Spazi L^2 e sistemi completi

Bore79
Curiosità di grande importanza: Nell'ambito degli spazi L2, è equivalente dire che un sistema di funzioni ortonormali s(n) è completo rispetto a una certa f(x) in un dato intervallo (a,b) se i vettori di s(n) (o versori visto che s(n) è un ON) sono linearmente indipendenti? Grazie se qualcuno farà la cortesia di rispondere.

Risposte
david_e1
Grazie per l'offerta, ma sono abbastanza fornito di materiale! :-D

Sull'analisi complessa e sulle trasformate ci sono persone molto piu' in gamba di me che frequentano abitualmente il forum... e' da troppo tempo che non le mastico io...

Bore79
Grazie David_e x la tua consueta disponibilità. Ho visto le dispense che mi hai consigliato, ma le ho trovate troppo "lontane" da quello che cercavo. Invece ne ho trovate delle altre (della Sapienza di Roma, vecchissime e scritte a mano) che mi hanno illuminato sull'argomento.
Sostanzialmente il discorso è questo: il problema degli autovalori e autofunzioni di un operatore differenziale si può risolvere in due modi abbastanza analoghi; il primo più generale nel quale si scrive l'equazione agli autovalori e succesivamente l'eq diff del 2° ordine dalla quale si evince come l'operatore agisce sulla funzione incognita. Fatto ciò si sostituisce alla funzione f(x) il suo sviluppo in serie di potenze f(x)=cn . xn, dove i coefficienti cn sono dei cn(h) se h è l'autovalore incognito. Si ottiene così un'equaz in forma indiciale dalla quale si possono ricavare, tramite le relazioni ricorrenti, i valori degli autovalori in forma discreta e successivamente le autofunzioni ad essi associate.
Un'altra via è quella dei problemi di Stourm Liouville, nei quali si imposta un'equazione differenziale del 2° ordine omogenea in una particolare forma che contiene 3 funzioni note p(x), q(x), and w(x) (se scrivi "Teoria di Sturm-Liouville" su Wikipedia è molto più chiaro). E perciò l'eq agli autovalori diventa L.y(x)=h.r(x).y(x) dove L è l'operatore. A differenza del primo caso però stavolta è importante imporre le condizioni al contorno. I valori di h per cui le soluzioni del tipo y(x)=C1 y1(h,x) + C2 y2(h,x) rispettano le condizioni al contorno si dicono autovalori e y1 e y2 sono le autofunzioni ad essi associate. Si vede poi che a seconda della forma che assumono le funzioni note p(x), q(x), and w(x) si può notare che l'equazione non è altro che il problema agli autovalori di un operatore differenziale autoaggiunto in un certo spazio funzionale definito dalle condizioni al contorno. La soluzione poi dell’equazione diff di cui sopra a volte si fa in modo immediato, ad es se abbiamo p(x)=1, q(x)=0, and w(x)=1 e condiz al contorno y(p)=y(-p) l’eq che ne deriva è y’’+hy = 0 la cui soluzione è immediata e del tipo y(x)= c1 . cos (√h . x) + c2 . sin (√h . x). In base alle condizioni al contorno si dovrà avere y(p)-y(-p)=0 e perciò sostituendo a x si vede per quali valori di h l’uguaglianza è vera. Questo problema di S.L. non è altro poi che il problema agli autovalori dell’ operatore differenziale L=d2/dx2. Quando poi l’operatore L è autoaggiunto, allora il rispetto delle condizioni al contorno è implicito.
Spero di essere stato chiaro, se poi ti interessa l’argomento ti mando quelle dispense che ho trovato perché non ricordo più dove le avevo trovate (forse su Emule?).

A breve cambiamo argomento e se hai voglia e pazienza ho alcune cose da chiederti di analisi complessa e trasformate integrali. A presto ciao

david_e1
Non sei impreciso, il fatto e' che usiamo notazioni diverse, avevo intuito che venivi dalla quantistica, ora ne ho la conferma. Purtroppo per te la mia preparazione sulla meccanica quantistica lascia al quanto a desiderare (spero di recuperare grazie ai corsi che ho messo a scelta). Quindi magari rischiamo di non capirci perche' sono piu' abituato a un linguaggio della meccanica dei continui... dimmi se qualche cosa non ti torna. Anche perche' potrei anche dirti delle cose sbagliate...

Il risultato principale e' quello sugli operatori hermitiani compatti che garantisce l'esistenza di una successione di autovalori reali con le associate autofunzioni che generano una base ON di tutto lo spazio.

La prima cosa da notare e' che questi operatori, che vengono scritti di solito, in forma forte, ovvero come operatori differenziali, hanno in realta' una natura un po' piu' complicata. Infatti l'operatore racchiude in se le condizioni al contorno. O meglio il "tipo" di condizioni al contorno. Ad esempio se prendiamo in esame l'equazione (agli autovalori):

${(-u''(x)=\lambda u(x) \qquad x \in (-\pi,\pi)),(u(-\pi)=u(\pi)=0):}$

l'operatore $L$ non e' $-D_x^2$, come si usa dire per abuso di linguaggio, ma l'operatore e' un oggetto piu' complicato. Infatti il problema di prima che possiamo riscrivere simbolicamente come:

$ L u = \lambda u $

non corrisponde, ad esempio, al problema:

${(-u''(x)=\lambda u(x) \qquad x \in (-\pi,\pi)),(u'(-\pi)=u(\pi)=0):}$

se fai i calcoli vedrai, infatti che sono due problemi differenti e ammettono autofunzioni diverse. Quindi per prima cosa le condizioni al bordo entrano in un certo modo nell'operatore, il come lo facciano e' un po' piu' complicato (non so' se hai studiato la forma variazionale delle EDP). Non ha nemmeno una grande importanza il come, ma e' importante capire che il problema agli autovalori e' assegnato dando anche le condizioni al contorno.

Ora se abbiamo il problema:

$ L u = \lambda u $

che include anche le condizioni al contorno lo possiamo risolvere, idealmente, come si faceva con le matrici ad Algebra Lineare: si trovano prima gli autovalori e quindi i relativi autovettori. Quello che si vede e' che il problema ammette soluzioni non banali (non identicamente nulle), solo per alcuni particolari valori di $\lambda$ che sono gli autovalori. Nel nostro caso, tenendo conto delle condizioni al contorno, abbiamo delle soluzioni solo se $\lambda=k^2$ con $k$ intero e le relative autofunzioni sono(*):

$ C_k sin( k x ) $

Quindi, riassumendo, dato un operatore $L$ si scrive l'equazione $L y = \lambda y$, si cercano i $\lambda$ per cui essa ha soluzioni non banali, tali valori di $\lambda$ sono detti autovalori. Si scrive l'equazione sostituendo il $\lambda$ e si calcolano gli autovettori (o autofunzioni che dir si voglia :-D). Mi pare che questo rispondi a 1).

Sul 2) gli autovalori li hai gia' in mano e sono i valori di $\lambda$ che rendono l'equazione $Lu = \lambda u$ risolubile con soluzioni non banali. L'insieme delle soluzioni associate a un dato $\lambda_k$ formano un autospazio di dimensione finita se $\lambda != 0$, queste sono gli autovettori associati a $\lambda_k$.

Sul punto 3) sinceramente non conosco la risposta.

Ci sarebbero molte altre cose da dire e sono ben conscio che questi sono argomenti un po' tosti da digerire, specialmente perche' quasi certamente te li ho messi giu' in un modo completamente diverso da quello che usi tu. Comunque ti segnalo questa dispensa, dove il tutto e' spiegato molto meglio:

http://web.mate.polimi.it/viste/student ... unznew.pdf

ci sono un bel po' di capitoli sulla teoria spettrale, con i concetti di spettro, spettro puntuale, risolvente etc. piu' alcuni teoremi che garantiscono l'esistenza di uno spettro con certe caratteristiche e con autofunzioni che formano una base ON. C'e' anche qualche accenno, se mi ricordo bene, implicito, al caso degli operatori non-limitati... c'e' anche la dimostrazione del teorema di Fredholm che e' l'equivalente, pari pari, del teorema di Rouche-Capelli dell'algebra lineare...

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$L$ corrisponde a $-D_x^2$ (notare il meno).

PS: Per i simboli vedi i vari avvisi sul MathML.

*** EDIT ***
Naturalmente i problemi agli autovalori si risolvono sempre per condizioni al contorno omogenee. Questo perche' in effetti ho un po' barato prima dicendo che gli operatori contengono le condizioni al contorno: contengono l'informazione relativa all'omogenea... Ma non voglio rendere inutilmente piu' complicato il tutto.

Bore79
..hai ragione la mia richiesta è troppo vaga. Visto che per gli spazi L2 mi sei stato di grande aiuto - e non ti dico in quanti forum ho provato ma tutti mi dicevano cose che già sapevo o mi liquidavano dicendo "argomento complicato!" - se hai la pazienza di "ascoltarmi" ti espongo quanto ho capito e quello che invece non mi è chiaro: Ci sono alcune equazioni differenziali (del II° ordine) che messe in una particolare forma posso essere viste come delle equazioni agli autovalori del tipo H v = n v dove H è un operatore differenziale lineare, n sono gli autovalori di H e v gli autovettori (che in qesto caso si chiamano autofunzioni) associate a ciscun autovalore. La forma particolare di queste eq diff è quella autoaggiunta, nella quale l'operatore generico L è messo nella forma L=d/dx[P(x).dy(x)/dx]+n.w(x).y(x) dove w(x) è una funzione peso e si dice autoaggiunta perchè L è hermitiano, ossia = (scusa ma la "I" mi serve per indicare la linea verticale del prodotto scalare braket). Ora, a seconda del tipo di operatore si deve scrivere una certa equazione differenziale, ad es per l'operatore P=-id/dx si scriverà y'' + ny=0 la cui soluzione è del tipo y(x)=C1 cos(nx) + C2 sin(nx) dove u(n)=cos nx e v(n)=sin nx sono le autofunzioni dell'operatore P che devono però poi essere definite a seconda delle condizioni agli estremi che permettono di individuare gli autovalori. Si dimostra poi (per gli operatori hermitiani) che gli autovalori saranno reali e che queste autofunzioni costituiscono un base ON e che sono un sistema completo nell'intervallo stabilito sopra. Per altre equaz differenziali (ad es quella posta nella forma d/dx[(1-x^2)dy(x)/dx]+n(n+1)y(x)=0) si vede che agli autovalori n(n+1) sono associate delle autofunzioni che altro non sono che i polinomi di Legendre. I miei dubbi sono i seguenti:
1) come faccio io a sapere a priori in base all'operatore che sto studiando quale è la forma da dare a n nell'equazione differ (cioè come avrei fatto a sapere che per l'operatore mom angolare devo scrivere ... n.y(x) e invece per altri operatori devo scrivere ..n^2 y(x), oppure n(n-1)y(x) e così via.
2) non mi è molto chiaro come si fa a determinare gli autovalori, ovvero, perchè prima risolvo l'eq diff e trovo le soluzioni che sono poi le autofunzioni e poi le devo adeguare alle condizioni al contorno e quindi sulla base di queste determino gli autovalori, mentre ne lcalcolo vettoriale prima trovo gli autovalori e poi gli autovettori ad essi associati?
3) mi si dice inoltre che per trovare i valori degli autovalori nell'equazione diff messa nella forma di equazione agli autovalori L.y(x) + n.w(x)y(x)=0 si possono usare le matrici. Come cavolo si fa?

Mi scuso già da ora se son stato prolisso (e sicuramente impreciso) e se ho usato un simbolismo poco comprensibile ma uso opera e non mi compare da nessuna parte il comando per inserire le formule. Grazie tante

squalllionheart
per dire che uno spazio è completo devi dimostrare che qualsiasi successione di cauchy al suo interno converga, ciò nn è sempre vero, lo è solo in R.

david_e1
Si ovviamente non capisco molto la notazione, ma probabilmente anche perchè la codifica ASCII è diversa sul mio browser (uso Epiphany).

Due minuscole precisazioni.

1)
L'uguaglianza di Parseval per come la conosco io dice che:

$ \sum_{k=1}^\infty f_k^2 = || f ||_{L^2(-\pi,\pi)}^2 $

dove gli $f_k$ sono i coefficienti di Fourier, quindi di per se non da la convergenza $L^2$ a $f$ della serie:

$ \sum_{k=1}^\infty f_k \phi_k(x) $

2)
La base di Fourier c'è su tutti gli $L^2(a,b)$ come quella di Lagrange, basta smanettare coi cambi di variabili...

Sulla teoria spettrale degli autoaggiunti (Hilbert-aggiunti suppongo) ci sarebbe troppa roba da dire: chiaramente c'è un legame profondo. Ad esempio le autofunzioni di un operatore autoaggiunto compatto generano una base ortogonale dello spazio... ma ci sono un sacco di altre implicazioni annesse e connesse al teorema di Fredholm. (E chissà quanta altra roba c'è che non conosco oltre a questa... :-D )

Bore79
OK, David_e, mi hai chiarito alcuni concetti fondamentali e ti ringrazio per la disponibilità. Vediamo se ho capito in generale l'argomento spazi L2: in sostanza le funzioni al quadrato sommabili (che sono quelle per le quali esiste l'integrale di Lebesgue della norma quadra) possono essere rappresentate come uno sviluppo in serie del tipo ا f › = ∑ cn ا y › (che dovrebbe essere l'equivalente in notazione di Dirac della fN(x) che hai scritto tu) dove y è un sistema di funzioni ON, che nell'intervallo (-pi;pi) sono le funzioni trigonometriche, nell'intervallo (-1;1) sono i polinomi di Legendre, e così via al variare dell'intervallo (e della funzione peso) si possono avere i polinomi di Hermite, Laguerre, o polinomi ortogonali in genere che si ottengono applicando alla [x^n] il metodo di ortogonalizzazione di Gram-Schmidt. La completezza di questi sistemi (o basi) di funzioni (o polinomi) ON sta nel fatto che per la f(x) si possa dire che è rispettata l'uguaglianza di Parseval (che però negli spazi L2 è rappresentata dall'integrale che hai scritto tu ovvero lo scarto quadratico medio e quindi che la convergenza uniforme sia in media) oppure la relazione ∑ (cn)^2 = 0 dove i cn sono i coefficenti di fourier ( cn = < y ا f > ). L'indipendenza lineare tra i "vettori" dello spazio funzionale va intesa maggiormente come ortogonalità tra i vettori ( cioè < yn ا ym > = delta di Kronecher). A parte le varie "libertà" nel simbolismo e nelle definizioni matematiche spero che a grandi linee il succo del discorso sia questo. Insultami pure se non è così !!

P.S. e poi non ti scoccio più: come si lega poi a questo discorso quello legato invece alla teoria spettrale degli operatori autoaggiunti (Stourm Liouville)? Grazie tante.

david_e1
Sinceramente non sò se ho capito benissimo la tua notazione. Comunque provo a risponderti (dimmi se rispondo Roma per toma) :-D.

"Bore79":
un sistema di funzioni ON si dice completo rispetto ad una f(x) se sostanzialmente è rispettata l'uguaglianza di Parseval, oppure in altri termini se è verificata la convergenza uniforme tra f(x) e il suo sviluppo in serie di fourier fn=cn.sn

Attenzione qui: il fatto che sia rispettata l'uguaglianza di Parseval non implica di per se la convergenza, ne in norma $L^2$ (ovvero rispetto allo scarto quadratico medio), ne, tanto meno rispetto alla convergenza uniforme. Per altro la convergenza uniforme non è quella più naturale in $L^2$.

Per il resto di solito si dice che una base ortonormale $\{\phi_k\}$ è completa se, per ogni $f(x)$:

$ f_N(x) = \sum_{k=1}^N f_k \phi_k(x) $

e:

$ f_N \rightarrow f $

nella norma dello spazio in cui lavori. Ovvero nel caso $L^2(a,b)$ si richiede che:

$ \int_{a}^b ( f_k(x) - f(x) )^2 dx \rightarrow 0 $

la definizione di base completa di solito non è relativa a una particolare funzione, ma se la base ortonormale è completa, allora lo è per ogni elemento dello spazio. Ovvero, nel caso delle basi di Fourier, per ogni $f \in L^2(-\pi,\pi)$.

La base ortonormale è un concetto che, in dimensione infinita, non ha nulla a che vedere con quello di base lineare o di Hamel, intesa come insieme di vettori linearmente indipendenti che generano l'intero spazio. Anche perchè il concetto di indipendenza lineare, in dimensione infinita, è molto più delicato da trattare:

https://www.matematicamente.it/f/viewtop ... 474#166944

e, in generale, gli spazi in dimensione infinita non hanno alcuna base lineare numerabile. Ad esempio $L^2$, come tutti gli spazi di Banach, non ammette alcuna base lineare numerabile. Quindi ne la base (ortonormale!) di Fourier, ne l'inieme dei monomi costituiscono una base lineare. A nulla serve verificarne l'indipendenza lineare: comunque la teoria garantisce che non formano un insieme linearmente indipendente massimale. Di più temo che sia impossibile, ma di questo non sono sicuro, costruire esplicitamente una base lineare per $L^2$, ma è necessario appellarsi all'assioma della scelta per asserirne l'esistenza.

Le basi ortonormali sono costruzioni che richiedono molto di più della struttura lineare dello spazio (al contrario di quello che avviene in $RR^n$) e, in oltre, generano linearmente un sottospazio denso nello spazio funzionale: ovvero è possibile scrivere ogni funzione dello spazio sulla base ortonormale, ma, in generale, solo come limite di una serie. Mentre le funzioni esprimibili come combinazione lineare di un numero finito di elementi della base costituiscono un insieme denso nello spazio (rispetto alla norma generata dal prodotto scalare).

PS: In $L^2$ c'è anche una base ortonormale generata da polinomi: quella dei polinomi di Legendre.

Bore79
Ciao David_e. Provo a "spiegarti" quello che ho capito io: dice sul testo che un sistema di funzioni ON si dice completo rispetto ad una f(x) se sostanzialmente è rispettata l'uguaglianza di Parseval, oppure in altri termini se è verificata la convergenza uniforme tra f(x) e il suo sviluppo in serie di fourier fn=cn.sn (la sommatoria è sottointesa anche xkè non ho capito come si inseriscono i simboli matematici!) dove sn è appunto un sistema di funzioni ON, che nell'intervallo (-pi;pi) può essere ad es il sistema delle funzioni trigonometriche (cos(nx);sin(nx)opportunamente normalizzate). Il mio quesito nasce dal fatto che anche altri sistemi di funzioni (es. x^n) sono completi, ma non sono evidentemente ON, e siccome una caratteristica fondamentale dei sistemi ON è appunto l'indipendenza lineare tra i vettori (o tra le funzioni nel caso di spazi funzionali) non mi è chiaro a questo punto il concetto di completezza. Forse ho fatto più casino che altro però mi sembrava doveroso rispondere. Grazie

david_e1
"Bore79":
è completo rispetto a una certa f(x)

Non ho capito cosa intendi dire qui...

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