Versione (6926)
:satisfiedPotete aiutarmi con questa versione? Non conosco l'autore, ma solo l'inizio: allevabat rex oculos et, paulatim redeunte animo, circumstantes amicos agnoverat.
Vi ringrazio
Vi ringrazio
Risposte
:cryGrazie ad entrambi..anche se nn corrisponde al mio testo
Inter haec Alexander, ad conducendum ex Peloponneso militem Cleandro cum pecunia misso, Lyciae Pamphyliaeque rebus conpositis ad urbem Celaenas exercitum admovit. Media illa tempestate moenia interfluebat Marsyas amnis, fabulosis Graecorum carminibus inclitus. Fons eius ex summo montis cacumine excurrens in subiectam petram magno strepitu aquarum cadit; inde diffusus circumiectos rigat campos liquidus et suas dumtaxat udas trahens. Itaque color eius placido mari similis locum poetarum mendacio fecit: quippe traditum est nymphas amore amnis retentas in illa rupe considere. Ceterum, quamdiu intra muros fluit, nomen suum retinet; at, cum extra munimenta se evolvit, maiore vi ac mole agentem undas Lycum appellant. Alexander, quidem urbem destitutam a suis intrat, arcem vero, in quam confugerant, oppugnare adortus caduceatorem praemisit, qui denuntiaret, ni dederent, ipsos ultima esse passuros. Illi caduceatorem in turrem et situ et opere multum editam perductum, quanta esset altitudo intueri iubent, ac nuntiare Alexandro non eadem ipsum et incolas aestimatione munimenta metiri: se sciret inexpugnabiles esse, ad ultimum pro fide morituros. Ceterum, ut circumsederi arcem, et omnia sibi in dies artiora esse viderunt, sexaginta dierum indutias pacti, ut, nisi intra eos auxilium Dareus ipse misisset, dederent urbem, postquam nihil inde praesidii mittebatur, ad praestitutam diem permisere se regi.
Nel frattempo Alessandro, dopo aver inviato Cleandro con del denaro per trasferire le truppe dal Peloponneso, e dopo aver appianato la situazione della Licia e della Panfilia, mosse l’esercito alla volta della città di Celene. A quel tempo attraversava le mura della città il fiume Marsia, noto attraverso i racconti poetici dei Greci. La sua acqua, provenendo da un’alta cima montana, provoca un sordo rumore precipitando e scorrendo sulle rocce sottostanti: quindi si sparge, irrigandoli, per i campi circostanti, limpido e non avendo altre acque che le sue. In tal modo il suo colore, somigliante a quello di un mare tranquillo, ha offerto materia per le fantasie dei poeti, dal momento che si racconta che delle ninfe, allettate dall’amore per il fiume, risiedano fra quelle balze.
Per il resto, esso conserva il suo nome per il tratto che scorre attraverso la città: ma quando poi si allontana fuori delle mura, poiché manifesta una maggior impetuosità e portata, è chiamato Lico. Alessandro allora entra nella città, abbandonata dai suoi abitanti e, volendo impadronirsi della rocca nella quale essi si erano rifugiati, invia loro un araldo per intimare la resa, se non volevano subire le estreme conseguenze. Essi costringono l’araldo, dopo averlo condotto sulla torre, a rendersi conto di quanto questa fosse alta e ben presidiata ed a riferire ad Alessandro che egli e gli abitanti non avevano la stessa stima riguardo alle fortificazioni: essi le consideravano inespugnabili e, al limite, sarebbero stati disposti a morire per difenderle. Per il resto, quando si fossero resi conto che la rocca era assediata e le loro risorse si facevano più scarse di giorno in giorno, dopo aver pattuito con una tregua di sessanta giorni che, se nel frattempo Dario non avesse loro inviato soccorsi, avrebbero consegnato la città, se nessun aiuto veniva loro inviato, il giorno stabilito si sarebbero consegnati nelle mani del re.
Nel frattempo Alessandro, dopo aver inviato Cleandro con del denaro per trasferire le truppe dal Peloponneso, e dopo aver appianato la situazione della Licia e della Panfilia, mosse l’esercito alla volta della città di Celene. A quel tempo attraversava le mura della città il fiume Marsia, noto attraverso i racconti poetici dei Greci. La sua acqua, provenendo da un’alta cima montana, provoca un sordo rumore precipitando e scorrendo sulle rocce sottostanti: quindi si sparge, irrigandoli, per i campi circostanti, limpido e non avendo altre acque che le sue. In tal modo il suo colore, somigliante a quello di un mare tranquillo, ha offerto materia per le fantasie dei poeti, dal momento che si racconta che delle ninfe, allettate dall’amore per il fiume, risiedano fra quelle balze.
Per il resto, esso conserva il suo nome per il tratto che scorre attraverso la città: ma quando poi si allontana fuori delle mura, poiché manifesta una maggior impetuosità e portata, è chiamato Lico. Alessandro allora entra nella città, abbandonata dai suoi abitanti e, volendo impadronirsi della rocca nella quale essi si erano rifugiati, invia loro un araldo per intimare la resa, se non volevano subire le estreme conseguenze. Essi costringono l’araldo, dopo averlo condotto sulla torre, a rendersi conto di quanto questa fosse alta e ben presidiata ed a riferire ad Alessandro che egli e gli abitanti non avevano la stessa stima riguardo alle fortificazioni: essi le consideravano inespugnabili e, al limite, sarebbero stati disposti a morire per difenderle. Per il resto, quando si fossero resi conto che la rocca era assediata e le loro risorse si facevano più scarse di giorno in giorno, dopo aver pattuito con una tregua di sessanta giorni che, se nel frattempo Dario non avesse loro inviato soccorsi, avrebbero consegnato la città, se nessun aiuto veniva loro inviato, il giorno stabilito si sarebbero consegnati nelle mani del re.
uffa, niente mi dispiace
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