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Raga mi cercate questa versione?il titolo è:le paure di un tiranno crudele [CICERONE]
Dionysius,Syracusanorum tyrannus,propter iniustam dominatus cupiditatem in carcerm quodam modo ipse se incluserat. Quin etiam ne tonsori collum committeret, tondere filias suas docuit. Ita sordido ancillarique artificio regiae virgines ut tonstriculae tondebant barbam et capillum patris. Et tamen ab iis ipsis, cum iam essent adultae, ferrum removit, instituitque ut candentibus iuglandium putaminibus barbam sibi et capillum adurerent. Et cum cubiculum lata fossa circumdedisset eiusque fossae transitum ponticulo ligneo coniunxisset, eum ipsum, cum forem cubiculi clauserat, detorquebat. Idemque um in communibus suggestis consistere non auderet, contionem apud populum ex alta turri habere solebat.
Dionysius,Syracusanorum tyrannus,propter iniustam dominatus cupiditatem in carcerm quodam modo ipse se incluserat. Quin etiam ne tonsori collum committeret, tondere filias suas docuit. Ita sordido ancillarique artificio regiae virgines ut tonstriculae tondebant barbam et capillum patris. Et tamen ab iis ipsis, cum iam essent adultae, ferrum removit, instituitque ut candentibus iuglandium putaminibus barbam sibi et capillum adurerent. Et cum cubiculum lata fossa circumdedisset eiusque fossae transitum ponticulo ligneo coniunxisset, eum ipsum, cum forem cubiculi clauserat, detorquebat. Idemque um in communibus suggestis consistere non auderet, contionem apud populum ex alta turri habere solebat.
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grazie mille!
io penso che sia un adattamento!xkè non si trovo questa tua!
Propter iniustam dominatus cupiditatem in carcerem quodam modo ipse se incluserat. Quin etiam, ne tonsori collum committeret, tondere filias suas docuit. Ita sordido ancillarique artificio regiae virgines ut tonstriculae tondebant barbam et capillum patris. Et tamen ab iis ipsis, cum iam essent adultae, ferrum removit instituitque ut candentibus iuglandium putaminibus barbam sibi et capillum adurerent. Cumque duas uxores haberet, Aristomachen civem suam, Doridem autem Locrensem, sic noctu ad eas ventitabat, ut omnia specularetur et perscrutaretur ante. Et cum fossam latam cubiculari lecto circumdedisset, eiusque fossae transitum ponticulo ligneo coniunxisset, eum ipsum, cum forem cubiculi clauserat, detorquebat. Idemque, cum in communibus suggestis consistere non auderet, contionari ex turri alta solebat.
A causa della (sua) ingiusta sete di potere, in qualche modo si era rinchiuso in prigione da sé. Anzi, per non affidare il collo ad un barbiere, insegnò alle proprie figlie a radere. Così, con un mestiere sordido e servile, delle vergini di sangue reale, come delle apprendiste parrucchiere, tagliavano la barba e i capelli del padre. E tuttavia, quando ormai erano adulte, allontanò (gli arnesi di) ferro (anche) da loro stesse, e stabilì che (gli) bruciassero la barba ed i capelli con gusci di noce ardenti. Ed avendo due mogli, Aristomaca sua concittadina, Doride invece di Locri, di notte soleva recarsi da loro solo dopo aver osservato e perquisito tutto1. E poiché aveva fatto circondare il letto della (sua) camera con un largo fossato, e (ne) consentiva il passaggio2 con un ponticello di legno, dopo aver chiuso la porta della camera da letto spostava quello stesso (ponticello). Inoltre3, siccome non osava stare in piedi su palchi comuni , era solito tenere i discorsi da un'alta torre (oppure: dall'alto di una torre).
A causa della (sua) ingiusta sete di potere, in qualche modo si era rinchiuso in prigione da sé. Anzi, per non affidare il collo ad un barbiere, insegnò alle proprie figlie a radere. Così, con un mestiere sordido e servile, delle vergini di sangue reale, come delle apprendiste parrucchiere, tagliavano la barba e i capelli del padre. E tuttavia, quando ormai erano adulte, allontanò (gli arnesi di) ferro (anche) da loro stesse, e stabilì che (gli) bruciassero la barba ed i capelli con gusci di noce ardenti. Ed avendo due mogli, Aristomaca sua concittadina, Doride invece di Locri, di notte soleva recarsi da loro solo dopo aver osservato e perquisito tutto1. E poiché aveva fatto circondare il letto della (sua) camera con un largo fossato, e (ne) consentiva il passaggio2 con un ponticello di legno, dopo aver chiuso la porta della camera da letto spostava quello stesso (ponticello). Inoltre3, siccome non osava stare in piedi su palchi comuni , era solito tenere i discorsi da un'alta torre (oppure: dall'alto di una torre).
io ho trovato questa.Penso che sia un adattamento
Dionysius, Syracusanorum tyrannus, versus quosdam pessimos et iniucundos auditu composuerat, in quibus stulte se iactare solebat. Erat inter poetas, quos apud se habebat, Philoxenus, praeclarus dithyramborum scriptor, qui unus adulationis imperitus erat; a quo cum inepta illa carmina audita essent, libere aperuit quid sentiret. Hac libertate adeo offensus est tyrannus, ut iusserit Philoxenurn vinciri et in lautumias detrudi et custodiri. Postridie tamen, cum eius ira amicorum precibus lenita esset, Philoxenum ad se revocari iussit. Cum autem rursus sua carmina extolleret et Philoxenum interrogaret quid sentiret, ille statim surrexit et discessit. Interrogatus quo contenderet: "In lautumias", respondit. Quod festivum responsum veniam ei conciliavit: tam lepida libertas enim non potuit a tyranno puniri
Dionigi, tiranno di Siracusa, aveva composto alcuni versi davvero molto brutti e sgradevoli all’ascolto, nei quali tesseva le proprie lodi [lett. soleva tessere…] in modo stolto e smodato. Tra i poeti della sua corte [quos apud se habebat], c’era un compositore di ditirambi molto apprezzato, Filosseno, il quale – a differenza degli altri [lett. “unus”, unico e solo] - era incapace di adulazione (smaccata); (e infatti,) dopo aver ascoltato quei versi di spregevole fattura [lett. la costr. è al passivo], espresse in modo franco la propria opinione.
Il tiranno s’offese a tal punto per tale franchezza che ordinò che Filosseno venisse arrestato e sbattuto nelle latomie [erano cave di pietra che fungevano da prigione a cielo aperto]. Il giorno dopo, tuttavia, (Dionigi) – calmatosi [lett. dopo che la sua ira era stata lenita…] grazie all’intercessione degli amici – diede ordine che Filosseno fosse portato al proprio cospetto.
Declamati, allora, di nuovo i propri versi e chiestane opinione a Filosseno, quest’ultimo all’istante s’alzò e prese ad andarsene. Alla domanda su dove si stesse recando, rispose: “Alle latomie!” [il poeta, con questa battuta, fa intendere che il proprio giudizio non era mutato, e di essere meritevole, come prima, della prigione, per la propria libertà di pensiero]. Tale battuta [festivum responsum] gli valse il perdono: infatti, una licenza così arguta il tiranno non se la sentì di punirla [lett. non potette essere punita dal tiranno
Dionysius, Syracusanorum tyrannus, versus quosdam pessimos et iniucundos auditu composuerat, in quibus stulte se iactare solebat. Erat inter poetas, quos apud se habebat, Philoxenus, praeclarus dithyramborum scriptor, qui unus adulationis imperitus erat; a quo cum inepta illa carmina audita essent, libere aperuit quid sentiret. Hac libertate adeo offensus est tyrannus, ut iusserit Philoxenurn vinciri et in lautumias detrudi et custodiri. Postridie tamen, cum eius ira amicorum precibus lenita esset, Philoxenum ad se revocari iussit. Cum autem rursus sua carmina extolleret et Philoxenum interrogaret quid sentiret, ille statim surrexit et discessit. Interrogatus quo contenderet: "In lautumias", respondit. Quod festivum responsum veniam ei conciliavit: tam lepida libertas enim non potuit a tyranno puniri
Dionigi, tiranno di Siracusa, aveva composto alcuni versi davvero molto brutti e sgradevoli all’ascolto, nei quali tesseva le proprie lodi [lett. soleva tessere…] in modo stolto e smodato. Tra i poeti della sua corte [quos apud se habebat], c’era un compositore di ditirambi molto apprezzato, Filosseno, il quale – a differenza degli altri [lett. “unus”, unico e solo] - era incapace di adulazione (smaccata); (e infatti,) dopo aver ascoltato quei versi di spregevole fattura [lett. la costr. è al passivo], espresse in modo franco la propria opinione.
Il tiranno s’offese a tal punto per tale franchezza che ordinò che Filosseno venisse arrestato e sbattuto nelle latomie [erano cave di pietra che fungevano da prigione a cielo aperto]. Il giorno dopo, tuttavia, (Dionigi) – calmatosi [lett. dopo che la sua ira era stata lenita…] grazie all’intercessione degli amici – diede ordine che Filosseno fosse portato al proprio cospetto.
Declamati, allora, di nuovo i propri versi e chiestane opinione a Filosseno, quest’ultimo all’istante s’alzò e prese ad andarsene. Alla domanda su dove si stesse recando, rispose: “Alle latomie!” [il poeta, con questa battuta, fa intendere che il proprio giudizio non era mutato, e di essere meritevole, come prima, della prigione, per la propria libertà di pensiero]. Tale battuta [festivum responsum] gli valse il perdono: infatti, una licenza così arguta il tiranno non se la sentì di punirla [lett. non potette essere punita dal tiranno
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