)$ è un polinomio in u di grado 2
………………………………………………
$q_0=p_1+uq_1$ è un polinomio in u di grado n-1
$r_0=p_0+uq_0$ è un polinomio in u di grado n

… e che ciascuno di questi polinomi ha come coefficiente della potenza di u di grado più alto pari a $p_n$, che per ipotesi è un numero positivo. In particolare $r_0(u)$ è un polinomio in u di grado n, cioè dispari, e pertanto sarà…

$lim_(u->+oo) r_0(u)=+oo$
$lim_(u->-oo)r_0(u)=-oo$ (6)

Ciò significa che, in base alla definizione di limite di funzione, dato un numero reale k>0 è possibile determinare un numero reale a in modo che per ogni ub sia $r_0(u)>k$. Pertanto $r_0(u)$ è una funzione continua [in quanto polinomio in u…] ed è $r_0(a)=-k$ [ossia negativa per u=a…] e $r_0(b)=k$ [ossia positiva per u=b…]. In base ad una proprietà fondamentale delle funzioni continue vi sarà almeno un punto nell’intervallo (a,b) in cui $r_0(u)$ si annulla. Chiamando $u_0$ uno di tali punti sarà $r_0(u_0)=0$, col che la (3) è verificata…

Quella esposta sarebbe la dimostrazione della prima parte del ‘Teorema fondamentale dell’algebra’ nella ‘versione alternativa’ proposta. Da notare che essa è basata su nozioni di algebra ed analisi del tutto elementari. Mi piacerebbe conoscere il parere di qualche ‘esperto’ prima di tentare di dimostrare la seconda parte…

cordiali saluti

lupo grigio


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