Finito ed infinito

fausto1947
Buon giorno a tutti.

Leggo:
«Definizione. Un sistema S si chiama infinito, se è equipotente a una sua parte propria;
nel caso opposto si chiama finito».
Cosi ha inizio il quinto paragrafo, Il finito e l’infinito, di un famoso libretto di
Richard_Dedekind (1831-1916) che il geometra e filosofo italiano Federigo Enriques fece
tradurre con il titolo Essenza e significato dei numeri. Con questa sua famosa definizione,
Dedekind capovolse un modo di pensare millenario. Si era sempre definito l’infinito a partire
dal finito, appunto come non-finito; ora, invece, è il finito che diventa il non-infinito.

Non riesco ad entrare nel concetto delle ultime due righe; o meglio non riesco a coglierne la differenza.
Fausto

Risposte
fausto1947
Ciao Gabriella,
non sono d'accordo sull'universo infinito.
Sono circa quindici miliardi di anni in cui l'universo manda energia verso il suo esterno ed in tutto questo tempo penso che sarebbe finito se non che questa energia venga restituita in qualche modo, magari raggiungendo un certo limite per poi tornare indietro.
Di più non so cosa dire, ma questo è il mio pensiero.
Fausto

gabriella127
mgrau, la mia era una battuta, ma sono d'accordo con te. Cioè, caulacau ha ragione dicendo che esistono altre posizioni. Ma al di là dell'eterna disputa tra platonici e non platonici, i matematici in effetti nella loro prassi quotidiana sembrano platonici, o almeno così si dice. C'è la famosa battuta per cui sono platonici durante la settimana e formalisti nel weekend, quando non lavorano ma gli viene caso mai chiesto di giustificare quello che fanno e non vogliono scocciature.
Io personalmente sono dell Jiad Platonica :D , non perché abbia solide cognizioni filosofiche, ma perché se un matematico fa ricerca pensando che quello di cui si occupa è mero gioco formale gli viene la depressione (per non parlare della visione retorica della scienza: è verità scientifica ciò che viene accettato dalla comunità degli scienziati: eh sì, mo' la scienza è uno scambio di calorose strette di mano).
Anche se la questione dal punto di vista filosofico è molto più complessa, non è vero che il formalismo, tranne che forse nelle sue manifestazioni più estreme, dice che la matematica è pura convenzione formale. Assolutamente non Hilbert, e neanche Bourbaki, mi pare. Questa è una vulgata non corrispondente al vero, ma non ne so abbastanza da trarne conclusioni.
Di fatto, credo che, comprensibilmente, i matematici quando lavorano abbiano bisogno di sapere che in un qualche senso stanno aumentando la conoscenza, non è che stanno giocando con formalismi, a dama o a rubamazzetto.

caulacau
Ma c'è qualche matematico non platonico?

Beh, sì, il fatto stesso che esista un nome particolare per questa posizione relativa all'ontologia degli oggetti matematici implica che non sia l'unica.

mgrau
"gabriella127":

E comunque, dicendo che il numero già esiste, ti sei automaticamente iscritto tra i platonici :D , che sono quelli che pensano che gli enti matematici abbiano una esistenza autonoma (cioè indipendente dal pensiero umano).

Ma c'è qualche matematico non platonico?
(Ho provato altre volte a suscitare una discussione sul concetto di esistenza (in particolare degli oggetti matematici), con poco successo... altro tentativo?)

caulacau
"otta96":
l'infinito in matematica è solo un gioco di parole, e io sono d'accordo con lui nel senso che penso che di infinito in matematica ci sia solo quello della teoria degli insiemi.

Cosa vuol dire? E' falso. Ci sono teorie che non hanno modelli finiti.
per quanto sia affascinante la teoria di Cantor, riguardo alle applicazioni l'infinito potenziale è di gran lunga il concetto più utile che abbiamo oggi, di fatto quasi tutta la matematica "ordinaria" prescinde dall'aritmetica transfinita.

Qualsiasi definizione di "matematica ordinaria" che mi viene in mente non rende vero questo enunciato.

gabriella127
"fausto1947":

Io non ho mai pensato così, io posso fare n+1 non perchè creo il numero in quel momento ma perchè già esiste.
Ho forse sempre ragionato in infinito attuale senza saperlo?
Fausto


Be', in un certo senso sì, d'altra parte l'infinito attuale viene facilmente in mente nella vita quotidiana, i numeri sono infiniti, l'universo è infinito, sono i filosofi che ci hanno fatto le pulci... , e lo hanno rifiutato.
E comunque, dicendo che il numero già esiste, ti sei automaticamente iscritto tra i platonici :D , che sono quelli che pensano che gli enti matematici abbiano una esistenza autonoma (cioè indipendente dal pensiero umano).

Luca.Lussardi
Io non parlerei di infinito se tiri in ballo solo i numeri naturali. L'infinito potenziale è un trucco in realtà per addomesticare il concetto (difficile) di infinito: non hai nessuna definizione di infinito in questo ambito, semplicemente osservi che certe quantità possono diventare arbitrariamente grandi o arbitrariamente piccole (è l'essenza della definizione ottocentesca di limite). L'infinito attuale, bandito dai greci, è stato, forse, definitivamente riabilitato da Cantor che propone per l'appunto una teoria dei numeri infiniti, o transfiniti come si chiamano tecnicamente, è come se la sequenza dei naturali terminasse col primo cardinale transfinito $\omega$: in sostanza hai la lista $1,2,3,...,n....,\omega,\omega+1,\omega+2,...$ dove $\omega$ è la cardinalità di $\mathbb N$.

Aggiungo comunque che, per quanto sia affascinante la teoria di Cantor, riguardo alle applicazioni l'infinito potenziale è di gran lunga il concetto più utile che abbiamo oggi, di fatto quasi tutta la matematica "ordinaria" prescinde dall'aritmetica transfinita.

fausto1947
Ciao Gabriella.
Forse ho capito dove nasce la mia confusione.
Tu hai parlato di infinito potenziale ed infinito attuale che per me sono due novità.
Se non ho capito male tu mi stai dicendo che se ti dò un numero grande a piacere tu puoi fare n+1 e creare così un infinito più grande e così dal finito passi all'infinito (detto in parole povere).
Io non ho mai pensato così, io posso fare n+1 non perchè creo il numero in quel momento ma perchè già esiste.
Ho forse sempre ragionato in infinito attuale senza saperlo?
Fausto

otta96
Infatti Gauss diceva (quando ancora non era stata sviluppata la teoria degli insiemi da Cantor e company) che l'infinito in matematica è solo un gioco di parole, e io sono d'accordo con lui nel senso che penso che di infinito in matematica ci sia solo quello della teoria degli insiemi.

gabriella127
"fausto1947":

Dedekind capovolse un modo di pensare millenario. Si era sempre definito l’infinito a partire
dal finito, appunto come non-finito; ora, invece, è il finito che diventa il non-infinito.

Un'altra cosa a cui ci si può riferire per quanto riguarda la concezione dell'infinito definito a partire dal finito è la distinzione tra infinito potenziale e infinito attuale.
E' una distinzione mutuata dalla filosofia, che risale a Aristotele.
L'infinito potenziale è una grandezza che può essere fatta crescere in modo illimitato, l'esempio più semplice sono i numeri naturali, si può sempre prendere un numero più grande di qualsiasi altro numero assegnato. In questo senso è un infinito in potenza, in fieri, è possibile ripetere la procedura quante volte si vuole, ma nell' 'attimo' dato il numero preso è pur sempre finito.
L'infinito attuale è invece un infinito che si dà 'in atto', è una totalità che si dà in un certo istante come realtà effettiva, un ente con un numero di elementi infinito.
E' questo l'infinito di Cantor e Dedekind.
Fino alla fine del XIX secolo, appunto con Cantor e Dedekind, l'infinito era concepito in matematica solo come infinito potenziale.
Si pensi all'infinito nel senso del concetto di limite in analisi reale, formalizzato nel XIX secolo da Cauchy e poi da Weiestrass. Nella definizione di limite all'infinito c'è appunto un'idea potenziale dell'infinito, una grandezza (il valore della funzione) che può essere resa infinitamente grande, più di qualsiasi numero dato, ma non c'è l'idea di un insieme infinito in sé.
In questo senso nella definizione ottocentesca di limite (cioè quella che ancora oggi abbiamo) l'infinito viene 'addomesticato' al finito.
Con Cantor abbiamo invece un teoria degli insiemi infiniti in sé, con i numeri transfiniti e le gerarchie di infiniti, cioè può esistere un infinito più 'grande' di altri, addirittura infinite cardinalità infinite.
Entriamo in quello che Hilbert chiamò 'il paradiso creato da Cantor da cui nessuno potrà scacciarci'.

Luca.Lussardi
Forse per capire meglio devi proseguire fino ad incontrare il teorema che ti dice che un insieme $X$ non vuoto è finito (cioè non è infinito) se e solo se esiste $n \in \mathbb N$ non nullo tale che $X$ è equipotente a $\{1,2,...,n\}$.

@melia
Fino a Dedekind l'infinito era definito come "ciò che non è finito", quindi partendo dalla definizione di finito.
Dedekind, invece, dice che cosa è "infinito": la cardinalità di un insieme che sia equipotente ad una sua parte propria, e da qui deduce la definizione di "finito": se non è infinito, allora l'insieme è finito.

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