Versioni di bise!!

IPPLALA
Ne ho aperta io un'altra!!

Quando avete versioni da postare aprite un'altra discussione

bise :
salve a tutti ragazzi, non riesco proprio a trovare qst versioni di latino e spero che possiate fare qcs x me!!!! grazie milllllllllle
1) cicerone- un dolore senza conforto
2) cesare-cesare prepara la prima spedizione in Britannia
3)livio-cincinnato conduce i Romani alla vittoria
4)cicerone-amarezza di un esule
vi prego sono nelle voste mani!!!! grazie

Risposte
pukketta
nooooooooooooooooooooooooooooooooooooo....uffffffffffffffffffff...finisce la mia pacchia....

SuperGaara
E' vero...:cry:cry:cry:cry:cry

pukketta
oppure xke la scuola si avvicina....

SuperGaara
Già...sarà il tempo...:lol

pukketta
oggi mi sembrano tutti un po nervosetti....:lol..

SuperGaara
Sì sì scherzavo...;)

giadinas
chiedevo a bise!!

SuperGaara
giadinas :
da k libro sono prese le versioni?


E che ne so??? :lol

giadinas
da k libro sono prese le versioni?

SuperGaara
Cesare - Cesare prepara la prima spedizione in Britannia

Caesar ad haec cognoscenda, prius quam periculum faceret, idoneum esse arbitratus C. Volusenum cum navi longa praemittit. Huic mandat ut exploratis omnibus rebus ad se quam primum revertatur. Ipse cum omnibus copiis in Morinos proficiscitur, quod inde erat brevissimus in Britanniam traiectus. Huc naves undique ex finitimis regionibus et quam superiore aestate ad Veneticum bellum fecerat classem iubet convenire. Interim, consilio eius cognito et per mercatores perlato ad Britannos, a compluribus insulae civitatibus ad eum legati veniunt, qui polliceantur obsides dare atque imperio populi Romani obtemperare. Quibus auditis, liberaliter pollicitus hortatusque ut in ea sententia permanerent, eos domum remittit et cum iis una Commium, quem ipse Atrebatibus superatis regem ibi constituerat, cuius et virtutem et consilium probabat et quem sibi fidelem esse arbitrabatur cuiusque auctoritas in his regionibus magni habebatur, mittit. Huic imperat quas possit adeat civitates horteturque ut populi Romani fidem sequantur seque celeriter eo venturum nuntiet. Volusenus perspectis regionibus omnibus quantum ei facultatis dari potuit, qui navi egredi ac se barbaris committere non auderet, V. die ad Caesarem revertitur quaeque ibi perspexisset renuntiat.

Allo scopo di raccogliere informazioni in proposito, prima di affrontare l'impresa, Cesare manda in avanscoperta una nave da guerra agli ordini di C. Voluseno, ritenendolo adatto per la missione. Lo incarica di rientrare al più presto, una volta terminata la ricognizione. Dal canto suo, con l'esercito al completo si dirige nei territori dei Morini, perché da lì il tragitto verso la Britannia era il più breve. Ordina che qui si radunino le navi provenienti da tutte le regioni limitrofe e la flotta allestita l'estate precedente per la guerra contro i Veneti. Nel frattempo, le sue manovre vengono risapute e i mercanti le riferiscono ai Britanni: da parte di molti popoli dell'isola giungono messi per promettere che avrebbero consegnato ostaggi e si sarebbero sottomessi al dominio del popolo romano. Cesare li ascolta e, esortandoli a non mutare parere, con benevoli promesse li rimanda in patria accompagnati da Commio, che in Britannia godeva di grande autorità: Cesare ne stimava il valore e l'intelligenza e lo riteneva fedele al punto che lo aveva designato re degli Atrebati dopo averli sconfitti in battaglia. A Commio dà ordine di prendere contatti con il maggior numero di popoli per sollecitarli a mettersi sotto la protezione di Roma e per annunciare che presto Cesare sarebbe giunto. Voluseno, compiuta la ricognizione in tutte le zone, per quanto gli fu possibile, dato che non volle correre il rischio di sbarcare e di entrare in contatto con i barbari, raggiunge Cesare quattro giorni dopo e gli riferisce ciò che aveva osservato.

Livio - Cincinnato conduce i Romani alla vittoria

tribunis militum imperavit ut sarcinas in unum conici iubeant, militem cum armis valloque redire in ordines suos. Facta quae imperavit. Tum quo fuerant ordine in via, exercitum omnem longo agmine circumdat hostium castris et ubi signum datum sit clamorem omnes tollere iubet; clamore sublato ante se quemque ducere fossam et iacere vallum. Edito imperio, signum secutum est. Iussa miles exsequitur; clamor hostes circumsonat. Superat inde castra hostium et in castra consulis venit; alibi pavorem, alibi gaudium ingens facit. Romani civilem esse clamorem atque auxilium adesse inter se gratulantes, ultro ex stationibus ac vigiliis territant hostem. Consul differendum negat; illo clamore non adventum modo significari sed rem ab suis coeptam, mirumque esse ni iam exteriore parte castra hostium oppugnentur. Itaque arma suos capere et se subsequi iubet. Nocte initum proelium est; legionibus dictatoris clamore significant ab ea quoque parte rem in discrimine esse. Iam se ad prohibenda circumdari opera Aequi parabant cum ab interiore hoste proelio coepto, ne per media sua castra fieret eruptio, a munientibus ad pugnantes introrsum versi vacuam noctem operi dedere, pugnatumque cum consule ad lucem est. Luce prima iam circumvallati ab dictatore erant et vix adversus unum exercitum pugnam sustinebant. Tum a Quinctiano exercitu, qui confestim a perfecto opere ad arma rediit, invaditur vallum. Hic instabat nova pugna: illa nihil remiserat prior. Tum ancipiti malo urgente, a proelio ad preces versi hinc dictatorem, hinc consulem orare, ne in occidione victoriam ponerent, ut inermes se inde abire sinerent. Ab consule ad dictatorem ire iussi; is ignominiam infensus addidit; Gracchum Cloelium ducem principesque alios vinctos ad se adduci iubet, oppido Corbione decedi. Sanguinis se Aequorum non egere; licere abire, sed ut exprimatur tandem confessio subactam domitamque esse gentem, sub iugum abituros. Tribus hastis iugum fit, humi fixis duabus superque eas transversa una deligata. Sub hoc iugo dictator Aequos misit.

Il dittatore ordinò ai tribuni militari di far ammassare in un unico punto i bagagli e di far ritornare poi gli uomini nei rispettivi ranghi coi paletti e le armi. Quando i comandi furono eseguiti, egli, continuando a mantenere lo stesso ordine tenuto durante la marcia, con l'intero esercito inquadrato in lunghe colonne circonda l'accampamento nemico. Quindi ordina che tutti, a un determinato segnale, gridino con quanta voce hanno in gola e, dopo aver gridato, scavino un buco di fronte alla propria posizione e infine piantino dentro un paletto. All'ordine seguì sùbito il segnale. I soldati mettono in atto le parole del dittatore e le loro voci risuonano tutt'intorno al nemico, arrivando fino all'accampamento del console, dopo aver attraversato quello avversario. L'urlo semina da una parte il terrore, mentre dall'altra scatena un'immensa gioia. I Romani assediati, rendendosi conto che a gridare erano dei loro concittadini e che quindi erano arrivati i soccorsi, si rallegrarono e ricominciarono a spaventare i nemici dai posti di guardia e dalle altane. Il console disse che non c'era un minuto da perdere: quell'urlo non indicava soltanto l'arrivo dei rinforzi, ma anche che questi ultimi avevano iniziato a combattere. Anzi sarebbe stato strano se essi non avessero già assalito alle spalle l'accampamento nemico. Perciò ordina ai suoi di prendere le armi e di seguirlo. Quando si buttarono nella mischia era notte fonda: con un urlo fecero capire alle legioni del dittatore che anche da quella parte era cominciato lo scontro. Gli Equi si stavano già preparando a impedire l'accerchiamento delle fortificazioni, quando si videro investiti dagli assediati. Per evitare una sortita attraverso il loro accampamento, girarono la schiena a quelli che stavano costruendo la palizzata e si concentrarono sull'attacco proveniente dall'interno, lasciando che la costruzione procedesse indisturbata per il resto della notte e combattendo contro le truppe del console fino alle prime luci dell'alba. Quando fu giorno, erano ormai chiusi dal vallo del dittatore e riuscivano a malapena a tener testa a un solo esercito. Allora gli uomini di Quinzio, tornati rapidamente alle armi dopo aver finito la costruzione, si buttano all'assalto della trincea nemica. Qui ci fu una nuova battaglia, mentre l'altra cominciata prima continuava a infuriare. E allora i nemici, pressati dalla doppia minaccia che incombeva su di loro e passati dall'assalto armato alle più disperate implorazioni, supplicavano ora il dittatore, ora il console di non trasformare la vittoria in un massacro, ma di lasciarli andar via di lì senza le armi. Il console ordinò loro di andare dal dittatore che, in un accesso di rabbia, aggiunse condizioni infamanti. Cincinnato ordina infatti di condurgli in catene il comandante Gracco Clelio e gli altri capi, e di evacuare la città di Corbione. Disse che del sangue degli Equi poteva benissimo fare a meno; avrebbe concesso loro di andarsene, ma, perché finalmente ammettessero che il loro popolo era stato sottomesso e domato, essi avrebbero dovuto passare sotto il giogo. Venne allestito un giogo con tre aste, due erano piantate nel terreno, mentre la terza era legata di traverso sopra le altre. Sotto a questo giogo il dittatore fece passare gli Equi.

bise
allora
x la 1) l'ho fatta io
x la 2) caesar ad haec cognoscenda idoneum esse arbitratus...(ultime): quinto die ad caesarem revertitur quaeque ibi perspexisset, renuntiat
x la 3)dictator tribunis militum imperavit ut.. (ultime): et sub iugum aequos misit
x la 4) ex epistularum mearum incostantia puto te..(ultime):data |||| kal. iun. thessalonicae

AIUTO

Mario
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