Ipotesi su traiettorie in fisica
Ciao, amici! Propongo qui, data l'interdisciplinarità di ciò che sto per chiedere, una domanda sulle traiettorie in fisica.
Nei miei studi di analisi ho trovato molti risultati utilizzati notoriamente in fisica, come quelli riguardanti per esempio la conservatività dei campi, per fare solo un esempio, dimostrati utilizzando curve definite regolari a tratti nel senso che ammettono una parametrizzazione \(\mathbf{r}:[a,b]\to\mathbb{R}^3\) tale che \(\mathbf{r}\) sia di classe $C^1$ e \(\|\mathbf{r}'(t)\|\ne 0\) eccetto al più in un numero finito di punti, in cui devono comunque esistere finiti i limiti destro e sinistro di \(\mathbf{r}'\) e in cui \(\mathbf{r}\) deve essere continua. Si noti che, secondo tale definizione, può esistere un numero finito di punti in cui si annulla la derivata di \(\mathbf{r}\). Suppongo che tali noti teoremi, di utilizzo onnipresente in fisica, siano validi con tali opportune ipotesi di regolarità e non si possano rilassare "troppo" le ipotesi: giusto?
Nei miei studi di analisi ho trovato molti risultati utilizzati notoriamente in fisica, come quelli riguardanti per esempio la conservatività dei campi, per fare solo un esempio, dimostrati utilizzando curve definite regolari a tratti nel senso che ammettono una parametrizzazione \(\mathbf{r}:[a,b]\to\mathbb{R}^3\) tale che \(\mathbf{r}\) sia di classe $C^1$ e \(\|\mathbf{r}'(t)\|\ne 0\) eccetto al più in un numero finito di punti, in cui devono comunque esistere finiti i limiti destro e sinistro di \(\mathbf{r}'\) e in cui \(\mathbf{r}\) deve essere continua. Si noti che, secondo tale definizione, può esistere un numero finito di punti in cui si annulla la derivata di \(\mathbf{r}\). Suppongo che tali noti teoremi, di utilizzo onnipresente in fisica, siano validi con tali opportune ipotesi di regolarità e non si possano rilassare "troppo" le ipotesi: giusto?
- Una tale definizione mi sembra ragionevolmente attribuibile a qualunque traiettoria percorsa da un punto mobile che si trova in \(\mathbf{r}(t)\) all'istante $t$, infatti mi sembra ragionevole che il modulo della sua velocità \(\|\mathbf{r}'(t)\|\) non si possa annullare infinite volte oscillando, perché mi fa strano pensare ad un corpo che in un tempo finito si arresta e riparte infinite volte, a meno che si annulli su un intero intervallo, nel qual caso mi pare che ogni integrale di linea si possa calcolare equivalentemente utilizzando una riparametrizzazione in cui l'intervallo dove si annulla \(\|\mathbf{r}'(t)\|\) sia ridotto ad un istante.[/list:u:1pb2ryki]
In fisica si assume che ogni traiettoria ammetta (almeno) una parametrizzazione \(\mathbf{r}\) così definita, cioè che ogni traiettoria sia una curva regolare a tratti, vero?
Si assume forse che anche la posizione \(\mathbf{x}\) di un punto mobile rappresenti una tale parametrizzazione regolare a tratti, cioè che \(\mathbf{x}:[t_i,t_f]\to\mathbb{R}^3\) sia di classe $C^1$ e \(\|\mathbf{x}'(t)\|\ne 0\) eccetto al più per un numero finito di punti, in cui devono comunque esistere finiti i limiti destro e sinistro di \(\mathbf{x}'\) e in cui \(\mathbf{x}\) deve essere continua? Perché si possano applicare in fisica risultati fondamentali dell'analisi riguardanti per esempio gli integrali curvilinei, che definiscono il lavoro, direi che sia necessario che \(\mathbf{x}\) abbia tali carattestiche...
Si fanno eventualmente ipotesi ancor più restrittive, come l'ammettere una parametrizzazione \(\mathbf{r}:[a,b]\to\mathbb{R}^3\) di classe $C^k$ con $k>1$ su un numero finito di intervalli la cui unione è $[a,b]$? Visto che si è detto che di norma si assume che le funzioni in fisica siano derivabili a piacere credo che la risposta potrebbe essere affermativa (il mio dubbio riguarda soprattutto la condizione che \(\|\mathbf{x}'(t)\|\ne 0\) eccetto al più un numero finito di punti).
Data l'ubiquità di scritture come \( \mathbf{a}=\frac{dv}{dt}\mathbf{t}+v\frac{d\mathbf{t}}{dt}\) dove \(\mathbf{t}:=v^{-1}\mathbf{v}\) mi stavo convincendo che si imponesse addirittura che la velocità non si potesse mai annullare

Può darsi che si tratti di una banalità, ma questa faccenda mi ha completamente bloccato nei miei studi. Grazie di cuore a chiunque apra uno spiraglio di luce nell'oscurità dei miei dubbi...
Risposte
Credo di essermi espresso male di nuovo, quindi formalizzo le mie definizioni.
Definisco curva regolare un'applicazione \(\mathbf{r}\colon [a,b]\rightarrow \mathbb{R}^3\) di classe $\mathcal{C}^1$ e tale che il vettore tangente sia diverso da 0 nell'interno dell'intervallo.
Definisco curva regolare a tratti un'applicazione \(\mathbf{r}\colon [a,b]\rightarrow \mathbb{R}^3\) tale che esista una partizione \( a_0=a
Questa definizione comprende il caso in cui il vettore tangente si annulli un numero finito di volte (basta prendere una partizione sufficientemente fine in modo che gli zeri siano tutti agli estremi degli intervallini), ma comprende anche il caso in cui vi sia qualche punto angoloso.
Riprendendo il filo, ho scorso un po' le pagine di Analisi tre di Gilardi che cita, senza dimostrare, l'equivalenza tra esattezza di una forma differenziale (continua e nulla più) e l'annullarsi dell'integrale lungo tutti i circuiti, i quali sono definiti come curve chiuse $\mathcal{C}^1$ a tratti, cioè che ammettono una partizione tale che la restrizione a ogni intervallino sia $\mathcal{C}^1$ e nulla più.
Cercando di riassumere.
L'equivalenza tra 2) e 3) dovrebbe vale sotto ipotesi molto blande, dovrebbro bastare la continuità della forma differenziale e della curva e la rettificabilità della curva.
L'equivalenza tra 1), 2) e 3) dovrebbe valere sotto ipotesi più forti: continuità della forma differenziale e curva $\mathcal{C}^1$ a tratti.
Altri risultati richiedono ipotesi ancora più forti: ritengo che la decomposizione dell'accelerazione richieda l'ipotesi di regolarità a tratti. Oppure per poter dire che le forme esatte sono chiuse è necessario poter scambiare l'ordine di derivazione, cioè il teorema di Schwarz (il quale però vale anche in ipotesi un po' più deboli delle solite, vedi Analisi due di De Marco).
Definisco curva regolare un'applicazione \(\mathbf{r}\colon [a,b]\rightarrow \mathbb{R}^3\) di classe $\mathcal{C}^1$ e tale che il vettore tangente sia diverso da 0 nell'interno dell'intervallo.
Definisco curva regolare a tratti un'applicazione \(\mathbf{r}\colon [a,b]\rightarrow \mathbb{R}^3\) tale che esista una partizione \( a_0=a
Questa definizione comprende il caso in cui il vettore tangente si annulli un numero finito di volte (basta prendere una partizione sufficientemente fine in modo che gli zeri siano tutti agli estremi degli intervallini), ma comprende anche il caso in cui vi sia qualche punto angoloso.
Riprendendo il filo, ho scorso un po' le pagine di Analisi tre di Gilardi che cita, senza dimostrare, l'equivalenza tra esattezza di una forma differenziale (continua e nulla più) e l'annullarsi dell'integrale lungo tutti i circuiti, i quali sono definiti come curve chiuse $\mathcal{C}^1$ a tratti, cioè che ammettono una partizione tale che la restrizione a ogni intervallino sia $\mathcal{C}^1$ e nulla più.
Cercando di riassumere.
L'equivalenza tra 2) e 3) dovrebbe vale sotto ipotesi molto blande, dovrebbro bastare la continuità della forma differenziale e della curva e la rettificabilità della curva.
L'equivalenza tra 1), 2) e 3) dovrebbe valere sotto ipotesi più forti: continuità della forma differenziale e curva $\mathcal{C}^1$ a tratti.
Altri risultati richiedono ipotesi ancora più forti: ritengo che la decomposizione dell'accelerazione richieda l'ipotesi di regolarità a tratti. Oppure per poter dire che le forme esatte sono chiuse è necessario poter scambiare l'ordine di derivazione, cioè il teorema di Schwarz (il quale però vale anche in ipotesi un po' più deboli delle solite, vedi Analisi due di De Marco).
Dici che bisogna imporre anche che la curva sia giustapposizione di curve regolari con derivata sempre non-nulla o basta la definizione di regolare a tratti che ho scritto io? La (unica) differenza direi che sia che nel primo caso deve esistere una parametrizzazione la cui derivata non si annulla mai, mentre secondo la mia definizione \(\frac{d\mathbf{r}}{dt}\) si può annullare in un numero finito di punti.
Se, affinché l'integrale curvilineo \(\int_{\gamma}\mathbf{F}\cdot d\mathbf{x}\), dove \(\mathbf{x}\) è la posizione, sia definito, è necessario che la derivata \(\mathbf{x}'\) sia ovunque non nulla, mi sembra che diventi impossibile dimostrare il teorema lavoro-energia quando l'energia cinetica iniziale o finale è nulla
Che confusione. Bisognerebbe obbligare per legge chi scrive un libro di fisica a specificare dettagliatamente queste cose...
$\aleph_1$ grazie ancora!
Se, affinché l'integrale curvilineo \(\int_{\gamma}\mathbf{F}\cdot d\mathbf{x}\), dove \(\mathbf{x}\) è la posizione, sia definito, è necessario che la derivata \(\mathbf{x}'\) sia ovunque non nulla, mi sembra che diventi impossibile dimostrare il teorema lavoro-energia quando l'energia cinetica iniziale o finale è nulla
Che confusione. Bisognerebbe obbligare per legge chi scrive un libro di fisica a specificare dettagliatamente queste cose...

$\aleph_1$ grazie ancora!
Scusa: con "curve per cui abbia senso parlare di vettore tangente" intendevo "curve per cui abbia senso parlare di versore tangente", cioè curve con \( \mathbf{r}'(t)\ne 0 \).
$\infty$ grazie, fabricius!
1) \(\mathbf{F}\) ammette una funzione potenziale;
2) date due curve regolari a tratti (secondo tale definizione) $\gamma_1$ e $\gamma_2$ contenute in $A$ e avente gli stessi estremi (nell'ordine), \(\int_{\gamma_1}\mathbf{F}\cdot d\mathbf{r}=\int_{\gamma_2}\mathbf{F}\cdot d\mathbf{r}\);
3) data una curva chiusa regolare a tratti (sempre secondo tale definizione) \(\gamma\subset A\) si ha \(\oint_{\gamma}\mathbf{F}\cdot d\mathbf{r}=0\).
O forse teoremi come questo non necessitano ipotesi di non-nullità (eccetto al più in un numero finito di punti) sulla derivata di \(\mathbf{r}\)?
A dire il vero, il mio testo di analisi, il Barutello-Conti-Ferrario-Terracini-Verzini, che ho visto chiamare un classico proprio in questo forum, non definisce neanche \(\int_{\gamma}\mathbf{F}\cdot d\mathbf{r}\) se $\gamma$ non è regolare a tratti nell'accezione di cui sopra (\(\text{card}\{t\in[a,b]:\mathbf{r}'(t)=0\}<\aleph_0 \)).
Oltretutto, nel particolare caso in cui si supponga che l'accelerazione possa essere sempre scomposta in radiale e tangenziale, non mi sembra poi neanche banale dimostrare che, usando la notazione che ho usato qui, \(a_1=0\) e \(a_3(t)=v(t)\) anche quando \(v(t)=0\). Ovviamente troverei tristissimo dovermi accontentare di una mera idea intuitiva del tipo "Se la velocità \(v(t)\) non è nulla, si dimostra facilmente che \(\mathbf{a}(t)\) è scomponibile, quindi rallentando è plausibile che sarà ancora scomponibile" .
Grazie di cuore ancora a te e a chiunque altri voglia aggiungere a questa discussione!
"_fabricius_":Molto interessante. Lo supponevo, anche se lo trovo un po' inquietante per lo studente che si deve chiedere "Che implicite assunzioni si stanno facendo per giustificare questo?".
Credo che le ipotesi che si facciano in fisica siano implicitamente, di volta in volta, quelle sufficienti a giustificare matematicamente i passaggi che si fanno.\( t\in [0,1] \mapsto (t, \operatorname{sen}(t) e^{-1/t^2})] \)

"_fabricius_":In fisica vedo spesso applicati teoremi a me noti dagli studi di analisi, le cui dimostrazioni utilizzano di norma curve regolari a tratti secondo la definizione sopra data, cioè con derivata non nulla più di un numero finito di volte sul dominio. Ad esempio è sotto tali ipotesi su $\mathbf{r}$ che il teorema, di uso onnipresente in meccanica classica, per cui, se \(\mathbf{F}:A\subset\mathbb{R}^3\to\mathbb{R}^3\) è un campo vettoriale di classe \(C^1(A)\), sono equivalenti le tre proposizioni:
Per quanto riguarda il fatto delle "infinite oscillazioni", non credo che possa essere assunto a giustificazione.
Considera la curva \( t\in [0,1] \mapsto (t, \operatorname{sen}(t) e^{-1/t^2})] \) (prolungata per continuità in 0). Essa è derivabile infinite volte (e regolare) eppure oscilla infinite volte su e giù rispetto all'asse x. In particolare componente rispetto all'asse y della velocità si annulla infinite volte.
1) \(\mathbf{F}\) ammette una funzione potenziale;
2) date due curve regolari a tratti (secondo tale definizione) $\gamma_1$ e $\gamma_2$ contenute in $A$ e avente gli stessi estremi (nell'ordine), \(\int_{\gamma_1}\mathbf{F}\cdot d\mathbf{r}=\int_{\gamma_2}\mathbf{F}\cdot d\mathbf{r}\);
3) data una curva chiusa regolare a tratti (sempre secondo tale definizione) \(\gamma\subset A\) si ha \(\oint_{\gamma}\mathbf{F}\cdot d\mathbf{r}=0\).
O forse teoremi come questo non necessitano ipotesi di non-nullità (eccetto al più in un numero finito di punti) sulla derivata di \(\mathbf{r}\)?
A dire il vero, il mio testo di analisi, il Barutello-Conti-Ferrario-Terracini-Verzini, che ho visto chiamare un classico proprio in questo forum, non definisce neanche \(\int_{\gamma}\mathbf{F}\cdot d\mathbf{r}\) se $\gamma$ non è regolare a tratti nell'accezione di cui sopra (\(\text{card}\{t\in[a,b]:\mathbf{r}'(t)=0\}<\aleph_0 \)).
"_fabricius_":Per definire un'ascissa curvilinea, però, è addirittura necessario imporre che \(\forall t\in[a,b]\quad\mathbf{r}'(t)\ne\mathbf{0}\), stringendo ancor più le ipotesi su \(\mathbf{r}\), no?
All'interno di ciascun tratto è possibile considerare la parametrizzazione dell'ascissa curvilinea la quale ha sempre velocità 1 in modulo. Ciò permette di definire ivi il versore tangente alla curva in un punto (con qualche accortezza: a patto che la curva non si autointersechi nel punto e tenendo conto del fatto che vi sono più ascisse curvilinee che corrispondono alle diverse orientazioni) e quindi di decomporre l'accelerazione.
Oltretutto, nel particolare caso in cui si supponga che l'accelerazione possa essere sempre scomposta in radiale e tangenziale, non mi sembra poi neanche banale dimostrare che, usando la notazione che ho usato qui, \(a_1=0\) e \(a_3(t)=v(t)\) anche quando \(v(t)=0\). Ovviamente troverei tristissimo dovermi accontentare di una mera idea intuitiva del tipo "Se la velocità \(v(t)\) non è nulla, si dimostra facilmente che \(\mathbf{a}(t)\) è scomponibile, quindi rallentando è plausibile che sarà ancora scomponibile" .

Grazie di cuore ancora a te e a chiunque altri voglia aggiungere a questa discussione!
Credo che le ipotesi che si facciano in fisica siano implicitamente, di volta in volta, quelle sufficienti a giustificare matematicamente i passaggi che si fanno.\( t\in [0,1] \mapsto (t, \operatorname{sen}(t) e^{-1/t^2})] \)
Per quanto riguarda il fatto delle "infinite oscillazioni", non credo che possa essere assunto a giustificazione.
Considera la curva \(t\in [0,1] \mapsto (t, \operatorname{sen}(t) e^{-1/t^2})]\) (prolungata per continuità in 0). Essa è derivabile infinite volte (e regolare) eppure oscilla infinite volte su e giù rispetto all'asse x. In particolare componente rispetto all'asse y della velocità si annulla infinite volte.
L'ipotesi $\mathcal{C}^1$ a tratti è semplicemente un'ipotesi comoda: da un lato esiste quasi sempre il vettore tangente e ciò rende possibile la teoria degl'integrali curvilinei ecc. Dall'altro ammettere punti angolosi rende possibile integrare sui bordi di un poligono ecc.
Io direi di pensarla così: si considerano curve per cui abbia senso parlare di vettore tangente e poi si incolla un numero finito di queste curve. All'interno di ciascun tratto è possibile considerare la parametrizzazione dell'ascissa curvilinea la quale ha sempre velocità 1 in modulo. Ciò permette di definire ivi il versore tangente alla curva in un punto (con qualche accortezza: a patto che la curva non si autointersechi nel punto e tenendo conto del fatto che vi sono più ascisse curvilinee che corrispondono alle diverse orientazioni) e quindi di decomporre l'accelerazione.
Per quanto riguarda il fatto delle "infinite oscillazioni", non credo che possa essere assunto a giustificazione.
Considera la curva \(t\in [0,1] \mapsto (t, \operatorname{sen}(t) e^{-1/t^2})]\) (prolungata per continuità in 0). Essa è derivabile infinite volte (e regolare) eppure oscilla infinite volte su e giù rispetto all'asse x. In particolare componente rispetto all'asse y della velocità si annulla infinite volte.
L'ipotesi $\mathcal{C}^1$ a tratti è semplicemente un'ipotesi comoda: da un lato esiste quasi sempre il vettore tangente e ciò rende possibile la teoria degl'integrali curvilinei ecc. Dall'altro ammettere punti angolosi rende possibile integrare sui bordi di un poligono ecc.
Io direi di pensarla così: si considerano curve per cui abbia senso parlare di vettore tangente e poi si incolla un numero finito di queste curve. All'interno di ciascun tratto è possibile considerare la parametrizzazione dell'ascissa curvilinea la quale ha sempre velocità 1 in modulo. Ciò permette di definire ivi il versore tangente alla curva in un punto (con qualche accortezza: a patto che la curva non si autointersechi nel punto e tenendo conto del fatto che vi sono più ascisse curvilinee che corrispondono alle diverse orientazioni) e quindi di decomporre l'accelerazione.