Aiutoo Perfavoree!
Ciao a tutti per domani ho veramente troppo compiti spero che mi potete auiutare in qualche modo...nel brano Letter d'amor tradito devo fare un ritratto psicologico di tutti i personaggi!
La madre di Analìa Torres morì di una febbre nervosa quando lei nacque, e suo padre non sopportò la tristezza e due settimane più tardi si sparò una rivoltellata al petto.Agonizzò per diversi giorni con il nome della moglie sulle labbra. Suo fratello Eugenio amministrò i terreni della famiglia e dispose del destino della piccolaorfana secondo il suo criterio. Fino ai sei anni Analìa crebbe aggrappata alle sottane di una balia india nelle stanze di servizio della casa del tutore; poi, appena fu in età di andare a scuola, la mandarono alla capitale, come allieva interna del Collegio delle Sorelle del Sacro Cuore, dove passò i dodici anni seguenti. Era una buona alunna e amava la dsciplina, l' austerità dell' edificio di pietra, la cappella con la sua corte di santi e il suo aroma di ceri e di gigli, i corridoi nudi, i chiostri ombrosi. Ciò che meno le piaceva era il baccano delle educande e l' acre odore delle aule, Ogni volta ch riusciva a eludere la vigilanza delle suore si nasondeva in soffitta, tra statue decapitate e mobili rotti, per raccontare storie a se stessa. In quei momenti rubati si immergeva nel silenzio con la sensazione di abbandonarsi a un peccato.
Ogni sei mesi riceveva una breve lettera dello zio Euenio, il qule le raccomandava di comportarsi bene e onorare la memoria dei genitori, che in ita erano stati due buoni cristiani e sarebbero stati orgogliosi che la loro unica figlia dedicasse la propria esistenza ai più alti precetti della virtù, ossia entrasse in convento. Ma Analìa gli fece sapere fin dalla prima insinuazione che a questo non era disposta, e mantenne con fermezza la propria decisione semplicemnte per contraddirlo, perchè in fondo la vita religiosa le piaceva. Nascosta dietro la veste, nella solitudine ultima della rinuncia a qualsiasi piacere, forse avrebbe potuto trovate una pace durevole, pensava; tuttavia il suo istinto la metteva in guardia contro i consigli de tutore. Sospettava che le sue azioni fossero motivate dalla cupidigia dei terreni più che alla lealtà familiare. Nulla di ciò ch veniva da lui le sembrava degno di fee, in qualche interstizio doveva esserci la trappola.
Quando Analìa compì i sedici anni suo zio andò a farle visita in collegio per la prima volta. La Madre Superiora chiamò la ragazza nel suo studio, e dovette presentarli, perchè entrambi erano molto cambiati dai tempi della balia india nei cortili del retro, non si riconobbero.
"Vedo che le suoe ti hanno allevata bene, Analìa", commentò lo zio rimescolando la sua tazza di cioccolata. "Hai un aspetto sano, e sei anche graziosa. Nella mia ultima lettera ti ho detto che a partire da questo compleanno riceverai una somma mensile per le tue spese,come ha lasciato detto nel suo testamento mio fratello, riposi in pace."
"Quanto?"
"Cento pesos".
"E' tutto ciò che hanno lasciato i miei genitori?"
"No, certo. Sai che la tenuta ti appartiene, ma l' agricoltura non è faccenda da donne, sopratutto in questi tempi di sciperi e rivoluzioni. Per il momento ti manderò una mesilità che aumenterà ogni anno, fino alla tua maggiore età. Poi vedremo."
"Vedremo cosa, zio?"
"Vedremo cosa ti convenga di più."
"Quali sono le mie alternative?"
"Avrai sempre bisogno di un uomo che ti aministri i terreni, bambina. Io l' ho fatto per tutti questi anni e non è stato un compito facile, ma è mio dovere, l' ho promesso a mio fratello in punto di morte e sono disposto a continuare a farlo per te."
"Non dovrete farlo ancora per molto tempo, zio. Quando mi sposerò penserò io alle mie terre."
"Quando si sposerà, ha detto la piccola? Mi dica, M adre, ha forse qualche opretendente?"
"Cosa le viene in mente, signor Torres! Ci stiamo ben attente, alle bambine. E' solo una maniera di parlare. Le cose che è capace di dire questa ragazza!"
Analìa Torres si alzò in piedi, si stirò le pieghe del' uniforme, fece una breve riverenza pittosto beffarda e uscì. La Ma dre Superiora versò altra cioccolata al signore, commentando che l' unica spiegazione per quel comportamento scortese era lo scarso contatto che la giovane aveva avuto con i familiari.
"E' l' unica allieva che non va mai in vacanza, e che non ha mai ricevuto un regalo di Natale", disse la suora in tono secco.
"Non sono portato alle moine, ma le assicuro che stimo molto mia nipote e ho curato i suoi interessi come un padre. Però lei ha ragione, Analìa ha bisogno di più affetto, le donne sono sentimentali".
Prima di trenta giorni lo zio si presentò di nuovo in collegio , ma in tale occasione non chiese di vedere la nipote, si limitò a notifcare alla Madre Superiora che suo figlio desiderava intavolare una corrispondenza con Analìa, e a pregarla di farle pervenire le lettere per vedere se i rapporti co il cugino avrebbero raffrzato i legami di famiglia.
Le lettere cominciarono ad arrivare regolarmente. Semplice carta bianca e inchiostro nero, una scrittura dai tratti grandi e precisi. Alcune parlavano della vita in campagna, delle stagioni e degli animali, altre di poeti già morti e dei pensieri che avevano scritto. A volte la busta includeva un libro o un disegno tracciato con la stessa mano ferma della calligrafia. Analìa si propose di non leggerle, fedele all' idea che qualsiasi cosa legata allo zio nascondesse un pericolo, ma nella noia del collegio le lettere rappresentavano la sua unica possibilità di volare. Si nascondeva in soffitta, non più a inventare storie improbabili, ma a rileggere con avidità le parole del cugino fino a conoscere a memoria l' inclinazione dlele lettere e la testura della carta. All'inizio non rispondeva, ma passato poco tempo non potè farne a meno. Il contenuto delle lettere andò facendosi sempre più intenso a beffare la censura della Madre Superiora, che apriva tutta la corrispondenza. Crebbe l' intimità fra i due, e presto riuscirono a concordare un codice segreto con cui cominciarono a parlare d' amore.
Analìa Torres non ricordava di aver mai visto quel cugino che si firmava Luis, perchè quando lei vivva a casa dello zio il ragazzo era interno in un collegio della capitale. Era certa che doveva essere brutto, forse infermo o deforme, perchè le semmbrava impossibile che a una sensibilità così profonda e a un' intelligenza così acuta si sommasse un aspetto attraente. Tentava di disegnare nella propria mente un' immagine del cugino: grassotto e basso come suo padre con la faccia butterata dal vaiolo, zoppo e mezzo calvo; ma quanti più difetti gli aggiungeva tanto più inclinava ad amarlo. Lo splendore dello spirito era l' unica cosa importante, l'unica che avrebbe resistito al passar degli anni senza deteriorarsi e si sarebbe accrsciuto col tempo, la bellezza di quegli eroi utopici dei romanzi non aveva alcun valore e si poteva trasformare persino in un motivo di frivolezza, concludeva la ragazza, anche se non poteva evitare un' ombra di inquietudine nel suo ragionamento. Si chiedeva quanta deformità sarebbe statacapace di tollerare.
La corrispondenza tra Analìa e Luis durò due anni, in capo ai quali la ragazza aveva una cappelliera piena di buste e l' anima completamente soggiogata. Se le attraversò la mente l' idea che quella relazione avrebbe potuto essere un piano dello zio perchè i suoi beni che lei aveva ereditato dal padre passassero nelle mani di Luis, la scartò immediatamente, vergognandosi della propria meschinità. Il giorno in cui compì diciotto anni la Madre Superiora la chiamò in refettorio perchè c' era una visita che l' aspettava. Analìa Torres indovinò chi era e fu sul punto di correre a nascondersi nella soffitta dei santi dimenticati, terrorizzata dall' eventualità di dover affrontare finalente l'uomo che aveva immaginato per tanto tempo. Quando entrò nella sala e se lo trovò di fronte le ci vollero parecchi minuti per vincere la disillusione.
Luis Torres non era il nano contorto che lei aveva costruito in sogno e aveva imparato ad amare. Era un uomo ben piantato con un viso simpatico dai tratti regolari, la bocca ancora infantile, una barva scura e ben curata, occhi chiari dalle ciglia lunghe, ma privi di espressione. Somigliava un poco ai santi della cappella, troppo bellino e un pò scioccone. Analìa si riprese dall' impatto e decise che se aveva accettato in cuor suo un gobbo, a maggior ragione avrebbe potuto amare quel giovane elegante che la baciava sulla guancia lasciandole una traccia di lavanda sul naso.
Fin dal primo giorno di matrimonio Analìa detestò Luis Torres. Quando la schiacciò tra le lenzuola ricamate di un letto troppo morbido seppe che si era innamorata di un fantasma, e che non avrebbe mai potuto trasferire quella passione immaginaria alla realtà del suo matrimonio. Combattè i proprio sentimenti con determinazione, prima scartandoli come un vizio e poi, quando fu impossibile continuare a ignorarli, tentando di giungere in gondo alla proprio anima per strapparli alla radice. Luis era gentile e a volte persino divertente, non la infastidiva con esigenze sproporzionate, nè tentò di modificare la sua tendenza alla solitudine e al silenzio.
Lei stessa ammetteva che con un pò di buona volontà da parte sua avrebbe potuto trovare in quel rapporto una certa felicità, almeno quanta ne avrebbe ottenuta sotto una veste monacale. Non aveva motivi precisi per quella strana repulsione per l' uomo che aveva amato per due anni senza conoscerlo. Nè riusciva ad esprimere con parole le proprie emozioni, ma se anche avesse potuto farlo non avrebbe avuto nessuno con cui parlarne. Si sentiva beffata nel non poter conciliare l' immagine del pretendente epistolare con quella di quel marito in carne e ossa. Luis non menzionava mai le lettere e, e quando lei toccava l' argomento le chiudeva la bocca con un rapido bacio e qualche ossrvzione leggera su quel romanticismo così poco adeguato alla vita matrimoniale, in cui la fiducia, il rispetto, gli interessi comuni e il futuro della famiglia, importavano molto di più di una corrispondenza da adolescenti. Durante il giorno ciascuno si occupava delle proprio faccende, e di notte si incontravano tra i cuscini di piume, dove- Analìa abituata alla branda del collegio- credeva di soffocare. A volte si abbracciavano frettolosamente, lei immobile e tesa, lui con l' atteggiamento di chi soddisfa un' esigenza del corpo perchè non lo può evitare. Luis si addormentava subito, lei rimaneva con gli occhi aperti nel buio e una protesta in gola. Analìa tentò in diverse maniere di vincere la ripulsa che lui le ispirava, dalla risorsa di fissarsi nella memoria ogni dettaglio del marito col proposito di amarlo per pura decisione, fino a quella di svuotare la mente d' ogni pensiero e di trasferirsi in una dimensione dove lui non poteva raggiungerla. Pregava che fosse solo una ripuganza transitoria, ma passarono i mesi e invece del sollievo sperato crebbe l' animosità fino a tramutarsi in odio. Una notte si sorprese a sognare di un uomo orribile che la accarezzava con le dita macchiate di inchiostro nero.
I coniugi Torres vivevano nella proprietà acquistata dal padre di Analìa quando quella era una regione mezzo selvaggia, terra di soldati e banditi. Ora si trovava vicino alla rotabile e a breve distanza da un paede prospero, dove ogni anno si tenevano fiere agricole e del bestiame. Legalmente Luis era l' amministratore del fondo, ma in realtà era lo Zio Eugenio a compiere quella funzione, perchè Luis non provava che noia per le cose di campagna. Dopo pranzo, quando padre e figlio si installavano in biblioteca a bere cognac e a giocare a domino. Analìa sentiva lo zio decidere sugli investimenti, gli animali, le semine e i raccolti. A volte Analìa usciva a galoppare tra i pascoli fino al limite della montagna, desiderando di esser nata uomo.
La nascita di un figlio non migliorò affatto i sentimento di Analìa per suo marito. Durante i mesi della gestazione si accentuò il suo carattere chiuso, ma Luis non si spazientì, attribuendolo al suo stato. E comunque aveva altre cose a cui pensare. Dopo il parto lei si trasferì in un' altra stanza, ammobiliata soltanto con un letto stretto e duro. Quando il figlio compì un anno la madre chiudeva ancora la porta a chiave ed evitava ogni occasione di rimanere sola con lui, Luis decise che era tempo di esigere un trattamento più rispettoso e avvertì sua moglie che era meglio che cambiasse atteggiamento, prima che buttase giù la porta. Lei non lo aveva mai visto così violento. Obbedì senza commenti. Nei sette anni seguenti òa tensione tra loro aumentò in amniera tale che finirono per diventare nemici segreti, ma erano persone ben educate e di fronte agli altri si trattavano con esagerata cortesia. Solo il bimbo sospettava la grandezza dell' ostilità tra i genitori, e si svegliava di notte piangendo, nel letto bagnato. Anal'a si coprì di una corazza di silenzio e a poco a poco parve disseccarsi intimamente. Luis invece divenne più espansivo e frivolo, si abbandonò ai suoi molteplici appetti, beveva troppo e usava perdersi per diversi giorni in traversie inconfessabili. Poi, quando smise di celare la sua dissipazione, Analìa trovò buoni pretesti per allontanarsi ancor di più da lui. Luis perse ogni interesse per i lavori di campagna, e sua moglie lo sostituì, contenta di quella nuova posizione. La domenica zio Eugenio si fermava in sala da pranzo a discutere le decisione con lei, mentre Luis sprofondava in una lunga siesta da cui resuscitava al tramonto, inzuppato di sudore e con lo stomaco sottosopra, ma sempre pronto a uscire a far baldoria con gli amici.
Analìa insegnò al figlio i rudimenti della scrittura e dell' aritmetica, e tentò di iniziarlo al piacere dei libri. Quando il bambino compì sette anni Luis decise che era tempo di dargli un' educazione più formale , lontano dalle moine della madre, e volle mandarlo in un collegio della capital per vedere se diventava uomo in fretta, ma Analìa gli si oppose con tale ferocia che dovette accettare una soluzione meno drastica. Lo portò alla scuola del paese, dove rimaneva interno dal lunedì al venerdì, am il sabato mattina la macchina andava a prenderlo per riportarlo a casa fino a domenica. La prima settimana Analìa osservò ansiosa il figlio, in cerca di pretesti per portarlo con se, ma non riuscì a trovarne. Il bambino sembrava contento, parlava del maestro e dei compagni con genuino entusiasmo, come fosse nato tra loro. Smise di fare la pipì a letto. Tre mesi dopo tornò a casa con la pagella e una breve lettera dell' inegnante che si congratulava per il suo buon rendimento. Analìa la lesse tremando e sorrise per la prima volta dopo molto tempo. Abbracciò il figlio commossa, interrogandolo su ogni particolare, come erano i dormitori, cosa gli davano da mangiare, se aveva freddo di notte, quanti amici aveva, com' era il maestro. Parve molto più tranquilla, e non parlò più di toglierlo dalla scuola. Nei mesi seguenti il bambino riportò sempre buoni voti, che Analìa collezionava come tesori e retribuiva con baratttoli di marmellata e cesti di frutta per tutta la classe. Cercava di non pensare che quella soluzione avrebbe funzionato solo per l' istruzione elementare, che di lì a pochi anni sarebbe stato inevitabile mandare il bambino in un collegio cittadino, e che avrebbe potuto vederlo solo durante le vacanze. In una notte di gozzoviglia in paese Luis Torres, che aveva bevuto troppo, si mise in testa di esibirsi su un cavallo altrui per dimostrare la proprioa bilità di cavaliere davanti a un gruppo di compagni di sbornia.
L' animale lo scaraventò a terra e con un calcio gli annientò i testicoli. Nove giorni dopo Torres morì urlando di dolore in una clinica della capitale, dove l' avevano portato nella speranza di salvarlo dall' infezione. Gli stava accanto la moglie, piangendo di rimorso per l' amore che non aveva mai potuto dargli e di sollievo perchè non avrebbe più dovuto continuare a pregare perchè morisse. Prima di tornare in campagna con la salma in un feretro per seppellirla nella sua terra, Analìa si comprò un vestito bianco e lo mise in fondo alla valigia. In paese arrivò vestita a lutto, con il viso coperto da un velo vedovile perchè nessuno vedesse l' espressione dei suoi occhi, e così si presentò al funerale, tenendo per mano il figlio, anch' egli vestito di nero. Al termine della cerimonia lo zio Eugenio, che si manteneva in ottima slauta malgrado i suoi settant' anni ben spesi, propose alla nuora di cedergli le terre e di andare a vivere di rendita in città, dove il bambino avrebbe potuto terminare la propria educazione e lei dimenticare le pene del passato.
"Perchè non ignoro, Analìa, che tu e il mio povero Luis no siete mai stati felici", disse.
"Avete ragione, zio. Luis mi ha ingannato fin dall' inizio".
"Buon Dio, figliola mia, è sempre stato molto discreto e rispettoso con te. Luis era un buon marito. Tutti gli uomini hanno le loro piccole avventure ma questo non ha nessuna importanza".
"Non mi riferivo a questo, ma a un inganno irrimediabile".
"Non voglio sapere di cosa si tratta. In ogni caso, penso che nella capitake tu e il bambino starete molto meglio. Penserò io alla proprietà, sono vecchio ma non ancora finito, saprei ancora abbattere un toro".
"Rimarrò qui. E anche mio figlio, perchè deve aiutarmi con i terreni. Negli ultimi anni mi sono occupata più dei pascoli che della casa. L' unica differenza sarà che adesso prenderò le mie decisioni senza consultare nessuno. Finalmente questa terra è solo mia. Addio, zio Eugenio".
Nelle prime settimane Analìa organizzò la sua nuova vita. Cominciò col bruciare le lenzuola che aveva condiviso con il marito, e col trasferire il suo letto angusto nella stanza principale; poi studiò a fondo i registri della proprietà, e appena ebbe un' idea precisa dei proprio beni cercò un fattore che eseguisse i suoi ordini senza far domande. Quando srntì di avere tutte le redini in mano andò a prendere il suo vestito bianco nella valigia, lo stirò accuratamente, se lo mise e così abbigliata partì per la scuola del paese, portando sotto braccio una vecchia cappelliera.
Analìa Torres attese nel cortile che la campanella delle cinque annunciasse la fine dell' ultima lezione pomeridiana e che la turba dei bambini uscisse per la ricreazione. Tra loro c' era suo figlio in gioiosa corsa, che vedendola si fermò di botto, perchè era l prima volta che sua madre metteva piede nel collegio.
"Fammi vedere la tua aula, voglio conoscere il tuo maestro", gli disse.
Sulla soglia Analìa disse al bambino di andarsene, perchè quella era una faccenda privata, ed entrò da sola. Era una grande sala dal soffitto alto, con mappe e schmi biologici appesi alle pareti. C' era lo stesso odore di chiuso e di sudore infantile che aveva segnato la sua infanzia, ma in quella occasione non la infastidì, al contrario, lo ispirò con piacere. I banchi erano in disordine dopo una giornata lezioni, c' erano cartacce per terra calamai aperti. Vide una colonna di numeri sulla lavagna.
In fondo, su una cattedra rialzata da una piattaforma, si trovava il maestro. L' uomo alzò gli occhi sorpreso e rimase seduto, perchè le sue stampelle erano in un angolo troppo lontano per raggiungerle senza trascinare la sedia. Analìa passò tra le due file di banchi e gli si mise davanti.
"Sono la madre di Torres", disse, perchè non le venne in mente nulla di meglio.
"Molto lieto, signora. Finalmente posso ringraziarla per i dolci e per la frutta che ci manda".
"Lasciamo stare, non sono venuta qui per ricevere complimenti. Sono venuta per chiederle conto di questo", disse Analìa posando la cappelliera sulla cattedra.
"Che cos'è?
Lei tolse il coperchio e tirò fuori le lettere d' amore che aveva custodito per tutto quel tempo. Per un lungo istante il maestro rimase con gli occhi fissi su quella montagna di buste.
"Lei mi deve undici anni di vita", disse Analìa.
"Come ha saputo che le ho scritte io?", balbettò lui quando riuscì a recuperare la voce che gli si era impantanata da qualche parte.
" Il giorno stesso del mio matrimonio ho scoperto che non poteva averle scritte mio marito, e quando mio figlio ha portato a cas ala sua prima pagella ho riconosciuto la calligrafia. E adesso che la guardo non ho più il minimo dubbio, perchè è lei che ho visto in sogno da quando avevo sedici anni. Perchè l' ha fatto?"
"Luis Torres era mio amico, e quando mi ha chiesto di scrivergli una lettera per sua cugina non mi è sembrato che ci fosse niente di male. E così è stato per la seconda e per la terza volta; poi quando lei mi ha risposto, non ho più potuto smettere. Quei due anni sono stati i migliori della mia vita, gli unici in cui aspettassi qualcosa. Aspettavo la posta"
"Ah!"
"Potrà mai perdonarmi?"
"Dipende da lei", disse Analìa passandogli le stampelle. Il maestro si infilò la giacca e si alzò. Uscirono insieme nel tumulto del cortile, dove il sole non era ancora tramontato.
AIUTATEMI PERFAVORE! =)
La madre di Analìa Torres morì di una febbre nervosa quando lei nacque, e suo padre non sopportò la tristezza e due settimane più tardi si sparò una rivoltellata al petto.Agonizzò per diversi giorni con il nome della moglie sulle labbra. Suo fratello Eugenio amministrò i terreni della famiglia e dispose del destino della piccolaorfana secondo il suo criterio. Fino ai sei anni Analìa crebbe aggrappata alle sottane di una balia india nelle stanze di servizio della casa del tutore; poi, appena fu in età di andare a scuola, la mandarono alla capitale, come allieva interna del Collegio delle Sorelle del Sacro Cuore, dove passò i dodici anni seguenti. Era una buona alunna e amava la dsciplina, l' austerità dell' edificio di pietra, la cappella con la sua corte di santi e il suo aroma di ceri e di gigli, i corridoi nudi, i chiostri ombrosi. Ciò che meno le piaceva era il baccano delle educande e l' acre odore delle aule, Ogni volta ch riusciva a eludere la vigilanza delle suore si nasondeva in soffitta, tra statue decapitate e mobili rotti, per raccontare storie a se stessa. In quei momenti rubati si immergeva nel silenzio con la sensazione di abbandonarsi a un peccato.
Ogni sei mesi riceveva una breve lettera dello zio Euenio, il qule le raccomandava di comportarsi bene e onorare la memoria dei genitori, che in ita erano stati due buoni cristiani e sarebbero stati orgogliosi che la loro unica figlia dedicasse la propria esistenza ai più alti precetti della virtù, ossia entrasse in convento. Ma Analìa gli fece sapere fin dalla prima insinuazione che a questo non era disposta, e mantenne con fermezza la propria decisione semplicemnte per contraddirlo, perchè in fondo la vita religiosa le piaceva. Nascosta dietro la veste, nella solitudine ultima della rinuncia a qualsiasi piacere, forse avrebbe potuto trovate una pace durevole, pensava; tuttavia il suo istinto la metteva in guardia contro i consigli de tutore. Sospettava che le sue azioni fossero motivate dalla cupidigia dei terreni più che alla lealtà familiare. Nulla di ciò ch veniva da lui le sembrava degno di fee, in qualche interstizio doveva esserci la trappola.
Quando Analìa compì i sedici anni suo zio andò a farle visita in collegio per la prima volta. La Madre Superiora chiamò la ragazza nel suo studio, e dovette presentarli, perchè entrambi erano molto cambiati dai tempi della balia india nei cortili del retro, non si riconobbero.
"Vedo che le suoe ti hanno allevata bene, Analìa", commentò lo zio rimescolando la sua tazza di cioccolata. "Hai un aspetto sano, e sei anche graziosa. Nella mia ultima lettera ti ho detto che a partire da questo compleanno riceverai una somma mensile per le tue spese,come ha lasciato detto nel suo testamento mio fratello, riposi in pace."
"Quanto?"
"Cento pesos".
"E' tutto ciò che hanno lasciato i miei genitori?"
"No, certo. Sai che la tenuta ti appartiene, ma l' agricoltura non è faccenda da donne, sopratutto in questi tempi di sciperi e rivoluzioni. Per il momento ti manderò una mesilità che aumenterà ogni anno, fino alla tua maggiore età. Poi vedremo."
"Vedremo cosa, zio?"
"Vedremo cosa ti convenga di più."
"Quali sono le mie alternative?"
"Avrai sempre bisogno di un uomo che ti aministri i terreni, bambina. Io l' ho fatto per tutti questi anni e non è stato un compito facile, ma è mio dovere, l' ho promesso a mio fratello in punto di morte e sono disposto a continuare a farlo per te."
"Non dovrete farlo ancora per molto tempo, zio. Quando mi sposerò penserò io alle mie terre."
"Quando si sposerà, ha detto la piccola? Mi dica, M adre, ha forse qualche opretendente?"
"Cosa le viene in mente, signor Torres! Ci stiamo ben attente, alle bambine. E' solo una maniera di parlare. Le cose che è capace di dire questa ragazza!"
Analìa Torres si alzò in piedi, si stirò le pieghe del' uniforme, fece una breve riverenza pittosto beffarda e uscì. La Ma dre Superiora versò altra cioccolata al signore, commentando che l' unica spiegazione per quel comportamento scortese era lo scarso contatto che la giovane aveva avuto con i familiari.
"E' l' unica allieva che non va mai in vacanza, e che non ha mai ricevuto un regalo di Natale", disse la suora in tono secco.
"Non sono portato alle moine, ma le assicuro che stimo molto mia nipote e ho curato i suoi interessi come un padre. Però lei ha ragione, Analìa ha bisogno di più affetto, le donne sono sentimentali".
Prima di trenta giorni lo zio si presentò di nuovo in collegio , ma in tale occasione non chiese di vedere la nipote, si limitò a notifcare alla Madre Superiora che suo figlio desiderava intavolare una corrispondenza con Analìa, e a pregarla di farle pervenire le lettere per vedere se i rapporti co il cugino avrebbero raffrzato i legami di famiglia.
Le lettere cominciarono ad arrivare regolarmente. Semplice carta bianca e inchiostro nero, una scrittura dai tratti grandi e precisi. Alcune parlavano della vita in campagna, delle stagioni e degli animali, altre di poeti già morti e dei pensieri che avevano scritto. A volte la busta includeva un libro o un disegno tracciato con la stessa mano ferma della calligrafia. Analìa si propose di non leggerle, fedele all' idea che qualsiasi cosa legata allo zio nascondesse un pericolo, ma nella noia del collegio le lettere rappresentavano la sua unica possibilità di volare. Si nascondeva in soffitta, non più a inventare storie improbabili, ma a rileggere con avidità le parole del cugino fino a conoscere a memoria l' inclinazione dlele lettere e la testura della carta. All'inizio non rispondeva, ma passato poco tempo non potè farne a meno. Il contenuto delle lettere andò facendosi sempre più intenso a beffare la censura della Madre Superiora, che apriva tutta la corrispondenza. Crebbe l' intimità fra i due, e presto riuscirono a concordare un codice segreto con cui cominciarono a parlare d' amore.
Analìa Torres non ricordava di aver mai visto quel cugino che si firmava Luis, perchè quando lei vivva a casa dello zio il ragazzo era interno in un collegio della capitale. Era certa che doveva essere brutto, forse infermo o deforme, perchè le semmbrava impossibile che a una sensibilità così profonda e a un' intelligenza così acuta si sommasse un aspetto attraente. Tentava di disegnare nella propria mente un' immagine del cugino: grassotto e basso come suo padre con la faccia butterata dal vaiolo, zoppo e mezzo calvo; ma quanti più difetti gli aggiungeva tanto più inclinava ad amarlo. Lo splendore dello spirito era l' unica cosa importante, l'unica che avrebbe resistito al passar degli anni senza deteriorarsi e si sarebbe accrsciuto col tempo, la bellezza di quegli eroi utopici dei romanzi non aveva alcun valore e si poteva trasformare persino in un motivo di frivolezza, concludeva la ragazza, anche se non poteva evitare un' ombra di inquietudine nel suo ragionamento. Si chiedeva quanta deformità sarebbe statacapace di tollerare.
La corrispondenza tra Analìa e Luis durò due anni, in capo ai quali la ragazza aveva una cappelliera piena di buste e l' anima completamente soggiogata. Se le attraversò la mente l' idea che quella relazione avrebbe potuto essere un piano dello zio perchè i suoi beni che lei aveva ereditato dal padre passassero nelle mani di Luis, la scartò immediatamente, vergognandosi della propria meschinità. Il giorno in cui compì diciotto anni la Madre Superiora la chiamò in refettorio perchè c' era una visita che l' aspettava. Analìa Torres indovinò chi era e fu sul punto di correre a nascondersi nella soffitta dei santi dimenticati, terrorizzata dall' eventualità di dover affrontare finalente l'uomo che aveva immaginato per tanto tempo. Quando entrò nella sala e se lo trovò di fronte le ci vollero parecchi minuti per vincere la disillusione.
Luis Torres non era il nano contorto che lei aveva costruito in sogno e aveva imparato ad amare. Era un uomo ben piantato con un viso simpatico dai tratti regolari, la bocca ancora infantile, una barva scura e ben curata, occhi chiari dalle ciglia lunghe, ma privi di espressione. Somigliava un poco ai santi della cappella, troppo bellino e un pò scioccone. Analìa si riprese dall' impatto e decise che se aveva accettato in cuor suo un gobbo, a maggior ragione avrebbe potuto amare quel giovane elegante che la baciava sulla guancia lasciandole una traccia di lavanda sul naso.
Fin dal primo giorno di matrimonio Analìa detestò Luis Torres. Quando la schiacciò tra le lenzuola ricamate di un letto troppo morbido seppe che si era innamorata di un fantasma, e che non avrebbe mai potuto trasferire quella passione immaginaria alla realtà del suo matrimonio. Combattè i proprio sentimenti con determinazione, prima scartandoli come un vizio e poi, quando fu impossibile continuare a ignorarli, tentando di giungere in gondo alla proprio anima per strapparli alla radice. Luis era gentile e a volte persino divertente, non la infastidiva con esigenze sproporzionate, nè tentò di modificare la sua tendenza alla solitudine e al silenzio.
Lei stessa ammetteva che con un pò di buona volontà da parte sua avrebbe potuto trovare in quel rapporto una certa felicità, almeno quanta ne avrebbe ottenuta sotto una veste monacale. Non aveva motivi precisi per quella strana repulsione per l' uomo che aveva amato per due anni senza conoscerlo. Nè riusciva ad esprimere con parole le proprie emozioni, ma se anche avesse potuto farlo non avrebbe avuto nessuno con cui parlarne. Si sentiva beffata nel non poter conciliare l' immagine del pretendente epistolare con quella di quel marito in carne e ossa. Luis non menzionava mai le lettere e, e quando lei toccava l' argomento le chiudeva la bocca con un rapido bacio e qualche ossrvzione leggera su quel romanticismo così poco adeguato alla vita matrimoniale, in cui la fiducia, il rispetto, gli interessi comuni e il futuro della famiglia, importavano molto di più di una corrispondenza da adolescenti. Durante il giorno ciascuno si occupava delle proprio faccende, e di notte si incontravano tra i cuscini di piume, dove- Analìa abituata alla branda del collegio- credeva di soffocare. A volte si abbracciavano frettolosamente, lei immobile e tesa, lui con l' atteggiamento di chi soddisfa un' esigenza del corpo perchè non lo può evitare. Luis si addormentava subito, lei rimaneva con gli occhi aperti nel buio e una protesta in gola. Analìa tentò in diverse maniere di vincere la ripulsa che lui le ispirava, dalla risorsa di fissarsi nella memoria ogni dettaglio del marito col proposito di amarlo per pura decisione, fino a quella di svuotare la mente d' ogni pensiero e di trasferirsi in una dimensione dove lui non poteva raggiungerla. Pregava che fosse solo una ripuganza transitoria, ma passarono i mesi e invece del sollievo sperato crebbe l' animosità fino a tramutarsi in odio. Una notte si sorprese a sognare di un uomo orribile che la accarezzava con le dita macchiate di inchiostro nero.
I coniugi Torres vivevano nella proprietà acquistata dal padre di Analìa quando quella era una regione mezzo selvaggia, terra di soldati e banditi. Ora si trovava vicino alla rotabile e a breve distanza da un paede prospero, dove ogni anno si tenevano fiere agricole e del bestiame. Legalmente Luis era l' amministratore del fondo, ma in realtà era lo Zio Eugenio a compiere quella funzione, perchè Luis non provava che noia per le cose di campagna. Dopo pranzo, quando padre e figlio si installavano in biblioteca a bere cognac e a giocare a domino. Analìa sentiva lo zio decidere sugli investimenti, gli animali, le semine e i raccolti. A volte Analìa usciva a galoppare tra i pascoli fino al limite della montagna, desiderando di esser nata uomo.
La nascita di un figlio non migliorò affatto i sentimento di Analìa per suo marito. Durante i mesi della gestazione si accentuò il suo carattere chiuso, ma Luis non si spazientì, attribuendolo al suo stato. E comunque aveva altre cose a cui pensare. Dopo il parto lei si trasferì in un' altra stanza, ammobiliata soltanto con un letto stretto e duro. Quando il figlio compì un anno la madre chiudeva ancora la porta a chiave ed evitava ogni occasione di rimanere sola con lui, Luis decise che era tempo di esigere un trattamento più rispettoso e avvertì sua moglie che era meglio che cambiasse atteggiamento, prima che buttase giù la porta. Lei non lo aveva mai visto così violento. Obbedì senza commenti. Nei sette anni seguenti òa tensione tra loro aumentò in amniera tale che finirono per diventare nemici segreti, ma erano persone ben educate e di fronte agli altri si trattavano con esagerata cortesia. Solo il bimbo sospettava la grandezza dell' ostilità tra i genitori, e si svegliava di notte piangendo, nel letto bagnato. Anal'a si coprì di una corazza di silenzio e a poco a poco parve disseccarsi intimamente. Luis invece divenne più espansivo e frivolo, si abbandonò ai suoi molteplici appetti, beveva troppo e usava perdersi per diversi giorni in traversie inconfessabili. Poi, quando smise di celare la sua dissipazione, Analìa trovò buoni pretesti per allontanarsi ancor di più da lui. Luis perse ogni interesse per i lavori di campagna, e sua moglie lo sostituì, contenta di quella nuova posizione. La domenica zio Eugenio si fermava in sala da pranzo a discutere le decisione con lei, mentre Luis sprofondava in una lunga siesta da cui resuscitava al tramonto, inzuppato di sudore e con lo stomaco sottosopra, ma sempre pronto a uscire a far baldoria con gli amici.
Analìa insegnò al figlio i rudimenti della scrittura e dell' aritmetica, e tentò di iniziarlo al piacere dei libri. Quando il bambino compì sette anni Luis decise che era tempo di dargli un' educazione più formale , lontano dalle moine della madre, e volle mandarlo in un collegio della capital per vedere se diventava uomo in fretta, ma Analìa gli si oppose con tale ferocia che dovette accettare una soluzione meno drastica. Lo portò alla scuola del paese, dove rimaneva interno dal lunedì al venerdì, am il sabato mattina la macchina andava a prenderlo per riportarlo a casa fino a domenica. La prima settimana Analìa osservò ansiosa il figlio, in cerca di pretesti per portarlo con se, ma non riuscì a trovarne. Il bambino sembrava contento, parlava del maestro e dei compagni con genuino entusiasmo, come fosse nato tra loro. Smise di fare la pipì a letto. Tre mesi dopo tornò a casa con la pagella e una breve lettera dell' inegnante che si congratulava per il suo buon rendimento. Analìa la lesse tremando e sorrise per la prima volta dopo molto tempo. Abbracciò il figlio commossa, interrogandolo su ogni particolare, come erano i dormitori, cosa gli davano da mangiare, se aveva freddo di notte, quanti amici aveva, com' era il maestro. Parve molto più tranquilla, e non parlò più di toglierlo dalla scuola. Nei mesi seguenti il bambino riportò sempre buoni voti, che Analìa collezionava come tesori e retribuiva con baratttoli di marmellata e cesti di frutta per tutta la classe. Cercava di non pensare che quella soluzione avrebbe funzionato solo per l' istruzione elementare, che di lì a pochi anni sarebbe stato inevitabile mandare il bambino in un collegio cittadino, e che avrebbe potuto vederlo solo durante le vacanze. In una notte di gozzoviglia in paese Luis Torres, che aveva bevuto troppo, si mise in testa di esibirsi su un cavallo altrui per dimostrare la proprioa bilità di cavaliere davanti a un gruppo di compagni di sbornia.
L' animale lo scaraventò a terra e con un calcio gli annientò i testicoli. Nove giorni dopo Torres morì urlando di dolore in una clinica della capitale, dove l' avevano portato nella speranza di salvarlo dall' infezione. Gli stava accanto la moglie, piangendo di rimorso per l' amore che non aveva mai potuto dargli e di sollievo perchè non avrebbe più dovuto continuare a pregare perchè morisse. Prima di tornare in campagna con la salma in un feretro per seppellirla nella sua terra, Analìa si comprò un vestito bianco e lo mise in fondo alla valigia. In paese arrivò vestita a lutto, con il viso coperto da un velo vedovile perchè nessuno vedesse l' espressione dei suoi occhi, e così si presentò al funerale, tenendo per mano il figlio, anch' egli vestito di nero. Al termine della cerimonia lo zio Eugenio, che si manteneva in ottima slauta malgrado i suoi settant' anni ben spesi, propose alla nuora di cedergli le terre e di andare a vivere di rendita in città, dove il bambino avrebbe potuto terminare la propria educazione e lei dimenticare le pene del passato.
"Perchè non ignoro, Analìa, che tu e il mio povero Luis no siete mai stati felici", disse.
"Avete ragione, zio. Luis mi ha ingannato fin dall' inizio".
"Buon Dio, figliola mia, è sempre stato molto discreto e rispettoso con te. Luis era un buon marito. Tutti gli uomini hanno le loro piccole avventure ma questo non ha nessuna importanza".
"Non mi riferivo a questo, ma a un inganno irrimediabile".
"Non voglio sapere di cosa si tratta. In ogni caso, penso che nella capitake tu e il bambino starete molto meglio. Penserò io alla proprietà, sono vecchio ma non ancora finito, saprei ancora abbattere un toro".
"Rimarrò qui. E anche mio figlio, perchè deve aiutarmi con i terreni. Negli ultimi anni mi sono occupata più dei pascoli che della casa. L' unica differenza sarà che adesso prenderò le mie decisioni senza consultare nessuno. Finalmente questa terra è solo mia. Addio, zio Eugenio".
Nelle prime settimane Analìa organizzò la sua nuova vita. Cominciò col bruciare le lenzuola che aveva condiviso con il marito, e col trasferire il suo letto angusto nella stanza principale; poi studiò a fondo i registri della proprietà, e appena ebbe un' idea precisa dei proprio beni cercò un fattore che eseguisse i suoi ordini senza far domande. Quando srntì di avere tutte le redini in mano andò a prendere il suo vestito bianco nella valigia, lo stirò accuratamente, se lo mise e così abbigliata partì per la scuola del paese, portando sotto braccio una vecchia cappelliera.
Analìa Torres attese nel cortile che la campanella delle cinque annunciasse la fine dell' ultima lezione pomeridiana e che la turba dei bambini uscisse per la ricreazione. Tra loro c' era suo figlio in gioiosa corsa, che vedendola si fermò di botto, perchè era l prima volta che sua madre metteva piede nel collegio.
"Fammi vedere la tua aula, voglio conoscere il tuo maestro", gli disse.
Sulla soglia Analìa disse al bambino di andarsene, perchè quella era una faccenda privata, ed entrò da sola. Era una grande sala dal soffitto alto, con mappe e schmi biologici appesi alle pareti. C' era lo stesso odore di chiuso e di sudore infantile che aveva segnato la sua infanzia, ma in quella occasione non la infastidì, al contrario, lo ispirò con piacere. I banchi erano in disordine dopo una giornata lezioni, c' erano cartacce per terra calamai aperti. Vide una colonna di numeri sulla lavagna.
In fondo, su una cattedra rialzata da una piattaforma, si trovava il maestro. L' uomo alzò gli occhi sorpreso e rimase seduto, perchè le sue stampelle erano in un angolo troppo lontano per raggiungerle senza trascinare la sedia. Analìa passò tra le due file di banchi e gli si mise davanti.
"Sono la madre di Torres", disse, perchè non le venne in mente nulla di meglio.
"Molto lieto, signora. Finalmente posso ringraziarla per i dolci e per la frutta che ci manda".
"Lasciamo stare, non sono venuta qui per ricevere complimenti. Sono venuta per chiederle conto di questo", disse Analìa posando la cappelliera sulla cattedra.
"Che cos'è?
Lei tolse il coperchio e tirò fuori le lettere d' amore che aveva custodito per tutto quel tempo. Per un lungo istante il maestro rimase con gli occhi fissi su quella montagna di buste.
"Lei mi deve undici anni di vita", disse Analìa.
"Come ha saputo che le ho scritte io?", balbettò lui quando riuscì a recuperare la voce che gli si era impantanata da qualche parte.
" Il giorno stesso del mio matrimonio ho scoperto che non poteva averle scritte mio marito, e quando mio figlio ha portato a cas ala sua prima pagella ho riconosciuto la calligrafia. E adesso che la guardo non ho più il minimo dubbio, perchè è lei che ho visto in sogno da quando avevo sedici anni. Perchè l' ha fatto?"
"Luis Torres era mio amico, e quando mi ha chiesto di scrivergli una lettera per sua cugina non mi è sembrato che ci fosse niente di male. E così è stato per la seconda e per la terza volta; poi quando lei mi ha risposto, non ho più potuto smettere. Quei due anni sono stati i migliori della mia vita, gli unici in cui aspettassi qualcosa. Aspettavo la posta"
"Ah!"
"Potrà mai perdonarmi?"
"Dipende da lei", disse Analìa passandogli le stampelle. Il maestro si infilò la giacca e si alzò. Uscirono insieme nel tumulto del cortile, dove il sole non era ancora tramontato.
AIUTATEMI PERFAVORE! =)
Risposte
su internet nn si trova molto, prova tu!
ancora niente speriamoch e qualcosa venga fuori :mad