Aiutooo versioni per domani
la versione 1 ha come titolo imprese di annibale dopo canne INIZIA COSì : hac pugnata E FINISCE CON:castra posuit.
la versione 2 ha come titolo ANNIBALE ALLA FINE DELLA 2 GUERRA PUNICA inizia così: HINC INVICTUS e finisce così: ROMANIS COMPOSUERUNT.
AIUTOOOOO
la versione 2 ha come titolo ANNIBALE ALLA FINE DELLA 2 GUERRA PUNICA inizia così: HINC INVICTUS e finisce così: ROMANIS COMPOSUERUNT.
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Questa è la seconda:
Di qui, invitto, richiamato per difendere la patria fece la guerra contro Publio Scipione, figlio di quello, che lui stesso aveva messo in fuga prima presso il Rodano, poi presso il Po, la terza volta presso la Trebbia. Con costui, esaurite ormai le forze della patria, desiderò per allora chiudere la guerra, per scontrarsi in seguito più potente. Venne al colloquio; non s’accordarono sulle condizioni. Dopo tale fatto entro pochi giorni si scontrò con lo stesso presso Zama: sconfitto – incredibile a dirsi – in due giorni e tre notti giunse ad Agrumeto, che dista da Zama circa trecento migliaia di passi. In questa fuga i Numidi che insieme con lui erano scampati dallo scontro, gli tesero un agguato; e non solo li sfuggì, ma addirittura li annientò. Ad Adrumeto raccolse gli altri dalla fuga; con nuovi arruolamenti in pochi giorni riunì molti. Mentre egli attendeva febbrilmente ai preparativi, i Cartaginesi fecero pace con i Romani.
E questa è la prima:
Combattuta questa battaglia partì per Roma, non resistendogli nessuno. Si fermò su monti vicini alla città. Avendo posto qui gli accampamenti per alcuni giorni e ritornando a Capua, Q. Fabio Massimo, dittatore romano, gli si oppose nel territorio di Falerno. Qui, chiuso dalle strettezze del luogo, di notte si liberò senza alcun danno dell’esercito; ed ingannò (diede parole a) Fabio, comandante molto scaltro. Infatti calata la notte incendiò le sterpaglie legate sulle corna di giovenchi ed ne lanciò, sparpagliata, una gran quantità di tal genere. presentatasi quella vista improvvisa, incusse un così grande terrore all’esercito dei Romani, che nessuno osò uscire fuori dal vallo. Dopo questa impresa non dopo molti giorni mise in fuga M. Minucio Rufo, comandante dei cavalieri con potere pari a dittatore, indotto allo scontro con l’inganno. Assente tolse di mezzo Tiberio Gracco, console per la seconda volta, attratto in agguato nei Lucani. Allo stesso modo uccise M. Claudio Marcello, console per la quinta volta, presso Venosa. E' lungo enumerare tutte le battaglie. Perciò sarè detto solo questo, da cui si potrà capire, quanto egli sia stato grande: fin che fu in Italia, nessuno gli resistette sul campo, nessuno dopo la battaglia di Canne pose gli accampamenti contro di lui in campo aperto.
Di qui, invitto, richiamato per difendere la patria fece la guerra contro Publio Scipione, figlio di quello, che lui stesso aveva messo in fuga prima presso il Rodano, poi presso il Po, la terza volta presso la Trebbia. Con costui, esaurite ormai le forze della patria, desiderò per allora chiudere la guerra, per scontrarsi in seguito più potente. Venne al colloquio; non s’accordarono sulle condizioni. Dopo tale fatto entro pochi giorni si scontrò con lo stesso presso Zama: sconfitto – incredibile a dirsi – in due giorni e tre notti giunse ad Agrumeto, che dista da Zama circa trecento migliaia di passi. In questa fuga i Numidi che insieme con lui erano scampati dallo scontro, gli tesero un agguato; e non solo li sfuggì, ma addirittura li annientò. Ad Adrumeto raccolse gli altri dalla fuga; con nuovi arruolamenti in pochi giorni riunì molti. Mentre egli attendeva febbrilmente ai preparativi, i Cartaginesi fecero pace con i Romani.
E questa è la prima:
Combattuta questa battaglia partì per Roma, non resistendogli nessuno. Si fermò su monti vicini alla città. Avendo posto qui gli accampamenti per alcuni giorni e ritornando a Capua, Q. Fabio Massimo, dittatore romano, gli si oppose nel territorio di Falerno. Qui, chiuso dalle strettezze del luogo, di notte si liberò senza alcun danno dell’esercito; ed ingannò (diede parole a) Fabio, comandante molto scaltro. Infatti calata la notte incendiò le sterpaglie legate sulle corna di giovenchi ed ne lanciò, sparpagliata, una gran quantità di tal genere. presentatasi quella vista improvvisa, incusse un così grande terrore all’esercito dei Romani, che nessuno osò uscire fuori dal vallo. Dopo questa impresa non dopo molti giorni mise in fuga M. Minucio Rufo, comandante dei cavalieri con potere pari a dittatore, indotto allo scontro con l’inganno. Assente tolse di mezzo Tiberio Gracco, console per la seconda volta, attratto in agguato nei Lucani. Allo stesso modo uccise M. Claudio Marcello, console per la quinta volta, presso Venosa. E' lungo enumerare tutte le battaglie. Perciò sarè detto solo questo, da cui si potrà capire, quanto egli sia stato grande: fin che fu in Italia, nessuno gli resistette sul campo, nessuno dopo la battaglia di Canne pose gli accampamenti contro di lui in campo aperto.
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