Ateismo e scienza

Maxos2
Adempio ad un voto fatto tempo fa a desko credo, sui sondaggi sull'ateismo tra gli scienziati riportando il seguente articolo comparso su Nature 10 anni fa!

Risposte
mircoFN1
"Maxos":
@MircoFN

Guarda, anche se dal punto di vista comportamentale preferisco i buddisti che tendono a non essere violenti, tuttavia da quello culturale non vedo come quelle religioni siano meno ideologizzate, o forti o più ateogeniche, anzi!



Non indendevo dire che tali religioni siano meno forti. Solo che legano molto meno dal punto di vista culturale le persone all'accettazione di dogmi. Pensiamo per esempio alla questione sull'evoluzionismo: te lo immagini un ministro dell'istruzione Giapponese (o Indiano) che fa come la Moratti o come il governo Bush?

Per esperienza personale ho notato sempre una maggiore apertura mentale da questo punto di vista in persone provenienti da India e estremo oriente, rispetto a europei e nord americani (per non parlare dei mussulmani ovviamente).

ciao

Maxos2
@MircoFN

Guarda, anche se dal punto di vista comportamentale preferisco i buddisti che tendono a non essere violenti, tuttavia da quello culturale non vedo come quelle religioni siano meno ideologizzate, o forti o più ateogeniche, anzi!

comunque la tua nota sociologica è molto importante, infatti dobbiamo abituarci credo all'idea che la scienza che è sempre stata europea, anzi è sempre stata l'Euorpa, l'incarnazione dell'Europa moderna, ora espandendosi da una parte europeizzi il mondo già abbastanza europeizzato e dall'altra parte venga un po' deeuropeizzata, con molte conseguenze.

fields1
Secondo me l'unico atteggiamento razionale è dubitare di tutto ciò che non si può dimostrare. Gli scienziati di alto livello sono abituati più di ogni altra categoria di persone ad usare la logica e il ragionamento e a coltivare il dubbio.

Uno scienziato che usi il ragionamento semplicemente non può dare per vere le asserzioni religiose sulla creazione dell'universo, sul fine delle cose etc. Allo stato delle nostre conoscenze, un'ipotesi come quelle religiosa, priva di qualsiasi base razionale, non è intellettualmente degna di essere presa in considerazione.

La verità è che per ora non abbiamo lontamente il minimo straccio di spiegazione sull'origine delle cose, non abbiamo la minima idea di come diavolo sia possibile l'esistenza di un universo né del senso vero delle leggi fisiche e l'unica cosa razionalmente sensata è cercare di capirne di più. Gli scienziati sono interessati a questo: cercare con la ragione le spiegazioni, e rifiutare le prese ingiustificate di posizione.

Gli scienziati che credono ciecamente nelle verità religiose dimostrano semplicemente che l'uomo non in tutti gli ambiti riesce a ragionare, e tende a prendere decisioni e a "pensare" su basi emotive e irrazionali (ampiamente dimostrato dagli studi scientifici).

Cheguevilla
Secondo me, la diffusione del sapere scientifico porta inevitabilmente alla riduzione della fede.
Le religioni sono nate per dare "risposte".
Quando queste risposte non potevano essere date con la ragione, la fede era la soluzione; quindi il trascendente era responsabile di molte cose.
Naturalmente, con l'aumentare del sapere scientifico, il bisogno di risposte è sempre più soddisfatto dalla ragione.

Luc@s
io sono agnostico perchè la scienza studia(matematica, fisicam biologia, chimica) come funziona il mondo... il perchè non interessa e non è il suo campo... ritengo che una divinita esista.... ma non ha senso la declinazione delle religioni che, come Nietzche, sono l'oppio del popolo.
Il tutto è una mia idea, maturata nel corso degli anni..

Maxos2
@Luc@s

Che vuol dire? Che non ti piacciono gli agnelli?

mircoFN1
"Maxos":

Cosa c'è di più ateo di questo? Anche se naturalmente Galileo era credente.


E meno male che lo era! Se no lo bruciavano!

Però non sarei tanto convinto che l'aumento di atei abbia solo una spiegazione culturale, legata alla diffusione dell'illuminismo nell'occidente (almeno tra le persone colte di scienza).

C'è da considerare anche un aspetto sociologico. All'inizio del '900 gli scienziati erano praticamente tutti provenienti da paesi cristiani (europei o nord americani). Alla fine del secolo la % di scienziati di provenienza asiatica non credo sia trascurabile. Per un indù o un buddista la scelta agnostica è molto meno traumatica che per un italiano cresciuto nella parrocchia o peggio per un mormone americano che gli piace la scienza.


ciao

Maxos2
Sì, sono d'accordo con voi ultimi due.

In effetti soprattutto la Fisica nasce aasieme all'Europa moderna con l'intento sistematico di eliminare tutti i principi d'autorità: "Fa questo perché io sono", "Credi questo perché io sono".

Galileo afferma che nel mondo della natura non abbiamo bisogno di guide, perché abbiamo la nostra ragione.

Cosa c'è di più ateo di questo? Anche se naturalmente Galileo era credente.

Luc@s
io sono agnostico

mircoFN1
Se posso esprimere il mio modesto parere, io credo che la scienza ci aiuti a ricollocarci nell'Universo e ad assumere un atteggiamento meno dogmatico (anche se ovviamento non mancano le eccezioni).

Pensiamo a Galileo che ha visto la 'corruzione' sui crateri della Luna e nelle macchie solari e ha cominciato a sospettare che anche queste cose 'celesti' dovessero essere fatte della stessa sostanza....

Il cammino della scienza (della fisica in particolare) è andato nel senso di eliminare i punti di vista privilegiati (le leggi sono indipendenti dall'osservatore..): dobbiamo essere tutti uguali. Anche questa abitudine spinge a sospettare dei dogmi e a collocarli insime alla letteratura e alle favole nel campo della fantasia, dell'arte o del condizionamento politico e sociale, ma questo è un altro discorso....


ciao

Fioravante Patrone1
"Ivan":
Tempo fa, segnalai l'articolo sulla mailing list della mia classe. Di tutta risposta, Il professore di italiano osservò che si sarebbe dovuto dimostrare che quelli "scienziati eminenti" non credono “perché scienziati eminenti”, e non per altre cause. Mi è sembrato un buon punto, perché è certamente vero che correlazione non implica causa, e quindi mi chiedo come si risolve il problema? A me sembrava fosse di aiuto la consistenza numerica del campione, ma non sono sicuro.

Ivan :wink:


Certo,
a me piace ricordare la frase di un mio collega, Capelo, a questo proposito e il cui senso era: "non c'è dubbio che la lingua inglese provoca i tumori".

La domanda di Ivan è assolutamente pertinente. Se, ad esempio, la religione proibisse l'attività di ricerca in quanto, che ne so, impura, la statistica non sarebbe molto significativa (anzi, semmai sarebbe interessante quel 7% :-D ).

Io non vedo "problema". Nel senso che ritengo comunque un dato interessante (e, per me personalmente, anche alquanto confortante) quello fornito dall'indagine di "Nature".

Per andare oltre, bisogna trovare delle ragioni che possano "spiegare" questa correlazione. Il nesso causale esige questo. Fornisco due spunti, che vanno in direzione opposta (a mio parere, mica sono uno sociologo!).

Un primo aspetto, importante. Faccio riferimento, per comodità, all'Italia (ma varrebbe, mutatis mutandis, anche per l'Egitto): in una società che vede ancora una forte presenza del cattolicesimo, arrivare a concludere che "Dio non esiste" richiede uno sforzo, anche culturale, significativo. Non a caso spesso il passaggio da "credente" a "non credente" avviene in correlazione (per lo meno... :wink: ) con lo studio della filosofia. Perché questo passaggio richiede un sommovimento profondo di pensiero e di valori. Uno deve, per così dire, ricostruirsi una visione del mondo. Per queste ragioni io ritengo che vi sia un rapporto di causa ed effetto (non deterministico, ovviamente) fra lo studio e l'essere non credenti.

D'altronde, in direzione opposta, potrebbero esserci delle ragioni di carattere ideologico. Sto pensando alla "religione oppio dei popoli" (di cui la Chiesa pare essersi ben accorta: http://www.diptem.unige.it/patrone/avviso_sacro.htm).
Questa connessione può portare ad una correlazione significativa fra la collocazione sociale e la caratteristica di credente/non credente. Ci si può (poteva) aspettare una forte correlazione fra l'appartenere alla classe operaia e l'essere non credente. Pertanto, potrebbe esserci una relazione di causa-effetto che va in direzione opposta rispetto alle differenze trovate fra scienziati e popolazione generale.

Insomma, per passare da correlazione a causa bisogna aprire il black box e guardarci dentro!

Ivan13
Tempo fa, segnalai l'articolo sulla mailing list della mia classe. Di tutta risposta, Il professore di italiano osservò che si sarebbe dovuto dimostrare che quelli "scienziati eminenti" non credono “perché scienziati eminenti”, e non per altre cause. Mi è sembrato un buon punto, perché è certamente vero che correlazione non implica causa, e quindi mi chiedo come si risolve il problema? A me sembrava fosse di aiuto la consistenza numerica del campione, ma non sono sicuro.

Ivan :wink:

Maxos2
Sai, rimane sempre sotto il problema della scelta del campione, però insomma, mi sento di dire che i risultati sono chiari.

Fioravante Patrone1
Interessante. Non credevo che le proporzioni fossero così nette.
Personalmente, poi, condivido sostanzialmente anche il punto di vista di Atkins.

Rispondi
Per rispondere a questa discussione devi prima effettuare il login.