Laurearsi, tempo buttato
Questa notizia, mi sembra parecchio importante, che relegarla alla "repubblica delle banane".
Il loro governo a così deciso:
[size=120]Manovra, truffato chi ha riscattato la laurea
E il servizio militare non conta più[/size]
Gli anni non lavorati non valgono più per l'anzianità. Scoppia la rivolta dei medici, a riposo anche con un decennio di ritardo
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/08 ... iu/154187/
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/08 ... rk/154197/
ora bisogna capire cosa comporta in pieno questa manovra, per gli universitari. Forse è la solita sparata...
Ma da quanto si può capire, gli anni di studio per il governo sono una dolce vacanza.
Per dire: oltre al TFR, una bara omaggio.
Il loro governo a così deciso:
[size=120]Manovra, truffato chi ha riscattato la laurea
E il servizio militare non conta più[/size]
Gli anni non lavorati non valgono più per l'anzianità. Scoppia la rivolta dei medici, a riposo anche con un decennio di ritardo
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/08 ... iu/154187/
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/08 ... rk/154197/
ora bisogna capire cosa comporta in pieno questa manovra, per gli universitari. Forse è la solita sparata...
Ma da quanto si può capire, gli anni di studio per il governo sono una dolce vacanza.
Per dire: oltre al TFR, una bara omaggio.
Risposte
"vict85":
L'equità di questo sistema dipende da cosa tu ritieni che dovrebbe essere una pensione d'anzianità. Se lo ritieni come un sistema per far si che chi ha lavorato tutta la vita possa vivere degnamente il sistema così com'è non è affatto equo in quanto fornisce più soldi a chi ne ha di più, ne tanto meno è sostenibile con l'aumento dell'età media e della speranza di vita. Se lo consideri come un modo per le persone di mettere da parte dei soldi per quando smetteranno di lavorare è come dici tu. Tutto sta nel punto di vista che vuoi usare.
La pensione dovrebbe essere uno strumento per consentire di vivere dignitosamente al termine della vita lavorativa.
Il sistema contributivo, seppur penalizzante rispetto a quello retributivo, consentirebbe a coloro che hanno versato 35-40 anni di contributi, di avere una pensione comunque dignitosa.
Ciò non accadrà per una serie di motivi, fra cui:
- lavoro nero;
- lunghi periodi di disoccupazione;
- abuso dello strumento dei contratti atipici, nei quali i contributi pagati sono irrisori;
- stipendi mediamente bassi;
- truffe nella stipula dei contratti di lavoro (della serie ti faccio un contratto part time mi costa meno, ma nei fatti lavori a tempo pieno)
Non so se mi sono spiegato, ma quello che voglio dire ma a mettere in crisi il tutto non è l'attuale sistema pensionistico in sé, che ha una sua stabilità garantita dalla matematica, quanto le caratteristiche intrinseche del nostro mercato del lavoro.
Lo stato sociale è una conquista di civiltà, per questo trovo giustissimo che lo stato garantisca le "integrazioni al minimo", le pensioni sociali, le pensioni di invalidità, le indennità di accompagnamento, le indennità di disoccupazione.
Tuttavia una politica seria (che ovviamente non può essere attuato dal governo del Bunga Bunga) si dovrebbe porre il problema di prevenire l'eccessivo ricorso a questi strumenti.
Se ci sono troppe persone che non versano contributi o che percepiscono pensioni sociali o indennità di disoccupazione, significa che qualche problema c'è. E se non lo si risolve salta tutto, anche il sistema pensionistico (seppur per fattori ad esso esterni).
E invece il piduista che siede a Palazzo Chigi continua a dire che le cose non vanno poi così male.
L'equità di questo sistema dipende da cosa tu ritieni che dovrebbe essere una pensione d'anzianità. Se lo ritieni come un sistema per far si che chi ha lavorato tutta la vita possa vivere degnamente il sistema così com'è non è affatto equo in quanto fornisce più soldi a chi ne ha di più, ne tanto meno è sostenibile con l'aumento dell'età media e della speranza di vita. Se lo consideri come un modo per le persone di mettere da parte dei soldi per quando smetteranno di lavorare è come dici tu. Tutto sta nel punto di vista che vuoi usare.
"ham_burst":
Ma allora mi chiedo, perchè fanno tutto ciò? Stupidità? incapacità di prendere decisioni sensate?
Propongono qualcosa che dicono immodificabile, e questo dice tutto, ed un Calderoli riesce a far dietro front.
Magari aspettano di avere l'acqua alla gola per avere la scusa per rifilarci ciò che avavano preparato fin dall'inizio ma non avevano il coraggio di presentare.
La questione manovra potrebbe essere affrontata collegialmente, domani, a margine del Consiglio dei Ministri, anche se da palazzo Chigi precisano che l'unico tema affrontato nella riunione sarà, come previsto, quello della giustizia civile.
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La manovra fa acqua da tutte le parti.
Dovrebbe avere la priorità più alta ora.
Ma loro si occupano di giustizia civile.
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La manovra fa acqua da tutte le parti.
Dovrebbe avere la priorità più alta ora.
Ma loro si occupano di giustizia civile.
vict85, quello dell'età è un finto problema almeno da quando è stato dichiarato a esaurimento il sistema retributivo, per passare, a regime, a quello contributivo.
Col sistema contributivo ciascuno percepisce quello che gli spetta in base ai contributi effettivamente versati, pertanto il calcolo della pensione è ricondotto a quello che in matematica finanziaria è il calcolo della rata di una rendita.
La stabilità di tale sistema si basa sul fatto che il valore attuale della rendita pensionistica va sostanzialmente a coincidere col montante contributivo, che altro non è che la somma dei contributi versati durante la vita lavorativa, rivalutati secondo dei tassi dipendenti dall'inflazione e dalla crescita del PIL.
E' ovvio che con tale sistema, col crescere della vita media bisogna agire sui coefficienti (dipendenti dall'età del soggetto che va in pensione) che, moltiplicati per il montante contributivo, determinano la rata annua della pensione, ma è chiaro che il problema non è l'età in sé, visto che chi va in pensione prima viene penalizzato per quel che riguarda l'importo che percepirà.
Il fatto che l'inps si occupi sia di previdenza che di assistenza ingenera però l'errore concettuale che occorra intervenire sull'età pensionabile.
Tuttavia le pensioni sociali, le pensioni di invalidità, le indennità di accompagnamento e le indennità di disoccupazione sono una cosa ben diversa dalle pensioni di anzianità o di vecchiaia.
Il sistema previdenziale in quanto tale si regge abbastanza bene, anche perché col sistema contributivo nessuno prenderà più di quello che ha effettivamente versato. E' una questione matematica!
Uno stato civile però si dovrebbe porre anche il problema del mantenimento economico dei disabili e degli indigenti.
Cosa bisognerebbe fare, altrimenti? Lasciare che muoiano di fame?
Si tratta però di una voce di spesa diversa, che poco o nulla ha a che fare con il sistema previdenziale in quanto tale. Se le pensioni sociali, le indennità di accompagnamento e le indennità di disoccupazione fossero state erogate da un ente diverso dall'Inps forse nessuno si sarebbe posto il problema dell'innalzamento dell'età pensionabile.
Aggiungo che il sistema contributivo, per quanto teoricamente equo, inserito in un contesto come quello italiano in cui il lavoro nero e la disoccupazione raggiungono livelli preoccupanti, rischia di produrre in futuro dei pensionati titolari di assegni bassissimi, e quindi dei nuovi poveri.
E sarà un problema dei governi futuri, sempre che l'imbarbarimento umano non porti a lasciarli morire di fame.
Col sistema contributivo ciascuno percepisce quello che gli spetta in base ai contributi effettivamente versati, pertanto il calcolo della pensione è ricondotto a quello che in matematica finanziaria è il calcolo della rata di una rendita.
La stabilità di tale sistema si basa sul fatto che il valore attuale della rendita pensionistica va sostanzialmente a coincidere col montante contributivo, che altro non è che la somma dei contributi versati durante la vita lavorativa, rivalutati secondo dei tassi dipendenti dall'inflazione e dalla crescita del PIL.
E' ovvio che con tale sistema, col crescere della vita media bisogna agire sui coefficienti (dipendenti dall'età del soggetto che va in pensione) che, moltiplicati per il montante contributivo, determinano la rata annua della pensione, ma è chiaro che il problema non è l'età in sé, visto che chi va in pensione prima viene penalizzato per quel che riguarda l'importo che percepirà.
Il fatto che l'inps si occupi sia di previdenza che di assistenza ingenera però l'errore concettuale che occorra intervenire sull'età pensionabile.
Tuttavia le pensioni sociali, le pensioni di invalidità, le indennità di accompagnamento e le indennità di disoccupazione sono una cosa ben diversa dalle pensioni di anzianità o di vecchiaia.
Il sistema previdenziale in quanto tale si regge abbastanza bene, anche perché col sistema contributivo nessuno prenderà più di quello che ha effettivamente versato. E' una questione matematica!
Uno stato civile però si dovrebbe porre anche il problema del mantenimento economico dei disabili e degli indigenti.
Cosa bisognerebbe fare, altrimenti? Lasciare che muoiano di fame?
Si tratta però di una voce di spesa diversa, che poco o nulla ha a che fare con il sistema previdenziale in quanto tale. Se le pensioni sociali, le indennità di accompagnamento e le indennità di disoccupazione fossero state erogate da un ente diverso dall'Inps forse nessuno si sarebbe posto il problema dell'innalzamento dell'età pensionabile.
Aggiungo che il sistema contributivo, per quanto teoricamente equo, inserito in un contesto come quello italiano in cui il lavoro nero e la disoccupazione raggiungono livelli preoccupanti, rischia di produrre in futuro dei pensionati titolari di assegni bassissimi, e quindi dei nuovi poveri.
E sarà un problema dei governi futuri, sempre che l'imbarbarimento umano non porti a lasciarli morire di fame.
Era senza dubbio un po' ridicola come manovra. A questo punto io avrei fatto che eliminare completamente il conto degli anni di lavoro e far che dire che nessuno va in pensione prima di una certa età. Gli anni di lavoro conterebbero soltanto per il calcolo di quanto ricevi e le lauree, invece di contare come anni di lavoro, li fai contare come anni di "formazione" cioè anni in cui non eri tenuto a lavorare (esclusi gli anni di ritardo). In altre parole il computo andrebbe fatto sulla percentuale delle mensilità in cui tu avresti potuto lavorare (e da queste si levano gli anni di formazione a partire dal primo anno di scuola non dell'obbligo). Stessa cosa per il militare in cui di fatto tu "lavori" per lo Stato. Ovviamente nessuno sarebbe obbligato ad andare in pensione. Inoltre modificherei tutto il sistema con cui si calcola la pensione (facendo si, tra le altre cose, che chi ha patrimoni alti, o ha avuto redditi alti, riceva di meno di quanto ha versato aumentando quindi quelle basse). Unificherei tutte le pensioni che una persona riceve in una sola e non darei la pensione (o la darei ridotta) a chi continua a lavorare come lavoratore autonomo dopo che lascia il proprio lavoro dipendente (oppure che riceve abbastanza introiti da altre fonti come rendite, affitti e titoli azionari). Personalmente trovo assurdo che non si vogliano toccare i privilegi acquisiti quando non sono certo quelli non ancora acquisiti ad essere un problema. Alla fine così si rimanda solo il problema e si creano soprusi verso chi non ha ancora ricevuto nulla.
Un po' come quando per rendere più flessibile il lavoro si sono resi precari tutti i giovani. Se si vuole davvero cambiarlo allora è evidente che deve cambiare per tutti e lo si dovrebbe fare con un piano e seguendo l'esempio di mercati del lavoro che riescono a mantenere un buon equilibrio tra sicurezza del lavoro e flessibilità come quello danese.
Penso che uno dei maggiori limiti delle democrazie è che cose come queste, essendo fortemente impopolari, hanno una probabilità molto bassa di venire approvate. A meno di avere una popolazione molto altruista, disponibile a fare sacrifici se necessari e cosciente dei problemi della società. Ma certo gli italiani ne sono ben lontani.
Tra l'altro ultimamente mi sono trovato a chiedermi come mai in italiano (e altre lingue) si dica che il datore di lavoro offre lavoro quando chi fornisce un servizio in cambio di denaro è il lavoratore. Quindi a rigore il datore di lavoro compra lavoro cosa che sarebbe in linea con gli altri "prodotti" utilizzati per produrre un prodotto. Certamente questo modo di vedere le cose è in linea con la filosofia della ricerca del "posto fisso".
Un po' come quando per rendere più flessibile il lavoro si sono resi precari tutti i giovani. Se si vuole davvero cambiarlo allora è evidente che deve cambiare per tutti e lo si dovrebbe fare con un piano e seguendo l'esempio di mercati del lavoro che riescono a mantenere un buon equilibrio tra sicurezza del lavoro e flessibilità come quello danese.
Penso che uno dei maggiori limiti delle democrazie è che cose come queste, essendo fortemente impopolari, hanno una probabilità molto bassa di venire approvate. A meno di avere una popolazione molto altruista, disponibile a fare sacrifici se necessari e cosciente dei problemi della società. Ma certo gli italiani ne sono ben lontani.
Tra l'altro ultimamente mi sono trovato a chiedermi come mai in italiano (e altre lingue) si dica che il datore di lavoro offre lavoro quando chi fornisce un servizio in cambio di denaro è il lavoratore. Quindi a rigore il datore di lavoro compra lavoro cosa che sarebbe in linea con gli altri "prodotti" utilizzati per produrre un prodotto. Certamente questo modo di vedere le cose è in linea con la filosofia della ricerca del "posto fisso".
I pagliacci di questo governo bananiero hanno già fatto dietro front:
http://www.corriere.it/economia/11_agos ... 1c1c.shtml
http://www.corriere.it/economia/11_agos ... 1c1c.shtml
"Luca.Lussardi":
Forse verrò criticato dalla maggior parte, ma in principio io non sono d'accordo sulla possibilità di riscattare gli anni di studio universitario; va da sé che sono pienamente d'accordo sul fatto che sia una truffa applicare questa cosa a chi ha già riscattato questi anni. Però non vedo per quale motivo possa essere possibile includere in anni di lavoro gli studi all'università; il dottorato ok ci sta, quello, anche se classificato come percorso di studi, è un lavoro a tutti gli effetti, è un po' il tirocinio del ricercatore/professore e uno percepisce uno stipendio e versa, anche se in quantità ridotta, dei contributi. Ma durante il corso di laurea no, questa cosa non accade. Purtroppo in Italia è ancora ancorata l'idea che al termine della scuola superiore uno debba trovarsi un lavoro, cosa che adesso è un po' superata. Ciò che io non condivido è il principio secondo cui gli anni di laurea possono essere riscattati: allora riscattiamo anche la scuola superiore, almeno la parte non di obbligo...
Luca, il motivo per cui invece è giusto consentire il riscatto degli studi universitari è che certe professioni richiedono la laurea come titolo di accesso.
Un medico, un ingegnere, un avvocato o un insegnante di scuola secondaria non possono iniziare la loro carriera professionale prima dei 23-25 anni e quindi non possono versare contributi previdenziali prima di tale età, a meno che non abbiano svolto il loro percorso universitario in qualità di studenti-lavoratori (cosa spesso impossibile o comunque assai difficoltosa).
Con le professioni per le quali invece non è richiesta la laurea, l'attività lavorativa può iniziare quando si è più giovani.
Pertanto la possibilità di riscattare i periodi di studio è solo un atto di giustizia.
Fra l'altro faccio notare che il riscatto avviene a titolo ONEROSO, e quindi lo stato non sta regalando nulla. Un lavoratore per riscattare un anno di università deve pagare il 33 % dello stipendio lordo percepito al momento in cui presenta la domanda.
Un lavoratore che percepisce uno stipendio lordo di 22.000 euro annui (circa 1400 euro mensili) dovrà pagare quindi 7260 euro per ogni anno di università.
Riscattare una laurea quadriennale costa quindi 29040 euro, mentre per una laurea quinquennale si arriva 36300 euro.
Tuttavia questo sistema era vantaggioso per l'inps e per gli altri istituti di previdenza, che potevano contare su nuove entrate (fondamentali per poter pagare le pensioni attuali) che ora inevitabilmente verranno meno, perché con questa nuova norma non vi è più alcuna convenienza ad effettuare tale riscatto.
Forse verrò criticato dalla maggior parte, ma in principio io non sono d'accordo sulla possibilità di riscattare gli anni di studio universitario; va da sé che sono pienamente d'accordo sul fatto che sia una truffa applicare questa cosa a chi ha già riscattato questi anni. Però non vedo per quale motivo possa essere possibile includere in anni di lavoro gli studi all'università; il dottorato ok ci sta, quello, anche se classificato come percorso di studi, è un lavoro a tutti gli effetti, è un po' il tirocinio del ricercatore/professore e uno percepisce uno stipendio e versa, anche se in quantità ridotta, dei contributi. Ma durante il corso di laurea no, questa cosa non accade. Purtroppo in Italia è ancora ancorata l'idea che al termine della scuola superiore uno debba trovarsi un lavoro, cosa che adesso è un po' superata. Ciò che io non condivido è il principio secondo cui gli anni di laurea possono essere riscattati: allora riscattiamo anche la scuola superiore, almeno la parte non di obbligo...
Anche io ho riscattato la laurea. Non sono sicuro dei motivi che abbiano portato a proporre una misura così a rischio di ricorsi, ed aspetto l'eventuale modalità attuativa (se mai si arriverà ad emetterla) per calcolarne le conseguenze (nel 1995 non avevo ancora 18 anni di contributi, quindi sono in regime misto). Lo stesso si può dire del servizio militare (indice anche di quello che questo governo pensa dei "doveri del cittadino").
"@melia":
[quote="ham_burst"][ bisogna alla fine vedere chi ci rimette in questo
Io.
Ho riscattato gli anni universitari e a giugno del 2019 avrò 60 anni di età e 40 di contributi versati, ma solo 36 effettivi di lavoro, quindi dovrò lavorarne ancora 4 o 5 a gratis, fino a raggiungere i 40 di lavoro o i 65 di età, ma senza un aumento della quota di pensione, perché con 40 anni di contributi ha già raggiunto il massimo.[/quote]
Sintesi perfetta. Mi spiace per questa fregatura (io mi son beccato la liquidazione a rate). Anche se prevedo che salterà, questa proposta. Anche per le ragioni che dici tu.
per come si sta mettendo la situazione in Italia , tornerebbe più utile ad uno studente lavorare e studiare contemporaneamente , ma la riforma Moratti crea enormi problemi agli studenti lavoratori che vengono equiparati in tutto ai normali frequentati a tempo pieno .
in questo modo l'istruzione superiore diviene prospettiva solo di chi ha soldi e si realizza un vecchio sogno della destra italiana .... ma è una concezione vecchia ferma al secolo scorso , al giorno d'oggi restare competitivi investendo nell'istruzione della popolazione è una necessità di tutti i paesi europei .
in questo modo l'istruzione superiore diviene prospettiva solo di chi ha soldi e si realizza un vecchio sogno della destra italiana .... ma è una concezione vecchia ferma al secolo scorso , al giorno d'oggi restare competitivi investendo nell'istruzione della popolazione è una necessità di tutti i paesi europei .
"ham_burst":
[ bisogna alla fine vedere chi ci rimette in questo
Io.
Ho riscattato gli anni universitari e a giugno del 2019 avrò 60 anni di età e 40 di contributi versati, ma solo 36 effettivi di lavoro, quindi dovrò lavorarne ancora 4 o 5 a gratis, fino a raggiungere i 40 di lavoro o i 65 di età, ma senza un aumento della quota di pensione, perché con 40 anni di contributi ha già raggiunto il massimo.
"wedge":
in realta' attualmente credo ben poca gente riscatti gli anni della laurea, e' un qualcosa di abbastanza costoso.
in ogni caso, per chi lo ha fatto, la manovra e' una truffa legalizzata.
sì certo hai ragione, bisogna alla fine vedere chi ci rimette in questo.
Ma è il come è stato fatto il tutto che non mi aggrada. Hanno proposto mille cose, non ne hanno proposte altre, ma alla fine non fanno nulla e se la prendono con il tempo di studio, questo non sopporto.
in realta' attualmente credo ben poca gente riscatti gli anni della laurea, e' un qualcosa di abbastanza costoso.
in ogni caso, per chi lo ha fatto, la manovra e' una truffa legalizzata.
in ogni caso, per chi lo ha fatto, la manovra e' una truffa legalizzata.
Salve,
se la manovra venisse approvata, sarebbe una gran bella fregatura.
Cordiali saluti
se la manovra venisse approvata, sarebbe una gran bella fregatura.
Cordiali saluti