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Merry4658
"la casa di asterione" scritta dal punto di vista di teseo.....risposta di almeno una ventina di righe

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topicboy
La notte è calata tardi in questa afosa giornata estiva e mi pare che il caldo torbido che    ha
accompagnato il pomeriggio sia rimasto ancora a riscaldare la mia pelle, facendola sudare
copiosamente; oppure è solo una mia impressione ed i rivoli bagnati che imperlano la mia fronte
sono il risultato della grande paura che sta pervadendo le mie membra.                          
Ora che mi trovo di fronte all' ingresso del Labirinto, questo intricato complesso di corridoi dalle
mura imponenti , il coraggio ed anche l' adrenalina che mi avevano accompagnato per tutto il
giorno iniziano a scemare. Se alzo lo sguardo, fatico a vedere la fine di queste imponenti mura,
che si confondono con il manto scuro della notte : riescono a mettermi in soggezione, mi fanno
sentire un essere piccolo e mi rendo conto di come io, con la mia forza, sia minuscolo in
confronto ad esse.   Allora mi chiedo come possa sfidare io,ora, il Minotauro, questa creatura
della quale si raccontano infinite leggende che la descrivono come un mostro sanguinario,
capace solo di uccidere. In lontananza avverto il canto stridulo delle cicale e, ancora più sottile,
quasi fosse un bisbiglio, sento delle voci di donne e di bambini che ridono; il mio cuore si riempe
di nostalgia per la mia amata terra, per mio padre Egeo che mi aspetta e che mi sembra di vedere
sul terrazzo del nostro palazzo a scrutare il mare per avvistare la mia nave. Rivivendo nella
memoria il passato, la paura un po’ diminuisce e mi rendo della ragione per la quale  ho deciso di
compiere questa impresa: per poter preservare le risate dei bambini ateniesi, per poterli vedere
crescere, diventare fanciulli e fanciulle con un destino non segnato da una morte certa tra le
fauci di un mostro. Faccio un passo in avanti e mi volto per guardare il mare, in lontananza,
sperando che questa non sia l' ultima volta, e poi alzo lo sguardo sui terrazzi del palazzo giusto in
tempo per scorgere Arianna che si allontana dalla finestra. Spero con tutto me stesso che il
nostro piano, quello di utilizzare il gomitolo di lana per ritrovare la via del ritorno, funzioni.                          
Infine,entro.                                                                                                                                                                                
I primi corridoi li compio correndo, sento che il Minotauro si trova nel cuore del labirinto , ed è lì
che io devo arrivare. Grazie alla fiaccola accesa, riesco a vedere come se fosse giorno la strada
davanti a me. Non so per quanto continuo in questo modo, ma ad un certo punto non riesco più
a correre. Non capisco quanto tempo sia passato; i corridoi sembrano non avere fine.                          
Mi salgono alla mente pensieri angosciosi: e se davvero questo labirinto non avesse fine, se in
realtà il Minotauro non esistesse e tutti coloro che sono entrati qui dentro fossero
semplicemente morti di fame?                                                                                                                            
Nella mia mente non riesco a concepire come un essere possa vivere qua dentro.                      
Ogni corridoio è uguale al precedente, in un ciclo infinito, in una sequenza monotona, che mi fa
rabbrividire, mi porta alle soglie della pazzia. Non riesco più a distinguere la realtà dai miei deliri, le
ombre create dalla fiaccola mi sembra celino creature orrende e multiformi che si prendono gioco
di me. La fiaccola si sta spegnendo ed il gomitolo si è quasi srotolato del tutto: devo riuscire a
trovare il Minotauro, e devo farlo in fretta. Mi sento molto, troppo stanco, ho le gambe pesanti, e
fatico a tenere la fiaccola alzata. Forse questa era una trappola del Minotauro, forse lui mi ha già
avvistato!  Certo, starà aspettando che io cada stremato per potermi divorare in tutta tranquillità!
Mi raddrizzo a fatica, sudando e boccheggiando, e continuo a camminare. E' passato molto tempo,
ne sono certo, ma ecco che sento un suono. E' flebile e distante, di passi, come uno strascicare di
piedi su sassi. Penso di stare delirando e mi dico che non è possibile che un uomo si trovi qui
dentro, in questo luogo infernale, ma poi ricordo che secondo i racconti sentiti a palazzo il
Minotauro ha il corpo di un uomo. Mi blocco.
Dal corridoio alla mia sinistra, coperto dal buio che muta i suoi lineamenti, che mi appaiono ancora
più deformi, appare il Minotauro. I piedi nudi insanguinati, ricoperti di vesciche e    di tagli, si
fermano a pochi passi di distanza da me, e posso osservare attentamente il suo corpo; il petto è
ricoperto da peli ispidi, le braccia si protendono possenti, con mani grandi e pelose, con unghie  
ricoperte di terra e sangue raggrumato, ed il collo mostra svariate cicatrici, probabilmente  delle
persone che cercavano di sfuggirgli, segni indelebili di un compiuto massacro. Infine vedo il viso,
anzi, la testa di toro dalla pelle scura, raggrinzita, gli occhi piccoli, neri come pozzi profondi, come i
bui corridoi che ho attraversato; il naso è grosso, le orecchie pelose, e la bocca emette versi cupi e
profondi.  Dai recessi più oscuri del mio cuore si fa strada rabbia così violenta nel pensare a come la
sua vita ha procurato troppe morti, le sue fauci hanno determinato la fine di tante risate, di tanti
sorrisi, di così tanti sogni, che ora tutta la paura, tutta l' esitazione ed il freddo che prima avevo
avvertito sono completamente scomparsi. L' unico mio pensiero e desiderio ora è quello di porre
fine alla strage del mio popolo. Prendo la rincorsa e con la mia spada impugnata strettamente da
ambedue le mani mi avvento sulla belva, con una furia che non avevo mai provato prima, gridando
nel frattempo i nomi dei sette ragazzi e delle sette ragazze morti, perchè possa portare con sè nell'
Ade il rimorso di averli uccisi, perchè si ricordi di coloro che sono morti ingiustamente a causa sua.                      
Mi aspetto che si sposti, che si avventi su di me con altrettanta forza, che cerchi di sbranarmi, ed
invece muove solo un leggero passo tanto che la mia lama , invece di affondare nel suo petto,
colpisce di striscio il suo braccio. Mi volto e provo con un altro affondo eppure, di nuovo, il
Minotauro si limita a spostarsi , così che io lo colpisco di lato e lui geme di dolore. Con un impeto di
rabbia e frustrazione per questa scena surreale, conficco finalmente la lama nel suo petto.
Ruzzoliamo assieme a terra, mentre rivoli di sangue escono dalla ferita e serpeggiano, inzuppando
il terreno di un rosso scarlatto. Alzo gli occhi per vedere da vicino il viso della belva e, nel
guardarlo, lo stupore mi pietrifica. Mentre il suo cuore cessa di battere ed i suoi occhi lentamente
si chiudono, sul suo volto intravedo l' ombra di un sorriso. Il Minotauro, il mostro sanguinario che
tutti temono, definito un essere feroce, non ha quasi cercato di difendersi, come se stesse
aspettando me, ed ora che è morto sembra aver esalato il suo respiro in pace.                      
Mi rialzo a fatica, ancora troppo scosso dall' accaduto, e riprendo in mano il filo per tornare
indietro. Volgo ancora un ultimo sguardo alla bestia, giusto per accertarmi che quello che è
successo è reale. Adesso, disteso sulla schiena e con il sangue raggrumato sul petto, somiglia ad un
soldato caduto in battaglia. Seguendo la strada del ritorno, la mia mente ricomincia ad essere
pervasa da strani pensieri. Il Minotauro mi era sembrato un individuo simile ad una persona. Ciò
che avevo avvertito guardandolo negli occhi era un' espressione di sollievo mista alla paura. Se
quello che avevo visto è vero allora credo che il Minotauro abbia pensato che con la morte si
sarebbe liberato dalla sua condizione di solitudine. Se davvero così è stato, allora egli è una delle
persone più umane che io abbia mai conosciuto. Non riesco però a pensare che possa aver creduto
che, uccidendo quei ragazzi, li abbia liberati da una solitudine intollerabile e costitutiva della vita.                      
Di nuovo il canto delle cicale mi riporta alla realtà. Il cielo si è schiarito, è  perlaceo, del colore dell'
alba imminente. Cammino a lungo e finalmente giungo all' uscita. Allontanarmi da quel luogo
surreale, dove la realtà si confonde con i sogni e dove hanno origine i deliri, mi solleva
enormemente. Ad accogliermi c'è Arianna, che subito mi abbraccia con  forza ridendo, piangendo
e dicendomi parole dolci, come a rassicurare se stessa che io sia tornato sano e salvo. La segue un
vasto corteo di persone che mi porta a palazzo, dove viene svolta una festa in mio onore. Durante
il banchetto mi volto verso Arianna e cerco di spiegarle l' accaduto, giusto per convincere me
stesso che è stato reale, dicendole come il Minotauro non si sia neppure difeso.
Il giorno seguente prendo il largo assieme a lei verso Atene, verso mio padre, e mentre le vele
vengono ammainate e la nave lascia il porto, tra le grida esultanti delle persone, io ripenso a quella
incredibile notte in cui mi sono reso conto che ,nonostante il suo viso deformato da toro, il
Minotauro mi era apparso umano nel suo bisogno di liberarsi dalla sua condizione di solitudine. 
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