Parafrasi dell'ottava 48 all'ottava 71 del canto XI della Gerusalemme Liberata

Lolliii
parafrasi dall'ottava 48 all'otttava 71 della gerusalemme liberata?

Risposte
Stellinaxxx
Ciao Coltina!
Credo sia l'XI...
(se non è sbagliato ciò che c'è sul titolo)...
comunque sono davvero tanti versi...
Lolli, sicuro di non riuscire a farne almeno un po'?

coltina
di quale canto?

Aggiunto 8 ore 2 minuti più tardi:

grazie, non avevo letto bene il titolo! almeno te la comincio.....

Poi che sazia ti vede omai la belva
del suo latte, ella parte e si rinselva;
ed io giú scendo e ti ricolgo, e torno
là ’ve prima fur vòlti i passi miei,
e preso in picciol borgo alfin soggiorno,
celatamente ivi nutrir ti fei.

dopo che la belva ti ved esazia del suo latte, ella se ne va e torna nella selva; e io scendo giù e ti riprendo in braccio, e torno là da dove sono venuto prima, e raggiunto infine un piccolo paese, ti feci nutrire da qualcuno di nascosoto.

Vi stetti insin che ’l sol correndo intorno
portò a i mortali e diece mesi e sei.
Tu con lingua di latte anco snodavi
voci indistinte, e incerte orme segnavi.

Vi rimasi finchè trascorsero sedici mesi. Tu parlavi ancora come una bambina, balbettando parole indistinte e muovevi incerta i primi passi

Ma sendo io colà giunto ove dechina
l’etate omai cadente a la vecchiezza,
ricco e sazio de l’or che la regina
nel partir diemmi con regale ampiezza,
da quella vita errante e peregrina
ne la patria ridurmi ebbi vaghezza,
e tra gli antichi amici in caro loco
viver, temprando il verno al proprio foco.

Ma essendo ormai vicino alla vecchiaia, ricco e sazio dell'oro che la regina mi aveva dato in abbondanza quando ero partito, ebbi il desiderio di ritornare in partia e smettere quella vita da vagabondo, e di ritornare fra i miei amici nei luoghi a me cari, proteggendomi dall'inverno davanti al fuoco della mia casa

Partomi, e vèr l’Egitto onde son nato,
te conducendo meco, il corso invio,
e giungo ad un torrente, e riserrato
quinci da i ladri son, quindi dal rio.
Che debbo far? te, dolce peso amato,
lasciar non voglio, e di campar desio.

Parto verso l'egitto, dove sono nato, portandoti con me, inizio il viaggio e giungo ad un torrente e qui vengo circondato dai ladri e dall'altra parte dal fiume. Che devo fare? non voglio lasciare te perchè ti amo e allo stesso tempo voglio salvarmi.

Mi gitto a nuoto, ed una man ne viene
rompendo l’onda e te l’altra sostiene.
Rapidissimo è il corso, e in mezzo l’onda
in se medesma si ripiega e gira;
ma, giunto ove piú volge e si profonda,
in cerchio ella mi torce e giú mi tira.

Mi getto nel fiume per nuotare e con una mano mi faccio strada nell'acqua, con l'altra tengo te. La corrente è velocissima e le onde si avvolgono su se stesse; ma, arrivato dove c'è più corrente e il fiume è più profondo, la corrente mi fa vorticare e mi tira giù sott'acqua

Ti lascio allor, ma t’alza e ti seconda
l’acqua, e secondo a l’acqua il vento spira,
e t’espon salva in su la molle arena;
stanco, anelando, io poi vi giungo a pena.
Lieto ti prendo; e poi la notte, quando
tutte in alto silenzio eran le cose,
vidi in sogno un guerrier che minacciando
a me su ’l volto il ferro ignudo pose.
Imperioso disse: ’Io ti comando
ciò che la madre sua primier t’impose:
che battezzi l’infante; ella è diletta
del Cielo, e la sua cura a me s’aspetta.
Io la guardo e difendo, io spirto diedi
di pietate a le fère e mente a l’acque.
Misero te s’al sogno tuo non credi,
ch’è del Ciel messaggiero.’ E qui si tacque.
Svegliaimi e sorsi, e di là mossi i piedi
come del giorno il primo raggio nacque;
ma perché mia fé vera e l’ombre false
stimai, di tuo battesmo non mi calse,
né de i preghi materni; onde nudrita
pagana fosti, e ’l vero a te celai.
Crescesti, e in arme valorosa e ardita
vincesti il sesso e la natura assai:
fama e terre acquistasti, e qual tua vita
sia stata poscia tu medesma il sai;
e sai non men che servo insieme e padre
io t’ho seguita fra guerriere squadre.
Ier poi su l’alba, a la mia mente oppressa
d’alta quiete e simile a la morte,
nel sonno s’offerí l’imago stessa,
ma in piú turbata vista e in suon piú forte:
’Ecco,’ dicea ’fellon, l’ora s’appressa
che dée cangiar Clorinda e vita e sorte:
mia sarà mal tuo grado, e tuo fia il duolo.’
Ciò disse, e poi n’andò per l’aria a volo.
Or odi dunque tu che ’l Ciel minaccia
a te, diletta mia, strani accidenti.
Io non so; forse a lui vien che dispiaccia
ch’altri impugni la fé de’ suoi parenti.
Forse è la vera fede. Ah! giú ti piaccia
depor quest’arme e questi spirti ardenti."
Qui tace e piagne; ed ella pensa e teme,
ch’un altro simil sogno il cor le preme.
Rasserenando il volto, al fin gli dice:
"Quella fé seguirò che vera or parmi,
che tu co ’l latte già de la nutrice
sugger mi fèsti e che vuoi dubbia or farmi;
né per temenza lascierò, né lice
a magnanimo cor, l’impresa e l’armi,
non se la morte nel piú fer sembiante
che sgomenti i mortali avessi inante."
Poscia il consola; e perché il tempo giunge
ch’ella deve ad effetto il vanto porre,
parte e con quel guerrier si ricongiunge
che si vuol seco al gran periglio esporre.
Con lor s’aduna Ismeno, e instiga e punge
quella virtú che per se stessa corre;
e lor porge di zolfo e di bitumi
due palle, e ’n cavo rame ascosi lumi.
Escon notturni e piani, e per lo colle
uniti vanno a passo lungo e spesso,
tanto che a quella parte ove s’estolle
la machina nemica omai son presso.
Lor s’infiamman gli spirti, e ’l cor ne bolle
é può tutto capir dentro se stesso:
gli invita al foco, al sangue, un fero sdegno.
Grida la guardia, e lor dimanda il segno.
Essi van cheti inanzi, onde la guarda
"A l’arme! a l’arme!" in alto suon raddoppia;
ma piú non si nasconde e non è tarda
al corso allor la generosa coppia.
In quel modo che fulmine o bombarda
co ’l lampeggiar tuona in un punto e scoppia,
movere ed arrivar, ferir lo stuolo,
aprirlo e penetrar, fu un punto solo.
E forza è pur che fra mill’arme e mille
percosse il lor disegno al fin riesca.
Scopriro i chiusi lumi, e le faville
s’appreser tosto a l’accensibil esca,
ch’a i legni poi l’avolse e compartille.
Chi può dir come serpa e come cresca
già da piú lati il foco? e come folto
turbi il fumo a le stelle il puro volto?
Vedi globi di fiamme oscure e miste
fra le rote del fumo in ciel girarsi.
Il vento soffia, e vigor fa ch’acquiste
l’incendio e in un raccolga i fochi sparsi.

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