Riflessioni sul Dottorato/PhD

Intermat
Dopo poco più di un anno, probabilmente alcuni di voi (quelli che risposero) se lo ricordano, ripropongo un topic sul dottorato.

Vorrei invitare a partecipare soprattutto coloro che abbiano già vissuto o stiano attualmente vivendo questa situazione. Oltre a coloro che magari, essendosi laureati prima dell'istituzione del dottorato, siano nell'università senza però aver seguito questo specifico percorso.

Essendo passato un anno e dovendomi laureare (ovviamente alla magistrale!) nei primi mesi del prossimo anno, mi si ripropone nella testa il tarlo del dottorato in Italia o di un PhD all'estero. I motivi che, principalmente, mi spingono a questa riflessione sono:
- un paio di materie che ho studiato mi hanno interessato particolarmente;
- l'ambiente universitario (specie i dipartimenti dove ci sono gli studi dei professori, a cui ho rotto le scatole frequentemente [nota]Ovviamente con accezione positiva, soprattutto alla magistrale sono andato a ricevimento da quasi tutti i docenti per chiarirmi i dubbi. In alcuni casi sono rimasto anche un'ora a parlarci... :-D
Ancora mi sorprende la pazienza e la cordialità che mi hanno mostrato![/nota]) mi piace molto, lo trovo assolutamente stimolante;
- l'idea di lavorare in una azienda non mi entusiasma, sono abituato a studiare soprattutto per me stesso e l'idea di dover lavorare per un fine diverso mi immalinconisce un pochino (ovviamente lo farei, se necessario, non voglio apparire uno scansafatiche!);

Detto questo ci sono molti dubbi, sia tecnici/pratici sia psicologici!

Dubbi tecnico-pratici:
- Almeno in Italia (e almeno per quanto riguarda la vostra esperienza), è lo studente a parlare col docente dicendogli qualcosa del tipo "professore sarei interessato a continuare gli studi con un dottorato" oppure, piuttosto, è il professorer (relatore) a dire "hai lavorato bene su questa tesi, il progetto potrebbe essere portato avanti, perché non continui con un dottorato"?
- Laureandosi con 110 e Lode [nota]non vorrei sembrare presuntuoso ma, presentandomi con un voto di base pari a 110 e auspicando di fare una tesi decente - dato che sto lavorando su una cosa su cui già ci stanno facendo una tesi di dottorato-, spero vivamente me la concedano[/nota] si hanno speranze (nel caso di partecipazione al bando) di ottenere la borsa di studio?

Dubbi psicologici:
- Fondamentalmente si concentrano sul dopo. Una volta terminato il dottorato o si esce definitivamente dall'università (e allora, nel mio caso, tanto varrebbe lo facessi ora!) oppure si prova a rimanerci dentro. In questo ultimo caso, ci sono speranze? In pratica, dopo aver campato tre anni con circa 1000€/mese si hanno delle prospettive migliori nel mondo accademico? O meglio ancora, è credibile diventare ricercatori e magari seguire il "cursus honorum" per diventare professori (quantomeno associati!)?
- Sempre in ottica futura: immaginando di aver completato il dottorato e di voler continuare la carriera accademica, il post dottorato è un qualcosa di vivibile? Ovvero, a quanti anni è credibile che si abbia una certa stabilità? In pratica, a che età è credibile poter pensare di dire "ah bella questa città X, sono contento di dover vivere qui per i prossimi (molti) anni"?

In pratica, un riassunto di questa seconda tipologia di dubbi potrebbe essere:
- E' credibile auspicare di rimanere nel mondo accademico (pur non avendo santi in paradiso)?
- Lo stipendio (eventuale) di un ricercatore è un qualcosa di buono (del tipo 1800-2000 €/mese verso i 35 anni, supponendo di finire il dottorato a 27/28)?

Per concludere: voi rifareste il percorso che avete fatto? la carriera accademica vi sembra (nel vostro caso) un qualcosa di percorribile sia in termini di fattibilità economica (stipendio) sia in termini di possibilità di accesso (presenza/assenza di meritocrazia)?

Insomma, spero che chi di voi abbia seguito questo percorso o che sia all'interno del mondo accademico mi possa rispondere per chiarire almeno alcuni punti. Non faccio i nomi degli utenti da cui mi piacerebbe avere una risposta e con cui avere un dialogo perché tanto mi sembra evidente a chi, principalmente, mi riferisca... :-D

Risposte
dan952
Competitività...non ho specificato verso chi

xXStephXx
"dan95":
Questa competitività si avverte già dalla triennale, se al posto di pubblicazioni frequenti sostituiamo voti alti.


Fin'ora non l'ho notata. Però mi è capitato di avvertirla con me stesso perchè in alcuni esami mi sentivo obbligato a dover fare il massimo. E' inevitabile dato che finchè sono studente quella è l'unica cosa che risulta.

Intermat
"Luca.Lussardi":
Per i ricercatori a tempo indeterminato sono previsti gli scatti stipendiali. Comunque io non condivido molto il paragonare il ricercatore ad altri lavori lasciando sottintendere che il ricercatore o il professore in quanto tali debbano per forza guadagnare tanto... facciamo un lavoro come tutti gli altri, perche' dovremmo prendere di piu'?

Dipende con chi ti paragoni, secondo me un ricercatore (in materie scientifiche ma soprattutto in ingegneria) prende meno di un laureato (che non ha nemmeno un PhD) che ha deciso di lavorare fuori dall'università. Alla fine 1800€ (se rimanessero costanti per tutta la carriera) sono poco più di quello che, nella stessa PA, prende un diplomato che fa del normalissimo lavoro di ufficio. Quindi, proprio per il fatto che è un lavoro paragonabile a quello di un altro laureato, si dovrebbe "pretendere" uno stipendio più alto. In fondo, effettivamente, questo già avviene con gli stipendi dei professori associati ed ordinari.

Luca.Lussardi
Per i ricercatori a tempo indeterminato sono previsti gli scatti stipendiali. Comunque io non condivido molto il paragonare il ricercatore ad altri lavori lasciando sottintendere che il ricercatore o il professore in quanto tali debbano per forza guadagnare tanto... facciamo un lavoro come tutti gli altri, perche' dovremmo prendere di piu'?

Intermat
"Luca.Lussardi":
Si, tipicamente chi sa che sei alla ricerca e' qualcuno del tuo giro di ricerca, gente che inevitabilmente vieni a conoscere andando a convegni durante il dottorato...

Per il posto A forse hai frainteso, il contratto non e' sottoscrivibile di nuovo se termina: sono 3 anni + 2 anni di rinnovo per un totale di 5 anni e basta. Dopo i 5 anni puoi applicare per un altro posto di tipo A o di tipo B, e in totale puoi cumulare 12 anni di posti A/B/assegni.

Sullo stipendio io la penso un po' controcorrente rispetto agli standard, secondo me lo stipendio da RTD che e' fisso e non sale negli anni e' piu' che dignitoso (se uno non ha famiglia), e' di circa 1800 netti mensili, ma e' una mia opinione.

Grazie ancora per le risposte!
Sul contratto di tipo A credo di aver capito, forse mi sono spiegato male!
Sullo stipendio io la penso "a metà". Se il ricercatore fosse, di standard, una posizione di passaggio sarei d'accordo con te (la riforma mi sembra che voglia renderla proprio tale!) ma se deve durare in eterno (ho avuto docenti ricercatori a 50 anni, credo siano i vecchi contratti da ricercatore a tempo indeterminato) non mi pare più equo. Alla fine 1800€/mese sono uno stipendio che un laureato in materie ingegneristiche (per esempio), ma credo anche fisico/matematiche, prenderebbe tranquillamente fuori dall'università dopo 5/6 anni di esperienza (max una decina). Alla fine, se ci pensi, è lo stipendio medio di un quadro (che solitamente non era un laureato) di una grande impresa (tipo Enel, ENI, Telecom) verso la fine della carriera. Se uno dovesse fare il ricercatore in eterno (ripeto, mi pare la riforma vada in un senso diverso) non mi sembrerebbe equo!

Luca.Lussardi
Si, tipicamente chi sa che sei alla ricerca e' qualcuno del tuo giro di ricerca, gente che inevitabilmente vieni a conoscere andando a convegni durante il dottorato...

Per il posto A forse hai frainteso, il contratto non e' sottoscrivibile di nuovo se termina: sono 3 anni + 2 anni di rinnovo per un totale di 5 anni e basta. Dopo i 5 anni puoi applicare per un altro posto di tipo A o di tipo B, e in totale puoi cumulare 12 anni di posti A/B/assegni.

Sullo stipendio io la penso un po' controcorrente rispetto agli standard, secondo me lo stipendio da RTD che e' fisso e non sale negli anni e' piu' che dignitoso (se uno non ha famiglia), e' di circa 1800 netti mensili, ma e' una mia opinione.

Intermat
"Luca.Lussardi":
[quote="Intermat"]Ti posso chiedere più o meno come funziona il periodo post doc se si vuole rimanere all'università?
In pratica il dottorando conclude il dottorato con la sua tesi, a questo punto cosa fa (o cosa succede)?

A questo punto si cercano bandi di borse post-doc in giro per il mondo, spesso accade che un qualche prof che sa che hai finito il phd e che sei alla ricerca ha dei fondi su cui mettere una borsa, ma non sempre e' cosi', a volte devi proprio applicare "alla cieca" competere con altri e sperare di vincere, tutto e' sempre su concorso comunque. [/quote]
Il professore che sa che hai finito il PhD immagino sia il relatore (o come si chiama colui con cui si fa il dottorato) oppure un suo collega del dipartimento o di un'altra università con cui il relatore e, magari, anche il dottorando hanno lavorato, giusto?
"Luca.Lussardi":

[quote="Intermat"]Leggevo infatti che esistono due tipi di contratto da ricercatore:
A: determinato da 3 anni e rinnovabile una sola volta (non si può essere assunti due volte con questo contratto)

Si, rinnovato una volta per due anni, quindi uno si fa 5 anni con un posto di tipo A. Si puo' essere riassunti col contratto A, ovviamente va rifatto il concorso pero', quello che accade e' che uno non possa cumulare piu' di 12 anni tra posti A,B e assegni di ricerca dati ai sensi della legge Gelmini.
"Intermat":
B: determinato da 3 anni, può partecipare solo chi ha già avuto un contratto di tipo A (oppure assegni di ricerca e post doc per tre anni) e se, al termine dei tre anni, si ha l'abilitazione nazionale e una valutazione positiva si diventa prof. associati.
A logica il sistema sembrerebbe molto semplice e lineare ma, dato che tutti dicono che diventare professori è praticamente impossibile, deduco che ci sia qualche problema (a logica nell'assumere con contratto di tipo B che in pratica obbliga l'università all'assunzione dopo tre anni). Mi sapresti dire dove sta il problema?

Il posto B e' come l'hai descritto ma ne vengono banditi pochissimi, proprio perche' l'ateneo deve mettere da parte la risorsa che servira' per l'associato, di fatto mettere a bando un B e' come mettere a bando un posto da associato non confermato.

In definitiva il percorso come vedi non e' impossibile, il problema e' che vengono messi a bando pochissimi posti, e capita anche che alcuni atenei mettano a bando posti di tipo A senza avere la prospettiva di proseguire col tipo B, il che danneggia ulteriormente il ricercatore precario.[/quote]
Ho capito quindi dove si incarta il sistema. In pratica essendo rinnovabile una volta e sottoscrivibile almeno 3 volte il contratto di tipo A le università rinnovano costantemente quello e nessuno (o pochi) si vedono fare il B in quanto, alla fine, è come se fosse un pre-contratto da professore. L'idea dei due contratti distinti, fatta in questo modo, praticamente non ha senso, lo avrebbe avuto se l'A non fosse stato rinnovabile oltre i successivi 2 anni. In quel modo l'università sarebbe stata costretta a fare il B ma, così come è, il contratto B serve solo a dilazionare nel tempo il passaggio ad associato che, di fatto, viene sancito con la firma del contratto di tipo B. Siamo proprio contorti in questo paese... :?

Ti volevo chiedere un'altra cosa, in pratica quindi lo stipendio di un ricercatore è costantemente lo stesso oppure sale negli anni? Ovvero, avevo dato una occhiata alle tabelle delle retribuzioni annue, viene riportato "scatto 0" e viene fornito il corrispettivo stipendio, quando un ricercatore rinnova il contratto se ha maturato degli scatti (per l'anzianità immagino) si vede lo stipendio aumentare, giusto? Non riparte sempre da quello base?
In ogni caso, pur non volendo fare i conti in tasca a nessuno, alla fine sarebbero circa 1700 €/mese, di base. Non ci si diventa ricchi assolutamente ed è poco per la figura professionale però non è neppure molto diverso da uno stipendio medio che si prenderebbe nel privato. A meno di essere fortunati, parlando per un ingegnere, a 10 anni dalla laurea si prende circa 2000€/mese ovvero circa 300€ di differenza, non sono pochi ma nemmeno "il doppio".

Comunque grazie mille dei chiarimenti che tu ed altri mi state dando!

Luca.Lussardi
"Intermat":
Ti posso chiedere più o meno come funziona il periodo post doc se si vuole rimanere all'università?
In pratica il dottorando conclude il dottorato con la sua tesi, a questo punto cosa fa (o cosa succede)?

A questo punto si cercano bandi di borse post-doc in giro per il mondo, spesso accade che un qualche prof che sa che hai finito il phd e che sei alla ricerca ha dei fondi su cui mettere una borsa, ma non sempre e' cosi', a volte devi proprio applicare "alla cieca" competere con altri e sperare di vincere, tutto e' sempre su concorso comunque.
"Intermat":
Si presenta ad un concorso da ricercatore? Se si, questi concorsi esistono e sono frequenti (annuali?) oppure no?

Magari fossero banditi con regaolarita'... in realta' proprio qui sta il problema da noi, che i concorsi vengono banditi una volta ogni tanto, tutto dipende dalle risorse (pochissime) che gli atenei hanno per crescere...
"Intermat":
Ad esempio, se non ho capito male, un ricercatore deve superare un esame di abilitazione nazionale per poi poter sperare di diventare professore associato ma, in pratica, una volta superata l'abilitazione cosa succede? Si deve aspettare che una generica università (o quella dove fa il ricercatore) bandisca un concorso per un posto da prof. associato oppure si ha un percorso automatico nella propria sede?

Si, e' ad oggi aperta a tempo indeterminato (per adesso) presso il ministero la procedura per conseguire l'abilitazione scientifica per associato e ordinario, si manda la domanda online e si aspetta la risposta, e' solo per titoli, uno compila tutto e spedisce la domanda relativamente al settore di ricerca in cui si vuole prenderla. Il conseguimento dell'abilitazione e' condizione necessaria per partecipare ai concorsi per associato e/o ordinario banditi presso le universita' italiane.
"Intermat":
Leggevo infatti che esistono due tipi di contratto da ricercatore:
A: determinato da 3 anni e rinnovabile una sola volta (non si può essere assunti due volte con questo contratto)

Si, rinnovato una volta per due anni, quindi uno si fa 5 anni con un posto di tipo A. Si puo' essere riassunti col contratto A, ovviamente va rifatto il concorso pero', quello che accade e' che uno non possa cumulare piu' di 12 anni tra posti A,B e assegni di ricerca dati ai sensi della legge Gelmini.
"Intermat":
B: determinato da 3 anni, può partecipare solo chi ha già avuto un contratto di tipo A (oppure assegni di ricerca e post doc per tre anni) e se, al termine dei tre anni, si ha l'abilitazione nazionale e una valutazione positiva si diventa prof. associati.
A logica il sistema sembrerebbe molto semplice e lineare ma, dato che tutti dicono che diventare professori è praticamente impossibile, deduco che ci sia qualche problema (a logica nell'assumere con contratto di tipo B che in pratica obbliga l'università all'assunzione dopo tre anni). Mi sapresti dire dove sta il problema?

Il posto B e' come l'hai descritto ma ne vengono banditi pochissimi, proprio perche' l'ateneo deve mettere da parte la risorsa che servira' per l'associato, di fatto mettere a bando un B e' come mettere a bando un posto da associato non confermato.

In definitiva il percorso come vedi non e' impossibile, il problema e' che vengono messi a bando pochissimi posti, e capita anche che alcuni atenei mettano a bando posti di tipo A senza avere la prospettiva di proseguire col tipo B, il che danneggia ulteriormente il ricercatore precario.

Intermat
"Luca.Lussardi":
La competizione e' altissima nel mondo accademico, ovunque al mondo, in particolare in Italia dove l'asticella si e' alzata a dismisura dal momento che per tanti anni i concorsi sono stati banditi con il contagocce: tanto per esemplificare oggi si presentano a concorsi per ricercatore (a tempo determinato per giunta) persone che hanno titoli coi quali 20 anni fa vincevi un concorso per ordinario. Per quanto riguarda il discorso pubblicazioni, pubblicare con una certa frequenza e' giusto e un vero ricercatore lo dovrebbe fare. E' pur vero che l'attuale sistema di reclutamento italiano forza a pubblicare sempre di piu' per via della bibliometria che deve essere soddisfatta per avere l'abilitazione scientifica dal ministero, ma nonostante questo un ricercatore serio che pubblica normalmente su riviste considerate dalla comunita' di riferimento non ha particolari problemi.

Ti posso chiedere più o meno come funziona il periodo post doc se si vuole rimanere all'università?
In pratica il dottorando conclude il dottorato con la sua tesi, a questo punto cosa fa (o cosa succede)? Si presenta ad un concorso da ricercatore? Se si, questi concorsi esistono e sono frequenti (annuali?) oppure no? Ad esempio, se non ho capito male, un ricercatore deve superare un esame di abilitazione nazionale per poi poter sperare di diventare professore associato ma, in pratica, una volta superata l'abilitazione cosa succede? Si deve aspettare che una generica università (o quella dove fa il ricercatore) bandisca un concorso per un posto da prof. associato oppure si ha un percorso automatico nella propria sede?
Leggevo infatti che esistono due tipi di contratto da ricercatore:
A: determinato da 3 anni e rinnovabile una sola volta (non si può essere assunti due volte con questo contratto)
B: determinato da 3 anni, può partecipare solo chi ha già avuto un contratto di tipo A (oppure assegni di ricerca e post doc per tre anni) e se, al termine dei tre anni, si ha l'abilitazione nazionale e una valutazione positiva si diventa prof. associati.
A logica il sistema sembrerebbe molto semplice e lineare ma, dato che tutti dicono che diventare professori è praticamente impossibile, deduco che ci sia qualche problema (a logica nell'assumere con contratto di tipo B che in pratica obbliga l'università all'assunzione dopo tre anni). Mi sapresti dire dove sta il problema?

Shocker1
"dan95":
Questa competitività si avverte già dalla triennale, se al posto di pubblicazioni frequenti sostituiamo voti alti.

[ot]E' la cosa(forse l'unica) che più odio del mio corso di laurea :-D[/ot]

Luca.Lussardi
La competizione e' altissima nel mondo accademico, ovunque al mondo, in particolare in Italia dove l'asticella si e' alzata a dismisura dal momento che per tanti anni i concorsi sono stati banditi con il contagocce: tanto per esemplificare oggi si presentano a concorsi per ricercatore (a tempo determinato per giunta) persone che hanno titoli coi quali 20 anni fa vincevi un concorso per ordinario. Per quanto riguarda il discorso pubblicazioni, pubblicare con una certa frequenza e' giusto e un vero ricercatore lo dovrebbe fare. E' pur vero che l'attuale sistema di reclutamento italiano forza a pubblicare sempre di piu' per via della bibliometria che deve essere soddisfatta per avere l'abilitazione scientifica dal ministero, ma nonostante questo un ricercatore serio che pubblica normalmente su riviste considerate dalla comunita' di riferimento non ha particolari problemi.

dan952
Questa competitività si avverte già dalla triennale, se al posto di pubblicazioni frequenti sostituiamo voti alti.

Vincent46
Io ho una curiosità. Si tratta di un ambiente molto competitivo? A me piace molto l'idea della ricerca matematica in sè, ma ho l'impressione che il mondo accademico sia condito da una spiacevole aura di competitività e di grande pressione nel pubblicare con una certa frequenza.

fields1
Io se fossi in te farei un dottorato in machine learning, lavorando con un supervisore o un gruppo di alto livello internazionale. E' un campo di ricerca molto attivo, con applicazioni sterminate. Se otterrai risultati straordinari nella tua tesi, potrai pensare di continuare nella ricerca, se no sarai molto richiesto nel settore privato (sicuramente all'estero, l'Italia può sempre fare eccezione :-D :| ). Ti consiglierei anche di prendere la decisione prima della fine del dottorato.

Come ti hanno risposto gli altri, trovare una posizione accademica permanente al giorno d'oggi è molto difficile. Io ad esempio dopo 8 anni in giro per l'Europa ancora non ce l'ho, nonostante sia considerato un esperto a livello internazionale del mio campo di ricerca. E vari miei colleghi di valore hanno mollato dopo 5-6-7 anni perché non hanno trovato un posto. Forse tutto questo è anche conseguenza dell'Austerità europea made in Germany e della crisi economica, ma il futuro non è chiaro.

Albesa81
Ok, nel mondo universitario non so come funzioni e lascio la parola a chi è esperto :-)

Intermat
"Albesa81":
[quote="Intermat"]Sulla questione geografica ed economica: il fatto di non lavorare a Roma non è un problema particolare, almeno al momento, detto ciò a me non entusiasma dover lavorare muovendosi troppo. In pratica non avrei troppi problemi a lavorare 5 anni a Londra ma, probabilmente, li avrei se dovessi fare un mese a Londra, sei a Parigi, un anno a Miami e due a Detroit. Ecco, quello non mi entusiasma moltissimo. Mi piace viaggiare ma saltuariamente e, possibilmente, per vacanza. Per quanto riguarda l'aspetto economico la questione è semplice. Io non voglio diventare ricco ma solamente avere la tranquillità economica, tranquillità che credo provenga da uno stipendio di almeno 2000€. Ovvio che non mi aspetto di averlo domani ma lo vorrei avere almeno entro i 35/37 anni. Insomma l'età entro la quale uno, immagino, vorrà pure farsi una famiglia o comunque avere una situazione stabile.

Dipende tutto da cosa vuoi fare/chi vuoi essere: 2000€ è uno stipendio tranquillamente raggiungibile da un ingegnere con una decina d'anni di esperienza.
Più complesso è il discorso relativo alla mobilità. In linea di massima se ti verranno affidati incarichi manageriali non ti aspettare di fare i fiori inchiodato ad una scrivania 8 ore al giorno 5/7, anzi, aspettati di viaggiare spesso (magari per brevi tratti in macchina, ma trasferte regolari ogni 2-3 mesi non sono roba fuori dal mondo per chi deve interfacciarsi con clienti e direttivi).
Se invece intendi ricoprire un ruolo più tecnico (per intenderci, programmatore/progettista e similari), il discorso cambia ma a quel punto, a mio avviso se si resta in Italia ci si precludono molte possibilità di crescita.
Buona scelta :-)[/quote]
Ma infatti fuori dal mondo accademico non mi sembra affatto uno stipendio irraggiungibile. Conosco diverse persone che senza troppa fatica sono arrivati, con gli anni, a 2500 €/mese. Io parlavo all'interno dell'universtà, magari leggendo solamente l'ultimo messaggio non era evidente.

Albesa81
"Intermat":
Sulla questione geografica ed economica: il fatto di non lavorare a Roma non è un problema particolare, almeno al momento, detto ciò a me non entusiasma dover lavorare muovendosi troppo. In pratica non avrei troppi problemi a lavorare 5 anni a Londra ma, probabilmente, li avrei se dovessi fare un mese a Londra, sei a Parigi, un anno a Miami e due a Detroit. Ecco, quello non mi entusiasma moltissimo. Mi piace viaggiare ma saltuariamente e, possibilmente, per vacanza. Per quanto riguarda l'aspetto economico la questione è semplice. Io non voglio diventare ricco ma solamente avere la tranquillità economica, tranquillità che credo provenga da uno stipendio di almeno 2000€. Ovvio che non mi aspetto di averlo domani ma lo vorrei avere almeno entro i 35/37 anni. Insomma l'età entro la quale uno, immagino, vorrà pure farsi una famiglia o comunque avere una situazione stabile.

Dipende tutto da cosa vuoi fare/chi vuoi essere: 2000€ è uno stipendio tranquillamente raggiungibile da un ingegnere con una decina d'anni di esperienza.
Più complesso è il discorso relativo alla mobilità. In linea di massima se ti verranno affidati incarichi manageriali non ti aspettare di fare i fiori inchiodato ad una scrivania 8 ore al giorno 5/7, anzi, aspettati di viaggiare spesso (magari per brevi tratti in macchina, ma trasferte regolari ogni 2-3 mesi non sono roba fuori dal mondo per chi deve interfacciarsi con clienti e direttivi).
Se invece intendi ricoprire un ruolo più tecnico (per intenderci, programmatore/progettista e similari), il discorso cambia ma a quel punto, a mio avviso se si resta in Italia ci si precludono molte possibilità di crescita.
Buona scelta :-)

Intermat
"Injuria":
[quote="Intermat"]Cercherò di non disperare. In questi giorni stavo dando una occhiata alle offerte di lavoro e ho visto che comunque ci sono diverse aziende molto grandi che aprono alcune posizioni esclusivamente per coloro che hanno un PhD. Ovviamente sono tutte multinazionali dato che in Italia credo che pochi conoscano il concetto di dottorato (fuori dal mondo accademico!). Questo aspetto in un qualche modo mi conforta, la paura è anche quella di "buttare" tre anni. Non nego che mi sento più bravo di molti altri miei colleghi (ovviamente ne conosco di anche più bravi di me, non sono presuntuoso!) e l'idea che mi spaventa è quella di dovermi "riciclare" nel mondo del lavoro a 27/28 anni e quindi essere visto alla stregua di quelli che, alla stessa età, appena finiscono la laurea magistrale. Questa cosa mi turba parecchio... :?

Per esperienza ti posso dire che i PhD nell'ambito big data, machine learning etc, sono molto richiesta sia in Italia che all'estero. Visto che ci siamo incrociati in altre discussioni ho notato questa fissa per l'età anagrafica che secondo me ha un'importanza relativa per mansioni di alto livello intellettuale, d'altronde se un'azienda ti considera vecchio a 27 anni dopo un PhD forse è meglio alzarsi ed andarsene senza nemmeno salutare. Non capisco poi la storia del "buttare gli anni", il presupposto è che quei 3 anni siano di lavoro applicativo ad alti livelli ed è proprio quello che ti differenzia fra altri neo laureati o anche da persone che hanno anche lavorato 10 anni, ma certe competenze non le hanno mai sviluppate. Se un'azienda ha bisogno di certe competenze non bada all'età, certo c'è una soglia critica per cui se non si è mai lavorato nel settore privato potrebbe essere un problema, ma non è di certo 27 anni...forse sui 35/36.
[/quote]
Grazie per la risposta Injuria!
Mi fa piacere che tu non consideri vecchia una persona che entra nel mondo del lavoro a 27/28 anni. Io mi considero vecchio già a, neanche, 24. Forse è questo il problema... :-D
Il problema che mi sorgeva era nel fatto che, è vero che sono "pochi" quelli con un phd in Big Data o settori affini ma, sono pochi i lavori che richiedono quella particolare preparazione. La maggior parte dei lavori sono "tarati" per la preparazione di un laureato magistrale. Per quello facevo il confronto!

"Injuria":

Il fatto di confrontarsi con persone di 3/4 anni più grandi che si sono laureate in ritardo mi mette ancora di più incertezza. E' vero che un lavoro lo si trova comunque (soprattutto se si è disposti a viaggiare all'estero) però è anche vero che, qui in Italia, si verrebbe visti alla stregua di questi altri studenti (la maggior parte dei quali) non proprio eccellenti. Non che io me la prenda con loro, ognuno fa le sue scelte, però sinceramente ho sputato sangue per laurearmi in tempo e con un voto alto e mi darebbe un po' fastidio confrontarmi con gente che invece si è fatta 7/8 anni a ritmi blandi.

Presente ( :lol: ), sono uno di quelli scarsoni che si è laureato in ritardo perché per vari motivi ho iniziato a lavorare e perdere interesse verso l'università. Se può essere di consolazione, dato che ho lavorato anche con persone hanno fatto il PhD, ti posso assicurare che non dovrai confrontarti mai con quelli come me per la medesima posizione. Detto questo, visto che l'università non è come il salto con l'asta, purtroppo dovrai dimostrare di valere quel famoso 110 coi fatti.
Sulla questione estero, mi dispiace dirtelo, ma se volevi specializzarti sui "big data" e stare vicino a casina hai preso una cantonata (poi magari ti va di fortuna), i lavori più interessanti sono all'estero non c'è nulla da fare.
Ultima osservazione: se pensi ai soldi è molto meglio che entri nel settore privato, dal mio punto di vista la ricerca dovrebbe presupporre un minimo di vocazione, quindi uno è disposto a guadagnare meno perché fa ciò che ha sempre sognato di fare e lo appassiona, nelle aziende invece si lavora spesso a macchinetta, devi produrre, all'università anche se non produci nulla di significativo fa nulla, ma almeno ti sei divertito a speculare su ciò che ti interessa.

A me non da fastidio confrontarmi con persone che si sono laureate in ritardo ma che nel frattempo hanno anche lavorato. Personalmente, a meno di motivi economici, è una scelta che non condivido però credo siano persone da apprezzare per l'impegno che ci hanno messo per fare entrambe le cose. Quelli che onestamente non sopporto sono quelli che si laureano, senza particolari motivi, con 7/8 anni semplicemente perché si godono gli anni dell'università facendo serate e vacanze. Insomma quelli definibili come "fancazzisti". Gli altri li rispetto pur non condividendo la scelta fatta... :smt023

Sulla questione geografica ed economica: il fatto di non lavorare a Roma non è un problema particolare, almeno al momento, detto ciò a me non entusiasma dover lavorare muovendosi troppo. In pratica non avrei troppi problemi a lavorare 5 anni a Londra ma, probabilmente, li avrei se dovessi fare un mese a Londra, sei a Parigi, un anno a Miami e due a Detroit. Ecco, quello non mi entusiasma moltissimo. Mi piace viaggiare ma saltuariamente e, possibilmente, per vacanza. Per quanto riguarda l'aspetto economico la questione è semplice. Io non voglio diventare ricco ma solamente avere la tranquillità economica, tranquillità che credo provenga da uno stipendio di almeno 2000€. Ovvio che non mi aspetto di averlo domani ma lo vorrei avere almeno entro i 35/37 anni. Insomma l'età entro la quale uno, immagino, vorrà pure farsi una famiglia o comunque avere una situazione stabile.

dasalv12
"Intermat":
Cercherò di non disperare. In questi giorni stavo dando una occhiata alle offerte di lavoro e ho visto che comunque ci sono diverse aziende molto grandi che aprono alcune posizioni esclusivamente per coloro che hanno un PhD. Ovviamente sono tutte multinazionali dato che in Italia credo che pochi conoscano il concetto di dottorato (fuori dal mondo accademico!). Questo aspetto in un qualche modo mi conforta, la paura è anche quella di "buttare" tre anni. Non nego che mi sento più bravo di molti altri miei colleghi (ovviamente ne conosco di anche più bravi di me, non sono presuntuoso!) e l'idea che mi spaventa è quella di dovermi "riciclare" nel mondo del lavoro a 27/28 anni e quindi essere visto alla stregua di quelli che, alla stessa età, appena finiscono la laurea magistrale. Questa cosa mi turba parecchio... :?

Per esperienza ti posso dire che i PhD nell'ambito big data, machine learning etc, sono molto richiesta sia in Italia che all'estero. Visto che ci siamo incrociati in altre discussioni ho notato questa fissa per l'età anagrafica che secondo me ha un'importanza relativa per mansioni di alto livello intellettuale, d'altronde se un'azienda ti considera vecchio a 27 anni dopo un PhD forse è meglio alzarsi ed andarsene senza nemmeno salutare. Non capisco poi la storia del "buttare gli anni", il presupposto è che quei 3 anni siano di lavoro applicativo ad alti livelli ed è proprio quello che ti differenzia fra altri neo laureati o anche da persone che hanno anche lavorato 10 anni, ma certe competenze non le hanno mai sviluppate. Se un'azienda ha bisogno di certe competenze non bada all'età, certo c'è una soglia critica per cui se non si è mai lavorato nel settore privato potrebbe essere un problema, ma non è di certo 27 anni...forse sui 35/36.
Il fatto di confrontarsi con persone di 3/4 anni più grandi che si sono laureate in ritardo mi mette ancora di più incertezza. E' vero che un lavoro lo si trova comunque (soprattutto se si è disposti a viaggiare all'estero) però è anche vero che, qui in Italia, si verrebbe visti alla stregua di questi altri studenti (la maggior parte dei quali) non proprio eccellenti. Non che io me la prenda con loro, ognuno fa le sue scelte, però sinceramente ho sputato sangue per laurearmi in tempo e con un voto alto e mi darebbe un po' fastidio confrontarmi con gente che invece si è fatta 7/8 anni a ritmi blandi.

Presente ( :lol: ), sono uno di quelli scarsoni che si è laureato in ritardo perché per vari motivi ho iniziato a lavorare e perdere interesse verso l'università. Se può essere di consolazione, dato che ho lavorato anche con persone hanno fatto il PhD, ti posso assicurare che non dovrai confrontarti mai con quelli come me per la medesima posizione. Detto questo, visto che l'università non è come il salto con l'asta, purtroppo dovrai dimostrare di valere quel famoso 110 coi fatti.
Sulla questione estero, mi dispiace dirtelo, ma se volevi specializzarti sui "big data" e stare vicino a casina hai preso una cantonata (poi magari ti va di fortuna), i lavori più interessanti sono all'estero non c'è nulla da fare.
Ultima osservazione: se pensi ai soldi è molto meglio che entri nel settore privato, dal mio punto di vista la ricerca dovrebbe presupporre un minimo di vocazione, quindi uno è disposto a guadagnare meno perché fa ciò che ha sempre sognato di fare e lo appassiona, nelle aziende invece si lavora spesso a macchinetta, devi produrre, all'università anche se non produci nulla di significativo fa nulla, ma almeno ti sei divertito a speculare su ciò che ti interessa.

Luca.Lussardi
Se per stabilita' intendi la posizione permanente purtroppo quella ancora non l'ho raggiunta, tra pochi mesi mi scadra' il contratto RTD a Brescia e sto facendo concorsi in Italia per averne uno nuovo. Arrivare fin qui cambiando posto spesso per me non e' stato un particolare sacrificio perche' e' proprio quello che volevo fare, gli stipendi cambiano a seconda di dove sei, ammetto che all'estero prendevo di piu' di quanto prendo in Italia, ma mi han sempre permesso di vivere in modo piu' che dignitoso (sara' anche che non ho vizi o cose di questo tipo). E' un po' una favoletta quella del ricercatore che deve mendicare, lo stipendio del ricercatore e' ampiamente sufficiente per vivere bene, certo se uno comincia ad avere famiglia e a lavorare solo lui la cosa diventa problematica.

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