Appunti di kant e nietzsche per l'interrogazione...appunti validi per favore!!!

IoooMe
vi prego siamo agli sgoccioli vi pregooo...

Risposte
mitraglietta
tutta la parte o no.. se si prendono materiali dal web, bisogna obbligatoriamente citare le fonti!

peduz91
Alexander cita le fonti:

http://www.friedrich-nietzsche.it/index.php/nietzsche-vs-kant-prima-parte

Aggiunto 10 ore 36 minuti più tardi:

Scusate ma chi mi ha votato??? Non per dire ma a questo punto ciò significa che la mia risposta equivale a quella di ale92t, ma non è cosi quindi mi sento in dovere di votare ale.

Alexander-Alessandro
“ Ogni filosofia è un’autobiografia “[14] : eventi, vicissitudini, incontri…

Il titolo di questo paragrafo è esemplificativo dell’intenzione di analizzare le esperienze - culturali e non - che hanno maggiormente influenzato il pensiero di Kant e Nietzsche, coincidenze o discrasie a riguardo. L’asserzione nietzscheana -“ogni filosofia è un’autobiografia”- intende evidenziare fino a che punto la passione e l’indole si celino dietro ogni più o meno articolata weltanshauung, persino la più ragionevole - o razionale- come quella kantiana[15]. Sia Kant che Nietzsche sono autori di filosofie il cui primo effetto è quello di “spaccare”, anziché “edificare”, nonostante il sistema in cui il primo - a differenza del pensatore di Rocken - [16] è riuscito ad organizzare il proprio pensiero. Tali filosofie germogliano su un terreno legato ad una serie di situazioni - personali e non - frequentazioni ed eventi, che hanno avuto certamente un peso nella genesi dei rispettivi pensieri. Entrambi si battono - contro dogmatismo e approssimazione - per la verità, prendendo le mosse da presupposti completamente differenti. Non a caso, Kant, tra i classici, è assai “devoto” a Socrate e Platone, mentre Nietzsche -per formazione - è fortemente legato ai pre-socratici.[17]Per coglierne sommariamente la differenza di temperamento, è sufficiente porre a confronto gli stili -”lo stile è l’uomo”- [18] con cui i due filosofi sono soliti argomentare. Quello di Kant[19] è rigidamente tecnico, scarno ma ricco di esempi, per espletare al meglio le finalità didascaliche. In una parola, in Kant, tutto è articolazione logica, mente. Al contrario, l’argomentare nietzscheano è veemente, sferzante, e assume a tratti il carattere dello sfogo[20]. Ogni pagina è sofferta, vissuta con passione. In una parola, in Nietzsche, tutto è stomaco. Tuttavia, considerando alcuni aspetti d’ordine strettamente biografico, Nietzsche e Kant non sembrano poi così distanti. Entrambi ricevono una rigorosa educazione religiosa e conducono una vita completamente priva di azione[21]. In Kant riscontriamo una sostanziale coerenza tra il proprio pensiero e la vita vissuta.[22] Stando ai cardini del kantismo, infatti -per la fondazione di una morale che risponda a leggi puramente razionali - tutto ruota attorno alla ragione, con il primato sostanziale di questa sulle inclinazioni. In questo senso, la vita di Kant è un fedele ritratto del ”pensiero kantiano”. Si rimane invece stupiti, se si paragona “Nietzsche-uomo” a “Nietzsche-filosofo” -campione dell’anti-socratismo, dell’esaltazione di Dioniso e dell’abbattimento d’ogni pretesa superiorità della ragione - poiché il primo sconfessa decisamente il secondo. Il professor Kant - totalmente assorbito dalla vita accademica - è uno dei primi filosofi a guadagnarsi da vivere insegnando[23]. Inizialmente, egli gode di ottima reputazione presso gli ambienti “alto borghesi”, che sovente frequenta e in cui si trova perfettamente a proprio agio[24]. Tuttavia, non troviamo Kant impegnato in viaggi, né ad intrattenere relazioni più che formali con i “grandi” del suo tempo. Il suo mondo è e sarà sempre Konigsberg o giù di lì, fino agli ultimi giorni della sua vita. Una vita piana - soltanto a tratti lambita dai capricci d’una salute cagionevole - che ha condotto alcuni critici, in primis Heine, a sostenere che egli non sia stato un genio[25]. Occorre però considerare, che la biografia di Kant è costituita essenzialmente dalle sue pubblicazioni e, per valutazioni di questo genere, non si può prescindere dall’analisi della sua opera, che geniale lo è senz’altro. La vita di Nietzsche è in netto contrasto con lo spirito trasgressivo, demolitore e nichilistico[26] della sua filosofia. Egli, anche ai tempi del sodalizio con Wagner - anni che non esiterà a definire i più felici della sua vita - vive in modo allergico la mondanità, come testimonia il disgusto da cui è assalito durante il Festival di Bayreuth,[27] piuttosto che la realtà politica, come mostra lo stupore con cui accoglie lo scoppio della guerra franco-prussiana (1870), nell’ aria da tempo. Il filosofo dello “spirito libero”, capace di ergersi - al di là di ogni menzogna e pregiudizio - al di sopra della morale e farsi portavoce di nuovi valori, non ha mai infranto nemmeno un regolamento municipale[28]. L’auspicato superuomo, sontuosamente annunciato dal Nietzsche-filosofo, è quanto di più distante possa esserci dal Nietzsche-uomo. Tuttavia, appurare i motivi delle lampanti discrasie tra l’uomo ed il filosofo non costituisce l’oggetto della nostra analisi, essendo semmai lavoro da biografi o psicanalisti. Con riferimento al giudizio di Heine su Kant, in Nietzsche il germe della genialità (non ancora laureato, nel ’69, ottiene la cattedra di filologia classica all’Università di Basilea) è presente eccome. Basti pensare al carattere “visionario” di molti dei suoi annunci,[29] al suo ossessivo rapporto con la morte,[30] alla dirompente tematica del nichilismo[31] e al filo sottile che lega l’insorgere della follia con le conseguenze più estreme della sua filosofia. Nietzsche è a pieno titolo un maudit. Come maudit vive, filosofa e muore. Il travagliato rapporto con la salute[32] - che spesso lo costringe all’invalidità - contribuisce all’elaborazione di quei concetti dirompenti, che caratterizzano il pensiero nietzscheano.[33] Al pari di Kant, anche Nietzsche viaggia poco e, quando lo fa, è alla ricerca di ambienti ideali, che si addicano meglio alla propria salute e ne favoriscano la guarigione. Nonostante le sofferenze di ogni sorta che proveranno Nietzsche per tutta la vita, a questa stessa vita Nietzsche dirà sempre sì (amor fati), al punto di arrivare a ringraziare l’infermità per avergli donato la propria filosofia[34]. Le filosofie di Kant e Nietzsche debbono entrambe qualcosa a qualcuno, ma ciò non va interpretato come una “deminutio”. Ciascun filosofo, infatti, opera su un terreno già “lavorato” da altri, prima di erigere il proprio “edificio”. Fatta salva l’enorme influenza che i pre-socratici[35] esercitano su Nietzsche - in ossequio alla smisurata ammirazione, per la quale i filologi del tempo consideravano gli antichi greci come dei contemporanei - non ci si può avvicinare alla sua filosofia, senza considerare l’opera di Schopenhauer e l’incontro con Wagner (lo conobbe a Lipsia, poco più che ventiquattrenne). A Schopenhauer, egli dedica la terza delle quattro considerazioni inattuali (Schopenhauer come educatore), nella quale intende non tanto mettere a fuoco i capisaldi della filosofia schopenhaueriana, quanto esaltare le qualità dell’“uomo” Schopenhauer[36]. È alla wille irrazionale del filosofo di Danzica - uno dei pochissimi pensatori che studia di “prima mano”-[37] che Nietzsche si ispira per giungere al concetto di volontà di potenza che rompe recisamente con la tradizione. Fin da quando inizia la propria attività di professore, Kant mostra che la sua volontà non è quella di “insegnare filosofia”, ma “insegnare a filosofare”, dando vita a un pensiero critico, finalmente libero da pregiudizi[38]. Dall’Inghilterra, è l’empirista radicale Hume - ammette Kant - colui che lo ha svegliato dal torpore[39] (senza ovviamente che ciò ne segni l’approdo presso istanze rigidamente empiriste). Con un occhio alla Germania, invece, già Lambert, come pure Crusius,[40] era insoddisfatto del razionalismo dogmatico di matrice leibniziana, perché incapace di restituire all’uomo una conoscenza oggettiva e a tal fine auspicò un avvicinamento tra empirismo e razionalismo[41], preludio al criticismo kantiano. Prima della nascita del “secondo Kant”,[42] un evento ne anticipa gli interessi in ambito morale: il terribile terremoto del 1755, che distrusse quasi totalmente Lisbona ed ebbe un’enorme eco in Europa.[43] Questa calamità - in ambito filosofico - ebbe l’effetto di risvegliare il problema della teodicea, ovvero della giustificazione di Dio in rapporto alla sofferenza nel mondo. Ebbene, in tali riflessioni, già s’intravede in Kant quello che, più avanti, riterrà il primato della “ragion pratica” su quella “teoretica”.[44] Il 1770 - anno dell’ottenimento della cattedra di “logica e metafisica” tramite la dissertazione De mundi sensibilis atque intellegibilis forma et principiis - è per Kant un momento chiave, che sancisce una netta cesura nella sua vita e nell’evolversi del suo pensiero. Nonostante fosse da anni insegnante di successo, nome insigne presso l’ambiente accademico, nonchè presenza graditissima nei salotti più in vista, Kant attese degli anni prima di ottenere la sospirata “investitura”[45]. Ebbene, da questo momento ha inizio la cosiddetta fase-critica, che aspira a superare definitivamente il dogmatismo, la cui influenza si riflette nella corpulenta fase degli scritti scientifici[46]. Tale svolta -professionale e filosofica - si ripercuote anche sulle sue abitudini. Egli, infatti, inizia una “vita ritirata”, lontano dall’elegante ribalta, in cui era stato ben inserito negli anni precedenti. Undici anni dopo, Kant, che a differenza di Nietzsche - inventore delle categorie di apollineo e dionisiaco[47]- non si distingue per la creazione di azzeccati “neologismi filosofici” (preferisce adoperare la terminologia classica, mutuata da Leibniz, Locke e Aristotele)[48]- darà vita alla prima delle tre critiche,[49] salutata da Schopenhauer come “il libro più importante mai scritto in Europa”. Se è all’insegna dell’ “incontro” con Hume - e in generale del “sentimentalismo inglese”- che Kant rivedrà i propri convincimenti, [50] sarà un addio - quello con Wagner - a segnare il momento in cui Nietzsche smetterà i panni del filologo stile-La nascita della Tragedia, per divenire a pieno titolo filosofo[51]. Molto è stato detto - in sede d’interpretazione della filosofia nietzscheana - sulla rottura tra Nietzsche e Wagner. La causa prima è più semplicemente esistenziale e d’opportunità. Il filosofo di Rocken, nauseato dalla volgarità e dalla corruttela che ammantava l’ideale wagneriano,[52] non si trova a suo agio nemmeno nel suo ambiente naturale. La figura di Wagner è soffocante per Nietzsche, che rischia di venire “azzerato” dalla personalità e dall’egocentrismo di quello. Affrancatosi dall’ala protettiva di Wagner, che - in termini di popolarità e frequentazioni - gli assicurava senz’altro dei vantaggi, ma ne frenava la crescita di pensatore, è con Umano, troppo umano, che Nietzsche si scrolla di dosso il wagnerismo - con la sua visione catartica dell’arte, strumento ideale per restituire l’uomo al suo antico splendore, arrestandone la decadenza - e prende le distanze da Schopenhauer[53].
Se la vita di Nietzsche è duramente segnata dall’infermità, l’unico “male” che deve fronteggiare Kant, è la censura[54]. Nonostante i disagi occorsigli per un innocente scritto religioso,[55] Kant non depone le armi. Anzi, nel 1794, pubblica La fine di tutte le cose - una critica mordace della politica religiosa prussiana - parlando di “Cristianesimo che si arma di dispotica autorità come dominio dell’Anticristo, che inizia così il suo governo, per quanto breve”[56].
Parole che suonerebbero bene in bocca a Nietzsche e che Kant pagò, barattando la propria tranquillità con la rinuncia definitiva a trattare di “filosofia della religione”: l’epoca dell’assolutismo illuminato era tramontata.[57] Possiamo, in ultima analisi, affermare che le vite di Kant e Nietzsche, contraddittorie quanto si vuole, geniali o meno, costituiscono il terreno dal quale sbocciano rispettivamente una filosofia “della mente” ed un’altra “dello stomaco”:[58]non possiamo leggere irrazionalismo e nichilismo nietzscheani senza accostarli - almeno per un istante - alle sofferenze fisiche e morali che Nietzsche dovette patire nel corso della sua vita.[59]Su Nietzsche e Kant pendono anche le molte critiche con cui la filosofia successiva e contemporanea hanno accolto la loro opera. Al primo, è stata imputata scarsa originalità mista a dilettantismo.[60] Come detto, sono pochi gli autori che Nietzsche ha studiato di “prima mano” e, paragonato al poliedrico Kant, in grado di tenere i corsi più disparati,[61] sono molte le obiezioni che la critica snob è in grado di opporgli. Tuttavia, la genialità di Nietzsche risiede nella sua aspirazione - suffragata da doti incommensurabili - ad essere, al pari di Kant, non uno “storico della filosofia”, bensì un “filosofo che filosofa”. Non occorre, pertanto, che egli conosca a “mena dito” tutta la storia della filosofia, quanto che utilizzi il lavoro, le categorie di chi lo ha preceduto e - attraverso un mirabile sforzo di rielaborazione e sintesi - dia vita a un pensiero originale[62]. A Kant, invece, è stata rimproverata - dallo stesso Nietzsche - la pedanteria tipica del “professore a tempo pieno”, oltre a un formalismo vuoto,[63] che renderebbe la sua filosofia, completamente avulsa dalla realtà. Per giunta, Kant è stato accusato di utilizzare uno stile incomprensibile ed elitario, proprio nel momento in cui si tentava di “popolarizzare” - relativamente all’epoca - la cultura[64]. Al di là di tali critiche, che non intaccano il contributo dei due filosofi alla “causa della filosofia”, si è fatto anche di peggio. Molti cosiddetti filo-nietzscheani hanno strumentalizzato il pensiero del filosofo di Rocken a fini razzisti, interpretando la sua critica dell’ebraismo[65] come autorevole anteprima dell’antisemitismo nazista. In realtà, in alcuni passaggi della sua opera, egli stesso deplora e schernisce gli antisemiti, in un periodo in cui l’antigiudaismo[66] è diffuso in tutta Europa. Come se non bastasse, i detrattori di Nietzsche hanno tentato persino di cancellare dalla storia della filosofia la sua lezione - forse perché demoliva, specie in ambito morale, troppe ataviche, radicate convinzioni-[67] considerandola tout court - è la “tesi Mobius”- figlia della follia. Che la follia abbia ad un tratto fatto breccia nella mente e nella vita di Nietzsche è cronaca, che i guai fisici che lo tormentarono sin da giovane ne costituirono il preludio, influenzando profondamente lo sviluppo del suo pensiero, un’ipotesi più o meno accreditata. Tuttavia una cosa è certa: quando - in quella tragica mattina torinese del 1889 - la follia si palesò in tutta la sua veemenza, Nietzsche cessò di essere filosofo. È difficile, dunque, stabilire quale delle due pratiche sia stata la più deleteria (la manipolazione o il totale discredito) per l’interpretazione successiva del “pensiero nietzscheano” ma, senz’altro, entrambe non sono riuscite ad offuscarne la capitale importanza.[68] Quanto a Kant, le obiezioni che la critica gli ha mosso nel tempo - se si eccettuano quelle di “misantropia” e “meschinità” che lo accompagnarono dal 1770 - raramente scadono “nel personale”, restando confinate ad un ambito prettamente filosofico.[69] Comunque, a prescindere dalla loro attendibilità, le accuse rivolte all’uno e all’altro evidenziano quanto sia difficile - addirittura impopolare - esprimere qualcosa di veramente innovativo nella storia del pensiero.

Aggiunto 46 minuti più tardi:

per la precisione ho scelto una parte di quelle fonti...mica tutto...

Aggiunto 9 ore 56 minuti più tardi:

http://www.friedrich-nietzsche.it/index.php/nietzsche-vs-kant-prima-parte

Aggiunto 36 secondi più tardi:

la metterò...non lo sapevo SCUSATE TANTO anche se non penso cambi nulla

Aggiunto 15 minuti più tardi:

veramente la tua risposta equivale alla mia..non a quella di ale...dovevi mettere a me il mi piace

ale92t
ciao

Questi appunti del sito sono fatti molto bene(potrebbero apparirti lunghetti, ma sono completi):

https://www.skuola.net/filosofia-moderna/kant.html
https://www.skuola.net/filosofia-moderna/nietzsche.html

:hi

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