Calcolare le derivate di una grandezza fisica

valerio cavolaccio
scusate ma non sapevo dove collocare questo post...
incomincio col dire che la mia conoscenza delle derivate è puramente personale nel senso che non l'ho ancora affrontate a scuola. so calcolare le derivate con le regole di derivazione (che riesco a dimostrare almeno in parte) il mio dubbio era questo: se voglio calcolare la derivata di una grandezza fisica come devo procedere?
vi ringrazio se potete mettere qualche link utile per capire, intanto io scrivo un mio tentativo;
calcolare la derivata della velocità:
essendo $v=s/t$ ho ritenuto opportuno utilizzare la formula $D[f(x)/g(x)]=[f'(x)g(x)-f(x)g'(x)]/[g(x)^2]$ da cui:
$D(v)=(s'*t-s*t')/t^2$ ora ho ragionato così: a scuola la mia prof di fisica ci aveva detto che l'integrale della velocità era lo spazio e io sapendo che l'integrale è l'operazione inversa alla derivata ho ritenuto opportuno pensare che la derivata dello spazio fosse proprio la velocità, per il tempo invece ho ritenuto che la derivata fosse nulla quindi svolgendo i calcoli la derivata della velocità è l'accelerazione. se volessi calcolare la derivata per esempio dell'accelerazione della massa del volume dell'energia come devo procedere? e poi un'ultima domanda: ha senso parlare di derivata seconda e terza quarta...delle grandezze fisiche? grazie mille per le eventuali risposte

Risposte
valerio cavolaccio
grazie mille!

GPaolo1
Penso che hai capito che la derivata è il limite del rapporto incrementale. Se $f(x)$ è la funzione, diciamo "derivata" il coefficiente angolare che assume la retta tra due punti della funzione quando questi tendono ad avvicinarsi fino a "quasi" sovrapporsi; quando la loro distanza è un infinitesimo la retta che passa per essi si "adagia" sulla funzione e la retta ha il "coeffiente angolare" espresso da: $f'(x)=(dy)/(dx)$ dove $dy$ è la variazione infinitesima dell'ordinata e $dx$ quella dell'ascissa. Se ricordi, l'equazione di una retta in forma "normale" è: $y=mux+k$ e $mu$ non è altro che il coefficiente angolare. Vediamo come si applica il procedimento del "limite del rapporto incrementale": indichiamo con $h$ l'incremento della variabile indipendente x e con $f(x+h)-f(x)$ il relativo incremento della funzione; il coefficiente angolare non è altro che il valore che assume il rapporto $(f(x+h)-f(x))/h$ quando $h$ tende a zero, ovvero: $lim_(h->0)(f(x+h)-f(x))/h$. Un esempio: la funzione $x^2$; applichiamo il procedimento, diamo ad x un incremento ottenendo $((x+h)^2-x^2)/h$, scriviamo il limite: $lim_(h->0)((x+h)^2-x^2)/h=lim_(h->0)((x^2+2hx+h^2)-x^2)/h=(2hx+h^2)/h=(2hx)/h+h^2/h$, semplificando si ricava:$lim_(h->0)2x+h$ e, passando al limite si ha: $f'(x)=2x$. E' molto importante avere dimestichezza con le derivate perché si rivela estremamente utile dato il rapporto stretto che esite tra la derivazione e l'integrazione. Geometricamente, una funzione è detta "spaziale" (n-dimensionale) e la derivata prima di essa indica la "velocità con cui il grafico della funzione si sviluppa nello spazio", mentre la derivata seconda, se esiste, indica la "variazione della velocità" che è detta "accelerazione"; se esiste la derivata terza essa rappresenta uno o più punti in cui la derivata interseca la funzione. Non so se è nato prima l'uovo o la gallina, tuttavia, la fisica usa la stessa terminologia per indicare il rapporto tra Spazio, Velocità ed Accelerazione (o la Geometria usa gli stessi termini della Fisica, non saprei). Posso aggiungere che quando Galileo ci dette la sua $h=1/2text(g)t^2$ egli iniziò con l'intuizione che "qualunque grave in caduta era sottoposto ad una sola Forza" e che il suo moto era uniformemente accelerato, ovvero $v=at$; ai suoi tempi era noto (con certezza) solo che un corpo dotato di velocità costante "percorreva spazi uguali in tempi uguali", cioè: $x = vt$. quando con gli esperimenti verificò che la velocità media di una sfera era $v_m=(v_f-v_i)/2$, essendo $v_i=0$ (la sfera partiva da ferma) ottenne $v_m=1/2v_f$ pertanto lo spazio percorso era $s=v_mt=1/2v_(f)t$, ma avendo ipotizzato che $v=at$ sostituì ottenendo: $s=v_mt=1/2v_(f)t=1/2(at)t=1/2at^2$.
se Galileo fosse vissuto ai nostri tempi, con la conoscenza dell'Analisi, avrebbe dovuto intuire solamente la Forza Costante g dopo di che, con successive integrazioni rispetto al tempo avrebbe ottenuto: $v=gintdt=text(g)t$ e $s=g\ int\ t\ dt=1/2\ g\ t^2$. Nelle integrazioni si utilizza una costante C, ma, per chiarezza, ne ho fatto a meno.

giacor86
no attento, non è questo il modo di procedere. quando si dice che la velocità è la derivata dello spazio, si intende che è la derivata della legge oraria della posizione. la legge oraria è quella legge che associa ad ogni istante di tempo, la posizione occupata dal corpo. Prendiamo per semplicità un moto in una dimensione. la variabile indipendente di questa funzione è il tempo mentre la variabile dipendente è appunto la posizione. matematicamente puoi scrivere che $s=s(t)$. La velocità del corpo istante per istante (e quindi una funzione del tipo $v=v(t)$) si ricava come derivata della legge oraria e quindi $v(t) = D[s(t)]$. Ora di nuovo se vuoi l'accelerazione istante per istante $a(t)$ la ricavi come derivata della legge oraria della velocità e quindi $a(t)=D[v(t)]$.
La legge che hai scritto tu ovvero $v=s/t$ vale solo in caso di moto rettilineo uniforme. Infatti un moto di questo tipo ha legge oraria $s(t) = s_0 + v_0 t$ con $s_0$ e $v_0$ costanti. Se ne fai la derivata (ricorda ancora che la variabile indipendente è il tempo) ottieni $v(t) = v_0$ che è proprio la legge della velocità del moto rettilineo uniforme. In più se fai di nuovo la derivata ottieni $a(t)=0$ (poichè $v_0$ è un numero costante) e infatti in un moto rettilineo uniforme il corpo ad ogni istante di tempo non è soggetto a nessuna accelerazione.

come link di riferimento prova a leggere qui http://it.wikipedia.org/wiki/Velocit%C3%A0 e anche qui http://it.wikipedia.org/wiki/Accelerazione.

occhio alla notazione però con la quale probabilmente non hai molta dimestichezza.. una scrittura del tipo $v(t) = (ds)/(dt)$ è un modo inventato da Leibnitz per dire semplicemente "prendi $s(t)$ e derivala considerando come variabile indipendente il tempo". Non centra nulla il rapporto fra 2 funzioni (e quindi il tipo di derivata che hai scritto tu).

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