L'alunno è lo specchio di ciò che il professore ha insegnato

Fioravante Patrone1
"Martino":
[quote="Gugo82"][quote="Neptune"]Del resto togliamo l'esempio dell'alunno scansafatiche, l'alunno medio è lo specchio di ciò che il professore ha insegnato. A casa puoi rafforzare i concetti, ma difficilmente ne "scoprirai di nuovi" se a lezione non vengono nemmeno nominati.
Posso dissentire vivamente?
Studiando veramente a casa (il che vuol dire non limitarsi a ripetere ciò che è stato detto in aula, ma sforzarsi di andare oltre ciò che serve per "prendere l'esame") si imparano moltissime cose che il docente non ha avuto il tempo di dire.[/quote]Sono vibratamente d'accordo con Gugo82: dispiace proprio vedere che c'è chi confonde la verità con l'autorità. Secondo me lo studio parte proprio dalla critica spietata di ogni cosa che l'insegnante ha detto. Prendo un caso limite per esemplificare: quando uno dice "faccio così perché il prof ha detto che si fa così" è in grave fase di regresso. Bisogna avere l'onestà di seguire i propri ragionamenti ed eventualmente arrivare a dire "il professore si è sbagliato qui, qui e qui". Accorgersi poi dopo altri chiarimenti che invece aveva ragione il professore non ha la minima importanza: non deve intaccare lo spirito critico.

Non voglio dire, Neptune, che il tuo approccio sia sbagliato, ma stai attento che non lo diventi.
"Neptune":
l'alunno medio è lo specchio di ciò che il professore ha insegnato
Questa frase è raccapricciante. Purtroppo potrebbe essere vera, io spero proprio che sia già o che diventi col tempo falsa.[/quote]

Ho riportato qui questo post perché stava proseguendo un OT in un thread nella sezione "Algebra, logica, teoria dei numeri e matematica discreta".
Mi sembra che la tematica sia di interesse "generale" e quindi invito, chi volgia, a continuare il discorso qui.

Risposte
Thomas16
"gugo82":

Mi ostino a credere il contrario; sarà che sono ancora un giovane idealista... Non come l'insegnante "medio", un ottuagenario disilluso e cinico.


beh uniamo questo al postulato di Nebula, che personalmente credo sia vero almeno almeno nelle scuole dell'obbligo e nei primi anni del liceo ed esce fuori uno studente che non può veramente appassionarsi a quello che fa in quanto non ne vede il senso..... e la colpa non è certo sua ma (volendo darla a qualcuno) dell'insegnante! (secondo me la colpa o il merito li si può identificare solo quando un comportamento si discosta da quello che la società porta ad acquisire)...

unisci questo ad un sistema universitario pessimo con millemila esami da fare in un tempo risibile (dovuto anche al 3+2) (certo ci sono cose che sono difficili da cambiare in quanto interconnesse con molte altre come disoccupazione, politica di basso livello, cultura economica di massa, disillusione dilagante.... cose che non si cambiano certo da un giorno all'altro! però alcune come questa sembrano proprio almeno a prima vista dei controsensi... )

see ya

gugo82
Lasciamo stare il principio d'autorità, che con quello che intendevo dire c'entra solo marginalmente.

La cosa che mi preoccupa (spaventa) davvero è che lo "studente medio", così come lo si dipinge (non solo qui, ma anche parlando coi docenti dell'università), non ha la benché minima passione per ciò che studia né il minimo "senso del dovere".
Insomma, ripete solo quel che è stato detto in aula; fa solo gli esercizi per lo scritto e cura poco la teoria; passa sopra allegramente a ciò che è meno probabile gli venga chiesto all'esame; non si preoccupa dei dettagli...
Ma cos'è? Il principio di minima azione??? (Che peraltro "mediamente" non conosce...)

Cominciamo dal "senso del dovere", dall'impegno, che è uno dei pilastri della crescita.
Quand'è che i ragazzi imparano a impegnarsi, a lavorare seriamente? Verrebbe da dire in famiglia (aiutando in casa, ad esempio) e soprattutto a scuola (impegnandosi nello studio).
Dovrebbe essere compito degli istituti di istruzione "inferiore" (nel senso di scuole dell'obbligo) quello d'insegnare agli alunni che l'impegno, il lavoro serio hanno un elevato valore umano e sociale, poiché è fuori dalla famiglia che si impara davvero a stare con gli altri, a vivere in società.
Invece, stando a quanto si sente in giro (ad esempio qui), pare di no.
Mi ostino a credere il contrario; sarà che sono ancora un giovane idealista... Non come l'insegnante "medio", un ottuagenario disilluso e cinico.

D'altra parte c'è il vero motore "emotivo" della conoscenza: l'interesse e la passione.
Chiaramente anche a me non è piaciuto tutto ciò che ho studiato (né al liceo, né all'università: ad esempio, su 30 esami ne ho studiato con passione 12 e per "senso del dovere" il resto), ma ciò è inevitabile: ogni essere umano ha le sue preferenze ed io sarei stato "anormale" (o quantomeno "amorfo") se mi fosse piaciuto tutto.
Ma come si costruisce la passione? Come nasce? Eh, saperlo... Però la passione è figlia della curiosità e dell'informazione: è chiaro che più cose conosco (anche marginalmente, per sentito dire) più curiosità possono venirmi; più possibilità ho di informarmi soddisfacendo le mie curiosità, più è probabile che trovi ciò che veramente mi piace.
Finché le uniche informazioni per lo "studente medio" rimangono i conti da fare per risolvere questo o quel tipo d'equazione, in che anno è scoppiata la seconda guerra d'indipendenza, il pessimismo leopardiano, lo sfumato leonardesco (e, più in generale, anche i risultati delle partite di calcio, gli orari delle discoteche, cosa è successo ieri al GF o come si sono mandati a quel paese quei due politici), è estremamente difficile suscitare un interesse costruttivo nei ragazzi.
Chiaramente l'orizzonte culturale, all'inizio, deve già essere abbastanza ampio, deve contenere già parecchie "parrocchie". Alla formazione della linea dell'orizzonte concorrono tanti fattori: la famiglia, la scuola, gli amici, i mezzi di comunicazione. Purtroppo, allo stato attuale dei fatti, non sembra che nessuno di questi fattori abbia più il potere (che un tempo aveva, altrimenti non saremmo diventati uno dei paesi del G8...) di gettare un po' di luce oltre lo striminzito cono d'osservazione dello "studente medio".

Come al solito, sono stato troppo prolisso. Volevo dire millemila cose, ma le ho dette probabilmente tutte insieme e male... Non sarei un buon politico. :-D
Ad ogni modo, giudicate voi.

@Sergio: Grazie del complimento (ammesso che lo fosse :lol:); ma mi considero comunque nella media. Non riesco a pensare d'essere tanto eccezionale.

Leonardo891
Esempio (i numeri sono giusto per rendere l'idea).
Un alunno è di livello 5 in una classe di livello 2 con un professore che o è di livello 3 o si disinteressa totalmente dei suoi studenti. L'alunno crede di essere molto in gamba senza sapere che in un'altra classe, in un altro posto, il livello medio è 8 con punte di 12. Se qualcuno facesse capire a questo alunno da 5 che esistono ben altri livelli allora questo alunno, se volesse, potrebbe impegnarsi anche autonomamente e migliorare ma se nessuno glielo fa capire come fa costui a capirlo, chiuso nel suo ambiente da 2?
Secondo me, quindi, un professore fisso non è indispensabile, si può e si deve fare molto soprattutto da soli ma uno stimolo esterno, un aiuto esterno, anche, per esempio, un forum serio di matematica su internet, serve, anche solo per confrontarsi con altri.

G.D.5
Io però credo che un ruolo determinante sia giocato dalla scelta.
Se uno sceglie un determinato corso universitario allora secondo me deve farsi il maz*o così ben oltre quelle che sono le ore di lezione, per il semplice fatto che ha scelto. Poi è ovvio: nessuno può capire ed avere conoscenza di tutto ed ognuno arriva dopo può arrivare, non tutti hanno le stesse capacità e le medesime specificità, ma nei corsi si dicono cose che, se uno ha scelto con criterio il settore, può senz'altro capire, al che, a meno che non si sia scelto per esclusione ("tra tutto mi fa meno schifo questo"), diventa obbligatorio andare oltre, non fermarsi finché si ha qualche cosa da dare.
Il tutto IMHO.

salvozungri
"L'alunno è lo specchio di ciò che il professore ha insegnato" non è molto lontano dalla realtà. Per iniziare a studiare come si deve, bisogna avere la maturità di capire che ciò che si fa in un aula universitaria non è sufficiente per creare un'ottima preparazione. Personalmente non sono sicuro di possedere questa maturità, ma sto cercando di migliorarmi.
Ho trovato molto utile internet, in particolare matematicamente.it , che mi ha permesso di mettermi in contatto con studenti di matematica che non frequentano il mio Ateneo, ebbene, sento che ho dei bachi nella mia preparazione, sento che loro hanno una marcia in più e ciò mi ha spinto, e tuttora mi spinge, a dare di più nei miei studi, certo devo dire che è avvilente, ma allo stesso tempo entusiasmante!.

nefherret
sono completamente d'accordo con te cheguevilla parlavo del "come dovrebbe essere". so perfettamente che molti alunni si fermano alla lezione del prof (spesso lo faccio pure io). infatti è specificato l'alunno "medio". la passione gioca un ruolo rilevante per lo studio, si vede che molti sono svogliati...

Cheguevilla
Purtroppo, mi trovo in buona parte d'accordo con quanto detto da Neptune.
Sono d'accordo con Martino e Gugo quando sostengono che questo tipo di approccio sia sbagliato e dannoso per la scienza (è anche uno dei motivi per cui sono contrario alle religioni).
Tuttavia, il problema è che si rischia di confondere il "quello che è" con il "quello che dovrebbe essere".
Non sono più dentro alla scuola da un po' (non poi così tanto), ma temo che sia vera la proposizione "l'alunno medio è lo specchio di ciò che il professore ha insegnato". Credo che questo sia un fatto da assumere e su cui riflettere.
Certo, non dovrebbe essere così, ma la realtà è ciò che è, non ciò che vorremmo che fosse. Perchè lo diventi, bisogna scomodare il secondo principio della termodinamica...

nefherret
concordo quello che ha detto gugo e martino. l'insegnate non è dio ed il principio di autorità è una pessima cosa. molte cose le ho imparate mettendo in dubbio quanto detto dal docente ricercando altre dimostrazioni a me piu chiare ottenendo vari successi, solo dopo mi sono detto "si ha ragione lui" oppure "no ha fatto una cavolata" e dopo chiedendo a lui a volte ammeteva l'errore a volte mi accorgevo di avere sbagliato io e che il mio raggionamento era un orrore di matematica. ma bisogna sempre mettere in dubbio. sono dell'opinione che le certezze esistano per essere messe in dubbio o distrutte. solo cosi la scienza puo andare avanti.

Fioravante Patrone1
Per me, nessuna scusa è dovuta. Semplicemente mi sembrava il caso di valorizzare quella discussione.

Sì hai ragione, è che ero preso dal momento, non riuscivo ad essere troppo lucido. Scusate.

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