Versione per domani urgentissima

santiagu
Il titolo della versione è: L'audacia dei Romani risolve una situazione disperata.
Inizio:Cumiam amplius horis sex continentr pugnaretur ac nn solum vires...
Fine:Quo proelio facto postero die Galba, maxime frumenti commeatusque inopia permotus, in provinciam reverti contendit. Di Cesare

Risposte
Mario
Cum iam amplius horis sex continenter pugnaretur ac non solum vires, sed etiam tela nostros deficerent atque hostes acrius instarent languidioribusque nostris vallum
scindere et fossas complere coepissent resque esset iam ad extremum perducta casum, P. Sextius Baculus, primi pili centurio, quem Nervico proelio compluribus confectum vulneribus diximus, et item C. Volusenus, tribunus militum, vir et consilii magni et virtutis, ad Galbam
adcurrunt atque unam esse spem salutis docent, si eruptione facta extremum auxilium experirentur.
Itaque convocatis centurionibus celeriter milites certiores facit, paulisper intermitterent proelium ac tantummodo tela missa exciperent seque ex labore reficerent, post dato
signo e castris erumperent atque omnem spem salutis in virtute ponerent.
Quod iussi sunt, faciunt ac subito omnibus portis eruptione facta neque cognoscendi quid fieret neque sui colligendi hostibus facultatem relinquunt.
Ita commutata fortuna eos qui in spem potiundorum castrorum venerant, undique circumventos intercipiunt et ex hominum milibus amplius triginta, quem numerum barbarorum ad
castra venisse constabat, plus tertia parte interfecta reliquos perterritos in fugam coniciunt ac ne in locis quidem superioribus consistere patiuntur.
Sic omnibus hostium copiis fusis armisque exutis se intra munitiones suas recipiunt.
Quo proelio facto, quod saepius fortunam temptare Galba nolebat atque alio se in hiberna consilio venisse meminerat, aliis occurrisse rebus videbat, maxime frumenti commeatusque inopia permotus postero die omnibus eius vici aedificiis incensis in provinciam reverti
contendit ac nullo hoste prohibente aut iter demorante incolumem legionem in Nantuates, inde in Allobroges perduxit ibique hiemavit.

Poiché ormai si combatteva da più di sei ore, e non solo le forze, ma anche le armi venivano a mancare ai nostri ed i nemici incalzavano più apramente e, mentre i nostri piuttosto indeboliti, avevano cominciato a sbrecciare la palizzata e riempire i fossati ed essendo la situazione ormai arrivata al momento estremo, P. Sestio Baculo, centurione di prima fila, che abbiamo ricordato ferito da parecchi colpi nella guerra nervia e ugualmente C. Voluseno, tribuno dei soldati, uomo di grande saggezza e coraggio, corrono da Galba e mostrano che la speranza di scampo è una sola, se tentavano l'estremo aiuto, fatta una sortita.Così chiamati i centurioni informò velocemente i soldati, di allentare un poco lo scontro e di evitare solo le armi lanciate e di riprendersi dalla fatica, poi dato il segnale di uscire dagli accampamenti e di porre tutta la speranza di scampo nel valore.Quello di cui sono ordinati, lo fanno e subito fatta una sortita da tutte le porte non lasciano ai nemici la possibilità di capire cosa accada e di raccogliersi.Così cambiata la sorte, sorprendono, circondatili, quelli erano venuti nella speranza di impadronirsi degli accampamenti e da più di trenta mila uomini, numero di barbari che risultava esse venuto contro gli accampamenti, uccisa più della terza parte gettano gli altri terrorizzati in fuga e non permettono neppure che si fermino sulle postazioni superiori.Così sbaragliate quasi tutte le truppe dei nemici e spogliati delle armi si ritirano dentro le loro fortificazioniFatta questa battaglia, poiché Galba non voleva tentare la sorte più oltre e ricordava di esser venuto negli accampamenti invernali con un altro progetto, vedeva che s'era imbattuto in altre situazioni, e soprattutto turbato per mancanza di frumento e vettovagliamento, il giorno dopo bruciati tutti gli edifici di quel cantone decise di ritornare nella provincia e senza che alcun nemico lo impedisse o rallentasse la marcia condusse la legione incolume fra i Nantuati e di lì tra gli Allobrogi e qui svernò.

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