Ragazzi mi aiutate per favore con una analisi del testo sui Malavoglia! Urgente per favore è per domani
Ciao ragazzi spero nel vostro aiuto..ho un problema con una parte del mio compito: si tratta dell'analisi del testo dei Malavoglia di Verga capitolo 1(sotto vi è il testo)
Questo sono le domande a cui non risco a rispondere, datemi una mano
-Il narratore e la narrazione
a) ti sembra che si identifichi o con l'autore o con un particolare personaggio narrante?
-I personaggi:
Nei grandi romanzi ottocenteschi i personaggi vengono preceduti da una descrizione che presenta al lettore almeno parte della loro storia, cenni sulla loro personalità e il loro rispetto.
a) Come opera, invece, Verga?
-Lo stile
Nelle scelte espressive hanno scarso rilievo le figure retoriche vere e proprie, a eccezione delle similitudini.Dopo averne identificate alcune, definiscine la funzione.
* Ragazzi una cosa che mi è sfuggita:
riguardo alla prima domanda:
Sai come viene definito l'artificio usato d Verga per introdurre questo particolare tipo di narratore?
Ragazzi lo so è lungo, ma se potete aiutarmi ve ne sarò grato. Grazie
----------------------------------------------------------------------------
Un tempo i Malavoglia erano stati numerosi come i sassi della strada vecchia di Trezza; ce n'erano persino ad Ognina, e ad Aci Castello, tutti buona e brava gente di mare, proprio all'opposto di quel che sembrava dal nomignolo, come dev'essere. Veramente nel libro della parrocchia si chiamavano Toscano, ma questo non voleva dir nulla, poiché da che il mondo era mondo, all'Ognina, a Trezza e ad Aci Castello, li avevano sempre conosciuti per Malavoglia, di padre in figlio, che avevano sempre avuto delle barche sull'acqua, e delle tegole al sole. Adesso a Trezza non rimanevano che i Malavoglia di padron 'Ntoni, quelli della casa del nespolo, e della Provvidenza ch'era ammarrata sul greto, sotto il lavatoio, accanto alla Concetta dello zio Cola, e alla paranza di padron Fortunato Cipolla.
Le burrasche che avevano disperso di qua e di là gli altri Malavoglia, erano passate senza far gran danno sulla casa del nespolo e sulla barca ammarrata sotto il lavatoio; e padron 'Ntoni, per spiegare il miracolo, soleva dire, mostrando il pugno chiuso - un pugno che sembrava fatto di legno di noce - Per menare il remo bisogna che le cinque dita s'aiutino l'un l'altro.
Diceva pure, - Gli uomini son fatti come le dita della mano: il dito grosso deve far da dito grosso, e il dito piccolo deve far da dito piccolo.
E la famigliuola di padron 'Ntoni era realmente diposta come le dita della mano. Prima veniva lui, il dito grosso, che comandava le feste e le quarant'ore; poi suo figlio Bastiano, Bastianazzo, perché era grande e grosso quanto il San Cristoforo che c'era dipinto sotto l'arco della pescheria della città; e così grande e grosso com'era filava diritto alla manovra comandata, e non si sarebbe soffiato il naso se suo padre non gli avresse detto «sòffiati il naso» tanto che s'era tolta in moglie la Longa quando gli avevano detto «pìgliatela». Poi veniva la Longa, una piccina che badava a tessere, salare le acciughe, e far figliuoli, da buona massaia; infine i nipoti, in ordine di anzianità: 'Ntoni, il maggiore, un bighellone di vent'anni, che si buscava tutt'ora qualche scappellotto dal nonno, e qualche pedata più giù per rimettere l'equilibrio, quando lo scappellotto era stato troppo forte; Luca, «che aveva più giudizio del grande» ripeteva il nonno; Mena (Filomena) soprannominata «Sant'Agata» perché stava sempre al telaio, e si suol dire «donna di telaio, gallina di pollaio, e triglia di gennaio»; Alessi (Alessio) un moccioso tutto suo nonno colui!; e Lia (Rosalia) ancora né carne né pesce. - Alla domenica, quando entravano in chiesa, l'uno dietro l'altro, pareva una processione.
Padron 'Ntoni sapeva anche certi motti e proverbi che aveva sentito dagli antichi, «perché il motto degli antichi mai mentì»: - «Senza pilota barca non cammina» - «Per far da papa bisogna saper far da sagrestano» - oppure - «Fa' il mestiere che sai, che se non arricchisci camperai» - «Contentati di quel che t'ha fatto tuo padre; se non altro non sarai un birbante» ed altre sentenze giudiziose.
Ecco perché la casa del nespolo prosperava, e padron 'Ntoni passava per testa quadra, al punto che a Trezza l'avrebbero fatto consigliere comunale, se don Silvestro, il segretario, il quale la sapeva lunga, non avesse predicato che era un codino marcio, un reazionario di quelli che proteggono i Borboni, e che cospirava pel ritorno di Franceschello, onde poter spadroneggiare nel villaggio, come spadroneggiava in casa propria.
Padron 'Ntoni invece non lo conosceva neanche di vista Franceschello, e badava agli affari suoi, e soleva dire: «Chi ha carico di casa non può dormire quando vuole» perché «chi comanda ha da dar conto».
Nel dicembre 1863, 'Ntoni, il maggiore dei nipoti, era stato chiamato per la leva di mare. Padron 'Ntoni allora era corso dai pezzi grossi del paese, che son quelli che possono aiutarci. Ma don Giammaria, il vicario, gli avea risposto che gli stava bene, e questo era il frutto di quella rivoluzione di satanasso che avevano fatto collo sciorinare il fazzoletto tricolore dal campanile. Invece don Franco lo speziale si metteva a ridere fra i peli della barbona, e gli giurava fregandosi le mani che se arrivavano a mettere assieme un po' di repubblica, tutti quelli della leva e delle tasse li avrebbero presi a calci nel sedere, ché soldati non ce ne sarebbero stati più, e invece tutti sarebbero andati alla guerra, se bisognava. Allora padron 'Ntoni lo pregava e lo strapregava per l'amor di Dio di fargliela presto la repubblica, prima che suo nipote 'Ntoni andasse soldato, come se don Franco ce l'avesse in tasca; tanto che lo speziale finì coll'andare in collera. Allora don Silvestro il segretario si smascellava dalle risa a quei discorsi, e finalmente disse lui che con un certo gruzzoletto fatto scivolare in tasca a tale e tal altra persona che sapeva lui, avrebbero saputo trovare a suo nipote un difetto da riformarlo. Per disgrazia il ragazzo era fatto con coscienza, come se ne fabbricano ancora ad Aci Trezza, e il dottore della leva, quando si vide dinanzi quel pezzo di giovanotto, gli disse che aveva il difetto di esser piantato come un pilastro su quei piedacci che sembravano pale di ficodindia; ma i piedi fatti a pala di ficodindia ci stanno meglio degli stivalini stretti sul ponte di una corazzata, in certe giornataccie; e perciò si presero 'Ntoni senza dire «permettete». La Longa, mentre i coscritti erano condotti in quartiere, trottando trafelata accanto al passo lungo del figliuolo, gli andava raccomandando di tenersi sempre sul petto l'abitino della Madonna, e di mandare le notizie ogni volta che tornava qualche conoscente dalla città, che poi gli avrebbero mandato i soldi per la carta.
Il nonno, da uomo, non diceva nulla; ma si sentiva un gruppo nella gola anch'esso, ed evitava di guardare in faccia la nuora, quasi ce l'avesse con lei. Così se ne tornarono ad Aci Trezza zitti zitti e a capo chino. Bastianazzo, che si era sbrigato in fretta dal disarmare la Provvidenza, per andare ad aspettarli in capo alla via, come li vide comparire a quel modo, mogi mogi e colle scarpe in mano, non ebbe animo di aprir bocca, e se ne tornò a casa con loro. La Longa corse subito a cacciarsi in cucina, quasi avesse furia di trovarsi a quattr'occhi colle vecchie stoviglie, e padron 'Ntoni disse al figliuolo:
- Va a dirle qualche cosa, a quella poveretta; non ne può più.
Il giorno dopo tornarono tutti alla stazione di Aci Castello per veder passare il convoglio dei coscritti che andavano a Messina, e aspettarono più di un'ora, pigiati dalla folla dietro lo stecconato. Finalmente giunse il treno, e si videro tutti quei ragazzi che annaspavano, col capo fuori dagli sportelli, come fanno i buoi quando sono condotti alla fiera. I canti, le risate e il baccano erano tali che sembrava la festa di Trecastagni, e nella ressa e nel frastuono ci si dimenticava perfino quello stringimento di cuore che si aveva prima.
- Addio 'Ntoni! - Addio mamma! - Addio! ricordati! ricordati! - Lì presso, sull'argine della via, c'era la Sara di comare Tudda, a mietere l'erba pel vitello; ma comare Venera la Zuppidda andava soffiando che c'era venuta per salutare 'Ntoni di padron 'Ntoni, col quale si parlavano dal muro dell'orto, li aveva visti lei, con quegli occhi che dovevano mangiarseli i vermi. Certo è che 'Ntoni salutò la Sara colla mano, ed ella rimase colla falce in pugno a guardare finché il treno non si mosse. Alla Longa, l'era parso rubato a lei quel saluto; e molto tempo dopo, ogni volta che incontrava la Sara di comare Tudda, nella piazza o al lavatoio, le voltava le spalle.
Questo sono le domande a cui non risco a rispondere, datemi una mano
-Il narratore e la narrazione
a) ti sembra che si identifichi o con l'autore o con un particolare personaggio narrante?
-I personaggi:
Nei grandi romanzi ottocenteschi i personaggi vengono preceduti da una descrizione che presenta al lettore almeno parte della loro storia, cenni sulla loro personalità e il loro rispetto.
a) Come opera, invece, Verga?
-Lo stile
Nelle scelte espressive hanno scarso rilievo le figure retoriche vere e proprie, a eccezione delle similitudini.Dopo averne identificate alcune, definiscine la funzione.
* Ragazzi una cosa che mi è sfuggita:
riguardo alla prima domanda:
Sai come viene definito l'artificio usato d Verga per introdurre questo particolare tipo di narratore?
Ragazzi lo so è lungo, ma se potete aiutarmi ve ne sarò grato. Grazie
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Un tempo i Malavoglia erano stati numerosi come i sassi della strada vecchia di Trezza; ce n'erano persino ad Ognina, e ad Aci Castello, tutti buona e brava gente di mare, proprio all'opposto di quel che sembrava dal nomignolo, come dev'essere. Veramente nel libro della parrocchia si chiamavano Toscano, ma questo non voleva dir nulla, poiché da che il mondo era mondo, all'Ognina, a Trezza e ad Aci Castello, li avevano sempre conosciuti per Malavoglia, di padre in figlio, che avevano sempre avuto delle barche sull'acqua, e delle tegole al sole. Adesso a Trezza non rimanevano che i Malavoglia di padron 'Ntoni, quelli della casa del nespolo, e della Provvidenza ch'era ammarrata sul greto, sotto il lavatoio, accanto alla Concetta dello zio Cola, e alla paranza di padron Fortunato Cipolla.
Le burrasche che avevano disperso di qua e di là gli altri Malavoglia, erano passate senza far gran danno sulla casa del nespolo e sulla barca ammarrata sotto il lavatoio; e padron 'Ntoni, per spiegare il miracolo, soleva dire, mostrando il pugno chiuso - un pugno che sembrava fatto di legno di noce - Per menare il remo bisogna che le cinque dita s'aiutino l'un l'altro.
Diceva pure, - Gli uomini son fatti come le dita della mano: il dito grosso deve far da dito grosso, e il dito piccolo deve far da dito piccolo.
E la famigliuola di padron 'Ntoni era realmente diposta come le dita della mano. Prima veniva lui, il dito grosso, che comandava le feste e le quarant'ore; poi suo figlio Bastiano, Bastianazzo, perché era grande e grosso quanto il San Cristoforo che c'era dipinto sotto l'arco della pescheria della città; e così grande e grosso com'era filava diritto alla manovra comandata, e non si sarebbe soffiato il naso se suo padre non gli avresse detto «sòffiati il naso» tanto che s'era tolta in moglie la Longa quando gli avevano detto «pìgliatela». Poi veniva la Longa, una piccina che badava a tessere, salare le acciughe, e far figliuoli, da buona massaia; infine i nipoti, in ordine di anzianità: 'Ntoni, il maggiore, un bighellone di vent'anni, che si buscava tutt'ora qualche scappellotto dal nonno, e qualche pedata più giù per rimettere l'equilibrio, quando lo scappellotto era stato troppo forte; Luca, «che aveva più giudizio del grande» ripeteva il nonno; Mena (Filomena) soprannominata «Sant'Agata» perché stava sempre al telaio, e si suol dire «donna di telaio, gallina di pollaio, e triglia di gennaio»; Alessi (Alessio) un moccioso tutto suo nonno colui!; e Lia (Rosalia) ancora né carne né pesce. - Alla domenica, quando entravano in chiesa, l'uno dietro l'altro, pareva una processione.
Padron 'Ntoni sapeva anche certi motti e proverbi che aveva sentito dagli antichi, «perché il motto degli antichi mai mentì»: - «Senza pilota barca non cammina» - «Per far da papa bisogna saper far da sagrestano» - oppure - «Fa' il mestiere che sai, che se non arricchisci camperai» - «Contentati di quel che t'ha fatto tuo padre; se non altro non sarai un birbante» ed altre sentenze giudiziose.
Ecco perché la casa del nespolo prosperava, e padron 'Ntoni passava per testa quadra, al punto che a Trezza l'avrebbero fatto consigliere comunale, se don Silvestro, il segretario, il quale la sapeva lunga, non avesse predicato che era un codino marcio, un reazionario di quelli che proteggono i Borboni, e che cospirava pel ritorno di Franceschello, onde poter spadroneggiare nel villaggio, come spadroneggiava in casa propria.
Padron 'Ntoni invece non lo conosceva neanche di vista Franceschello, e badava agli affari suoi, e soleva dire: «Chi ha carico di casa non può dormire quando vuole» perché «chi comanda ha da dar conto».
Nel dicembre 1863, 'Ntoni, il maggiore dei nipoti, era stato chiamato per la leva di mare. Padron 'Ntoni allora era corso dai pezzi grossi del paese, che son quelli che possono aiutarci. Ma don Giammaria, il vicario, gli avea risposto che gli stava bene, e questo era il frutto di quella rivoluzione di satanasso che avevano fatto collo sciorinare il fazzoletto tricolore dal campanile. Invece don Franco lo speziale si metteva a ridere fra i peli della barbona, e gli giurava fregandosi le mani che se arrivavano a mettere assieme un po' di repubblica, tutti quelli della leva e delle tasse li avrebbero presi a calci nel sedere, ché soldati non ce ne sarebbero stati più, e invece tutti sarebbero andati alla guerra, se bisognava. Allora padron 'Ntoni lo pregava e lo strapregava per l'amor di Dio di fargliela presto la repubblica, prima che suo nipote 'Ntoni andasse soldato, come se don Franco ce l'avesse in tasca; tanto che lo speziale finì coll'andare in collera. Allora don Silvestro il segretario si smascellava dalle risa a quei discorsi, e finalmente disse lui che con un certo gruzzoletto fatto scivolare in tasca a tale e tal altra persona che sapeva lui, avrebbero saputo trovare a suo nipote un difetto da riformarlo. Per disgrazia il ragazzo era fatto con coscienza, come se ne fabbricano ancora ad Aci Trezza, e il dottore della leva, quando si vide dinanzi quel pezzo di giovanotto, gli disse che aveva il difetto di esser piantato come un pilastro su quei piedacci che sembravano pale di ficodindia; ma i piedi fatti a pala di ficodindia ci stanno meglio degli stivalini stretti sul ponte di una corazzata, in certe giornataccie; e perciò si presero 'Ntoni senza dire «permettete». La Longa, mentre i coscritti erano condotti in quartiere, trottando trafelata accanto al passo lungo del figliuolo, gli andava raccomandando di tenersi sempre sul petto l'abitino della Madonna, e di mandare le notizie ogni volta che tornava qualche conoscente dalla città, che poi gli avrebbero mandato i soldi per la carta.
Il nonno, da uomo, non diceva nulla; ma si sentiva un gruppo nella gola anch'esso, ed evitava di guardare in faccia la nuora, quasi ce l'avesse con lei. Così se ne tornarono ad Aci Trezza zitti zitti e a capo chino. Bastianazzo, che si era sbrigato in fretta dal disarmare la Provvidenza, per andare ad aspettarli in capo alla via, come li vide comparire a quel modo, mogi mogi e colle scarpe in mano, non ebbe animo di aprir bocca, e se ne tornò a casa con loro. La Longa corse subito a cacciarsi in cucina, quasi avesse furia di trovarsi a quattr'occhi colle vecchie stoviglie, e padron 'Ntoni disse al figliuolo:
- Va a dirle qualche cosa, a quella poveretta; non ne può più.
Il giorno dopo tornarono tutti alla stazione di Aci Castello per veder passare il convoglio dei coscritti che andavano a Messina, e aspettarono più di un'ora, pigiati dalla folla dietro lo stecconato. Finalmente giunse il treno, e si videro tutti quei ragazzi che annaspavano, col capo fuori dagli sportelli, come fanno i buoi quando sono condotti alla fiera. I canti, le risate e il baccano erano tali che sembrava la festa di Trecastagni, e nella ressa e nel frastuono ci si dimenticava perfino quello stringimento di cuore che si aveva prima.
- Addio 'Ntoni! - Addio mamma! - Addio! ricordati! ricordati! - Lì presso, sull'argine della via, c'era la Sara di comare Tudda, a mietere l'erba pel vitello; ma comare Venera la Zuppidda andava soffiando che c'era venuta per salutare 'Ntoni di padron 'Ntoni, col quale si parlavano dal muro dell'orto, li aveva visti lei, con quegli occhi che dovevano mangiarseli i vermi. Certo è che 'Ntoni salutò la Sara colla mano, ed ella rimase colla falce in pugno a guardare finché il treno non si mosse. Alla Longa, l'era parso rubato a lei quel saluto; e molto tempo dopo, ogni volta che incontrava la Sara di comare Tudda, nella piazza o al lavatoio, le voltava le spalle.
Risposte
alla prossima, allora!!!
Giorgia grazie mille sei stata non chiara, charissima...ti ringrazio veramente..senza parole :blush
Innanzitutto confermo lo straniamento...
Il narratore parla in terza persona dando l'impressione di essere una voce fuori campo, in realtà l'uso di alcune formule definisce questo narratore in modo univoco, perché descrivendo la situazione, fornisce anche giudizi personali.
Il narratore presuppone che il lettore conosca l'ambiente della vicenda, la lingua del popolo e gli stessi personaggi, che infatti non introduce in alcun modo e di cui parla chiamandoli per soprannome. Così il lettore diventa esso stesso parte della vicenda.
"Assieme a Luigi Capuana, Giovanni Verga è il padre del Verismo, il movimento italiano che traduce nel contesto e nella cultura della penisola il Naturalismo francese, di cui fu promotore Emile Zola. Seguendo questa poetica, il romanzo è «lo studio sincero e spassionato» (citazione tratta dalla prima frase della prefazione all'edizione originale del romanzo) della ricerca del benessere da parte di una famiglia, i Malavoglia appunto (la citazione è tratta dalla prefazione al romanzo), le cui vicende vengono seguite da parte di un narratore il più possibile obiettivo (parla in terza persona), ma anche il più vicino possibile alla cultura e alla mentalità dei personaggi (è "calato" nella cultura dei personaggi). Questo studio si svolge nel più puro spirito positivista, tipico della fine dell'Ottocento, secondo cui ogni fenomeno (anche sociale) è analizzabile, riconducibile a leggi precise, e quindi riproducibile sperimentalmente. Da questo punto di vista il romanzo diventa come un vero e proprio laboratorio d'analisi, in cui far muovere i personaggi-burattini a seconda dello studio umano e sociale che vuol fare lo scrittore.
Il rapporto tra autore e narratore è quindi particolare: da un lato abbiamo un autore, il Verga, colto e di provenienza agiata; dall'altro un narratore che, per cultura ed esperienze, condivide la mentalità dei protagonisti popolani, i Malavoglia. Si capisce che la ricerca formale (linguistica e narratologica) sia molto importante in questo romanzo, e che sia frutto di uno studio attento, di un tentativo di ricostruzione intellettuale. È questo il significato di tutte le similitudini e i modi di dire di cui è pieno il testo, tanto più che il verismo si distingue dalle altre correnti europee proprio per l'interesse verso la vita multiforme delle popolazioni contadine nelle diverse realtà regionali.
D'altra parte, i campi semantici del rumore e del movimento presenti nel passo analizzato mostrano bene quanto importante sia stata, per il Verga, anche la ricerca stilistica che potesse caricare il testo di forti emozioni. Assieme a Maruzza La Longa, personaggio quasi sconosciuto ma nel quale già ci si immedesima, il lettore prova l'angoscia del disastro temuto. Il movimento di tutta la scena rende molto bene il senso di catastrofe naturale e umana veicolato dal testo, così come il silenzio della Longa, accanto al frastuono del vento e del mare, mostra l'impotenza dell'uomo davanti alle forze del destino." da Letteratour
Il narratore parla in terza persona dando l'impressione di essere una voce fuori campo, in realtà l'uso di alcune formule definisce questo narratore in modo univoco, perché descrivendo la situazione, fornisce anche giudizi personali.
Il narratore presuppone che il lettore conosca l'ambiente della vicenda, la lingua del popolo e gli stessi personaggi, che infatti non introduce in alcun modo e di cui parla chiamandoli per soprannome. Così il lettore diventa esso stesso parte della vicenda.
"Assieme a Luigi Capuana, Giovanni Verga è il padre del Verismo, il movimento italiano che traduce nel contesto e nella cultura della penisola il Naturalismo francese, di cui fu promotore Emile Zola. Seguendo questa poetica, il romanzo è «lo studio sincero e spassionato» (citazione tratta dalla prima frase della prefazione all'edizione originale del romanzo) della ricerca del benessere da parte di una famiglia, i Malavoglia appunto (la citazione è tratta dalla prefazione al romanzo), le cui vicende vengono seguite da parte di un narratore il più possibile obiettivo (parla in terza persona), ma anche il più vicino possibile alla cultura e alla mentalità dei personaggi (è "calato" nella cultura dei personaggi). Questo studio si svolge nel più puro spirito positivista, tipico della fine dell'Ottocento, secondo cui ogni fenomeno (anche sociale) è analizzabile, riconducibile a leggi precise, e quindi riproducibile sperimentalmente. Da questo punto di vista il romanzo diventa come un vero e proprio laboratorio d'analisi, in cui far muovere i personaggi-burattini a seconda dello studio umano e sociale che vuol fare lo scrittore.
Il rapporto tra autore e narratore è quindi particolare: da un lato abbiamo un autore, il Verga, colto e di provenienza agiata; dall'altro un narratore che, per cultura ed esperienze, condivide la mentalità dei protagonisti popolani, i Malavoglia. Si capisce che la ricerca formale (linguistica e narratologica) sia molto importante in questo romanzo, e che sia frutto di uno studio attento, di un tentativo di ricostruzione intellettuale. È questo il significato di tutte le similitudini e i modi di dire di cui è pieno il testo, tanto più che il verismo si distingue dalle altre correnti europee proprio per l'interesse verso la vita multiforme delle popolazioni contadine nelle diverse realtà regionali.
D'altra parte, i campi semantici del rumore e del movimento presenti nel passo analizzato mostrano bene quanto importante sia stata, per il Verga, anche la ricerca stilistica che potesse caricare il testo di forti emozioni. Assieme a Maruzza La Longa, personaggio quasi sconosciuto ma nel quale già ci si immedesima, il lettore prova l'angoscia del disastro temuto. Il movimento di tutta la scena rende molto bene il senso di catastrofe naturale e umana veicolato dal testo, così come il silenzio della Longa, accanto al frastuono del vento e del mare, mostra l'impotenza dell'uomo davanti alle forze del destino." da Letteratour
vi ringrazio ragazzi siete il massimo, vi sono debitore...ora sto cercando un po per fare l'ultima domanda ma non trovo niente di soddisfacente...grazie ancora
* Ragazzi una cosa che mi è sfuggita:
riguardo alla prima domanda:
Sai come viene definito l'artificio usato d Verga per introdurre questo particolare tipo di narratore?
Sapete di che artificio parla? Straniamento? nn ne sono sicuro
* Ragazzi una cosa che mi è sfuggita:
riguardo alla prima domanda:
Sai come viene definito l'artificio usato d Verga per introdurre questo particolare tipo di narratore?
Sapete di che artificio parla? Straniamento? nn ne sono sicuro
qui trovi il resto:
http://209.85.129.132/search?q=cache:sIHIPrAl3UUJ:www.atuttascuola.it/scuola/italiano/i_malavoglia.htm+narratore+capitolo+1+malavoglia&cd=3&hl=it&ct=clnk&gl=it&client=firefox-a
http://209.85.129.132/search?q=cache:sIHIPrAl3UUJ:www.atuttascuola.it/scuola/italiano/i_malavoglia.htm+narratore+capitolo+1+malavoglia&cd=3&hl=it&ct=clnk&gl=it&client=firefox-a
ti faccio le prime 2: il narratore si identifica in alcuni dei personaggi,verga lascia parlare direttamente i personaggi senza indrodurli prima,diversamente da quanto facevano gli autori precedenti
ti ringrazio molto gentile, ma nello specifico puo aiutarmi poco e niente..
https://forum.skuola.net/italiano/i-malavoglia-13192.html guarda larisposta di orfe forse può aiutarti a rispondere alle tue domande
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