La filosofia come disciplina caratterizzante i Licei
Da decenni è opinione di molti italiani che il latino non debba essere insegnato in un liceo scientifico. Nel corso degli anni sono stati attivati diversi percorsi sperimentali (uno su tutti il progetto Brocca) che proponevano un liceo scientifico senza lingue morte, per vederlo istituzionalizzato solo con la riforma (per quasi tutti gli aspetti orribile) Gelmini nel Liceo Scientifico – opzione Scienze Applicate. L'avessero mai fatto: orde di insegnanti, umanisti e gente comune si è scagliata contro tale ignobile scelta, in nome di un Liceo che può essere tale solo grazie al latino. Esso, si dice, sviluppa la capacità di ragionamento e la logica, al pari (o quasi) della matematica e delle scienze. Se così fosse, allora forse in un liceo scientifico sarebbe meglio potenziare le scienze, in modo da dare maggiore caratterizzazione all'indirizzo. Ma non è contro questa tesi che voglio andare. Si dice, ancora, che il latino sia fondamentale per conoscere l'etimologia delle parole italiane ed europee (europee? Al massimo romanze...); ma è davvero necessario un intero impianto grammaticale e di traduzione per conoscere l'origine della parola “fisica”? Oh, scusatemi... fisica deriva dal greco! Beh, allora parliamo di “algebra”: oh, di nuovo, scusatemi, deriva dall'arabo! Perché mai la derivazione di queste parole non dovrebbe avere la stessa importanza di quelle di origine latina? Perché questo non giustifica lo studio della grammatica e letteratura greche e arabe nel liceo scientifico? La somiglianza delle lingue romanze, poi, non giustifica, a mio parere, lo studio del latino; sarebbe molto più produttivo, da un punto di vista etimologico, studiare il protoindoeuropeo, la protolingua da cui derivano l'indiano, il greco, il latino, il protogermanico (da cui deriva anche l'inglese) e le lingue serbe: un bel gruppo, al confronto delle sole lingue romanze! A mio parere, non è il latino a caratterizzare i licei, che risulta essere soltanto un retaggio del passato.
Ciò che dovrebbe distingue un liceo, sia esso scientifico o no, da un istituto tecnico o professionale è, secondo me, la capacità degli studenti in uscita di saper argomentare una propria posizione, portando ad essa sia riferimenti bibliografici che di ragionamento; ma, cosa ancora più importante, l'elasticità mentale per poter cambiare idea davanti all'evidenza dei fatti o delle argomentazioni. Queste capacità non vengono fornite dalle lingue o dalla letteratura, e neanche dalle scienze per come possono essere, per motivi di tempo e maturità degli studenti, insegnate nei licei. Queste discipline (arti e storia, lingue, scienze, nelle misure appropriate ad ogni indirizzo) forniscono gli elementi basilari necessari ai discenti per comprendere il mondo che li circonda, sia questo fisico, formale o umano e, cosa ancora più importante per il percorso liceale, fornisce anche quegli strumenti indispensabili per scegliere con giudizio la propria carriera universitaria, la quale segnerà il resto della vita dei liceali (anche se, diciamocelo, mancano totalmente le scienze sociali in quasi tutti gli indirizzi...). Ma allora quali discipline permettono l'acquisizione delle capacità di argomentazione, analisi e obiettività? Queste dovrebbero, si pensa, essere fornite dalle scienze. In un liceo, tuttavia, non vi sono né il tempo, né la maturità scientifica sufficiente per poter affrontare tali argomenti ad un simile livello, in quanto è già tanto se riesce a fornire un quadro almeno approssimativo delle attuali conoscenze scientifiche, cristallizzate nei manuali di khuniana memoria. La storia delle scienze permetterebbe sicuramente l'acquisizione di tali competenze, ma non vi è, col senno di poi, possibilità di inserirla nei quadri orari.
La nostra attenzione, dunque, ricade sulla filosofia. La scuola italiana ha fatto una scelta eccellente sull'insegnamento filosofico (e questo lo dobbiamo a Gentile, concediamoglielo), ovvero un insegnamento di tipo storiografico. Ciò consente di confrontarsi con singoli schemi di pensiero alla volta, i quali portano dei ragionamenti a proprio favore e, spesso, delle critiche argomentate nei confronti di altri sistemi filosofici. L'approccio storiografico, in particolare, consente allo studente di essere di volta in volta affascinato (e, magari, convinto) da un dato filosofo e, successivamente, vedere tale convinzione smontata dalle argomentazioni successive. Tale studio, dunque, porta diversi vantaggi: consapevolezza che la conoscenza umana ha subito evoluzioni e trasformazioni nel tempo; argomentazione e analisi critica di posizioni (filosofiche); elasticità mentale nel cambiare idea difronte alle prove.
Ecco, dunque, la disciplina che rende il Liceo tale: la storia della filosofia.
Ciò che dovrebbe distingue un liceo, sia esso scientifico o no, da un istituto tecnico o professionale è, secondo me, la capacità degli studenti in uscita di saper argomentare una propria posizione, portando ad essa sia riferimenti bibliografici che di ragionamento; ma, cosa ancora più importante, l'elasticità mentale per poter cambiare idea davanti all'evidenza dei fatti o delle argomentazioni. Queste capacità non vengono fornite dalle lingue o dalla letteratura, e neanche dalle scienze per come possono essere, per motivi di tempo e maturità degli studenti, insegnate nei licei. Queste discipline (arti e storia, lingue, scienze, nelle misure appropriate ad ogni indirizzo) forniscono gli elementi basilari necessari ai discenti per comprendere il mondo che li circonda, sia questo fisico, formale o umano e, cosa ancora più importante per il percorso liceale, fornisce anche quegli strumenti indispensabili per scegliere con giudizio la propria carriera universitaria, la quale segnerà il resto della vita dei liceali (anche se, diciamocelo, mancano totalmente le scienze sociali in quasi tutti gli indirizzi...). Ma allora quali discipline permettono l'acquisizione delle capacità di argomentazione, analisi e obiettività? Queste dovrebbero, si pensa, essere fornite dalle scienze. In un liceo, tuttavia, non vi sono né il tempo, né la maturità scientifica sufficiente per poter affrontare tali argomenti ad un simile livello, in quanto è già tanto se riesce a fornire un quadro almeno approssimativo delle attuali conoscenze scientifiche, cristallizzate nei manuali di khuniana memoria. La storia delle scienze permetterebbe sicuramente l'acquisizione di tali competenze, ma non vi è, col senno di poi, possibilità di inserirla nei quadri orari.
La nostra attenzione, dunque, ricade sulla filosofia. La scuola italiana ha fatto una scelta eccellente sull'insegnamento filosofico (e questo lo dobbiamo a Gentile, concediamoglielo), ovvero un insegnamento di tipo storiografico. Ciò consente di confrontarsi con singoli schemi di pensiero alla volta, i quali portano dei ragionamenti a proprio favore e, spesso, delle critiche argomentate nei confronti di altri sistemi filosofici. L'approccio storiografico, in particolare, consente allo studente di essere di volta in volta affascinato (e, magari, convinto) da un dato filosofo e, successivamente, vedere tale convinzione smontata dalle argomentazioni successive. Tale studio, dunque, porta diversi vantaggi: consapevolezza che la conoscenza umana ha subito evoluzioni e trasformazioni nel tempo; argomentazione e analisi critica di posizioni (filosofiche); elasticità mentale nel cambiare idea difronte alle prove.
Ecco, dunque, la disciplina che rende il Liceo tale: la storia della filosofia.
Risposte
Tempo fa aprii un sondaggio in cui provocatoriamente proponevo l'abolizione dallo scientifico di educazione fisica, latino e filosofia. Parlo dello scientifico perché ne ho una esperienza diretta e credo che l'importanza delle materie sia data dalla mentalità dei professori. Contrariamente a quanto si possa pensare delle materie umanistiche non rimane nulla una volta usciti dal liceo e non è questione di scervellarsi sul tabellino delle ore settimanali.
Nella mia classe chi andava bene in matematica andava bene di riflesso in tutto il resto anche se balbettava due parole, nel biennio meglio se andavi bene anche in latino. Questa è la triste prassi che regnava nello scientifico da me frequentato. Di certo non si veniva bocciati per insufficienze in filosofia o storia e comunque certe insufficienze eccellenti venivano sempre aggiustate con un'interrogazione finale benevola.
Quindi bando alle ciance: le materie umanistiche vengono considerate discipline di serie b, degli spazi per riempire il tempo e basta. Non parliamo dell' inglese a cui sono sempre state dedicate molte ore con scarsissimi risultati, anche questo lo abolirei per andare a formarsi in corsi privati.
Qualora fossero considerate alla pari delle altre discipline sono pronto a ricredermi, ma per il momento mi pare si navighi in un mare di ipocrisia per cui si vuole mantenere il latino e filosofia come una sorta di vessillo storico da cucirsi sul petto, ma nella pratica sia dentro che fuori dalla scuola sono discipline ignorate se non addirittura disprezzate (chi si interessa di storia, filosofia o letteratura latina in generale è associato alla figura dell'intellettualoide umanista perdigiorno, parassita della società e disoccupato cronico).
Credo che tu abbia interpretato male le proteste di un paio di anni fa che furono incentrate soprattutto sulla riduzione delle risorse finanziarie alla scuola pubblica e sul mondo delle carriere universitarie, non di certo il mortifero mondo dei licei che di fatto rimasero tali e quali.
Quello che sfugge alle vostre analisi è lo spirito nazionalistico e di esigenze storiche con cui sono stati creati i licei (tanto per essere chiari l'idea della filosofia nei licei non fu di Gentile ma di decenni precedenti alla sua riforma). Di fatto i licei sono stai creati per formare delle elite: amministratori pubblici, avvocati, medici, commercialisti etc. In generale le professioni giuridiche erano le più ambite, quindi largo spazio al latino, il quale fu insegnato a lungo anche alle scuole medie forse anche con un piglio di orgoglio nazionalistico, lo stesso orgoglio e spirito di conservazione che si ha sulla predominanza delle letterature italofone rispetto alle straniere. Lo scientifico nacque dalle necessità di un'Italia che faticosamente si industrializza e che ha bisogno di quadri con una formazione più scientifica, ma che non perda i caratteri elitari del liceo. Lo scientifico non decollò mai (a parte un piccolo boom negli anni '90), nel dopoguerra non era infrequente l'abbinamento liceo classico - ingegneria o liceo classico - medicina. I licei, come le università, si trovarono a passare da scuole di elite a scuole di massa senza mai rivedere i loro metodi e programmi, ma riformandosi dall'interno, ovvero è successo ciò che ho descritto all'inizio, visto che non cambia la forma cambia la mentalità: la matematica diventa la nuova cultura delle elite professionali, gli ingegneri e gli informatici prendono il sopravvento su avvocati, commercialisti e notai, certo il monte ore ed i metodi di insegnamento sono praticamente invariati da più di un secolo, ma dentro la scuola è successo che ad 8 in matematica consegue un 6 "politico" in tutte le altre materie.
In conclusione, almeno per lo scientifico, non è la filosofia la materia portante, ma la matematica e nello specifico la capacità di risoluzione di esercizi e problemi matematici.
Nella mia classe chi andava bene in matematica andava bene di riflesso in tutto il resto anche se balbettava due parole, nel biennio meglio se andavi bene anche in latino. Questa è la triste prassi che regnava nello scientifico da me frequentato. Di certo non si veniva bocciati per insufficienze in filosofia o storia e comunque certe insufficienze eccellenti venivano sempre aggiustate con un'interrogazione finale benevola.
Quindi bando alle ciance: le materie umanistiche vengono considerate discipline di serie b, degli spazi per riempire il tempo e basta. Non parliamo dell' inglese a cui sono sempre state dedicate molte ore con scarsissimi risultati, anche questo lo abolirei per andare a formarsi in corsi privati.
Qualora fossero considerate alla pari delle altre discipline sono pronto a ricredermi, ma per il momento mi pare si navighi in un mare di ipocrisia per cui si vuole mantenere il latino e filosofia come una sorta di vessillo storico da cucirsi sul petto, ma nella pratica sia dentro che fuori dalla scuola sono discipline ignorate se non addirittura disprezzate (chi si interessa di storia, filosofia o letteratura latina in generale è associato alla figura dell'intellettualoide umanista perdigiorno, parassita della società e disoccupato cronico).
"giuliofis":
L'avessero mai fatto: orde di insegnanti, umanisti e gente comune si è scagliata contro tale ignobile scelta, in nome di un Liceo che può essere tale solo grazie al latino..etc etc.
Credo che tu abbia interpretato male le proteste di un paio di anni fa che furono incentrate soprattutto sulla riduzione delle risorse finanziarie alla scuola pubblica e sul mondo delle carriere universitarie, non di certo il mortifero mondo dei licei che di fatto rimasero tali e quali.
Quello che sfugge alle vostre analisi è lo spirito nazionalistico e di esigenze storiche con cui sono stati creati i licei (tanto per essere chiari l'idea della filosofia nei licei non fu di Gentile ma di decenni precedenti alla sua riforma). Di fatto i licei sono stai creati per formare delle elite: amministratori pubblici, avvocati, medici, commercialisti etc. In generale le professioni giuridiche erano le più ambite, quindi largo spazio al latino, il quale fu insegnato a lungo anche alle scuole medie forse anche con un piglio di orgoglio nazionalistico, lo stesso orgoglio e spirito di conservazione che si ha sulla predominanza delle letterature italofone rispetto alle straniere. Lo scientifico nacque dalle necessità di un'Italia che faticosamente si industrializza e che ha bisogno di quadri con una formazione più scientifica, ma che non perda i caratteri elitari del liceo. Lo scientifico non decollò mai (a parte un piccolo boom negli anni '90), nel dopoguerra non era infrequente l'abbinamento liceo classico - ingegneria o liceo classico - medicina. I licei, come le università, si trovarono a passare da scuole di elite a scuole di massa senza mai rivedere i loro metodi e programmi, ma riformandosi dall'interno, ovvero è successo ciò che ho descritto all'inizio, visto che non cambia la forma cambia la mentalità: la matematica diventa la nuova cultura delle elite professionali, gli ingegneri e gli informatici prendono il sopravvento su avvocati, commercialisti e notai, certo il monte ore ed i metodi di insegnamento sono praticamente invariati da più di un secolo, ma dentro la scuola è successo che ad 8 in matematica consegue un 6 "politico" in tutte le altre materie.
In conclusione, almeno per lo scientifico, non è la filosofia la materia portante, ma la matematica e nello specifico la capacità di risoluzione di esercizi e problemi matematici.
"gio73":
Quanti sono gli irrinunciabili?
Pochi. Non credo che tu voglia dirmi che è bene rinunciare a Kafka per studiare Parini, che è bene rinunciare a Baudelaire per studiare Carducci, o che è bene rinunciare a Tolstoj per studiare la scapigliatura? No, non ci sto. Si dia spazio ai grandi della letteratura straniera. Per far questo dobbiamo rinunciare a qualche autore italiano? Amen.
"giuliofis":
Beh, io trovo grave che molti escano dal liceo scientifico avendo preso fischi per fiaschi con gli integrali (come me, ad esempio), che non si legga niente di, per esempio, Baudelaire, Goethe, Cervantes... Sarebbero veramente tante le cose da fare...
E la scuola non può occuparsi di tutto: può dare al massimo degli strumenti, qualche contenuto, un po' di curiosità.
Personalmente non credo che i prof ti vietino di leggere per tuo conto Baudelaire, Goethe, Cervantes... Melville, Poe, Marquez, Kafka, Mann, Tolstoj, Bulgacov, Celine... (ma così non finisco più di scrivere! Quanti sono gli irrinunciabili?).
Quando andavo al liceo ci capitava di odiare ferocemente gli autori che ci venivano consigliati (per poi fare riassunti, relazioni e compiti vari) mentre amavamo e leggevamo con piacere quelli che sceglievamo liberamente.
I prof lo sanno e quando ti fanno leggere X ti danno gli strumenti per apprezzare Y. Lo ha spiegato molto bene Pennac nel suo libro "Come un romanzo", lo avete letto?
"vict85":
Sinceramente trovo grave anche che molti delle persone che escono dal liceo, classico ma anche scientifico, non sappiano cos'é una piastra di Petri. Sinceramente non penso ci sia una correlazione positiva tra la conoscenza epistemologica e la capacità di produrre prodotti scientifici di un individuo.
Beh, io trovo grave che molti escano dal liceo scientifico avendo preso fischi per fiaschi con gli integrali (come me, ad esempio), che non si legga niente di, per esempio, Baudelaire, Goethe, Cervantes... Sarebbero veramente tante le cose da fare... Ma qui, credo, si stava discutendo se sia davvero la storia della filosofia a caratterizzare i licei, invece del latino.
Quanto alla filosofia di cui condivido l'elogio fatto da Giulio, beh, io sarei per la sua obbligatorietà in tutta la scuola secondaria di secondo grado.
Convengo. Un'ora alla settimana nei non-licei al posto dell'ignobile presenza di religione esclusivamente cattolica in uno stato formalmente laico.
"Seneca":
Purtroppo, però, capita sovente che non si tocchino le correnti di pensiero che dovrebbero risultare più care a chi affronta studi scientifici. La mia esperienza è che un numero preoccupante di uscenti dal liceo scientifico ignora addirittura l'esistenza della parola epistemologia.
Sinceramente trovo grave anche che molti delle persone che escono dal liceo, classico ma anche scientifico, non sappiano cos'é una piastra di Petri. Sinceramente non penso ci sia una correlazione positiva tra la conoscenza epistemologica e la capacità di produrre prodotti scientifici di un individuo.
"Seneca":
Purtroppo, però, capita sovente che non si tocchino le correnti di pensiero che dovrebbero risultare più care a chi affronta studi scientifici. La mia esperienza è che un numero preoccupante di uscenti dal liceo scientifico ignora addirittura l'esistenza della parola epistemologia.
Hai perfettamente ragione, ma con le poche ore che filosofia ha nei nostri licei è già arduo superare Nietzsche...
"Ryukushi":
Come già scritto in altri topic, ritengo il latino fondamentale per un liceo. In ogni caso, sicuramente, è giusto che la filosofia rivesta un ruolo primario, visto che la sua importanza è centrale quando si ragiona persino a partire dal concetto stesso di conoscenza; dunque in un liceo, dove si cerca di studiare i lati più profondi della conoscenza, in modo al più teorico, è fondamentale.
Purtroppo, però, capita sovente che non si tocchino le correnti di pensiero che dovrebbero risultare più care a chi affronta studi scientifici. La mia esperienza è che un numero preoccupante di uscenti dal liceo scientifico ignora addirittura l'esistenza della parola epistemologia.
"vict85":
Attenzione però: il protoindoeuropeo è una lingua di cui non si hanno più tracce dirette. Quelle indirette derivano da attente analisi linguistiche comparative (immagino anche fonologiche)
Sì, sì, anche e in grande misura fonologiche. Come fai notare, certo, la parentela con le attuali lingue romanze, germaniche, slave, indoarie ed il greco è piuttosto remota, mentre una base di latino rende molto più semplice l'apprendimento delle altre lingue romanze e la comprensione di lingue mai studiate prima. Mi sono trovato a comprendere una percentuale direi alta di ciò che trovo scritto o detto in varie lingue romanze che non ho mai studiato sistematicamente solo con il latino, ma anche qualche cognizione di glottologia. La conoscenza delle strutture linguistiche ipotizzate per il protoindoeuropeo non facilita in maniera neanche lontanamente paragonabile la comprensione immediata e, direi, in misura significativa neanche lo studio sistematico delle altre lingue indoeuropee.
Nonostante questo non ho una mia idea sull'opportunità o meno di insegnare il latino nei licei scientifici. Personalmente trovo gratificazione nell'approfondimento di qualunque area del sapere umano, ma mi rendo conto che, nonostante io non ami la specializzazione settoriale per me eccessiva della scuola superiore -nel senso che metterei più discipline umanistiche negli scientifici, più scienze esatte nei classici...-, chi decide di iscriversi ad un liceo scientifico preferisca magari impiegare più tempo allo studio di cose diverse dal latino.
Quanto alla filosofia di cui condivido l'elogio fatto da Giulio, beh, io sarei per la sua obbligatorietà in tutta la scuola secondaria di secondo grado.
"vict85":
La congettura di Poincaré non è più tale da qualche anno a dire il vero. Perel'man l'ha dimostrato come corollario di un teorema di carattere più generale.
Si Vict85 ho visto e ho visto pure che ha rifiutato la medaglia fields

Meno male che i geni non sono tutti cosi (almeno tu non lo sei

La congettura di Poincaré non è più tale da qualche anno a dire il vero. Perel'man l'ha dimostrato come corollario di un teorema di carattere più generale.
Boh io non so che dirti. Sono del 92' e ho finito il classico non da molto; questi problemi mi interessano relativamente poco (ad esempio mi interessa di più perchè hanno eliminato Maria Ester Grasso
dal programma Jump!
).
Ciao Vict85.
[ot]Tu mi hai fatto incuriosire circa i lavori di Poincaré, Rigel su Beal e Zero87 sulla Rh. Delle 3 comunque trovo la congettura di Beal la più "facile" da annusare.[/ot]


Ciao Vict85.
[ot]Tu mi hai fatto incuriosire circa i lavori di Poincaré, Rigel su Beal e Zero87 sulla Rh. Delle 3 comunque trovo la congettura di Beal la più "facile" da annusare.[/ot]
"Luca97":
Allora ho frainteso, nel senso che ho capito che togliendo il latino come insegnamento ci sia un ulteriore esubero di insegnanti di latino rispetto ad una domanda che ulteriormente si riduce. Se cosi non fosse, il mio intervento è da riternersi virtualmente nullo. (Ormai non posso eliminarlo.)
Per il resto della questione, passo.
Sono fuori dalla scuola da molto ma sinceramente pensavo che il latino fosse una di quelle materie in cui il turnover fosse meno problematico. Cioé non penso che ci siano molti giovani intenzionati ad insegnare latino, e in numeri di insegnanti di latino in Italia necessario a coprire tutte le cattedre è probabilmente maggiore di quelle di scienze naturali (considerando il numero di ore nel classico e nello scientifico). Ma forse è una mia impressione.
Per la cronaca io non ho fatto latino e ho studiato in un liceo scientifico ormai quasi 10 anni fa (a Vercelli che non è certo Torino). Quindi non è certo una cosa nuova.
"vict85":
[quote="Luca97"]Penso che sia giusto che ognuno difende il proprio posto di lavoro; se fossi stato un insegnante di latino applaudivi?!
Sinceramente non vedo che perdita di lavoro ci sia, scienze applicate sostituisce soltanto le varie sperimentazioni già esistenti che già non facevano latino. Sotto questo punto di vista tutta la polemica mi pare senza senso, ha solo reso ufficiale qualcosa che c'era già ma era nascosto.[/quote]
Allora ho frainteso, nel senso che ho capito che togliendo il latino come insegnamento ci sia un ulteriore esubero di insegnanti di latino rispetto ad una domanda che ulteriormente si riduce. Se cosi non fosse, il mio intervento è da riternersi virtualmente nullo

Per il resto della questione, passo.
"vict85":
Attenzione però: il protoindoeuropeo è una lingua di cui non si hanno più tracce dirette.
Per il fine per cui l'ho "proposto" (ed era ovviamente solo provocatorio, non ci credo davvero!) non ha importanza.
Quelle indirette derivano da attente analisi linguistiche comparative (immagino anche fonologiche) e dubito sia possibile produrre una lingua utilizzabile.
E chi vuole produrre qualcosa di utilizzabile? Parlavo solo di qualcosa utile a livello etimologico, non comunicativo.
Inoltre insegnarla non sarebbe più utile di insegnare l'esperanto. Detto questo, ritengo che imparare il cinese mandarino (il cinese è una lingue unita solo per scrittura, ma differisce molto in quanto a pronuncia) possa essere più utile che imparare il latino.
Su questo sono d'accordo. Ma volevo solo dare un'idea del perché secondo me le ragioni che si danno per mantenere il latino non sono molto valide.
Penso che sia giusto che ognuno difende il proprio posto di lavoro; se fossi stato un insegnante di latino applaudivi?!
Avrei fatto una critica di questo tipo, senza mascherarmi dietro a ideologie e pregiudizi.
Attenzione però: il protoindoeuropeo è una lingua di cui non si hanno più tracce dirette. Quelle indirette derivano da attente analisi linguistiche comparative (immagino anche fonologiche) e dubito sia possibile produrre una lingua utilizzabile. Inoltre insegnarla non sarebbe più utile di insegnare l'esperanto. Detto questo, ritengo che imparare il cinese mandarino (il cinese è una lingue unita solo per scrittura, ma differisce molto in quanto a pronuncia) possa essere più utile che imparare il latino.
"Luca97":
Penso che sia giusto che ognuno difende il proprio posto di lavoro; se fossi stato un insegnante di latino applaudivi?!
Sinceramente non vedo che perdita di lavoro ci sia, scienze applicate sostituisce soltanto le varie sperimentazioni già esistenti che già non facevano latino. Sotto questo punto di vista tutta la polemica mi pare senza senso, ha solo reso ufficiale qualcosa che c'era già ma era nascosto.
Come già scritto in altri topic, ritengo il latino fondamentale per un liceo. In ogni caso, sicuramente, è giusto che la filosofia rivesta un ruolo primario, visto che la sua importanza è centrale quando si ragiona persino a partire dal concetto stesso di conoscenza; dunque in un liceo, dove si cerca di studiare i lati più profondi della conoscenza, in modo al più teorico, è fondamentale.
Non entro nel merito della tua opinione ma volevo solo soffermarmi su questo passaggio:
Penso che sia giusto che ognuno difende il proprio posto di lavoro; se fossi stato un insegnante di latino applaudivi?!
"giuliofis":
...orde di insegnanti, umanisti e gente comune si è scagliata contro tale ignobile scelta, in nome di un Liceo che può essere tale solo grazie al latino
Penso che sia giusto che ognuno difende il proprio posto di lavoro; se fossi stato un insegnante di latino applaudivi?!