Divina commedia (54430)
significato della parola libertà nel purgatorio
Risposte
l'emblema della libertà è enunciata soprattutto nel 1 canto del purgatorio in quanto dante e virgilio incontrano catone il censore guardiano del purgatorio k si uccise proprio in nome di essa... =) ciao
http://it.answers.yahoo.com/question/index?qid=20081112110447AAO51T9
guarda qui se trovi qlcs!!!!
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http://www.mediasoft.it/dante/pages/dantepur.htm
Dante dai contemporanei era ritenuto non solo un poeta , ma anche un uomo di grande filosofia, come attesta anche il Villani ricordandone l’elogio funebre.
In effetti dopo la composizione della Vita Nova, Dante frequentò gli studi filosofici a Bologna e a Firenze. Cicerone, Boezio, Agostino, Alberto Magno, i commenti aristotelici e Tommaso divennero per lui letture familiari, che confluirono nelle Canzoni dottrinali, nel Convivio- sintesi teologica e filosofica in cui Dante esalta la sapienza, a cui pochi possono accedere, ma che egli ritiene desiderio comune a tutti gli uomini - e nel suo capolavoro la Divina Commedia
Alcuni critici vedono nella Divina Commedia l’espressione di una poesia che non può prescindere dalla razionalità e parlano di “poesia dell’intelligenza”, non teologia in versi, ma poesia della teologia; poesia che rappresenta l’entusiasmo dell’uomo in cerca della verità per le risposte che la fede riesce a dare. La Grazia, conformemente alla dottrina di Tommaso, per Dante non solo non sminuisce la ricerca della ragione, ma ne accresce le potenzialità, sostenendola e guidandola.
E’ questo un motivo che trova nel Purgatorio particolare esplicitazione nella questione relativa al libero arbitrio, che Dante tratta per bocca di Marco Lombardo nei canti centrali del suo poema, che Virgilio riprende nel canti XVII e XVIII con la questione dell’amore e che costituisce il presupposto necessario per il proseguimento del viaggio nelle terza cantica dedicata al Paradiso.
Nel canto XXVII il cammino attraverso la montagna in cui le anime si liberano dal peccato sta volgendo al termine. Accompagnato da Virgilio, il “famoso saggio” che lo ha soccorso su sollecitazione di Beatrice, Dante sta giungendo sulla cima del monte ove si trova il Paradiso terrestre. Ormai non ha più bisogno del soccorso di Virgilio, che lo ha guidato “con ingegno e con arte” per “le erte vie” della penitenza, perché il luogo che lo attende è illuminato dal sole della Grazia.
Gli accorgimenti della ragione, il suo dire e i suoi cenni hanno compiuto il loro ufficio di rivelare all’anima i meandri del peccato. Dante ha superato anche il momento della scelta del libero arbitrio, che implica l’aiuto della ragione per arrivare alla decisione del bene:”libero, dritto e sano è tuo arbitrio - gli dice Virgilio_e fallo fora non fare a suo senno”.
Ora la volontà del pellegrino è completamente libera perché si è sottratta dagli impedimenti che l’indugiare nella contingenza del peccato comporta, non necessita più della critica della ragione e si può affidare alla spontaneità dell’intuito.
Non solo, nel bene l’io diventa padrone di sé stesso. “Per ch’io sovra te corono e mitrio”, dice Virgilio a Dante. L’io ha conquistato la sua sostanza di eternità e si possiede interamente, signore di sé stesso.
Il filosofo Max Stirner nell’ “Unico e la sua proprietà” sostiene che per essere liberi non basta essere “ liberi da”: l’io deve essere in sé stesso, completamente autonomo, diretto soltanto dal suo intuito e dalla sua volontà. Una libertà questa del filosofo moderno che approda al nulla, perché nella conquista del suo fondamento l’io scopre il niente da cui ultimamente è costituito.
Per Dante invece la raggiunta padronanza di sé, come frutto del libero arbitrio che si è deciso per il bene, porta al conseguimento della pace e della letizia dello spirito.
In effetti dopo la composizione della Vita Nova, Dante frequentò gli studi filosofici a Bologna e a Firenze. Cicerone, Boezio, Agostino, Alberto Magno, i commenti aristotelici e Tommaso divennero per lui letture familiari, che confluirono nelle Canzoni dottrinali, nel Convivio- sintesi teologica e filosofica in cui Dante esalta la sapienza, a cui pochi possono accedere, ma che egli ritiene desiderio comune a tutti gli uomini - e nel suo capolavoro la Divina Commedia
Alcuni critici vedono nella Divina Commedia l’espressione di una poesia che non può prescindere dalla razionalità e parlano di “poesia dell’intelligenza”, non teologia in versi, ma poesia della teologia; poesia che rappresenta l’entusiasmo dell’uomo in cerca della verità per le risposte che la fede riesce a dare. La Grazia, conformemente alla dottrina di Tommaso, per Dante non solo non sminuisce la ricerca della ragione, ma ne accresce le potenzialità, sostenendola e guidandola.
E’ questo un motivo che trova nel Purgatorio particolare esplicitazione nella questione relativa al libero arbitrio, che Dante tratta per bocca di Marco Lombardo nei canti centrali del suo poema, che Virgilio riprende nel canti XVII e XVIII con la questione dell’amore e che costituisce il presupposto necessario per il proseguimento del viaggio nelle terza cantica dedicata al Paradiso.
Nel canto XXVII il cammino attraverso la montagna in cui le anime si liberano dal peccato sta volgendo al termine. Accompagnato da Virgilio, il “famoso saggio” che lo ha soccorso su sollecitazione di Beatrice, Dante sta giungendo sulla cima del monte ove si trova il Paradiso terrestre. Ormai non ha più bisogno del soccorso di Virgilio, che lo ha guidato “con ingegno e con arte” per “le erte vie” della penitenza, perché il luogo che lo attende è illuminato dal sole della Grazia.
Gli accorgimenti della ragione, il suo dire e i suoi cenni hanno compiuto il loro ufficio di rivelare all’anima i meandri del peccato. Dante ha superato anche il momento della scelta del libero arbitrio, che implica l’aiuto della ragione per arrivare alla decisione del bene:”libero, dritto e sano è tuo arbitrio - gli dice Virgilio_e fallo fora non fare a suo senno”.
Ora la volontà del pellegrino è completamente libera perché si è sottratta dagli impedimenti che l’indugiare nella contingenza del peccato comporta, non necessita più della critica della ragione e si può affidare alla spontaneità dell’intuito.
Non solo, nel bene l’io diventa padrone di sé stesso. “Per ch’io sovra te corono e mitrio”, dice Virgilio a Dante. L’io ha conquistato la sua sostanza di eternità e si possiede interamente, signore di sé stesso.
Il filosofo Max Stirner nell’ “Unico e la sua proprietà” sostiene che per essere liberi non basta essere “ liberi da”: l’io deve essere in sé stesso, completamente autonomo, diretto soltanto dal suo intuito e dalla sua volontà. Una libertà questa del filosofo moderno che approda al nulla, perché nella conquista del suo fondamento l’io scopre il niente da cui ultimamente è costituito.
Per Dante invece la raggiunta padronanza di sé, come frutto del libero arbitrio che si è deciso per il bene, porta al conseguimento della pace e della letizia dello spirito.
Ti incollo questo appunto del sito:
Subito nel canto I del Purgatorio, quando si è appena entrati nel nuovo regno, Dante presenta la figura di Catone l’Uticense che si rivela subito un personaggio straordinario e, soprattutto, moralmente integro. L’attenzione di Dante, infatti, p subito colpita dalla quattro stelle che illuminano il suo viso e rappresentano le virtù cardinali (prudenza, giustizia, fortezza e temperanza) perse dopo il peccato originale.
Ma ciò che colpisce subito l’attenzione del lettore è la singolarità di una simile scelta. Questo personaggio, infatti, essendo pagano e suicida, dovrebbe stare fra i grandi spiriti del Limbo nel I cerchio o fra i suicidi nel VII cerchio (quindi nell’inferno), e, invece, lo troviamo come custode del Purgatorio. Questa scelta, apparentemente strana, può essere spiegata studiando un particolare della vita di Catone: la sua morte avvenuta ad Utica (per questo è detto l’Uticense) nel 16 a.C.. egli, infatti, scelse il suicidio piuttosto che rinunciare alla libertà politica che ormai Cesare aveva di fatto sottratto a chi, come lui, era un pompeiano. Ed è proprio “libertà” la parola che ci aiuta a capire perché Catone si trova qui, dove le anime si purificano e trovano la libertà dal peccato. Catone è morto per difendere la propria libertà e quindi si trova nel Purgatorio come simbolo della libertà dal peccato che le anime dei pentiti cercano. Altre giustificazioni di questa scelta potrebbero essere: una parziale autoidentificazione come esule alla ricerca della libertà politica e il giudizio positivo che molti grandi del passato avevano di Catone. Ad esempio, Cicerone lo definisce straordinario, Virgilio lo pone come custode dei Campi Elisi e, in particolare, Lucano lo definisce “deo plenus” e racconta di come si fosse rifiutato di consultare l’oracolo di Delfi.
Catone è dunque salvato per le sue qualità morali che, nell’interpretazione medievale, gli avrebbero fatto credere in Cristo.
Catone diventa quindi il simbolo positivo del Purgatorio e la sua scelta di libertà diventa un esempio per tutte le anime che seguono il cammino della purificazione.
Aggiunto 1 giorni più tardi:
shakira, cita sempre le fonti, per cortesia...
Subito nel canto I del Purgatorio, quando si è appena entrati nel nuovo regno, Dante presenta la figura di Catone l’Uticense che si rivela subito un personaggio straordinario e, soprattutto, moralmente integro. L’attenzione di Dante, infatti, p subito colpita dalla quattro stelle che illuminano il suo viso e rappresentano le virtù cardinali (prudenza, giustizia, fortezza e temperanza) perse dopo il peccato originale.
Ma ciò che colpisce subito l’attenzione del lettore è la singolarità di una simile scelta. Questo personaggio, infatti, essendo pagano e suicida, dovrebbe stare fra i grandi spiriti del Limbo nel I cerchio o fra i suicidi nel VII cerchio (quindi nell’inferno), e, invece, lo troviamo come custode del Purgatorio. Questa scelta, apparentemente strana, può essere spiegata studiando un particolare della vita di Catone: la sua morte avvenuta ad Utica (per questo è detto l’Uticense) nel 16 a.C.. egli, infatti, scelse il suicidio piuttosto che rinunciare alla libertà politica che ormai Cesare aveva di fatto sottratto a chi, come lui, era un pompeiano. Ed è proprio “libertà” la parola che ci aiuta a capire perché Catone si trova qui, dove le anime si purificano e trovano la libertà dal peccato. Catone è morto per difendere la propria libertà e quindi si trova nel Purgatorio come simbolo della libertà dal peccato che le anime dei pentiti cercano. Altre giustificazioni di questa scelta potrebbero essere: una parziale autoidentificazione come esule alla ricerca della libertà politica e il giudizio positivo che molti grandi del passato avevano di Catone. Ad esempio, Cicerone lo definisce straordinario, Virgilio lo pone come custode dei Campi Elisi e, in particolare, Lucano lo definisce “deo plenus” e racconta di come si fosse rifiutato di consultare l’oracolo di Delfi.
Catone è dunque salvato per le sue qualità morali che, nell’interpretazione medievale, gli avrebbero fatto credere in Cristo.
Catone diventa quindi il simbolo positivo del Purgatorio e la sua scelta di libertà diventa un esempio per tutte le anime che seguono il cammino della purificazione.
Aggiunto 1 giorni più tardi:
shakira, cita sempre le fonti, per cortesia...