Versione latino - L'animo di Cicerone invaso dal tedio della vit

sylvie
Cum Romam triumviri, pervenerunt, vitae taedium Ciceronem cepit. Qua re urbem statim reliquit, cum putaret Marci Anotii triumviri iram se vitare non posse. Deinde Roma transversis viis in suum Formianum concessit. Illine navem conscendit, sed venti tam adversi fuerunt ut navem reicerent. Narrant tum ortatorem clamavisse: Tune servi ad eius defensionem iam prompti et parati erant, sed Cicero arma capere illos vetuit. Cum deinde sicariorum Antonii adventum nuntiavissent, Cicero animo minime defecit, sed impavidus ex lectica caput protendit, quod statim sicarii amputaverunt. Narrant Fulviam, Marci Antonii saevam uxorem, Ciceronis linguam semel atque iterum fibula transfixisse. Romae autem oratoris corpus illis rostris suspensum est ex quibus ille persaepe ad populum verba fecerat.

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Di niente :hi

sylvie
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Quando i triumviri arrivarono a Roma, il disprezzo per la vita prese Cicerone. Perciò lasciò subito la città , perchè ritenne di non poter evitare l'ira del triumviro Marco Antonio. Poi, da Roma, percorrendo vie traverse si rifugiò nella sua proprietà di Formia. Lì salì su una nave, ma i venti furono tanto avversi da respingere la nave. Narrano che allora l'oratore esclamasse: . Allora gli schiavi erano pronti ed equipaggiati per la sua difesa, ma Cicerone gli vietò di prendere le armi. Dopo che fu annunciato l'arrivo dei sicari di Antonio, Cicerone non si perse d'animo, ma, senza paura, sporse la testa dalla lettiga, che i sicari mozzarono subito. Narrano che Fulvia, la crudele moglie di Marco Antonio, avesse trafitto più volte la lingua e la tibia di Cicerone. In seguito a Roma il corpo dell'oratore fu appeso a quei rostri dai quali aveva fatto discorsi al popolo molto spesso.

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