Scusate mi potreste aiutare???
Sono impanicato fino al collo...mi serve questa versione : "Sgomento dopo la morte di Alessandro" iniziacon: Ergo qui extra regiamadstiterant... E'di Curzio rufo
Grazie infinite!!!
Grazie infinite!!!
Risposte
Ergo, qui extra regiam adstiterant, Macedones pariter Barbarique, concurrunt; nec poterant victi a victoribus in communi dolore discerni. Persae iustissimum ac mitissimum dominum, Macedones optimum ac fortissimum regem invocantes certamen quoddam maeroris edebant. Nec maestorum solum, sed etiam indignantium voces exaudiebantur, tam viridem et in flore aetatis fortunaeque invidia deum ereptum esse rebus humanis. Vigor eius et vultus educentis in proelium milites, obsidentis urbes, evadentis in muros, fortes viros pro contione donantis occurrebant oculis. Tum Macedones divinos honores negasse ei paenitebat, inpiosque et ingratos fuisse se confitebantur, quod aures eius debita appellatione fraudassent. Et cum diu nunc in veneratione, nunc in desiderio regis haesissent, in ipsos versa miseratio est. Macedonia profecti ultra Euphraten in mediis hostibus novum imperium aspernantibus destitutos se esse cernebant: sine certo regis herede, sine herede regni publicas vires ad se quemque tracturum. Bella deinde civilia, quae secuta sunt, mentibus augurabantur: iterum non de regno Asiae, sed de rege ipsis sanguinem esse fundendum; novis vulneribus veteres rumpendas cicatrices; senes, debiles, modo petita missione a iusto rege, nunc morituros pro potentia forsitan satellitis alicuius ignobilis.
Quindi, coloro che erano rimasti al di fuori della reggia, accorsero assieme, Macedoni e Barbari; e nel comune dolore non si potevano distinguere i vinti dai vincitori. I Persiani, invocando il più giusto ed umano dei signori, i Macedoni il migliore ed il più valoroso dei re, facevano come a gara nel dolore. E non si udivano solo le voci di chi era afflitto, ma anche di chi era indignato che a causa dell’invidia degli dèi fosse stato strappato alle vicende umane un uomo così pieno di vigore e nel fiore della sua vita e del suo destino. Si presentava davanti agli occhi il suo vigore e il suo volto quando guidava i soldati in battaglia, assediava città, scalava le mura, elargiva doni agli eroici soldati davanti all’assemblea. Allora i Macedoni si pentirono di avergli negato onori divini, e ammettevano di esser stati ingiusti ed ingrati, poiché avevano privato le sue orecchie del titolo dovutogli. E dopo aver lungamente esitato tra la venerazione del re e il rimpianto di lui, la commiserazione si rivolse su loro stessi. Partiti dalla Macedonia, vedevano che erano stati abbandonati oltre l’Eufrate in mezzo a nemici che disdegnavano il nuovo dominio: senza un sicuro erede del re, senza un erede del regno, ognuno avrebbe tratto a sé le forze comuni. Quindi si presentavano alle loro menti le guerre civili che poi scoppiarono: essi avrebbero di nuovo versato il loro sangue non per il regno dell’Asia, ma per un re; le vecchie cicatrici sarebbero state riaperte da nuove ferite; vecchi, deboli, dopo aver una volta richiesto il congedo ad un re giusto, ora sarebbero morti per il potere forse di un qualche oscuro sgherro.
Quindi, coloro che erano rimasti al di fuori della reggia, accorsero assieme, Macedoni e Barbari; e nel comune dolore non si potevano distinguere i vinti dai vincitori. I Persiani, invocando il più giusto ed umano dei signori, i Macedoni il migliore ed il più valoroso dei re, facevano come a gara nel dolore. E non si udivano solo le voci di chi era afflitto, ma anche di chi era indignato che a causa dell’invidia degli dèi fosse stato strappato alle vicende umane un uomo così pieno di vigore e nel fiore della sua vita e del suo destino. Si presentava davanti agli occhi il suo vigore e il suo volto quando guidava i soldati in battaglia, assediava città, scalava le mura, elargiva doni agli eroici soldati davanti all’assemblea. Allora i Macedoni si pentirono di avergli negato onori divini, e ammettevano di esser stati ingiusti ed ingrati, poiché avevano privato le sue orecchie del titolo dovutogli. E dopo aver lungamente esitato tra la venerazione del re e il rimpianto di lui, la commiserazione si rivolse su loro stessi. Partiti dalla Macedonia, vedevano che erano stati abbandonati oltre l’Eufrate in mezzo a nemici che disdegnavano il nuovo dominio: senza un sicuro erede del re, senza un erede del regno, ognuno avrebbe tratto a sé le forze comuni. Quindi si presentavano alle loro menti le guerre civili che poi scoppiarono: essi avrebbero di nuovo versato il loro sangue non per il regno dell’Asia, ma per un re; le vecchie cicatrici sarebbero state riaperte da nuove ferite; vecchi, deboli, dopo aver una volta richiesto il congedo ad un re giusto, ora sarebbero morti per il potere forse di un qualche oscuro sgherro.
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