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Ariel :*
Ragazzi per domani ho da fare una parafrasi dell'inganno del cavallo vi prego me lo farà leggere e se sbaglierò verò rimandata grazie in anticipo :)

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tornado98
non sono sicuro di farla tutta giusta

Aggiunto 5 minuti più tardi:

Ormai esausti e spossati da un'interminabile guerra della quale sapevano di non essere ancora completamente vincitori, i Greci ricorsero all'ultima arma dello stratagemma e dell'insidia. Ispirati da Minerva, la dea che da sempre aveva dato loro il suo aiuto, costruirono un enorme cavallo fatto con legno di abeti; e lo lasciarono sulla spiaggia ai piedi della città, dando così a credere di tornarsene in patria abbandonando l'impresa guerresca e di lasciare sul luogo quel cavallo votivo per propiziarsi gli dèi sulla via del ritorno. Ma in quel cavallo si nascondeva l'inganno: le navi e gli eserciti greci si ritirarono, ma solo per nascondersi dietro un'isola non lontana dal litorale: nella grande pancia vuota del destriero di legno avevano invece preso posto, ben nascosti, armi e guerrieri.

E noi Troiani credemmo a quell'inganno, credemmo che veramente le vele della grande armata achèa si fossero spiegate per far ritorno a Micene. Grande fu la nostra gioia, dopo tanti anni di lacrime e lutti. Si aprirono le porte della città e tutti noi ne uscimmo, esaltatati e felici nel vedere finalmente la nostra terra libera di navi e armi nemiche. E guardavamo ammirati quel gigante di legno, dono votivo a Pàllade Atena. Ci fu chi propose che il gran destriero fosse portato dentro le mura della città, su fino alla rocca; chi invece, fra i capi, fu còlto dal sospetto che in quel simulacro si nascondesse un'insidia e che quindi, per quanto sacro, lo si gettasse in mare o gli si desse fuoco o addirittura lo si sventrasse. Fu Laocoonte quello che con maggiore veemenza cercò di convincerci che nel cavallo si nascondeva l'inganno: che al suo interno potevano nascondersi nemici o spie del nemico, o che fosse una macchina da guerra da usare contro le nostre mura.



A quel punto, vedemmo comparire un gruppo di contadini che conducevano un greco incatenato, fatto da loro prigioniero. Costui si diceva fuggito dal campo achèo per sfuggire alla morte decretata da Ulisse per ingraziarsi gli dèi, e a noi, lui disertore e fuggitivo, era venuto per chiedere aiuto e protezione. Il re Priamo, fattosi convincere come molti dalle sue parole che parevano sincere, gli garantì asilo e salvezza, assicurandogli che con noi si sarebbe trovato fra gente amica. Gli chiese, comunque, a che scopo i Greci avessero eretto e lasciato là quel grande Cavallo, per consiglio di chi, e se fosse veramente un voto oppure una magia o un infernale marchingegno da guerra. Quell'uomo era molto abile nella menzogna, così come lo scaltro Ulisse, l'ideatore di tale inganno, che bene lo aveva ammaestrato per confonderci la mente e farci cadere nel tranello.

Invocando gli dèi come testimoni, l'uomo disse che i Greci, avendo perduto il favore della dea Minerva, che pur era sempre stata loro amica e protettrice, avevano deciso di ritirarsi dalla guerra, essendosi convinti che non sarebbero mai riusciti ad espugnare *****. E che quel gigantesco cavallo, eretto per placare la dea, aveva il preciso scopo di spingere i Troiani a profanarlo e a distruggerlo: talché, come vendetta della dea, una ruina estrema ne sarebbe derivata alla città e al suo grande impero.

Astute parole ingannatrici impastate di false lacrime, che a noi furono fatali più di dieci lunghi anni di guerra. E per meglio trarre in inganno i prìncipi e il popolo di *****, avvenne un ferale prodigio. Due immani serpenti uscirono dal mare e s'avventarono sui piccoli figlioletti di Laocoonte, proprio colui che con più forza aveva cercato di convincerci del pericolo che per noi era quel misterioso Cavallo. Avvolsero nelle loro spire i giovani corpi e si attorcigliarono poi intorno a quello del padre, accorso in loro aiuto. Li stritolarono, li soffocarono, li divorarono.Tutti ci convincemmo allora che Laocoonte si era ingannato presagendo una sventura per la nostra città, e che per questo gli dèi lo avevano punito. Tutti gridarono che si portasse quell'immane Cavallo entro le mura, al tempio di Minerva che da Laocoonte era stata offesa, e gli si rendessero i dovuti onori. Così fu fatto; si abbatterono le porte per farvelo passare e l'ingannevole macchina fatale entrò nella nostra città. Fu la nostra rovina.

Si fece notte; e mentre la flotta dell'armata greca lasciava il suo nascondiglio e si avvicinava alla riva, quel greco infido che da noi era stato tanto benevolmente accolto, si avvicinò al Cavallo e ne aprì il ventre facendone uscire l'occulto agguato. Gli armati scesero a terra calandosi con le funi; fra loro vi era anche l'astuto Ulisse. Uccisero le guardie, aprirono le porte; l'armata degli Achei, riunita, irruppe entro le mura e fece scempio. La città fu data alle fiamme, gli abitanti barbaramente trucidati, la rocca e il palazzo del re distrutti.

Io volli darmi coraggio e cercai di radunare alcuni compagni in armi per un ultimo disperato tentativo di resistenza, ben sapendo che una bella morte onora tutta una vita. Ci fu battaglia, e molti nemici riuscimmo ad uccidere. Ma ben presto dovem

Aggiunto 55 secondi più tardi:

spero sia questa se non è questa fammelo sapere così magari mi dici se è di qualche altra opera
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