COSTRUZIONE VERSIONE PER 6/10/2008 VI PREGO AIUTATEMI!!

Kimaro
Ciao ragazzi, chiedo di nuovo il vostro aiutio per la costruzione dell'ultima parte della versione. Lo sò che è lunghissima ma vi prego, solo voi potete aiutarmi.

Grazie 1000!!

Questo è il teso in latino:
O ignaros malorum suorum, quibus non mors ut optimum inventum naturae laudatur expectaturque, sive felicitatem includit, sive calamitatem repellit, sive satietatem ac lassitudinem senis terminat, sive iuvenile aevum dum meliora sperantur in flore deducit, sive pueritiam ante duriores gradus revocat, omnibus finis, multis remedium, quibusdam voum, de nullis melius merita quam de iis ad quos venit antequam invocaretur.
2. Haec servitutem invito domino remittit; haec captivorum catenas levat; haec e carcere educit quos exire imperium inpotens vetuerat; haec exulibus in patriam semper animum oculosque tendentibus ostendit nihil interesse infra quos quis iaceat; haec, ubi res communes fortuna male divisit et aequo iure genitos alium alii donavit, exaequat omnia; haec est post quam nihil quisquam alieno fecit arbitrio; haec est in qua nemo humilitatem suam sensit; haec est quae nulli non patuit; haec est, Marcia, quam pater tuus concupit; haec est, inquam, quae efficit ut nasci non sit supplicium, quae efficit ut non concidam adversus minas casuum, ut servare animum salvum ac potentem sui possim: habeo quod appellem.
3. Video istic cruces ne unius quidem generis sed aliter ab aliis fabricatas: capite quidam conversos in terram suspendere, alii per obscena stipitem egerunt, alii brachia patibulo explicuerunt; video fidiculas, video verbera, et membris singulis articulis singula docuerunt machinamenta: sed video et mortem. Sunt istic hostes cruenti, cives superbi: sed video istic et mortem. Non est molestum servire ubi, si dominii pertaesum est, licet uno gradu ad libertatem transire. Caram te, vita, beneficio mortis habeo.

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italocca
. O ignaros malorum suorum, quibus non mors ut optimum inventum naturae laudatur expectaturque, sive felicitatem includit, sive calamitatem repellit, sive satietatem ac lassitudinem senis terminat, sive iuvenile aevum dum meliora sperantur in flore deducit, sive pueritiam ante duriores gradus revocat, omnibus finis, multis remedium, quibusdam voum, de nullis melius merita quam de iis ad quos venit antequam invocaretur.
2. Haec servitutem invito domino remittit; haec captivorum catenas levat; haec e carcere educit quos exire imperium inpotens vetuerat; haec exulibus in patriam semper animum oculosque tendentibus ostendit nihil interesse infra quos quis iaceat; haec, ubi res communes fortuna male divisit et aequo iure genitos alium alii donavit, exaequat omnia; haec est post quam nihil quisquam alieno fecit arbitrio; haec est in qua nemo humilitatem suam sensit; haec est quae nulli non patuit; haec est, Marcia, quam pater tuus concupit; haec est, inquam, quae efficit ut nasci non sit supplicium, quae efficit ut non concidam adversus minas casuum, ut servare animum salvum ac potentem sui possim: habeo quod appellem.
3. Video istic cruces ne unius quidem generis sed aliter ab aliis fabricatas: capite quidam conversos in terram suspendere, alii per obscena stipitem egerunt, alii brachia patibulo explicuerunt; video fidiculas, video verbera, et membris singulis articulis singula docuerunt machinamenta: sed video et mortem. Sunt istic hostes cruenti, cives superbi: sed video istic et mortem. Non est molestum servire ubi, si dominii pertaesum est, licet uno gradu ad libertatem transire. Caram te, vita, beneficio mortis habeo.
4. Cogita quantum boni opportuna mors habeat, quam multis diutius vixisse nocuerit. Si Gnaeum Pompeium, decus istud firmamentumque imperii, Neapoli valetudo abstulisset, indubitatus populi Romani princeps excesserat: at nunc exigui temporis adiectio fastigio illum suo depulit. Vidit legiones in conspectu suo caesas et ex illo proelio in quo prima acies senatus fuit -- quam infelices reliquiae sunt! -- ipsum imperatorem superfuisse; vidit Aegyptium carnificem et sacrosanctum victoribus corpus satelliti praestitit, etiam si incolumis fuisset paenitentiam salutis acturus; quid enim erat turpius quam Pompeium vivere beneficio regis?
5. M. Cicero si illo tempore quo Catilinae sicas devitavit, quibus pariter cum patria petitus est, concidisset, liberata re publica servator eius, si denique filiae suae funus secutus esset, etiamtunc felix mori potuit. Non vidisset strictos in civilia capita mucrones nec divisa percussoribus occisorum bona, ut etiam de suo perirent, non hastam consularia spolia vendentem nec caedes locatas publice nec latrocinia, bella, rapinas, tantum Catilinarum.
6. M. Catonem si a Cypro et hereditatis regiae dispensatione redeuntem mare devorasset vel cum illa ipsa pecunia quam adferebat civili bello stipendium, nonne illi bene actum foret? Hoc certe secum tulisset, neminem ausurum coram Catone peccare: nunc annorum adiectio paucissimorum virum libertati non suae tantum sed publicae natum coegit Caesarem fugere, Pompeium sequi.
Nihil ergo illi mali inmatura mors attulit: omnium etiam malorum remisit patientiam.

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XX: O ignari dei propri mali, coloro dai quali la morte non è lodata ed attesa come la più grande invenzione della natura, se racchiude la felicità, se respinge la disgrazia, se pone fine alla noia ed alla stanchezza del vecchio, se conduce l’età giovanile mentre si sperano le cose migliori nel pieno delle forze, se interrompe la fanciullezza prima dei passi più duri, per tutti è la fine, per molti il rimedio, per qualcuno il desiderio, per nessuno è benemerita più che per coloro ai quali viene prima di essere chiamata. Questa annulla la schiavitù anche contro la volontà del padrone; questa scioglie le catene dei prigionieri; questa conduce fuori dalla prigione coloro ai quali il comando prepotente aveva vietato d’uscire; questa mostra agli esuli che tendono sempre gli occhi e l’anima verso la patria che non v’è differenza tra le persone sotto la quale si trovino. Questa quando la sorte ha spartito male le cose comuni e ha consegnato chi ad uno chi ad un altro persone nate con uguali diritti, rende uguale tutti; è questa dopo la quale qualcuno non ha fatto niente per una decisione altrui; è questa, nella quale nessuno percepisce la sua abiezione; è questa che è aperta a tutti; è questa, o Marcia, che tuo padre ha desiderato ardentemente; è questa, affermo, che ha fatto in modo che nascere non sia un supplizio, che ha fatto in modo che io non mi abbattessi contro le minacce del caso, perché io possa conservare l’animo integro e padrone di sé: possiedo ciò che posso chiamare in mio aiuto. Vedo lì vicino delle croci, ma non di un solo tipo, ma costruite da chi in un modo da chi in un altro: alcuni levarono in alto ( condannati) rivolti con la testa verso la terra, altri infilano un palo per il retto, alcuni allungano le braccia sul patibolo; vedo i cavalletti, vedo le percosse e vedo macchine specifiche per ogni membro: ma vedo anche la morte Vi sono lì vicino nemici sanguinari, cittadini arroganti: ma lì vedo anche la morte. Non è penoso essere schiavi là dove se ti è venuto a noia il padrone, quando ti è lecito con un solo passo, andare verso la condizione libera: o vita ti apprezzo proprio per il beneficio che ci viene dalla morte.
Commento: La consolatio è indirizzata a Marcia, il cui padre Curzio Cordo, fu uno storico delle guerre civili sotto Tiberio, condannato a morte da Seiano. Non è l’unica consolatio che Seneca scrive, ve ne sono altre 2, poiché è un genere che rientra nella filosofia morale. Nell’etica stoica bisognava dare dei precetti morali utili per ogni occasione, ecco dunque si è appropriata di questo genere per mandare messaggi filosofici alle persone colpite da sciagure: filosofia alla spicciolata. Questo tipo di insegnamento si rifà al cinismo. Ma non solo, Seneca da un fatto personale, privato e particolare, vuole tratte una regola generale: il dolore va temuto entro certi limiti poiché la vita ed i beni materiali ci sono dati in prestito, e tutto è destinato a passare (transire): viviamo in mezzo alla “rapina rerum omnium”. La morte viene così rappresentata come l’elemento più caratteristico della vita umana, quello comune a tutti e che ci eguaglia.

Tratto da Splash Latino - http://www.****/autore/seneca/de_consolatione_ad_marciam/20.lat


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1. O persone ignare dei propri mali, quelle dalle quali la morte non è lodata ed attesa come il miglior ritrovato della natura, sia che racchiuda la felicità, sia che allontani la sventura, sia che ponga fine alla fatica e alla stanchezza senile, sia che porti via l’età giovanile ancora in fiore mentre si sognano le cose più belle, sia che richiami la fanciullezza prima dei passi più dolorosi, traguardo per tutti, rimedio per molti, augurio per alcuni, con nessuno più benemerita che con coloro ai quali arriva prima di essere invocata. 2. È questa che libera dalla schiavitù contro il volere del padrone; è questa che scioglie le catene dei prigionieri; è questa che fa uscire di prigione quelli ai quali lo aveva impedito una dispotica tirannide; è questa che mostra agli esuli, che hanno sempre l’animo e gli occhi protesi verso la patria, che non ha importanza in mezzo a chi uno venga sepolto; è questa che livella ogni cosa, quando la sorte ha praticato una ingiusta divisione dei beni comuni e ha dato in dono l’uno all’altro persone nate con gli stessi diritti; è questa colei dopo la quale nessuno fa nulla per volere altrui; è questa colei nella quale nessuno ha coscienza della propria bassezza; è questa che non si nasconde a nessuno; è questa, Marcia, quella che tuo padre ha desiderato; è questa, ti dico, quella che fa in modo che il nascere non sia una condanna, che io non soccomba di fronte alle insidie del caso, che io possa conservare un animo integro e padrone di sé: ho a che appellarmi. 3. Vedo qui dei patiboli non fatti nemmeno di un unico tipo, ma fabbricati da chi in un modo da chi in un altro: alcuni mostrano certi appesi a testa in giù, altri li hanno impalati, altri ancora ne hanno steso le braccia sul patibolo; vedo corde e vedo fruste, ed hanno accostato strumenti di tortura uno per ogni membro e per ogni giuntura: ma vedo anche la morte. Vi sono nemici sanguinari, cittadini altezzosi: ma vedo qui anche la morte. Non è fastidioso esser schiavi dove è possibile passare alla libertà con un sol passo, se si è insofferenti del giogo. O vita, mi sei cara grazie alla morte. 4. Considera quanto bene apporti una morte al tempo dovuto, mentre a quante persone, invece, è stato dannoso l’aver vissuto più a lungo. Se una malattia avesse portato via mentre era a Napoli Gneo Pompeo, questo vanto e sostegno della potenza romana, sarebbe morto come indubitabile principe del popolo romano: ma ora l’aggiunta di un tempo limitato alla sua vita lo ha scalzato dal suo fulgore. Ha visto le legioni trucidate davanti ai suoi occhi e da quella battaglia nella quale la prima linea era il senato – che tristi resti sono! – sopravvivere lo stesso generale; ha visto il suo carnefice egiziano ed ha offerto alla guardia il proprio corpo, sacro anche per i vincitori; anche se si fosse salvato, si sarebbe pentito della propria salvezza; cosa sarebbe stato infatti più vergognoso del fatto che Pompeo vivesse grazie ad un re? 5. Marco Cicerone, se fosse morto al tempo in cui evitò i pugnali di Catilina, a cui fu fatto segno assieme alla patria, avrebbe potuto morire anche allora serenamente, dopo aver liberato la repubblica come suo salvatore, e se avesse seguito il funerale di sua figlia. Non avrebbe veduto le spade sguainate contro i suoi concittadini né i beni degli assassinati spartiti tra i loro assassini, come se morissero anche a loro spese, né le spoglie consolari messe all’asta né stragi consumate in pubblico né ruberie, guerre, rapine, tanti Catilina. 6. Se il mare avesse inghiottito Marco Catone mentre ritornava da Cipro dopo esser stato curatore dell’eredità del re o con quello stesso denaro che portava con sé come contributo alla guerra civile, non sarebbe forse per lui stato un bene? Avrebbe di certo ciò portato con sé, che nessuno avrebbe osato sbagliare davanti a Catone: ora un’aggiunta di pochissimi anni costrinse un uomo nato non soltanto per la propria libertà ma per quella della patria a fuggire Cesare ed a seguire Pompeo. Nessun male, dunque, gli ha provocato una morte prematura: lo ha anzi esentato dal sopportare ogni male.

Tratto da Splash Latino - http://www.****/autore/seneca/de_consolatione_ad_marciam/20.lat

djbranko
italoca il link che hai inserito non è corretto

italocca

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