Dante parla di stile alto (tragico), medio (comico) e basso (elegiaco), ma parla anche di cardinale, aulico e curiale. Entrate!

stefano_8855s
Che relazione c'è tra queste due categorie?
Sono la stessa cosa?
Che cosa significano? E in relazione a che cosa?

E infine, il titolo "Commedia" c'entra qualcosa?

Risposte
maryanp86
Ho cercato su Internet ciò che potesse spiegarlo bene e allo stesso tempo in modo esaustivo. Taglia/copia e incolla non è un modo superficiale di rispondere alla domanda se il contenuto merita attenzione. Fatta questa breve precisazione cercherò di rispondere alla tua domanda con parole mie, ma comunque estrapolate da testi (non sono un critico letterario). Dante affronta la questione dello stile e della lingua nel De Vulgari Eloquentia: i tre termini in riferimento allo stile ( sublime o tragico, mezzano o comico, umile o elegiaco) riguardano la classificazione medievale che a seconda della materia trattata classificava (appunto) ne indicava lo stile più appropriato. Dante ritiene che il volgare "illustre", cioè quello destinato ad uno stile più alto, deve essere "cardinale", "aulico" e "curiale": cardinale nel senso di "cardine" intorno a cui devono ruotare tutte le lingue volgari (locali); aulico perché se gli italiani avessero una "aula" (cioè reggia) questo (il volgare) sarebbe il palazzo reale; curiale perché risponde a quelle esigenze di eleganza e dignità che si possono avere solo nelle corti più eccelse.
Per quanto riguarda il riferimento alla Divina Commedia, questa si chiama così perché inizia male; il linguaggio e lo stile cambia nelle 3 cantiche, innalzandosi sempre di più: basti pensare a "vecchio" (Inf.); "veglio" (Purg.); "Sene" (Par.).
Spero di essere stata più esaustiva

stefano_8855s
maryanp86 non mi interessano le cose copiate e incollate da internet.... volevo qualcuno che me lo spiegasse.... ho già cercato in tutto internet senza risposta chiara.... grazie ;)

maryanp86
l titolo Commedia si rifà alla teoria medievale degli stili e allude al fatto che il poema comincia male, con lo smarrimento angoscioso nella selva, e finisce bene, con l’ascesa all’Empireo e la visione di Dio (al contrario la tragedia inizia bene e finisce male, come chiarito da Aristotele nella Poetica, che Dante conosceva in forma indiretta). La retorica medievale distingueva inoltre tre stili, quello alto e «tragico», quello medio e «comico», quello basso ed «elegiaco» (che corrispondevano alle tre opere di Virgilio, Eneide, Georgiche, Bucoliche). La Commedia presenta una commistione di tutti e tre gli stili, anche se c’è una certa prevalenza per quello «comico», proprio soprattutto dell’Inferno.
Quanto alla lingua, Dante si serve del volgare fiorentino già usato nelle precedenti opere, benché ricorra anche a latinismi, francesismi, provenzalismi e prestiti da varie altre lingue (c’è chi ha visto persino vocaboli di origine araba, mentre i versi 140-147 del Canto XXVI del Purgatorio sono in pura lingua d’oc). Dante ricorre talvolta a linguaggi strani e incomprensibili (le parole di Pluto, quelle di Nembrod nell’Inferno), mentre altrove conia degli arditi neologismi (specialmente nel Paradiso). Questo ha portato gli studiosi a parlare di plurilinguismo e pluristilismo della Commedia, il che differenzia Dante da Petrarca e dai poeti dell’Umanesimo e del Rinascimento, che preferiranno alla sua una lingua più «pura» e regolare.

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