Matematici e preparazione
Se uno legge la storia della vita di alcuni matematici, troverà molto spesso che si sono avvicinati alla matematica in "modo fortuito", "gli è capitato tra le mani uno scritto di..", "voleva fare il medico e dopo aver letto... passa alla matematica". Sembra che molti di questi famosi abbiano avuto una iniziale preparazione della materia molto scadente. allora mi domando: è che molto spesso la vita di un personaggio famoso è molto romanzata? Abbiamo in questa condizione, solo per citarne alcuni, Fermat, Gauss, Germain, Galois, Ramanujan ...ecc. Allora mi sorge spontanea una domanda: chissà cosa avrebbero sviluppato se avessero avuto a disposizione tutti i libri e gli insegnamenti che si possono avere in questo periodo!Dopo si scopre che molte idee nuove o teoremi sono stati sviluppati da matematici nella loro prima parte della vita. Allora mi sorge un dubbio, non è che l'insegnamento della matematica, invece di dare strumenti in più al matematico, finisca per renderlo meno creativo? Ma se la matematica è fortemente strutturata, con una logica molto precisa, perchè quasi sempre le nuove idee arrivano quando lo studioso ha pochissime basi? O forse è proprio la caratteristica del genio che riesce a intavvedere i teoremi sorvolando sulle strutture che imbriglierebero la sua mente?
A.B.
A.B.
Risposte
"alfabeto":
...
Allora mi sorge un dubbio, non è che l'insegnamento della matematica, invece di dare strumenti in più al matematico, finisca per renderlo meno creativo?
Spero proprio di no, visto che insegno..
"Federiclet":
Quoto: "Allora mi sorge un dubbio, non è che l'insegnamento della matematica, invece di dare strumenti in più al matematico, finisca per renderlo meno creativo?"
Trovo azzecatissima l'osservazione!![]()
La mia formazione matematica, escludendo alcuni corsi collaterali all'Università, é quella delle medie e dei licei degli anni sessanta-settanta. Credo che molte cose siano mutate nella didattica. Allora valeva spesso la legge dell'ipse dixit, o dell "é evidente per sé" - della serie se non locogli é perché ti manca il bernoccolo per la matematica! Credo niente di più sbagliato, se si considera la potenzialità di pensiero laterale di cui uno é dotato inn quegli anni. Inoltre il format delle lezioni, interrogazioni "terrifiche" a parte (in realtà determinavano un'atmosfera ben poco consona con l'apprendimento!), erano di una fissità mostruosa, passavano gli anni, mutavano le classi, ma il metodo e i contenuti erano offerti sempre allo stesso modo. Lezione frontale, tempo zero per le domande, con tempo extra invece per sottolineare di certe domande la "scemenza". Insomma qui veramente uno che non fosse solo genio, ma anche originariamente anarchico avrebbe potuto cavarsela. Scoprire i propri talenti naturali in campo matematico.
Nonostante ciò, terminti gli studi universitari di Scienze Biologiche, ho iniziato, dandomi fiducia, a familiarizzarmi con altri testi di matematica, scoprendo in alcuni lo stesso stile dittatoriale, ma in molti altri soprattutto dell'ara anglosassone un approccio quasi empirico alla matematica, secondo un metodo analogo a la Fisica di Berkeley, o allo Alonso Finn per la fisica. Da cui ho evinto l'importanza della libertà teoretica, tanto negli Autori, quanto in chi legge. LIbertà da conquistarsi con una buona dose di metodo cartesiano. Dimenticare tutto per reimparare da qualche faro rimasto ad indicare la rotta. Non diventerò mai un matematico, e, tuttavia mi sento libero di consultare il mondo matematico, cogliendone sempre qualche elemento in più di volta in volta.
Da qui l'importanza per chi si sente futuro matematico, di ricordarsi dell'importanza della mediazione, tanto più importante, quanto più rapidamente ed a livelli sempre più astratti e "locali" si sviluppa il sapere matematico ai nostri giorni. Cercare la mediazione é fondamentale per evitare l'analfabetimo in un campo che segna sempre più le nostre vite, ... per esempio permettendomi ora di digitare dal mio computer sulla pagina web di un server lontano.![]()
ciao
Attenzione, la matematica delle superiori o buona parte di essa (Analisi a parte) si imparava già nell'Ottocento!!! Non ti so dire come venisse inseganta, ma ho idea che la gente avesse bisogno di imparare persino più formule senza spiegazione di quante non ne abbia imparate tu... Il passaggio dalla necessità di formule pratiche per calcolare alla non necessità segue lo sviluppo e l'uso sempre più massiccio delle calcolatrici (ad esempio, a che mi serve conoscere l'algoritmo per calcolare la radice quadrata di un numero se mi basta premere un tastino per averla bella che fatta?)
Quoto: "Allora mi sorge un dubbio, non è che l'insegnamento della matematica, invece di dare strumenti in più al matematico, finisca per renderlo meno creativo?"
Trovo azzecatissima l'osservazione!
La mia formazione matematica, escludendo alcuni corsi collaterali all'Università, é quella delle medie e dei licei degli anni sessanta-settanta. Credo che molte cose siano mutate nella didattica. Allora valeva spesso la legge dell'ipse dixit, o dell "é evidente per sé" - della serie se non locogli é perché ti manca il bernoccolo per la matematica! Credo niente di più sbagliato, se si considera la potenzialità di pensiero laterale di cui uno é dotato inn quegli anni. Inoltre il format delle lezioni, interrogazioni "terrifiche" a parte (in realtà determinavano un'atmosfera ben poco consona con l'apprendimento!), erano di una fissità mostruosa, passavano gli anni, mutavano le classi, ma il metodo e i contenuti erano offerti sempre allo stesso modo. Lezione frontale, tempo zero per le domande, con tempo extra invece per sottolineare di certe domande la "scemenza". Insomma qui veramente uno che non fosse solo genio, ma anche originariamente anarchico avrebbe potuto cavarsela. Scoprire i propri talenti naturali in campo matematico.
Nonostante ciò, terminti gli studi universitari di Scienze Biologiche, ho iniziato, dandomi fiducia, a familiarizzarmi con altri testi di matematica, scoprendo in alcuni lo stesso stile dittatoriale, ma in molti altri soprattutto dell'ara anglosassone un approccio quasi empirico alla matematica, secondo un metodo analogo a la Fisica di Berkeley, o allo Alonso Finn per la fisica. Da cui ho evinto l'importanza della libertà teoretica, tanto negli Autori, quanto in chi legge. LIbertà da conquistarsi con una buona dose di metodo cartesiano. Dimenticare tutto per reimparare da qualche faro rimasto ad indicare la rotta. Non diventerò mai un matematico, e, tuttavia mi sento libero di consultare il mondo matematico, cogliendone sempre qualche elemento in più di volta in volta.
Da qui l'importanza per chi si sente futuro matematico, di ricordarsi dell'importanza della mediazione, tanto più importante, quanto più rapidamente ed a livelli sempre più astratti e "locali" si sviluppa il sapere matematico ai nostri giorni. Cercare la mediazione é fondamentale per evitare l'analfabetimo in un campo che segna sempre più le nostre vite, ... per esempio permettendomi ora di digitare dal mio computer sulla pagina web di un server lontano.
ciao
Trovo azzecatissima l'osservazione!

La mia formazione matematica, escludendo alcuni corsi collaterali all'Università, é quella delle medie e dei licei degli anni sessanta-settanta. Credo che molte cose siano mutate nella didattica. Allora valeva spesso la legge dell'ipse dixit, o dell "é evidente per sé" - della serie se non locogli é perché ti manca il bernoccolo per la matematica! Credo niente di più sbagliato, se si considera la potenzialità di pensiero laterale di cui uno é dotato inn quegli anni. Inoltre il format delle lezioni, interrogazioni "terrifiche" a parte (in realtà determinavano un'atmosfera ben poco consona con l'apprendimento!), erano di una fissità mostruosa, passavano gli anni, mutavano le classi, ma il metodo e i contenuti erano offerti sempre allo stesso modo. Lezione frontale, tempo zero per le domande, con tempo extra invece per sottolineare di certe domande la "scemenza". Insomma qui veramente uno che non fosse solo genio, ma anche originariamente anarchico avrebbe potuto cavarsela. Scoprire i propri talenti naturali in campo matematico.
Nonostante ciò, terminti gli studi universitari di Scienze Biologiche, ho iniziato, dandomi fiducia, a familiarizzarmi con altri testi di matematica, scoprendo in alcuni lo stesso stile dittatoriale, ma in molti altri soprattutto dell'ara anglosassone un approccio quasi empirico alla matematica, secondo un metodo analogo a la Fisica di Berkeley, o allo Alonso Finn per la fisica. Da cui ho evinto l'importanza della libertà teoretica, tanto negli Autori, quanto in chi legge. LIbertà da conquistarsi con una buona dose di metodo cartesiano. Dimenticare tutto per reimparare da qualche faro rimasto ad indicare la rotta. Non diventerò mai un matematico, e, tuttavia mi sento libero di consultare il mondo matematico, cogliendone sempre qualche elemento in più di volta in volta.
Da qui l'importanza per chi si sente futuro matematico, di ricordarsi dell'importanza della mediazione, tanto più importante, quanto più rapidamente ed a livelli sempre più astratti e "locali" si sviluppa il sapere matematico ai nostri giorni. Cercare la mediazione é fondamentale per evitare l'analfabetimo in un campo che segna sempre più le nostre vite, ... per esempio permettendomi ora di digitare dal mio computer sulla pagina web di un server lontano.

ciao
"alfabeto":
... è che molto spesso la vita di un personaggio famoso è molto romanzata? ...
Io penso di sì. Ed è ancora più romanzata la biografia di un personaggio di due-tre secoli fa. Purtroppo non me ne intendo ma "a naso" mi pare che le biografie dei grandi personaggi del Settecento-Ottocento (non solo matematici naturalmente) puntino spesso sul cliché del "bambino prodigio con vita tormentata" e cose del genere. (I.M.H.O.)
Certo anche quello che dice irenze è vero.
Ve lo immaginate oggi uno che è allo stesso tempo medico, matematico, e filosofo? E di alto livello? Eppure Paolo Ruffini era così (e parliamo di inizio Ottocento se non mi sbaglio). Giusto per fare un esempio.
I matematici d cui tu parli sono tutti di un'epoca molto diversa dall'attuale. Nell'Ottocento c'era pochissimo di conosciuto e molto da conoscere. Non c'era quindi molto da studiare (oltre le conoscenze di un uomo istruito, intendo, perché chi vuole fare il medico o simili ha comunque studiato) prima di arrivare ad un punto in cui c'era qualcosa da scoprire. Per questo stesso motivo molto spesso questi matematici erano molto più "poliedrici" dei loro colleghi attuali. Adesso per arrivare alle frontiere della Matematica, al punto in cui "non si sa più nulla" occorre un sacco di studio (in alcuni campi non ci si arriva nemmeno con la laurea specialistica) e questo rende la Matematica una materia "per esperti" e settorializzata. Inoltre è chiaro che le scoperte di adesso non sono altrettanto sedimentate e sfruttate come quelle di un secolo e mezzo fa, quindi in un qualunque corso di laurea applicativo (ingegneria ad esempio) è difficile sentir parlare di applicazioni della matematica degli ultimi decenni.
Tutto questo IMHO, naturalmente.
Tutto questo IMHO, naturalmente.