Un pensiero/un ricordo per Dante Alighieri
Voglio dedicare una discussione a Dante Alighieri nell'avvicinarsi del settecentesimo anniversario della morte.
Su Dante si può dire tutto e il contrario di tutto: c'è senz'altro chi lo eleva (quasi tutti credo) a padre della lingua italiana e magari anche una platea di studenti a cui viene l'ansia nel fare la parafrasi di alcuni passaggi della Divina Commedia. Di certo non sono gli unici visto che (es.) non sapremo mai chi c'è dietro "al gran rifiuto".
Scherzi a parte, mi farebbe piacere un ricordo collettivo per uno dei massimi esponenti della cultura del tardo medioevo.
Iniziando questo ricordo, per me vale quanto ho appena detto. Mi sembra riduttivo definirlo "poeta" (seppur "sommo") per via del vasto bagaglio di conoscenze che aveva e che citava in molte sue opere anche come esempio stesso di concetti che intendeva esprimere. Quando leggo la Divina Commedia - parlo per me - non leggo solo di un capolavoro artistico e narrativo ma anche dell'espressione complessa di un mondo dalle mille sfumature raccontate (e padroneggiate) da una mente che le conosceva e che le tramanda al lettore nella loro interezza.
Non annoio la discussione citando i numerosi passaggi in cui questo si può notare[nota]Quando parla, per es., dei trattamenti sulle navi nei cantieri navali (se non erro è nella bolgia dei barattieri). Per la matematica e geometria - uno su tutti (non il più conosciuto) - il fatto che il triangolo inscritto in una semicirconferenza è rettangolo (Par. canto XIII, vv. 101-102).[/nota] e nemmeno voglio continuare facendo solo solo un post di lode - dove, alla fine, verrebbe fuori la mia ammirazione più che un pensiero utile -, ma lascio la parola e un parere a voi forumisti.
Tutto questo, comunque, è un mio sentimento personale da profano e solo da lettore di varie sue opere in vari tempi. Se qualcuno di voi è del campo, può anche perdonarmi e correggermi se sono stato impreciso.
Su Dante si può dire tutto e il contrario di tutto: c'è senz'altro chi lo eleva (quasi tutti credo) a padre della lingua italiana e magari anche una platea di studenti a cui viene l'ansia nel fare la parafrasi di alcuni passaggi della Divina Commedia. Di certo non sono gli unici visto che (es.) non sapremo mai chi c'è dietro "al gran rifiuto".
Scherzi a parte, mi farebbe piacere un ricordo collettivo per uno dei massimi esponenti della cultura del tardo medioevo.
Iniziando questo ricordo, per me vale quanto ho appena detto. Mi sembra riduttivo definirlo "poeta" (seppur "sommo") per via del vasto bagaglio di conoscenze che aveva e che citava in molte sue opere anche come esempio stesso di concetti che intendeva esprimere. Quando leggo la Divina Commedia - parlo per me - non leggo solo di un capolavoro artistico e narrativo ma anche dell'espressione complessa di un mondo dalle mille sfumature raccontate (e padroneggiate) da una mente che le conosceva e che le tramanda al lettore nella loro interezza.
Non annoio la discussione citando i numerosi passaggi in cui questo si può notare[nota]Quando parla, per es., dei trattamenti sulle navi nei cantieri navali (se non erro è nella bolgia dei barattieri). Per la matematica e geometria - uno su tutti (non il più conosciuto) - il fatto che il triangolo inscritto in una semicirconferenza è rettangolo (Par. canto XIII, vv. 101-102).[/nota] e nemmeno voglio continuare facendo solo solo un post di lode - dove, alla fine, verrebbe fuori la mia ammirazione più che un pensiero utile -, ma lascio la parola e un parere a voi forumisti.
Tutto questo, comunque, è un mio sentimento personale da profano e solo da lettore di varie sue opere in vari tempi. Se qualcuno di voi è del campo, può anche perdonarmi e correggermi se sono stato impreciso.

Risposte
Quest’anno abbiamo festeggiato il cinquantesimo della scuola, con una serie di conferenze. La prima, in collegamento con l’osservatorio astronomico di Asiago, era intitolata “e quindi uscimmo a riveder le stelle”, verso conclusivo dell’Inferno.
@Zero87
[ot]
Guarda che "questo" Dante ha scritto pure un libro, non so se l'Alighieri abbia mai giocato al calcio fiorentino
Ciao
[/ot]
[ot]
"Zero87":
Come ho visto la foto messa da Alex (ciao!) ho pensato anche ad Alaba...
Guarda che "questo" Dante ha scritto pure un libro, non so se l'Alighieri abbia mai giocato al calcio fiorentino

Ciao

Come ho visto la foto messa da Alex (ciao!) ho pensato anche ad Alaba... misteri delle associazioni mentali.
Comunque, tornando alla discussione, la mia citazione preferita della Divina Commedia è una frase piena di significato per il contesto stesso dell'opera, almeno per quanto riguarda il viaggio nell'Inferno.
Inferno, Canto XXXIII, verso 150: «[e] cortesia fu lui esser villano».
Si tratta di un verso che ci fa capire anche del viaggio interiore del poeta negli inferi. Dante che, almeno inizialmente, prova compassione per le anime dei dannati, nel corso della cantica si distanzia da questo sentimento e, al crescere della gravità delle pene commesse (gravità dantesca: incontinenza < fraudolenza < tradimento), capisce che non può provare compassione e nemmeno essere gentile con loro.
Conclude tutto questo[nota]Fine del XXXIII canto, il penultimo, dove il XXXIV canto è un miserevole viaggio tra anime che non hanno nemmeno il diritto di parola.[/nota], dunque, con un «cortesia fu lui esser villano», ovvero che, essendo stato scortese con Frate Alberigo nel non mantenere la propria parola data ("esser villano", gli aveva promesso di togliergli il ghiaccio dagli occhi e alla fine non lo fa), è stato "cortese" rispetto alla giustizia divina. In altre parole, se avesse aiutato, confortato o avuto compassione per un dannato di quel tipo, sarebbe andato lui stesso contro il volere divino che lo condanna il peccatore alla propria pena.
Comunque, tornando alla discussione, la mia citazione preferita della Divina Commedia è una frase piena di significato per il contesto stesso dell'opera, almeno per quanto riguarda il viaggio nell'Inferno.
Inferno, Canto XXXIII, verso 150: «[e] cortesia fu lui esser villano».
Si tratta di un verso che ci fa capire anche del viaggio interiore del poeta negli inferi. Dante che, almeno inizialmente, prova compassione per le anime dei dannati, nel corso della cantica si distanzia da questo sentimento e, al crescere della gravità delle pene commesse (gravità dantesca: incontinenza < fraudolenza < tradimento), capisce che non può provare compassione e nemmeno essere gentile con loro.
Conclude tutto questo[nota]Fine del XXXIII canto, il penultimo, dove il XXXIV canto è un miserevole viaggio tra anime che non hanno nemmeno il diritto di parola.[/nota], dunque, con un «cortesia fu lui esser villano», ovvero che, essendo stato scortese con Frate Alberigo nel non mantenere la propria parola data ("esser villano", gli aveva promesso di togliergli il ghiaccio dagli occhi e alla fine non lo fa), è stato "cortese" rispetto alla giustizia divina. In altre parole, se avesse aiutato, confortato o avuto compassione per un dannato di quel tipo, sarebbe andato lui stesso contro il volere divino che lo condanna il peccatore alla propria pena.
"Luca.Lussardi":
... e mi chiesero chi fosse Dante...
Beh, in Germania, questo ...
Un piccolo off-topic, una storia divertente. E' vero che Dante è stato un poeta italiano, anzi il poeta italiano, ma ritengo altresì che debba essere conosciuto anche fuori dall'Italia. Ebbene, quando lavoravo in Germania mi capitò, durante una lezione di un corso di dottorato che stavo tenendo (quindi nella platea c'erano dottorandi, post doc e professori), di citare un pezzo dell'inferno a proposito di non so più che cosa, e mi chiesero chi fosse Dante...
Come diceva Umberto Saba, la rima più difficile è quella tra 'cuore' e 'fiore'.
Intendendo che solo i grandi poeti possono riuscire a fare poesia vera con materia così semplice, la semplicità è dei grandi.
Per cui riscrivo il verso finale, notissimo e fulminante, della Commedia:
l'amor che move il sole e le altre stelle.
Intendendo che solo i grandi poeti possono riuscire a fare poesia vera con materia così semplice, la semplicità è dei grandi.
Per cui riscrivo il verso finale, notissimo e fulminante, della Commedia:
l'amor che move il sole e le altre stelle.
Siccome non mi piace che questo thread finisca presto, e con un Dante mangiatore di fagioli maleducati, vado oltre. Nel canto XI del Purgatorio, in cui i superbi scontano la loro pena prima di salire, Dante incontra alcuni personaggi, che nella vita avevano peccato di superbia. Uno di loro (se vi interessa, cercate e leggete tutto il canto) ad un certo punto (vv 100-102) dice :
Non è il mondan romore altro ch’un fiato
di vento, ch’or vien quinci e or vien quindi,
e muta nome perché muta lato.
Si capisce leggendo, ma per chi non comprendesse appieno il senso, è questo : il rumore del mondo, che celebra capi e personaggi illustri, non è altro che un soffio di vento, che ora viene da una parte ora da un’altra, e come si sa i venti cambiano nome a seconda della direzione dalla quale spirano : tramontana, grecale, scirocco...eccetera.
Perciò, capi e capetti, duci e ducetti, scendete dal vostro piedistallo, non fatevi prendere dalla superbia. Se vi hanno fatto capi, dandovi delle responsabilità, lo hanno fatto perché indubbiamente avete delle qualità; ma una volta messi nella nuova posizione non montatevi la testa, anzi adoperatevi per il bene comune, più di prima, e mettetevi a disposizione degli altri. Oggi ci siete, domani potreste non esserci più.
Non è il mondan romore altro ch’un fiato
di vento, ch’or vien quinci e or vien quindi,
e muta nome perché muta lato.
Si capisce leggendo, ma per chi non comprendesse appieno il senso, è questo : il rumore del mondo, che celebra capi e personaggi illustri, non è altro che un soffio di vento, che ora viene da una parte ora da un’altra, e come si sa i venti cambiano nome a seconda della direzione dalla quale spirano : tramontana, grecale, scirocco...eccetera.
Perciò, capi e capetti, duci e ducetti, scendete dal vostro piedistallo, non fatevi prendere dalla superbia. Se vi hanno fatto capi, dandovi delle responsabilità, lo hanno fatto perché indubbiamente avete delle qualità; ma una volta messi nella nuova posizione non montatevi la testa, anzi adoperatevi per il bene comune, più di prima, e mettetevi a disposizione degli altri. Oggi ci siete, domani potreste non esserci più.
"Faussone":
A me la citazione che viene in mente è più grezza, ma è tra quelle che più mi è rimasta impressa.
"Ed elli avea del cul fatto trombetta"![]()
La ripete anche mio marito, quando preparo qualcosa con i fagioli

Qual è il geometra che tutto s'affigge
Per rispettare la metrica dell’endecasillabo il “geométra” va letto con l’accento sulla seconda “e” .
@Faussone, rilancio così la libertà d’espressione sostenuta dal poeta

Dal XXVI canto del Paradiso, vv.130-132 :
"Opera naturale è ch'uom favella;
ma così o così, natura lascia
poi fare a voi secondo che v'abbella”.
La quadratura del cerchio: approssimata e possibile nell'inferno (Dante misurò le bolge infernali usando la regola di Brisone), matematica e impossibile nel paradiso, come lo stesso Dante confessa:
Qual è il geometra che tutto s'affigge
per misurar lo cerchio, e non ritrova,
pensando, quel principio ond'elli indige,
tal era io a quella vista nova:
veder volea come si convenne
l'imago al cerchio e come vi s'indova
Paradiso, XXXIII 133-138.
Qual è il geometra che tutto s'affigge
per misurar lo cerchio, e non ritrova,
pensando, quel principio ond'elli indige,
tal era io a quella vista nova:
veder volea come si convenne
l'imago al cerchio e come vi s'indova
Paradiso, XXXIII 133-138.
Penso che quasi tutti abbiamo un poco odiato La Divina Commedia impostaci a scuola, ma penso sia pure impossibile non conoscere il Poeta e non ricordare almeno qualche verso di quella opera immortale.
Comunque anche io ho apprezzato il lavoro di Benigni, certo la lettura in sé non è paragonabile a un Gassman, ci mancherebbe, ma il resto è stato notevole.
Comunque mi complimento per le citazioni degli intervenuti!
A me la citazione che viene in mente è più grezza, ma è tra quelle che più mi è rimasta impressa.
"Ed elli avea del cul fatto trombetta"
Comunque anche io ho apprezzato il lavoro di Benigni, certo la lettura in sé non è paragonabile a un Gassman, ci mancherebbe, ma il resto è stato notevole.
Comunque mi complimento per le citazioni degli intervenuti!
A me la citazione che viene in mente è più grezza, ma è tra quelle che più mi è rimasta impressa.
"Ed elli avea del cul fatto trombetta"


Uno dei miei passaggi preferiti, nono canto dell'inferno. Rende proprio bene l'idea del fatto che ostacoli insormontabili a volte sono solo "aere grasso" e obiettivi irraggiungibili sono porte che volendo "con una verghetta" si possono aprire facilmente. Se c'è la volontà si riesce.
Come le rane innanzi a la nimica
biscia per l’acqua si dileguan tutte,
fin ch’a la terra ciascuna s'abbica
vid’io più di mille anime distrutte
fuggir così dinanzi ad un ch’al passo
passava Stige con le piante asciutte.
Dal volto rimovea quell’aere grasso,
menando la sinistra innanzi spesso;
e sol di quell’angoscia parea lasso.
Ben m’accorsi ch’elli era da ciel messo,
e volsimi al maestro; e quei fé segno
ch’i’ stessi queto ed inchinassi ad esso.
Ahi quanto mi parea pien di disdegno!
Venne a la porta, e con una verghetta
l’aperse, che non v’ebbe alcun ritegno.
Come le rane innanzi a la nimica
biscia per l’acqua si dileguan tutte,
fin ch’a la terra ciascuna s'abbica
vid’io più di mille anime distrutte
fuggir così dinanzi ad un ch’al passo
passava Stige con le piante asciutte.
Dal volto rimovea quell’aere grasso,
menando la sinistra innanzi spesso;
e sol di quell’angoscia parea lasso.
Ben m’accorsi ch’elli era da ciel messo,
e volsimi al maestro; e quei fé segno
ch’i’ stessi queto ed inchinassi ad esso.
Ahi quanto mi parea pien di disdegno!
Venne a la porta, e con una verghetta
l’aperse, che non v’ebbe alcun ritegno.
"gabriella127":
E a proposito della matematica, Dante pone i matematici all'apice della gerarchia, solo un gradino sotto Dio (matematici, mo' non vi montate la testa)
Senza contare della descrizione della Trinità come di circonferenze concentriche.

ho apprezzato molto la lettura 'popolare' di Benigni.
Ognuno ha i propri gusti. La lettura fatta da Benigni, per me, è del tutto insipida.
Ma lasciamo stare chi lo legge, parliamo di Dante piuttosto. Parliamo ad esempio del “gioco della zara” . Tutti (o forse no, ma non importa) ricordano i versi :
Quando si parte il gioco de la zara,
colui che perde si riman dolente,
repetendo le volte, e tristo impara;
con l’altro se ne va tutta la gente;
qual va dinanzi, e qual di dietro il prende,
e qual dallato li si reca a mente;
el non s’arresta, e questo e quello intende;
a cui porge la man, più non fa pressa;
e così da la calca si difende.
Salire sul carro dei vincitori è vezzo comune a tanti anche oggi, quindi Dante è molto moderno in questo.
Ma il perdente? Ai tempi di Dante il perdente rimaneva solo e dolente a ripetere le volte (i lanci) e imparare.
Però oggi, invece, chi perde se ne va da un’altra parte e fonda un altro partito, e stiamo certi che troverà seguaci.
Ciao Zero, grazie di avere ricordato questa ricorrenza.
Quanto a me, che vengo da un classico duro e puro, la Divina Commedia a scuola la vedevo come una specie di tortura (così come i Promessi Sposi), perché dovevi stare sempre la' a riassumere, commentare, interpretare.
Non so voi che testo avevate, io avevo quello classico commentato da Natalino Sapegno, in cui in ogni pagina c'erano due righe del testo e sette chilometri sotto di note di commento.
Inutile dire che quando arrivavi al rigo successivo, dopo avere letto tutte le note, si era fatta notte.
Poi ho riletto alcune parti della Commedia in età avanzata, leggendole come un libro normale, velocemente, non leggendo via via le note, l'ho trovata bellissima e ne ho apprezzato la grandezza, che apprezzo tuttora.
Non si può leggere tutta spezzettata e con interruzioni continue, si perde il filo e ci si annoia a a morte.
Una lupa è una lupa in un testo, prima di essere una allegoria o qualche altro cavolo da inquadrare nella cultura dell'epoca, e chissenefrega della cultura dell'epoca.
Quando quindi nel testo arriva la lupa, devi apprezzare la potenza dell'immagine e le suggestioni poetiche, basta.
Poi, dopo, andrai a vedere i quarantasette significati della lupa.
Letta cosi', veloce, l'ho trovata bellissima, e ho apprezzato molto la lettura 'popolare' di Benigni.
E a proposito della matematica, Dante pone i matematici all'apice della gerarchia, solo un gradino sotto Dio (matematici, mo' non vi montate la testa
)
Conclude la Commedia, alla fine dell'ultimo canto del Paradiso, proprio parlando del geometra (non nel senso di quello che fa le casette a schiera, ma del matematico), e dice grosso modo che quando neanche il geometra con la sua conoscenza ce la fa, allora interviene Dio...
Quanto a me, che vengo da un classico duro e puro, la Divina Commedia a scuola la vedevo come una specie di tortura (così come i Promessi Sposi), perché dovevi stare sempre la' a riassumere, commentare, interpretare.
Non so voi che testo avevate, io avevo quello classico commentato da Natalino Sapegno, in cui in ogni pagina c'erano due righe del testo e sette chilometri sotto di note di commento.
Inutile dire che quando arrivavi al rigo successivo, dopo avere letto tutte le note, si era fatta notte.
Poi ho riletto alcune parti della Commedia in età avanzata, leggendole come un libro normale, velocemente, non leggendo via via le note, l'ho trovata bellissima e ne ho apprezzato la grandezza, che apprezzo tuttora.
Non si può leggere tutta spezzettata e con interruzioni continue, si perde il filo e ci si annoia a a morte.
Una lupa è una lupa in un testo, prima di essere una allegoria o qualche altro cavolo da inquadrare nella cultura dell'epoca, e chissenefrega della cultura dell'epoca.
Quando quindi nel testo arriva la lupa, devi apprezzare la potenza dell'immagine e le suggestioni poetiche, basta.
Poi, dopo, andrai a vedere i quarantasette significati della lupa.
Letta cosi', veloce, l'ho trovata bellissima, e ho apprezzato molto la lettura 'popolare' di Benigni.
E a proposito della matematica, Dante pone i matematici all'apice della gerarchia, solo un gradino sotto Dio (matematici, mo' non vi montate la testa

Conclude la Commedia, alla fine dell'ultimo canto del Paradiso, proprio parlando del geometra (non nel senso di quello che fa le casette a schiera, ma del matematico), e dice grosso modo che quando neanche il geometra con la sua conoscenza ce la fa, allora interviene Dio...
Bravo Zero87 ! Su YouTube ci sono delle belle recitazioni di canti della Commedia, fatte da grandi atttori. Il mio preferito è Vittorio Gassman, che qui recita il canto V dell’Inferno , quello di Paolo e Francesca :
https://www.youtube.com/watch?v=Xf4oNvuJ2mo
sulla grandezza del Poeta non si discute. MA vorrei dire qualcosa anche sulla grandezza di Gassman, che quando è mancato non è stato ricordato a dovere, secondo me, come oggi si fa per artisti di livello decisamente inferiore, lasciatemelo dire senza spirito polemico. Buon ascolto.
https://www.youtube.com/watch?v=Xf4oNvuJ2mo
sulla grandezza del Poeta non si discute. MA vorrei dire qualcosa anche sulla grandezza di Gassman, che quando è mancato non è stato ricordato a dovere, secondo me, come oggi si fa per artisti di livello decisamente inferiore, lasciatemelo dire senza spirito polemico. Buon ascolto.
Quando penso a Dante il versetto che più mi prende è uno del canto XVII del Paradiso. Lo sento di una attualità incredibile
Tu proverai sì come sa di sale
lo pane altrui, e come è duro calle
lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale.
Tu proverai sì come sa di sale
lo pane altrui, e come è duro calle
lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale.