La "bellezza" delle equazioni matematiche e

$\a+i*b=rho*e^(i*phi)$
dove:$ \phi=artn(b/a)$ e $\rho=(a^2+b^2)^(1/2)
Credo di intuire che la prima caratteristica di "bellezza" è la compattezza dell'espressione matematica, cioè quella di essere un monomio o, al più, un binomio, non gravati da troppe costanti e variabili; inoltre, se ci riferiamo ad equazioni di fisica, sarebbero escluse da ogni giudizio di "bellezza" quelle costruite empiricamente. Possiamo pur dire ciò che vogliamo se ci fermiamo ai giudizi soggettivi e a sentimento, tuttavia, su un piano più razionale e più generale, credo che la "bellezza" debba trovare una base solida sull'entità del rapporto tra il numero di costanti e variabili, contenuti nell'equazione, e la quantità di "conoscenza" espressa (cioè la generalita e la validità di applicazione o di descrizione), più piccolo e questo rapporto tanto più "bella" sarebbe l'equazione.
Lascio la questione -non proprio semplice- alle idee degli amici di questo forum che gentilmente esprimessero le loro idee al riguardo.
Risposte
Io cerco sempre una spiegazione "evoluzionistica" per tutto ciò che concerne la natura, compresa quella umana. Mi piace rimanere su paragoni terra-terra su cui poi generalizzare: tornando alle donne del 400, del 600 e di oggi, io credo di sapere "perchè" nessun uomo sceglierebbe la donna senza un occhio o senza una gamba: secondo me perchè il nostro cervello, che non dimentichiamolo fa parte del nostro corpo, si è evoluto in un certo modo. La selezione naturale ha fatto sì che, pur senza uno schema prefissato, gli uomini preistorici tendessero inconsciamente a scartare le donne prive di occhi o gambe, per una questione di sopravvivenza della specie: una donna mezza cecata o senza una gamba rischiava molto di più di non sopravvivere alla selezione naturale rispetto a una donna "con tutte le sue cose a posto", e perciò ad avere meno probabilità di procreare. Di conseguenza, un uomo primitivo che per sua natura prediligeva le donne zoppe o cecate, aveva lui stesso una minor probabilità di procreare, e così la selezione naturale ha eliminato dalla nostra specie la tendenza ad apprezzare donne con eccessivi difetti fisici.
Per l'arte in genere secondo me deve esserci un meccanismo analogo, anche se forse non è così intuitivo da capire, ossia che tutte le nostre facoltà astratte, che ci hanno permesso di costruire il nostro pensiero, e tutta l'arte e la matematica, debbano necessariamente avere un'origine evoluzionistica: un cervello fatto in un certo modo deve avere un vantaggio, seppur minimo, rispetto a uno fatto diversamente. Perciò, ragionando per induzione, se noi apprezziamo una certa cosa come "bella", o a valutare che una certa entità sia "più bella di un'altra", deve esserci all'origine un meccanismo (o un algoritmo) che ci fa prendere una tale decisione....
Lungi dall'essere perfetto, questo algoritmo fissa una serie di "regole", che come tutti gli altri caratteri del nostro DNA ha un origine puramente casuale (e solo la selezione ha spinto ad assumere la sua attuale forma, proprio perchè "vincente", rispetto ad altri algoritmi casuali).
Probabilmente sono andato un po' OT, ma era per dire che effettivamente ci deve essere qualcosa di genetico alla base del concetto di "bellezza".
Anche la semplice osservazione di un panorama o di un tramonto, dava ai nostri antenati africani una sensazione di benessere interiore che altre scimmie non potevano apprezzare. Il motivo di ciò secondo me è ancora sconosciuto, sempre ammesso che vi sia un vero motivo...
Tornando alle equazioni, indipendentemente dal significato che racchiudono, probabilmente si genera nella mente del matematico che le guarda una sensazione analoga...
Per l'arte in genere secondo me deve esserci un meccanismo analogo, anche se forse non è così intuitivo da capire, ossia che tutte le nostre facoltà astratte, che ci hanno permesso di costruire il nostro pensiero, e tutta l'arte e la matematica, debbano necessariamente avere un'origine evoluzionistica: un cervello fatto in un certo modo deve avere un vantaggio, seppur minimo, rispetto a uno fatto diversamente. Perciò, ragionando per induzione, se noi apprezziamo una certa cosa come "bella", o a valutare che una certa entità sia "più bella di un'altra", deve esserci all'origine un meccanismo (o un algoritmo) che ci fa prendere una tale decisione....
Lungi dall'essere perfetto, questo algoritmo fissa una serie di "regole", che come tutti gli altri caratteri del nostro DNA ha un origine puramente casuale (e solo la selezione ha spinto ad assumere la sua attuale forma, proprio perchè "vincente", rispetto ad altri algoritmi casuali).
Probabilmente sono andato un po' OT, ma era per dire che effettivamente ci deve essere qualcosa di genetico alla base del concetto di "bellezza".
Anche la semplice osservazione di un panorama o di un tramonto, dava ai nostri antenati africani una sensazione di benessere interiore che altre scimmie non potevano apprezzare. Il motivo di ciò secondo me è ancora sconosciuto, sempre ammesso che vi sia un vero motivo...
Tornando alle equazioni, indipendentemente dal significato che racchiudono, probabilmente si genera nella mente del matematico che le guarda una sensazione analoga...
Il parere soggettivista, spiritosamente affrontato dell'amico Boba74, e quello, più meditato, tra l'oggettivismo e il soggettivismo, di Gauss91, oltre i graditissimi interventi di altri amici del forum, mi rincuorano per il fatto che un messaggio, lanciato quasi solo per dire qualcosa, abbia attirato una discreta attenzione su un certo argomento (del resto si tratta di un argomento, le cui risposte ai quesiti che vi sono sottesi, portano, come sostengo, direttamente alla problematica fondamentale del sapere, voglio dire: alla ricerca di una teoria del tutto) che ritengo, come dire, 'seria'.
Se nonché, proprio ieri pomeriggio, ho ritirato in lettura, da una biblioteca pubblica, un libro di Leonard Susskind: "IL PAESAGGIO COSMICO". ed. Adelphi, al capitolo 4, intravisto sfogliandolo a caso, sotto il titolo "IL MITO DELL'UNICITA' E DELL'ELEGANZA", pag, 110, dove si parla dell'"eleganza" della teoria della relatività, ho letto: ".....Con le sue eleganti equazioni, un tocco di unicità e la capacità di descrivere un gran numero di fenomeni, la teoria della relatività generale è la più bella teoria concepita finora. Ma, come abbiamo visto, non è solo il contenuto di una teoria (ciò che essa dice a proposito del mondo) a renderla più bella, ma anche la forma in cui sono scritte le sue equazioni, e persino il percorso mentale che ha portato a scoprirle. ....". Direi che questa frase riassuma, con la chiarezza di una indiscussa superiore competenza, ciò che io ho, faticosamente e incompletamente farfugliato, non solo in apertura, ma pure nel seguito di questa discussione.
Se nonché, proprio ieri pomeriggio, ho ritirato in lettura, da una biblioteca pubblica, un libro di Leonard Susskind: "IL PAESAGGIO COSMICO". ed. Adelphi, al capitolo 4, intravisto sfogliandolo a caso, sotto il titolo "IL MITO DELL'UNICITA' E DELL'ELEGANZA", pag, 110, dove si parla dell'"eleganza" della teoria della relatività, ho letto: ".....Con le sue eleganti equazioni, un tocco di unicità e la capacità di descrivere un gran numero di fenomeni, la teoria della relatività generale è la più bella teoria concepita finora. Ma, come abbiamo visto, non è solo il contenuto di una teoria (ciò che essa dice a proposito del mondo) a renderla più bella, ma anche la forma in cui sono scritte le sue equazioni, e persino il percorso mentale che ha portato a scoprirle. ....". Direi che questa frase riassuma, con la chiarezza di una indiscussa superiore competenza, ciò che io ho, faticosamente e incompletamente farfugliato, non solo in apertura, ma pure nel seguito di questa discussione.
Certamente è una moda!
E come tale, neppure il tentativo di proporre dei canoni di bellezza alle equazioni matematiche rappresenterebbe una "scienza esatta", ma semplicemente un processo ragionato INDUTTIVO, in cui si partirebbe dall'osservazione delle equazioni, e da quanto esse siano apprezzate da un campione di matematici (osservazione che, per sua natura, è sciolta da ogni regola fissa), e si cercherebbe poi di arrivare ad alcune regole, alcune più strette, altre meno strette (per far capire meglio esasperando, è vero che nel '400 si preferivano le donne col pancione e nel '500-'600 col vitino stretto, ma una donna con una gamba più lunga dell'altra o senza un occhio non è mai piaciuta particolarmente!
). E' sicuramente fallimentario in questi casi un processo DEDUTTIVO, in cui da regole generali (costruite sulla base di cosa?) troppo soggettivamente interpretabili per essere vere, si ricavano "belle equazioni".
In sostanza, le scienze estetiche sono sempre in trasformazione e tengono moltissimo conto della soggettività, ed è giusto che sia così: tuttavia se esistono moltissimi criteri di bellezza (soggettivi o no, rigidi o no) per un quadro o una donna o una musica o un bonsai, non vedo perché non potrebbero essere ragionati anche per quanto riguarda le espressioni matematiche, che sono in definitiva una nobilissima arte: hanno per oggetto le realtà profonde e immutabili della natura!
Noto anche che questo discorso potrebbe far nascere moltissimi sviluppi inaspettati: primo fra tutti, una buona ricerca filosofica "metasimbolistica", che, proprio in quanto ricerca, contribuirebbe non poco ad ampliare il nostro spettro di conoscenza. Replicate


In sostanza, le scienze estetiche sono sempre in trasformazione e tengono moltissimo conto della soggettività, ed è giusto che sia così: tuttavia se esistono moltissimi criteri di bellezza (soggettivi o no, rigidi o no) per un quadro o una donna o una musica o un bonsai, non vedo perché non potrebbero essere ragionati anche per quanto riguarda le espressioni matematiche, che sono in definitiva una nobilissima arte: hanno per oggetto le realtà profonde e immutabili della natura!
Noto anche che questo discorso potrebbe far nascere moltissimi sviluppi inaspettati: primo fra tutti, una buona ricerca filosofica "metasimbolistica", che, proprio in quanto ricerca, contribuirebbe non poco ad ampliare il nostro spettro di conoscenza. Replicate

OK, allora torniamo per un attimo alla bellezza femminile (lo so, è un chiodo fisso.....). Ma lasciamo perdere Rosi Bindi che è un caso limite....
Se Fai un sondaggio, tra Aida Yespica e una cicciolona con fianchi larghi e cellulite, sicuramente la prima riceverebbe molti più apprezzamenti, anche senza necessariamente fissare un canone.
Ma se fai lo stesso sondaggio su una popolazione di persone vissute 200 o 300 anni fa, molto probabilmente la seconda riceverebbe più attenzione, o comunque sarebbero alla pari.
Con questo semplice paragone voglio dire che la bellezza, intesa dal punto di vista statistico (cioè con la "maggioranza dei voti" di un eventuale popolazione campione), è un concetto che segue una moda, e può cambiare nel tempo. I canoni estetici cambiano, e quindi, anche se oggi è accettato un certo tipo di bellezza, non è detto che lo stesso sia universale nel tempo e nello spazio.
Riconosco tuttavia il lodevole tentativo di dare delle regole di base, ma come detto anche da Gauss91, ci sono sfumature che possono essere interpretate soggettivamente.
Altro esempio: il Bonsai (chè è un mio hobby).
Come per tutte le cose, ci sono dei concorsi, in cui gli artisti (perchè il bonsai è soprattutto un arte), espongono i loro esemplari. Ora, ci sono diversi "stili" di impostazione che può avere una pianta, ciascuno con delle regole ben precise e codificate dalla tradizione (rapporto base-altezza, triangolarità della chioma, asimmetria, posizione dei rami, ecc...) e fino a poco tempo fa si davano proprio dei punteggi oggettivi per ciascuna di queste caratteristiche, premiando l'esemplare che totalizzava più punti. Ora però la "moda" dei grandi maestri bonsai è quella di rompere le regole, perchè ogni esemplare è unico, e ha alcune caratteristiche che vale la pena di enfatizzare anche a scapito di violare una o più regole. Altrimenti si otterrebbero piante tutte uguali, cosa che alla lunga ha stancato l'occhio dei giudici e anche degli spettatori.
Quindi a mio avviso la bellezza è un "mix" tra un canone codificato (ma variabile) e una componente soggettiva impossibile da descrivere, se non dal punto di vista statistico, basandosi sul giudizio di un gran numero di persone, e che è anch'esso variabile....
Se si vuole applicare tutto ciò alle formule matematiche, a mio avviso dobbiamo accontentarci di una Hit parade, che magari ogni anno potrebbe essere passibile di variazioni... siceramente non mi sembra del tutto una cattiva idea.
Se Fai un sondaggio, tra Aida Yespica e una cicciolona con fianchi larghi e cellulite, sicuramente la prima riceverebbe molti più apprezzamenti, anche senza necessariamente fissare un canone.
Ma se fai lo stesso sondaggio su una popolazione di persone vissute 200 o 300 anni fa, molto probabilmente la seconda riceverebbe più attenzione, o comunque sarebbero alla pari.
Con questo semplice paragone voglio dire che la bellezza, intesa dal punto di vista statistico (cioè con la "maggioranza dei voti" di un eventuale popolazione campione), è un concetto che segue una moda, e può cambiare nel tempo. I canoni estetici cambiano, e quindi, anche se oggi è accettato un certo tipo di bellezza, non è detto che lo stesso sia universale nel tempo e nello spazio.
Riconosco tuttavia il lodevole tentativo di dare delle regole di base, ma come detto anche da Gauss91, ci sono sfumature che possono essere interpretate soggettivamente.
Altro esempio: il Bonsai (chè è un mio hobby).
Come per tutte le cose, ci sono dei concorsi, in cui gli artisti (perchè il bonsai è soprattutto un arte), espongono i loro esemplari. Ora, ci sono diversi "stili" di impostazione che può avere una pianta, ciascuno con delle regole ben precise e codificate dalla tradizione (rapporto base-altezza, triangolarità della chioma, asimmetria, posizione dei rami, ecc...) e fino a poco tempo fa si davano proprio dei punteggi oggettivi per ciascuna di queste caratteristiche, premiando l'esemplare che totalizzava più punti. Ora però la "moda" dei grandi maestri bonsai è quella di rompere le regole, perchè ogni esemplare è unico, e ha alcune caratteristiche che vale la pena di enfatizzare anche a scapito di violare una o più regole. Altrimenti si otterrebbero piante tutte uguali, cosa che alla lunga ha stancato l'occhio dei giudici e anche degli spettatori.
Quindi a mio avviso la bellezza è un "mix" tra un canone codificato (ma variabile) e una componente soggettiva impossibile da descrivere, se non dal punto di vista statistico, basandosi sul giudizio di un gran numero di persone, e che è anch'esso variabile....
Se si vuole applicare tutto ciò alle formule matematiche, a mio avviso dobbiamo accontentarci di una Hit parade, che magari ogni anno potrebbe essere passibile di variazioni... siceramente non mi sembra del tutto una cattiva idea.
Prima di tutto ringrazio di cuore Mariodic per i riconoscimenti, in secondo luogo accolgo la sua idea: non sarebbe male condurre uno studio, con indagini su matematici e formule, che riesca ad individuare i parametri di bellezza di un'equazione matematica, pur accettando il dato di fatto che sarebbero canoni validi "al più", e non delle regole fisse (è vero che quasi nessuno direbbe che Rosy Bindi è più bella di Aida Yespica, ma è pur vero che Rosy Bindi ha un marito, e questi ha tutte le sue buone ragioni per esserlo, ragioni che non devono suscitare biasimo!).
Uno studio di questo tipo si configurerebbe più simile, per esempio, all'armonia musicale o all'architettura: da buon musicista, posso infatti dire che nell'armonia CI SONO delle regole fisse, da rispettare direi sempre per creare una "bella" melodia, ma all'infuori di queste, le regole diventano sempre più flebili e violabili; notate come l'interpretazione di queste regole crei così tanti stili musicali diversi, con milioni di seguaci in tutto il mondo!
Allo stesso modo, si potrebbero ricercare delle regole fisse per la bellezza delle equazioni, e poi costruire una specie di "armonia matematica", diciamo una "callilogia" per usare un termine costruito ad hoc, che studii l'estetica delle equazioni e delle espressioni matematiche e fisiche e che riesca a dare, come nell'armonia, dei canoni rigidi affiancati a regole interpretabili, così da poter esprimere chiaramente e una volta per tutte che i più grandi matematici sono sempre stati e saranno sempre degli artisti, e come tali meritano questa denominazione.
Però, per essere un po' più pragmatici, MOLTO più importante è lo sviluppo scientifico e matematico in sostanza, che questa divertente "callilogia" che altro non può essere se non uno diletto artistico!
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Uno studio di questo tipo si configurerebbe più simile, per esempio, all'armonia musicale o all'architettura: da buon musicista, posso infatti dire che nell'armonia CI SONO delle regole fisse, da rispettare direi sempre per creare una "bella" melodia, ma all'infuori di queste, le regole diventano sempre più flebili e violabili; notate come l'interpretazione di queste regole crei così tanti stili musicali diversi, con milioni di seguaci in tutto il mondo!

Allo stesso modo, si potrebbero ricercare delle regole fisse per la bellezza delle equazioni, e poi costruire una specie di "armonia matematica", diciamo una "callilogia" per usare un termine costruito ad hoc, che studii l'estetica delle equazioni e delle espressioni matematiche e fisiche e che riesca a dare, come nell'armonia, dei canoni rigidi affiancati a regole interpretabili, così da poter esprimere chiaramente e una volta per tutte che i più grandi matematici sono sempre stati e saranno sempre degli artisti, e come tali meritano questa denominazione.
Però, per essere un po' più pragmatici, MOLTO più importante è lo sviluppo scientifico e matematico in sostanza, che questa divertente "callilogia" che altro non può essere se non uno diletto artistico!

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Rispondo a Boba74 e a Gauss91. Quanto a Gauss91 dico che il soggettivismo che supporta il giudizio di "bellezza" è valido sia che lo si applichi al giudizio di "bellezza" di una espressione matematica che alla bellezza di una persona umana. E' appena il caso di dire che ciò è vero, almeno in mancanza di meglio. Se nonchè invito Sia Boba che chiunque altro mi legga a riflettere sul fatto che, mostrando contemporaneamente, ad una moltirudine di giovanotti, l'immagine dell'ultima vincitrice del concorso di miss Italia e quella della pur sempre simpaticona Rosy Bindi (supponendo, però, in partenza che le due donne siano presappoco coetanee) non meraviglierebbe che la maggior quota percentuale (diciamo il 70%?) dei giovanotti giudicherebbe più bella la prima persona che la seconda. Orbene, di fronte a siffatte maggioranze, si può onestamente credere che non ci sia una proprietà -chiamiamola così- oggettiva e potenzialmente quantificabile in assoluto (cioè al di là del solito ricorso al metro demoscopico)? Certo che no.
Gauss91 propone esempi, direi significativi, di equazioni alle quali attribuisce un buon valore di "bellezza"; devo riconoscere il suo sforzo nella ricerca degli indizi obiettivi per questi giudizi, di meglio né lui né io potremmo fare. Se a qualcuno riuscisse di superare la necessità di trincerarsi nel solito rifugio nella soggettività in questo campo, allora si che si che assisteremmo ad una travolgente rivoluzione nel sapere scientifico, anzi, del sapere in assoluto, al punto di poter dire di aver finalmente messo i piedi sul tratto finale della strada verso la teoria del TUTTO.
Gauss91 propone esempi, direi significativi, di equazioni alle quali attribuisce un buon valore di "bellezza"; devo riconoscere il suo sforzo nella ricerca degli indizi obiettivi per questi giudizi, di meglio né lui né io potremmo fare. Se a qualcuno riuscisse di superare la necessità di trincerarsi nel solito rifugio nella soggettività in questo campo, allora si che si che assisteremmo ad una travolgente rivoluzione nel sapere scientifico, anzi, del sapere in assoluto, al punto di poter dire di aver finalmente messo i piedi sul tratto finale della strada verso la teoria del TUTTO.
Beh, allora c'è sicuramente un fattore su cui saranno d'accordo tutti: l'equilibrio tra compattezza e lunghezza, tra banalità e profondità. Inoltre, osservando meglio le equazioni e tentando di riarrangiarle, si vedrà che anche la forma in cui queste sono messe conta moltissimo: prendiamo la nota e tanto apprezzata identità di Eulero $e^(ipi) + 1 = 0$. Riarrangiandola anche solo di poco, e scrivendola per esempio come $-(1/(e^(ipi))) = 1$, perde senz'altro gran parte della sua bellezza. Penso che uno dei fattori determinanti in questo senso sia il giusto rapporto tra lo sviluppo in lunghezza e quello in altezza: generalmente le equazioni più belle hanno più sviluppo in lunghezza che in altezza: un esempio che chiarirà questa idea è la scarsa bellezza estetica dell'identità di Ramanujan per la sezione aurea, benché essa sia sorprendente dal punto di vista matematico:
$sqrt(Phi+2) - Phi = e^((-2pi)/5)/(1+e^(-2pi)/(1+e^(-4pi)/(1+e^(-6pi)/(1+...))$, in cui $Phi$ è la sezione aurea.
Ci deve anche essere un buon equilibrio tra banalità e profondità: è troppo banale, per esempio, la formula $A=bh$ per l'area di un rettangolo: essa non desterà le "meraviglie" di molti matematici. Troppo profonda è invece l'equazione di campo della relatività generale di Einstein:
$G_(munu) = (8piG)/(c^4)T_(munu)$: pur avendo un buon rapporto lunghezza/altezza, solo chi conosce davvero il suo significato può apprezzarla appieno. Questi non sono senz'altro gli unici fattori che determinano la bellezza di un'equazione: mi sembra proprio che una delle caratteristiche fondamentali sia proprio quella di non essere troppo "complicata" da scrivere: è molto impressionante la funzione partizione di Rademacher:
$p(n) = 1/(pisqrt2)sum_(k=1)^(oo)A_k(n)sqrtkpartial/(partialn)(sinh(pi/ksqrt(2/3(n-1/24)))/(sqrt(n-1/24)))$, e probabilmente non molti la additerebbero come "loro espressione preferita", pur essendo ben costruita esteticamente.
Non bisogna poi trascurare l'essere un po' di "élite", ma non troppo: lo sanno tutti che, in un triangolo rettangolo, è $c^2 = a^2 + b^2$ e non è per questo un'equazione considerata "bella", al contrario l'equazione di diffusione in moto browniano:
$(partialQ)/(partialt) + \vec{v}*nablaQ = nuDeltaQ$, è troppo d'élite, dato che è comprensibile solo da uno studente universitario di buon livello (io personalmente, non so minimamente cosa significa essendo solo in quarta liceo
)
Ci sono sicuramente anche altri fattori che determinano la bellezza dell'equazione, ma questi devono sicuramente essere "modellati" tenendo conto in primis della soggettività di chi le osserva: il proprio gusto artistico, la propria conoscenza, la propria indole, e, perché no, anche il periodo storico.
Commentate!
$sqrt(Phi+2) - Phi = e^((-2pi)/5)/(1+e^(-2pi)/(1+e^(-4pi)/(1+e^(-6pi)/(1+...))$, in cui $Phi$ è la sezione aurea.
Ci deve anche essere un buon equilibrio tra banalità e profondità: è troppo banale, per esempio, la formula $A=bh$ per l'area di un rettangolo: essa non desterà le "meraviglie" di molti matematici. Troppo profonda è invece l'equazione di campo della relatività generale di Einstein:
$G_(munu) = (8piG)/(c^4)T_(munu)$: pur avendo un buon rapporto lunghezza/altezza, solo chi conosce davvero il suo significato può apprezzarla appieno. Questi non sono senz'altro gli unici fattori che determinano la bellezza di un'equazione: mi sembra proprio che una delle caratteristiche fondamentali sia proprio quella di non essere troppo "complicata" da scrivere: è molto impressionante la funzione partizione di Rademacher:
$p(n) = 1/(pisqrt2)sum_(k=1)^(oo)A_k(n)sqrtkpartial/(partialn)(sinh(pi/ksqrt(2/3(n-1/24)))/(sqrt(n-1/24)))$, e probabilmente non molti la additerebbero come "loro espressione preferita", pur essendo ben costruita esteticamente.
Non bisogna poi trascurare l'essere un po' di "élite", ma non troppo: lo sanno tutti che, in un triangolo rettangolo, è $c^2 = a^2 + b^2$ e non è per questo un'equazione considerata "bella", al contrario l'equazione di diffusione in moto browniano:
$(partialQ)/(partialt) + \vec{v}*nablaQ = nuDeltaQ$, è troppo d'élite, dato che è comprensibile solo da uno studente universitario di buon livello (io personalmente, non so minimamente cosa significa essendo solo in quarta liceo

Ci sono sicuramente anche altri fattori che determinano la bellezza dell'equazione, ma questi devono sicuramente essere "modellati" tenendo conto in primis della soggettività di chi le osserva: il proprio gusto artistico, la propria conoscenza, la propria indole, e, perché no, anche il periodo storico.
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ok, ma allora tu puoi dare una definizione di "compattezza", ma non tutti saranno d'accordo che compattezza voglia dire bellezza.
In ogni caso, anche chi è nel campo e capisce appieno le equazioni, potrà apprezzarne la bellezza solo in un suo riferimento soggettivo. Per tornare a paragoni non matematici, è una po' come stabilire la bellezza di una donna: cos'è che stabilisce la bellezza femminile?
Non il colore dei capelli o degli occhi, o le "misure". Al limite potrebbe esserci un certo "canone" di proporzioni (rapporto tra altezza e misure), oppure anche una certa "grazia" che probilmente è possibile definire in un qualche modo in termini oggettivi.... Ma resta il fatto che un canone è necessariamente qualcosa fissato convenzionalmente, e che non tutti condividono....
Forse sarebbe il caso di inventarsi dei parametri per valutare le equazioni, uno dei quali è la compattezza da te citata, ma potrebbero essercene altri. Magari fissando una serie di "punteggi" in diversi parametri e poi facendo una somma, si potrebbe ottenere un metro di giudizio, una specie di "Top-Ten" di equazioni famose...
In ogni caso, anche chi è nel campo e capisce appieno le equazioni, potrà apprezzarne la bellezza solo in un suo riferimento soggettivo. Per tornare a paragoni non matematici, è una po' come stabilire la bellezza di una donna: cos'è che stabilisce la bellezza femminile?
Non il colore dei capelli o degli occhi, o le "misure". Al limite potrebbe esserci un certo "canone" di proporzioni (rapporto tra altezza e misure), oppure anche una certa "grazia" che probilmente è possibile definire in un qualche modo in termini oggettivi.... Ma resta il fatto che un canone è necessariamente qualcosa fissato convenzionalmente, e che non tutti condividono....
Forse sarebbe il caso di inventarsi dei parametri per valutare le equazioni, uno dei quali è la compattezza da te citata, ma potrebbero essercene altri. Magari fissando una serie di "punteggi" in diversi parametri e poi facendo una somma, si potrebbe ottenere un metro di giudizio, una specie di "Top-Ten" di equazioni famose...
"Gauss91":La questione della "bellezza" delle equazioni non l'ho sollevata io e neppure qualche amico di questo forum, a lanciare l'argomento fu Einstein in una delle sue frequenti e spesso famose sue uscite tra il serio e il faceto. Queste sue spiritose battute non furono mai prive di significati profondi. Il fatto è che chiunque abbia una inclinazione per la matematica e le sue applicazioni, quasi sempre avverte, senza esagerare, una qualche sensibilità riguardo a questo tipo di "bellezza", c'è qualcosa alla radice di queste diffuse sensazioni? Rispondere che si tratta di emozioni individuali irrazionali non fa adeguata giustizia alla questione. Non sono in grado di dare un razionale contributo alla questione, tuttavia mi viene di commentare un punto che ritengo vicino all'essenza del problema:La compattezza.
Bah... secondo me non si può assolutamente parlare di bellezza in senso assoluto, nemmeno in campo matematico. Le stesse formule o equazioni possono sembrare belle per uno e prive di interesse estetico per un altro...
Credo che la brevità, cioè, il piccolo numero di costanti e variabili che entrano nell'equazione, quindi, la compattenza, raffrontata ai contenuti espressi dall'equazione, sia l'accoppiata principale per stabilire questa "bellezza". Si capisce, allora, che la difficoltà di misurarla stia soprattutto nel dare un valore obiettivo al "contenuto" e non tanto nell'assegnare un valore al lato della compattezza, cioè alla conta delle variabili, delle costanti e dei monomi dell'espressione matematica. Il contenuto, segnatamente nell'applicazione alla fisica, ritengo debba riguardare l'ampiezza -la generalità applicativa- dall'equazione oltre al fatto che essa sia l'espressione di una effettiva conoscenza analitica del fatto fisico, piuttosto che una mera espressione empirica. Gratta gratta, si avverte che per questa via ci si inoltra verso il vero problema che la scienza ufficiale fa fatica ad affrontare: la definizione e la misura della "Conoscenza", cosa che rivoluzionerebbe da capo a fondo la scienza.
Bah... secondo me non si può assolutamente parlare di bellezza in senso assoluto, nemmeno in campo matematico. Le stesse formule o equazioni possono sembrare belle per uno e prive di interesse estetico per un altro... a me sinceramente non piace, esteticamente, l'identità di Eulero e nemmeno il suo caso particolare $e^(ipi) + 1 = 0$: troppo semplici dal punto di vista estetico (anche se NON sminuisco affatto il loro valore e la loro importanza matematica).
Preferisco di gran lunga la formula di Taylor
$T(x_0) = sum_(k=0)^(oo)(f^((k))(x_0))/(k!)(x-x_0)^k$, che per me è esaltante da vedere: un buon compromesso tra semplicità e "complicatezza". Ma più che altro perché amo quando formule o equazioni semplici racchiudono in sé concetti complessi: per esempio, la formula fisica celeberrima $E = mc^2$ è semplicissima, ma esprime un concetto tutt'altro che semplice e scontato.
In definitiva, tutte le formule di cui si è parlato finora, bellissime e tutto, non mi piacciono esteticamente: quale migliore prova della relatività della bellezza?:P
Preferisco di gran lunga la formula di Taylor
$T(x_0) = sum_(k=0)^(oo)(f^((k))(x_0))/(k!)(x-x_0)^k$, che per me è esaltante da vedere: un buon compromesso tra semplicità e "complicatezza". Ma più che altro perché amo quando formule o equazioni semplici racchiudono in sé concetti complessi: per esempio, la formula fisica celeberrima $E = mc^2$ è semplicissima, ma esprime un concetto tutt'altro che semplice e scontato.
In definitiva, tutte le formule di cui si è parlato finora, bellissime e tutto, non mi piacciono esteticamente: quale migliore prova della relatività della bellezza?:P
"simos_89":Infatti si tratta dell'equazione di cui al primo post con cui ho aperto la presente discussione.
secondo il mio modesto parere l'equazione più bella è $e^(ipi) + 1 = 0$ perché racciude in sé tutti i pricipali simboli della matematica, con la bellezza dei numeri $e$, $pi$ ed $i$!(che secondo me la loro scoperta rimane tra le cose più importanti mai scoperte dall'uomo)
secondo il mio modesto parere l'equazione più bella è $e^(ipi) + 1 = 0$ perché racciude in sé tutti i pricipali simboli della matematica, con la bellezza dei numeri $e$, $pi$ ed $i$!(che secondo me la loro scoperta rimane tra le cose più importanti mai scoperte dall'uomo)
mmm, secondo me non ha molto senso fissare dei "parametri" per stabilire la bellezza, perchè così facendo si da una convenzione di quello che in realtà è soggettivo. E' un po' come definire parametri per la bellezza di un concorso di Miss: non a caso nei concorsi i punteggi sono assegnati da giudici, ciascuno dei quali si basa solo ed esclusivamente sul proprio gusto.... (i canoni estetici possono variare nel tempo, e certamente non è la misura di reggiseno o l'altezza che determinano un punteggio...)
A me possono piacere equazioni molto lunghe e complesse, a te monomi molto semplici.
Io preferisco le considerazioni di Sidereus, ossia, più che definire la bellezza in se (che non è definibile in modo matematico...) forse è meglio apprezzare il significato racchiuso in una formula, o i diversi significati che una stessa forma può rappresentare.
se si inizia a dare dei parametri, a quel punto non è più un concorso di miss, ma diventa per esempio un gara di pattinaggio artistico o di tuffo acrobatico, (dove al contrario i punteggi vengono assegnati in base a determinati parametri prefissati che vengono poi sommati o mediati fino a dare un giudizio complessivo), ma non è più "bellezza".
A me possono piacere equazioni molto lunghe e complesse, a te monomi molto semplici.
Io preferisco le considerazioni di Sidereus, ossia, più che definire la bellezza in se (che non è definibile in modo matematico...) forse è meglio apprezzare il significato racchiuso in una formula, o i diversi significati che una stessa forma può rappresentare.
se si inizia a dare dei parametri, a quel punto non è più un concorso di miss, ma diventa per esempio un gara di pattinaggio artistico o di tuffo acrobatico, (dove al contrario i punteggi vengono assegnati in base a determinati parametri prefissati che vengono poi sommati o mediati fino a dare un giudizio complessivo), ma non è più "bellezza".
"Sidereus":Sono interessantissime le considerazioni di Sidereus, ai cui aspetti non avevo, lo dico con tutta sincerità, pensato. Sidereus, tuttavia, affronta il problema della "bellezza", richiamandosi alla vastità delle aperture della "matematica" che appaiono anche quando queste aperture riguardano aspetti retrostanti di "modesti" (nel senso della comune considerazione) oggetti matematici, è il caso dell'esempio di Sidereus, riguardo al numero "2".
La bellezza della matematica, a mio parere, risiede nella pluralità delle possibili connessioni che un risultato riesce a evocare. Un matematico senza immaginazione ardita non scopre nulla di interessante. Un insegnante che trascura di mostrare agli allievi quanti modi diversi ci sono per dire la stessa cosa, non trasmette l'essenza di questa scienza ai suoi allievi.
In altre parole, quanti isomorfismi riusciamo ad evocare mentre stiamo parlando di un concetto matematico?
Le mie considerazioni di "bellezza" si limitavano, in verità, agli aspetti ed alle proprietà esteriori delle equazioni tenendo in considerazione la ricchezza di contenuti delle stesse, non a caso citavo l'esempio della famosa equazione di trasformazione di Euler che trasforma il binomio complesso "a+ib" nel noto monomio esponenziale che è $\rho*e^(i*phi)$
che taluni hanno addirittura detto essere l'equazione più bella del mondo.
Aggiungevo alcune mie considerazioni circa i possibili parametri di questo giudizio qualitativo, qui li riassumo sperando che altri amici di questo forum integrino l'elenco:
*la piccola quantità di costanti e variabili in rapporto all'estensione ed alla geralità dell'equazione,
*il fatto di essere un monomio o, al più, un polinomio di due o tre monomi,
*aggiungerei che un monomio "vero" ha maggior valore di un monomio apparente (mi riferisco a quei monomi le cui variabili e costanti hanno uno o più indici dimensionali sviluppando i quali il monomio diventa un polinomio anche molto lungo); rimane però sempre la necessità di tener in debito conto, soprattutto per questi monomi apparenti, l'estensione e la generalità applicativa dei contenuti che esprimono.
*nel caso di equazioni applicate a leggi della fisica, il criterio di giudizio devrebbe essere applicato alle sole equazioni non empiriche, inoltre il giudizio sarebbe tanto più positivo quanto meno sarebbero le loro costanti, oltre una sola, valutate sperimentalmente.
La bellezza della matematica, a mio parere, risiede nella pluralità delle possibili connessioni che un risultato riesce a evocare. Un matematico senza immaginazione ardita non scopre nulla di interessante. Un insegnante che trascura di mostrare agli allievi quanti modi diversi ci sono per dire la stessa cosa, non trasmette l'essenza di questa scienza ai suoi allievi.
In altre parole, quanti isomorfismi riusciamo ad evocare mentre stiamo parlando di un concetto matematico?
Prendiamo per esempio il numero $2$. Sembrerebbe un simbolo privo di qualsiasi interesse, e tale appare al 99% del nostro prossimo. Per il matematico invece quel simbolo è una miniera d'oro di idee tutte diverse tra loro a seconda del contesto in cui lo si usa. Infatti:
2 può rappresentare il numero naturale due;
2 può rappresentare l'intero positivo $+2$;
2 può rappresentare il numero razionale $[-(18)/(-9), (+2)/(+1), (-4)/(-2), (+44)/(+22), ........] $ (una classe di equivalenza di numeri interi);
2 può rappresentare il numero reale $2,000000000000......$ (con infiniti zeri)
........
Un altro esempio è la coppia di equazioni seguente:
$\{(x=x' cos\theta - y' sin\theta), (y=x' sin\theta + y' cos\theta):}$
Esse possono rappresentare:
un sistema di equazioni lineari;
un operatore unitario in $RR^2$;
un'applicazione lineare da $RR^2$ in $RR^2$;
una rotazione di un punto P=(x',y');
le coordinate di uno stesso punto in due sistemi di riferimento cartesiani diversi;
il prodotto di una matrice per un vettore colonna;
un gruppo a un parametro di diffeomorfismi;
................
Queste connessioni tra cose diverse rendono la matematica affascinante. Purtroppo, l'eccessiva dipartimentalizzazione degli istituti universitari crea molte barriere tra "specialisti" di vari rami della matematica. Non si capisce perché mai uno che si occupa di geometria differenziale non possa pubblicare qualcosa sul calcolo delle probabilità, per fare un esempio.
Personalmente, io ho sempre detestato la locuzione "le matematiche". Secondo me la matematica è una sola.
In altre parole, quanti isomorfismi riusciamo ad evocare mentre stiamo parlando di un concetto matematico?
Prendiamo per esempio il numero $2$. Sembrerebbe un simbolo privo di qualsiasi interesse, e tale appare al 99% del nostro prossimo. Per il matematico invece quel simbolo è una miniera d'oro di idee tutte diverse tra loro a seconda del contesto in cui lo si usa. Infatti:
2 può rappresentare il numero naturale due;
2 può rappresentare l'intero positivo $+2$;
2 può rappresentare il numero razionale $[-(18)/(-9), (+2)/(+1), (-4)/(-2), (+44)/(+22), ........] $ (una classe di equivalenza di numeri interi);
2 può rappresentare il numero reale $2,000000000000......$ (con infiniti zeri)
........
Un altro esempio è la coppia di equazioni seguente:
$\{(x=x' cos\theta - y' sin\theta), (y=x' sin\theta + y' cos\theta):}$
Esse possono rappresentare:
un sistema di equazioni lineari;
un operatore unitario in $RR^2$;
un'applicazione lineare da $RR^2$ in $RR^2$;
una rotazione di un punto P=(x',y');
le coordinate di uno stesso punto in due sistemi di riferimento cartesiani diversi;
il prodotto di una matrice per un vettore colonna;
un gruppo a un parametro di diffeomorfismi;
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Queste connessioni tra cose diverse rendono la matematica affascinante. Purtroppo, l'eccessiva dipartimentalizzazione degli istituti universitari crea molte barriere tra "specialisti" di vari rami della matematica. Non si capisce perché mai uno che si occupa di geometria differenziale non possa pubblicare qualcosa sul calcolo delle probabilità, per fare un esempio.
Personalmente, io ho sempre detestato la locuzione "le matematiche". Secondo me la matematica è una sola.