Proemio Eneide vv1-200

koalaaa
qualcuno può aiutarmi nella lettura metrica dell'eneide(proemio vv1-200) e sull'analisi grammaticale!??!?aiutooo
disperazioneee :cry

Risposte
giu92d
si, se hai qualche problema inserisci i versi e li vediamo insieme, ma così non potrei aiutarti perchè ci sarebbe da fare l'analisi di 200 versi.

:hi

koalaaa
grazie mille, per l'analisi provvedo come posso...grazie per la metrica!

giu92d
Ciao
benvenuta su skuola.net

Ecco, ti faccio un esempio di come va letto in metrica segnando gli accenti:

Arma virùmque canò
Tròiae qui prìmus ab òris
Itàliam fatò profugùs
lavìniaque vènit litora
multum illè et terrìs
iactàtus et alto
vì superùm saève memorèm
Iunònis ob iram

per ANALISI GRAMMATICALE cosa vuoi sapere? è bene che la analizzi tu, verso per verso e se hai qualche dubbio ti aiuto.


ANALISI DEL TESTO:

Negli incipit omerici compare l'invocazione alla Musa mentre nell'Eneide Virgilio enuncia il proprio personale progetto di opera, rivolgendosi alla Musa solo nel verso 8. Il proemio acquista quindi una forma più articolata.

La parola armi vuole far intendere che tutta l'opera esalterà soprattutto il valore in guerra dell'eroe troiano. Armi dunque è la parola chiave per intendere il contenuto del poema e le caratteristiche del suo eroe. (Nell' Iliade la parola è Ira, a voler intendere che tutta la storia ruota intorno all'ira di Achille). La presenza delle armi richiama immediatamente l'immagine di un VIR (arma virumque) e la menzione del vir evoca le armi, in quanto bastano questi due termini, senza altre precisazioni, a definire il paradigma, il modello ideale, dell'eroe.

Molta importanza ha la figura del FATO: è una forza incontrastabile, superiore al volere degli dei stessi. Questo termine deriva dal verbo latino fari=pronunciare. Quindi "ciò che è pronunciato", destino immutabile.

Enea è spinto contro la sua stessa volontà a vagare sui mari alla ricerca di una nuova sede per il suo popolo.

Enea è un profugus: la definizione va al di là della sua fuga da ***** e ne dipinge la psicologia instabile e sradicata. La coscienza lo costringe a sottomettersi agli dei, ma il sentimento gli fa percepire la durezza del proprio ruolo e la solitudine della condizione umana. La PIETAS reca con sé un grave peso, PONDUS; anzi, quanto più l'uomo è pius, tanto più sembra inchiodato ad una vita disumana. La pietas va dal "basso" (cioè dall'uomo) all'"alto" (cioè alla divinità). E poiché quella volontà divina, può essere una volontà crudele e spietata, affinché i disegni del Fato siano compiuti, il pio Enea può essere anche un combattente o un amante spietato, quasi con un rovesciamento di significati.

L'eroe virgiliano è un personaggio complicato a differenza dell'eroe omerico che esprime un codice aristocratico: all'eccellenza della nascita corrisponde l'eccellenza del carattere.

Coraggiosi, caparbi ed egocentrici, gli eroi omerici agiscono senza dubbi o contraddizioni; non seguono le regole, ma le dettano e, anzi, le incarnano. Infatti le qualità individuali degli eroi omerici non erano mai subordinate ai bisogni della collettività a differenza dell'UOMO-EROE di Virgilio che si fa via via portavoce dei bisogni della comunità che sa interpretare e realizzare attraverso le imprese eroiche al servizio del suo popolo. Proprio il senso del collettivo caratterizza il nuovo codice eroico.
Virgilio vuole invece indagare le motivazioni del dolore umano: mihi causas memora/ quo numine laeso . Il dolore colpisce tutti, neppure l'eroe è immune; anzi sembra proprio che con il dolore la divinità la faccia sofferto oggetto di predilezione. L'eroismo in Virgilio è l'esito vittorioso di un lungo conflitto interiore, pagato a caro prezzo.

L'episodio narrativo in cui la distanza fra Virgilio e Omero è più tangibile è quello della descrizione dello scudo di Enea. Lo scudo, costruito da Vulcano è un clipeo, lo scudo rotondo e metallico dell'oplita greco, non lo scudo ligneo e oblungo dell'esercito romano. Lo sguardo ammirato di Enea è il punto di partenza della descrizione e è proprio l'occhio dell'eroe che dà senso alla descrizione. La differenza con Omero sta in ciò che è raffigurato nello scudo di Enea e ciò che raffigurato nello scudo di Achille descritto da omero nell'Iliade: tema della raffigurazione virgiliana è la storia della potenza romana dalle origini ai suoi tempi. La storia, perciò, entra in questo modo prepotentemente nel mondo dell'immaginario mitico; lo scudo non è tanto un'arma che consente all'eroe di proseguire l'azione, come era avvenuto in Achille, ma è il segno dell'accettazione definitiva da parte di Enea del suo destino, è la consacrazione ad eroe.

Enea, con lo scudo, diventa il nuovo Achille, un Achille che deve combattere però , non per conseguire onore personale, ma per la realizzazione di quegli eventi che sono rappresentati sulla sua arma, per la futura grandezza di Roma, la storia della quale è li raffigurata nelle sua tappe principali e più significative.

Il fatto che Virgilio non descrive le armi nell'atto della loro costruzione, come in Omero, ma nel momento in cui Enea le riceve e le osserva, sposta l'attenzione del lettore sul personaggio: la descrizione si arricchisce del punto di vista dell'eroe.

Ora è pronto a sollevare sulle sue spalle il destino della sua gente e a collaborare per la gloria futura del popolo romano: il destino di Enea si compirà solo in futuro, quando nascerà una nuova era aurea, il presente dei contemporanei del poeta.

La distanza epica si è annullata nella consapevolezza storica.

Dal mito l'eroe passa alla storia.

Il materiale storico così diventa nelle mani del poeta un potente mezzo per veicolare i valori del presente.

L'introduzione da parte di Virgilio di più punti di vista nella narrazione lo differenzia da Omero il quale poneva il narratore esterno come "fuoco": il narratore rappresenta la verità insindacabile, eterna ed immutabile.


:hi

Rispondi
Per rispondere a questa discussione devi prima effettuare il login.