A che punto siamo circa la misura della CONOSCENZA?

mariodic
Per quanto ne sappia non siamo molto avanti in questo campo ma spero sinceramente di essere smentito.
Riassumo in questo post, senza alcuna pretesa di rigore, ciò che penso sia lo stato dell'arte in questo terreno di indagine.


1) L'informazione incrementa la conoscenza :)


2) Poichè siamo in grado di stimare l'accrescimento o la diminuizione del nostro stato di conoscenza di un certo sistema ed anche perchè nuove informazioni non possono non aumentare lo stato conoscitivo, ne deduciamo che la conoscenza, come l'informazione, sembrano, almeno in via di principio, quantificabili. :)


3) Allo stato delle cose siamo lontanissimi dallo stabilire una unità ed un criterio di misura che abbiano valenza generale, riusciamo al massimo a fissare una misura convenzionale strettamente valida per il semplice confronto di gradi di conoscenza in ambito di uno specifico sistema in osservazione. Per quanto riguarda la misura della informazione in entrata o in uscita da un sistemma conoscitivo abbiamo gia delle misure convenzionali, per esempio il "bit" di informazione, ma questo manca di valore proprio assumendo quello di volta in volta convenzionalmente assegnato; per esempio un "bit" di informazione, quale è una lampadina che si accende, può contenere l'ordine di inizio di un attacco militare i cui piani sono stati lungamente preparati; ma lo stesso "bit" può anche solo avvertirci che è giunto il momento di prendere una pillola di antibiotico. Quindi anche per l'informazione, come per la conoscenza, le unità di misura, se stabilite, hanno solo carattere convenzionale e meramente comparativo, non assoluto. :oops:


E' del tutto evidente che un progresso di conoscenza comporta un dispendio di energia e la perdita di conoscenza è notoriamente un fatto entropico; da ciò è lecito dedurre che la "conoscenza" è una forma di energia; disgraziatamente, mancando (ad oggi) una unità di misura assoluta della conoscenza e della informazione, non possiamo illuderci che a breve, anche per questa forma di energia, come gia avvenne per quella del calore, si arrivi a determinare un coefficiente di equivalenza meccanica della conoscenza. :!: :?

Risposte
Marfa91

mariodic
"A CHE PUNTO SIAMO CIRCA LA MISURA DELLA CONOSCENZA?"
Per quanto ne so è possibile che detta questione non sia stata finora posta come problema, forse anche per via di difficoltà d’indagine facilmente ravvisabili; l'affrontare il problema, infatti, richiede, fra l’altro, almeno una formulazione accettabile, seppure provvisoria e lacunosa, di cosa potrebbe intendersi per "conoscenza", almeno una formulazione in termini adatti per una trattazione scientifica. Siamo ancora lontani, ma potremmo almeno concentrare l’attenzione su tutto ciò che sembri attenere al concetto di “conoscenza”.
Per evitare di affondare nella prolissità, sinteticamente direi di credere che il termine di “conoscenza”, al di là dei diversi sensi con cui viene correntemente inteso, sarebbe la capacità o la possibilità dell’Osservatore di “dominare”, in grado più o meno elevato, l’universo che lo circonda o, in termini un po’ meno a-scientifici, la capacità di utilizzare al massimo l’energia presente in un definito sistema fisico. Mi soffermerei su quest’ultima considerazione perchè sottende il noto concetto senz’altro scientifico di entropia che è quanto di più attinente al concetto di “conoscenza”.
L’entropia ha avuto la sua originaria definizione in termodinamica come integrale del differenziale dQ/T (Q = quantità di calore e T= temperatura assoluta di una sorgente termica di dimensione differenziale), solo successivamente si è andata consolidando l’idea di una sua possibile generalizzazione come misura o indice del disordine di un sistema fisico anche in ambiti diversi dalla termodinamica. Personalmente mi piace condividere l’opinione di chi, fra l’altro, da risalto al rapporto decisivo tra questo “disordine” e l’”Osservatore” che è parte integrante del sistema di osservazione (o misurazione): la nota metafora del “Diavoletto di Maxwell” altro non sarebbe che l’ingenua (almeno tale ci appare col senno di poi) rappresentazione dell’Osservatore, in questo caso un osservatore solertissimo, che aprendo e chiudendo, con improbabile abilità, un microsportellino posto tra due camere contenenti gas ad uguale pressione, riuscirebbe a generare una significativa differenza di questa tra i due ambienti, senza apparente impiego di energia. E’ qui utile ricordare che non esistono processi fisici che “consumano” energia, ma solo la degradano accrescendo monotonamente l’entropia totale del sistema universo.
Se il “diavoletto” fu solo un’”ingenua” rappresentazione dell’Osservatore, è perché quello sembrava (almeno allora) poter operare senza interferire col sistema in osservazione al di là, si capisce, della desiderata “intelligente” azione di apertura e chiusura del microsportellino per agevolare il transito delle molecole di gas dalla camera A alla B e ostacolare il cammino inverso. Oggi appare ovvio che la metafora “diavoletto” uguale “osservatore”, non regge né logicamente né in via di principio semplicemente perché l’Osservatore, in quanto portatore, niente meno, che dell’intera complessità dell’universo, per altro implicita nell’ammissione della sua necessaria “intelligenza”, inquina inevitabilmente la desiderata “purezza” del sistema in osservazione il cui obiettivo è la voluta ragionata apertura e chiusura dello lo sportellino. Questa incompatibilità emerge appena si osservi che la complessa “totalità” dell’Osservatore non può essere contenuta in un sottosistema in osservazione, che è solo una parte dell’universo e, quindi, del sistema “Osservatore”.
Ma il “diavoletto” cosa sarebbe allora?.. Se, anziché l’Osservatore, lo considerassimo non altro che l’estremità operativa ed incisiva della lunghissima e complessa catena strumentale facente capo all’Osservatore, allora rimuoveremmo l’anzidetta difficoltà logica e la discussione potrebbe continuare.

L’ENTROPIA PUO SUGGERIRE UN INDIRIZZO PER “MISURARE” LA CONOSCENZA?

Credo di si. Intanto è opportuno rammentare che la “crescita” inevitabile dell’entropia di un fluido, costituente un sistema chiuso, è praticamente monotona, cioè è tale solo in senso statistico: momentanee microinversioni di tendenza sono possibili ma estremamente improbabili; la crescita praticamente cessa quando la pressione della massa fluida diviene uniforma ovunque, a meno di microfluttuazioni casuali di entità marginale determinabili probabilisticamente in base alle condizioni di densità e di moto delle molecole del fluido. In via teorica l’Osservatore potrebbe riuscire ad approntare una catena strumentale, il cui terminale attivo, metaforicamente il diavoletto di Maxwell, consentirebbe l’”utilizzazione” di quote dell’energia marginale del sistema, corrispondente agli anzidetti microarretramenti casuali del tendenziale percorso crescente dell’entropia. Tale capacità, misurata dal rapporto tra l’energia recuperata e quella totale, corrispondente ai moti molecolari del fluido, avrebbe titoli per essere o entrare nella formazione di un criterio di misura della “conoscenza” del sistema, cioè della capacità potenziale dell’Osservatore di padroneggiare il sistema ottenendo un lavoro dall’energia contenuta in un fluido isolato sottoposto ad osservazione (osservazione in senso operativo). Va notato che il tentativo di definizione che si evince da quanto appena esemplificato è applicabile a qualsiasi sistema fisico, cioè pure se non in equilibrio termodinamico dove realisticamente potrebbe essere estratta energia utile mediante adeguate catene strumentali concretamente realizzabili. Se l’energia così ricavabile (Er) potesse essere quantificata prima della sua estrazione e rapportata all’energia totale del sistema: (Er/Et), questo valore potrebbe gia essere considerato un indice della “conoscenza del sistema” da parte dell’Osservatore? Non ancora, perché questi potrebbe reputare comunque “non conveniente”, allo stato delle circostanze, la estrazione di quella energia che richiederebbe l’approntamento di una troppo “onerosa” catena strumentale: quindi, almeno pro-tempore, non vi sarebbe crescita di “conoscenza” o “dominio” di quel sistema. Ma questa conclusione non è completata da altre necessarie considerazioni. Ritorneremo in seguito su questo importante “bilancio”.


COSA SI INTENDE PER “SISTEMA STRUMENTALE” E PER "STATO STRUMENTALE" DELL’OSSERVATORE?

Innanzi tutto per “stato strumentale” dell’Osservatore si intende il totale di “conoscenza” da questi “accumulata” o, se si preferisce, “immagazzinata” nelle tecnologie del suo “sistema strumentale” finalizzato ad un processo osservativo; accumulo diretto ed indiretto (hard-ware) e potenziale (soft-ware) di cui egli dispone o può disporre. Per “sistema strumentale” dell’Osservatore si intende, invece, l’insieme di tutto l’universo con esclusione di quella parte da lui delimita per sottoporlo ad “osservazione”.
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Appena possibile, data la lunghezza delle argomentazioni, farò seguire alcune delucidazioni sul concetto di "osservazione" onde dar senso più compiuto su quanto finora detto. Chiedo scusa.

mariodic
CITAZIONE DI nickstu85
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Ok, però c'è un'altra cosa che non riesco a capire. Come mai dici che 'nuove informazioni non possono non aumentare lo stato conoscitivo'?
Immaginiamo che l'osservatore sia unico. Questo osservatore accetterà dati come segnali, ad esempio audio e video per semplificare. Questi segnali lui li accetta continuativamente. Dopo il suo cervello li interpreta, e ne fa conoscenza, ma in questa fase è fondamentale l'aver scisso i dati significativi da quelli che non lo sono. E poi è necessaria una corretta interpretazione.
Per come la vedo io quindi l'informazione può NON generare conoscenza se dal cervello viene interpretata come futile. Inoltre può diminuire la conoscenza se viene interpretata in modo errato

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FINE DELLA CITAZIONE

Caro nickstu85,

La tua perplessità riguardo al fatto se l'"informazione" accresca o no la "conoscenza" dell'Osservatore, non farebbe una grinza se al posto della parola "informazione" fosse usata la parola "dato". Infatti il "dato" diviene informazione se elaborato, acquisito ed inserito nel patrimonio conoscitivo dell'Osservatore. E' anche vero che un dato può essere oggetto di una elaborazione "errata" che penalizza lo stato conoscitivo complessivo del sistema Osservatore: questo è ciò che si chiama "errore" e l'"errore" è appunto il segno che denuncia la debolezza complessiva dello stato di conoscenza dell'Universo, infatti l'Osservatore non ne ha la "conoscenza assoluta" verso la quale tuttavia tende. La vita dell'Osservatore, che è la vita presente nell'Universo, sta proprio in questo "tendere" verso la "conoscenza assoluta".
Per dare un senso appena un po' più orientato verso la concretezza scientifica a questo discorso, che per ora è ancora lontano dal lasciare l'ambito prettamente filosofico, faccio notare che la "Conoscenza" va interpretata come grado di "dominio" o di "padronanza" dell'universo da parte dell'Osservatore; valga al riguardo questo piccolo esempio: se un padrone porta a spasso il suo cane con un guinzaglio flessibile di cinque metri allora, se il padrone decide di spostarsi dal punto A al punto B distanti 30 metri, non avrà alcuna certezza che anche il cane si sposterà della stessa misura; tuttavia il padrone è almeno certo che l'animale si muoverà significativamente dai pressi di A ai pressi di B con un grado valutabile di incertezza. La metafora mostra un padrone che non ha una padronanza (cioè una "conoscenza") assoluta di quella parte dell'universo che è la posizione del suo cane, può migliorarla sostituendo il guinzaglio flaccido con un guinzaglio rigido, come un'asta metallica, in tal caso la conseguente diminuizione dell'incertezza nella valutazione della posizione del cane dopo uno spostamento da A a B corrisponde a ciò che chiamiamo "aumento della conoscenza". Questo esempio mostra in definitiva che l'Osservatore universale non "domina" l'Universo, come sognerebbe, ma ne ha solo una conoscenza parziale, direi "flaccida", per stare nella metafora del cane, ma che tende, con poco o tanto successo a "irrigidire" con un "lavoro" o "costo" che nella metafora è la sostituzione del guinzaglio molle con uno rigido o più corto. :!: :D

nickstu85
Ok, però c'è un'altra cosa che non riesco a capire. Come mai dici che 'nuove informazioni non possono non aumentare lo stato conoscitivo'?
Immaginiamo che l'osservatore sia unico. Questo osservatore accetterà dati come segnali, ad esempio audio e video per semplificare. Questi segnali lui li accetta continuativamente. Dopo il suo cervello li interpreta, e ne fa conoscenza, ma in questa fase è fondamentale l'aver scisso i dati significativi da quelli che non lo sono. E poi è necessaria una corretta interpretazione.
Per come la vedo io quindi l'informazione può NON generare conoscenza se dal cervello viene interpretata come futile. Inoltre può diminuire la conoscenza se viene interpretata in modo errato.

mariodic
Per nickstu85

Caro nickstu85,

Cerco di rispondere alla tua domanda: se la "conoscenza" riguarda il singolo individuo o l'insieme degli individui; la risposta non è così semplice così come non lo è la domanda: in prima approssimazione posso però dire che si erra certamente meno affermando che trattasi della somma (o una forma di composizione) di tutta la conoscenza dell'universo (e quindi anche di quella dei singoli individui). Le difficoltà si trovano distribuite, prima di tutto nella ricerca di una "sufficiente" definizione di "conoscenza", in secondo luogo nella definizione del concetto di Osservatore. Quest'ultimo concetto si può sommariamente delineare dicendo che non è questo o quell'individuo ma l'unico, diciamo così, individuo che può dire e dice: "IO SONO". Questa grossolana, imprecisa e piuttostoo vaga precisazione lascia comunque intendere che l'Osservatore, che potremmo meglio chiamare "OSSERVATORE UNIVERSALE" (OU) è l'imbuto verso cui converge l'intera conoscenza dell'universo.
Con queste poche indicazioni, espresse in un linguaggio non esattamente "scientifico", spero solo di aver aperto un discorso ulteriormente articolabile su cui sono pronto a discutere con coloro che, bene o male, si sentano sintonizzati su le questioni che l'argomento stesso apre. ;-)

nickstu85
Mi sa che non ho ben capito di che si parla...

Ciò che chiamate conoscenza è l'insieme della conoscenza dell'umanità, o la conoscenza di un singolo individuo?

Assumo che si intenda conoscenza di un individuo. E premetto che sono ignorante. Solo che sono abituato a pensare che una scienza come la matematica si basi su alcuni assiomi, e che da quelli ci si possa porre infiniti problemi. Porsi un problema significherebbe generare conoscenza?

Inoltre, si potrebbe misurare eventualmente la conoscenza di un disco rigido?

Mi intriga questo argomento, quindi ho buttato là un paio di cose più che altro per vedere se se ne può discutere sensatamente...

mariodic
"kinder":
Questo mi sembra un tema difficile, almeno per me.

Non so, per esempio, se l'affermazione per cui l'informazione incrementa la conoscenza sia consistente. Intendo dire, che non so se informazione e conoscenza abbiano la stessa dimensione (nel senso dell'analisi dimensionale che si fa in fisica).


Che l'informazione incrementi la conoscenza mi sembra del tutto verosimile; che la conoscenza possa essere altrimenti aumentata, per esempio, con il lavoro dell'intelletto, è altrettanto verosimile, ma in ogni caso (senza qui entrare nel merito del fatto che la via dell'informazione e quella del, diciamo così, dell'intelletto non siano per caso la stessa cosa) è richiesto un dispendio di energia.

Il problema della identità dimensionale tra informazione e conoscenza non mi sembra importante essendo solo richiesto, sempre che a tali unità assolute ci si riesca ad arrivare, che esista la possibilità di passare dall'unità di misura dell'informazione a quella della conoscenza. Del resto tutta questa problematica si risolverebbe se..... se l'auspicio, da me tradito, di vedere un bel giorno dimostrata l'esistenza di un coefficiente di equivalenza tra l'energia meccanica e la conoscenza (come nuova forma di energia misurabile), veramente si avverasse. Quel giorno sarebbe rivoluzionario per il decorso della scienza e di tanto altro!

kinder1
Questo mi sembra un tema difficile, almeno per me.

Non so, per esempio, se l'affermazione per cui l'informazione incrementa la conoscenza sia consistente. Intendo dire, che non so se informazione e conoscenza abbiano la stessa dimensione (nel senso dell'analisi dimensionale che si fa in fisica). Mi spiego con un esempio domanda: se la dimostrazione di un teorema aumenta la conoscenza (per ora la suppongo vera), ciò è dovuto ad un apporto di informazione che prima non c'era? Ho l'impressione, cioè, che informazione e incremento conoscenza non stiano in corrispondenza biunivoca. Se questo è vero, allora forse l'aumento di conoscenza non è determinato solo dall'apporto di informazione, ma anche da altro. Cos'è quest'altro? C'è anche la produzione dell'intelletto. Come si misura? Boh!

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