Pochi laureati?
Ieri mi sono imbattuto in un articolo di Repubblica che riporta il solito pistolotto sulla scarsità di laureati rispetto alle richieste delle aziende. Ora, provengo da un ambiente e lavoro in un altro dove questa valutazione è da decenni ritenuta una leggenda metropolitana, nonostante abbia talvolta il sostegno di fonti istituzionali. Già venti/venticinque anni fa le aziende, è vero, cercavano laureati, ma la quasi totalità delle posizioni prevedeva contratti di formazione e/o stipendi allora paragonabili a quelli di un sergente delle forze armate (un profilo che poteva iniziare il corso sottufficiali a sedici anni e terminarlo a diciotto, senza diploma). Ora sembra che la principale fonte di questa valutazione sia Unioncamere (viene sempre citata in queste circostanze), ma l'impressione che ho ricavato dalla mia esperienza, sia quando ero io a cercare lavoro che quando mi trovavo invece a selezionare candidati, è che le aziende dichiarino un fabbisogno di gran lunga maggiore, spropositatamente maggiore, di quello che poi sono effettivamente disposte a retribuire, non dico adeguatamente ma anche solo regolarmente.
Una battuta che gira è che mediamente l'azienda cerca un ingegnere di 28 anni, con dottorato di ricerca, che conosca tre lingue e con due anni di esperienza, per offrirgli uno stage a 300 euro al mese. È un'esagerazione umoristica, ma non più di tanto.
Tuttavia l'insistenza con cui sento ripetere questa litania mi fa sorgere talvolta il dubbio che la mia esperienza (maturata essenzialmente nell'informatica, tecnica e gestionale, ed un po' nell'elettronica) non sia significativa, e sarei curioso di sapere se esistono esperienze che portino ad una statistica diversa (casi singoli ce ne sono sempre, mi interesserebbe di più chi ha potuto verificare decine di casi).
Una battuta che gira è che mediamente l'azienda cerca un ingegnere di 28 anni, con dottorato di ricerca, che conosca tre lingue e con due anni di esperienza, per offrirgli uno stage a 300 euro al mese. È un'esagerazione umoristica, ma non più di tanto.
Tuttavia l'insistenza con cui sento ripetere questa litania mi fa sorgere talvolta il dubbio che la mia esperienza (maturata essenzialmente nell'informatica, tecnica e gestionale, ed un po' nell'elettronica) non sia significativa, e sarei curioso di sapere se esistono esperienze che portino ad una statistica diversa (casi singoli ce ne sono sempre, mi interesserebbe di più chi ha potuto verificare decine di casi).
Risposte
Beh, via, sui 16/18 milioni non credo qualcuno pensasse alla sola Italia (non c'è nemmeno il posto fisico dove metterli a lavorare ...)
Ma mi sembra si facciano riferimenti precisi alla situazione corrente:
Poi, pienamente d'accordo sulla complessità delle dinamiche del mondo del lavoro, ed in effetti mi riferisco ad una circostanza molto più limitata, ovvero la presunta domanda non soddisfatta (ed ancora più specificatamente l'affidabilità di Unioncamere come fonte, che è sempre citata in questi articoli). Su dinamiche più generali ho già serie difficoltà a capire quello che accade intorno a me (ho visto cose che nemmeno io ho visto ...).
Ma mi sembra si facciano riferimenti precisi alla situazione corrente:
ci sono dei profili che già adesso sono molto ricercati in Italia: tutta l'area ingegneristica con indirizzo meccanico, elettronico o elettronico, ingegneria informatica, le lingue, economia e commercio per ruoli di controllo di gestione
Dalle indagini di Unioncamere emerge una richiesta non soddisfatta di laureati in Economia bancaria, ingegneria civile, informatica, meccanica e civile, scienze economico aziendale, farmacia, e in discipline sanitarie. Il mismatch tra domanda e offerta di figure professionali altamente qualificate non è un problema futuro, in realtà in Italia esiste già adesso, spiega il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello.
Poi, pienamente d'accordo sulla complessità delle dinamiche del mondo del lavoro, ed in effetti mi riferisco ad una circostanza molto più limitata, ovvero la presunta domanda non soddisfatta (ed ancora più specificatamente l'affidabilità di Unioncamere come fonte, che è sempre citata in questi articoli). Su dinamiche più generali ho già serie difficoltà a capire quello che accade intorno a me (ho visto cose che nemmeno io ho visto ...).
Come tutti gli articoli tratti dai quotidiani viene spiegata una problematica molto complessa in poche riche, quindi il rischio è carpirne messaggi sbagliati se non addirittura contraddittori. Tant'è che una volta si trovano articoli sul fatto che fra i giovani sono pochi quelli che scelgono le professioni "artigiane", poi troviamo un altro articolo che ci dice che dobbiamo puntare sull'alta formazione.
Da quello che ho capito in 10 anni di precariato e diverse esperienze molto eterogenee, il mercato del lavoro è davvero fra più complessi da spiegare, perché vi sono componenti umane e sociali molto difficili da decifrare (esempio: un lavoratore può essere assunto solo perché più simpatico degli altri o perché amico o perché va sempre a messa?).
Inoltre come dice Sergio e come spiega anche l'articolo, il mercato italiano è ancora più complesso perché fatto di piccole medie imprese molto variegate e specializzate, prevalentemente "padronali" che spesso e volentieri non capiscono l'utilità della competenze che un laureato può offrire e nella gran parte dei casi chi procede alla selezione del personale possiede un titolo di studio inferiore al candidato. Ho alcuni miei amici laureati in statistica messi a fare lavori di data entry, semplicemente perché chi assume non ha la minima idea di che farsene di uno statistico, non è capace di formarlo, quindi ignorantemente gli fa fare qualcosa che c'entra coi numeri.
L'altro aspetto triste la pubblicità dei posti vacanti spesso affidata al passaparola del tipo: "...è un bravo ragazzo, lo conosco ti puoi fidare..." quei pochi che si rivolgono alle agenzie di lavoro si mettono in mano a degli incompetenti imbarazzanti, tanto per dirne una: un lunedì mattina ho attraversato Milano per un appuntamento in un' agenzia ed ho fatto di tutto per essere puntuale per le ore 9, la segretaria mi chiede di accomodarmi e compilare il solito inutile foglio, ma dovevo aspettare ancora un'oretta perché "...è un attimo impegnato"...cosa stava facendo il tipo al telefono? Parlava dei voti del fantacalcio con un suo compare con tanto di gazzetta nascosta sotto la scrivania.
Da quello che ho capito in 10 anni di precariato e diverse esperienze molto eterogenee, il mercato del lavoro è davvero fra più complessi da spiegare, perché vi sono componenti umane e sociali molto difficili da decifrare (esempio: un lavoratore può essere assunto solo perché più simpatico degli altri o perché amico o perché va sempre a messa?).
Inoltre come dice Sergio e come spiega anche l'articolo, il mercato italiano è ancora più complesso perché fatto di piccole medie imprese molto variegate e specializzate, prevalentemente "padronali" che spesso e volentieri non capiscono l'utilità della competenze che un laureato può offrire e nella gran parte dei casi chi procede alla selezione del personale possiede un titolo di studio inferiore al candidato. Ho alcuni miei amici laureati in statistica messi a fare lavori di data entry, semplicemente perché chi assume non ha la minima idea di che farsene di uno statistico, non è capace di formarlo, quindi ignorantemente gli fa fare qualcosa che c'entra coi numeri.
L'altro aspetto triste la pubblicità dei posti vacanti spesso affidata al passaparola del tipo: "...è un bravo ragazzo, lo conosco ti puoi fidare..." quei pochi che si rivolgono alle agenzie di lavoro si mettono in mano a degli incompetenti imbarazzanti, tanto per dirne una: un lunedì mattina ho attraversato Milano per un appuntamento in un' agenzia ed ho fatto di tutto per essere puntuale per le ore 9, la segretaria mi chiede di accomodarmi e compilare il solito inutile foglio, ma dovevo aspettare ancora un'oretta perché "...è un attimo impegnato"...cosa stava facendo il tipo al telefono? Parlava dei voti del fantacalcio con un suo compare con tanto di gazzetta nascosta sotto la scrivania.
Aria fritta...
Dalle mie parti le aziende non danno nemmeno gli stage universitari, cioè quelli "gratuiti" che servono solo per laurearsi e che non hanno pretesa di lavoro futuro. Concordo appieno con lo scetticismo di Cmax.
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EDIT. Ho editato questo messaggio perché la frase che avevo scritto poteva fare arrabbiare qualcuno (dato che oggi basta poco per far arrabbiare le persone). La mia era solo una battuta.[/size]

Dalle mie parti le aziende non danno nemmeno gli stage universitari, cioè quelli "gratuiti" che servono solo per laurearsi e che non hanno pretesa di lavoro futuro. Concordo appieno con lo scetticismo di Cmax.
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EDIT. Ho editato questo messaggio perché la frase che avevo scritto poteva fare arrabbiare qualcuno (dato che oggi basta poco per far arrabbiare le persone). La mia era solo una battuta.[/size]