Perchè si va a scuola?

scuolabus
Perchè si va a scuola?

Sto facendo un sondaggio, per capire secondo voi le motivazioni per la quale si frequenta la scuola. So che suonerà un pò strano, mi serve per un compito di scuola per il prossimo anno...

Naturalmente anonimo...
se volete mettete giù le vostre motivazioni, di getto, non fatevi influenzare dalle altre affermazioni ecc... scrivete anche non lo so...
che altro posso dirvi bè grazie, spero di non seccarvi...
Ciao

Risposte
CC2012
per diventare ciò che vogliamo essere.

kikkettakikka92
help ho bisogno di aiuto tra una settimana ho l'esame di maturità e avrei bisogno di una tesina di diritto non troppo lunga sulla legge biagi .. potete aiutarmi?? vi prego mi sarete davvero di grande aiuto =)

Francy1982
Anche se è retorico si va a scuola perché la scuola è un ambiente FORMATIVO, ovvero che dovrebbe educare in toto la persona. Pensiamo anche a molte persone che vivono in realtà casalinghe disagiate, per molti la scuola è una salvezza, una possibilità per migliorarsi. Inoltre la scuola è anche un modo per capire che nella società ci sono delle regole e per interfacciarsi con i proprio coetanei

Daniela Anastasia
Purtroppo nel nostro paese la scuola, l’università e il mondo del lavoro viaggiano spesso in modo parallelo, come mondi che non si incontrano mai, se non casualmente. Ognuno di questi ambiti sviluppa le sue regole, i suoi meccanismi di organizzazione, ed una persona che passa dall’uno all’altro è come se dovesse imparare tutto daccapo, come se il percorso fatto fino ad allora non avesse niente, o quasi, a che fare con il passaggio successivo. C’è stato, in Italia, un uomo che, raccogliendo gli spunti contenuti nel Libro bianco del 1993 dell'ex presidente dell'Unione Europea, Jacques Delors, ha, a sua volta, scritto un Libro Bianco intuendo la necessità di un rinnovamento del mercato del lavoro, proprio nell’ottica di una maggiore interazione fra questi mondi che sembravano destinati a non capirsi: la scuola, l’università e il mondo del lavoro stesso. Poi quest’uomo è stato ucciso dai brigatisti. Probabilmente il fatto che lui volesse davvero attuare una riforma sostanziale, al di là e al di fuori degli schieramenti, che lavorasse con governi di centro-sinistra o di centro-destra, è proprio quello che ha convinto i brigatisti, portavoci delle istanze della conservazione delle cose così come stanno, almeno nel campo del lavoro, a farlo fuori. Per fortuna, però, quel libro bianco non è stato distrutto insieme al suo autore, ed è stato il motivo ispiratore della legge del 14 febbraio 2003, n.30, volgarmente detta appunto Legge-Biagi. Questa legge si pone lo scopo di indicare schemi e regole flessibili e adattabili, tali da consentire l'emersione del lavoro nero e una più equa ripartizione delle tutele del lavoro a favore di tutti coloro che si affacciano sul mercato. Il punto di partenza, però, di questo processo di innovazione è, e deve essere, il mondo della scuola e dell’università. Per questo anche le riforme della scuola e dell’università si muovono in quest’ottica, prevedendo una maggiore attenzione ai meccanismi già in atto nel mondo del lavoro da tempo. Insomma, o l’Europa, e l’Italia, sapranno rendere la conoscenza più competitiva e dinamica, oppure perderanno la sfida con le economie emergenti del pianeta. È necessario, quindi, che l’istruzione e la formazione non siano più visti come un percorso a sé stante, ma costituiscano un sistema di educazione e di aggiornamento permanente nel corso della vita attiva di una persona, senza grossi stacchi tra un passaggio e l’altro. Nel campo della scuola, quindi, è necessario scongiurare la dispersione, ancora troppo alta, perché potrebbe precludere ad una drammatica esclusione dal mercato del lavoro ed ad un'altrettanto drammatica emarginazione sociale. È necessario che anche i percorsi di apprendistato e di alternanza scuola-lavoro rientrino nel sistema della formazione, in modo da scongiurare la rapida obsolescenza delle varie competenze professionali. Per quanto riguarda il mondo dell’università, occorre fronteggiare un paradosso, tipico della nostra realtà. Nel nostro paese trenta milioni di adulti hanno un livello di istruzione medio-alta, dal diploma alla laurea, di cui il 70% sono donne. Ebbene: queste persone spesso non trovano lavoro, contribuendo poco o nulla alla formazione del valore del capitale umano. Occorre quindi, per esempio, incentivare alcuni studi universitari, nell’ambito delle materie scientifiche. I lavori destinati a crescere sono quelli legati all'ingegneria, all'informatica, alle telecomunicazioni, alla salute, alla protezione ambientale, ed è necessario incentivare queste scelte per preparare le nuove generazioni di universitari alla crescita attesa delle nuove professioni, realizzando le aspettative di carriera e di soddisfazione personale, che oggi invece sono mortificate. Insomma, o la scuola, l’università e il mondo del lavoro si comporteranno come degli staffettisti perfettamente coordinati tra di loro, oppure la velocità di crescita della nostra società rischierà di rallentare moltissimo.
preso da attuttascuola.it

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