Abbattimento fiscale vs abbattimento del debito

Marvin1
Volevo chiedere a Cheguevilla di spiegarmi

Tagli fiscali gratuiti. 
Considerato l'impatto di una riduzione delle imposte, il debito pubblico attuale, il livello dei tassi di interesse, ogni risorsa disponibile deve essere utilizzata per abbattere il debito, poiché una redistribuzione attraverso la riduzione delle imposte avrebbe, l'anno successivo, un costo maggiore al beneficio corrente. 

Risposte
Cheguevilla
L'ho spostato per chiarezza, poichè non era collegato al discorso nel topic precedente.
Supponiamo di avere un debito pari a 1000.
Su questo debito maturano interessi (supponiamo pari al 5% per semplicità).
Ogni anno, lo stato percepisce dai cittadini 200.
Di questi 200, 50 vengono utilizzati per pagare gli interessi sul debito.
I restanti 150 possono essere riutilizzati per la spesa pubblica.
Supponendo che avanzi 50, lo Stato ha due scelte possibili:
1 - la riduzione del debito.
2 - la ridistribuzione di questi 50 alla cittadinanza (di fatto, una riduzione fiscale).
Analizziamo i due casi separatamente:
1 - Ora il debito ammonta a 950. Nell'anno successivo, gli interessi sul debito sarebbero pari a 47.5. Considerando immutate le entrate fiscali, lo Stato avrebbe a disposizione 152.5.
A parità di altre condizioni, lo Stato ha a disposizione 2.5 in più rispetto all'anno precedente, da utilizzare come meglio crede. Se utilizzati ulteriormente per abbattere il debito, l'effetto diventerebbe maggiore rispetto all'anno precedente, data la maggiore disponibilità.
Altrimenti, è possibile una riduzione fiscale, seppur minima.
2 - Il debito ammonta nuovamente a 1000, e la disponibilità è nuovamente 150.

Si noti che nel secondo anno, nonostante la pressione fiscale non sia cambiata, lo Stato ha, di fatto, una maggiore capacità di spesa nel primo caso.
Questo è stato uno degli errori del governo Prodi. Nonostante il forte risanamento attuato, avrebbe dovuto avere più coraggio e concentrare tutte le risorse sul debito pubblico, come diceva Padoa Schioppa. Purtroppo, l'infelice situazione di un governo fortemente instabile ha fatto sì che parte dell'extragettito dovuto ad una gestione efficiente delle entrate è stato ridistribuito in maniera non del tutto convincente. Infatti, la riduzione fiscale effettiva non è stata percepita dalla popolazione.

Le considerazioni riguardo ai tassi correnti sono riferite alla mobilità dei tassi, al fatto che negli ultimi 3 anni la BCE ha alzato i tassi di interesse nove volte consecutive (da notare che il governo Prodi si è trovato a pagare quasi il doppio degli interessi sul debito che doveva pagare il governo precedente, essendo raddoppiato il tasso di interesse).

Come referenza recente, un interessante articolo che mette in luce come un forte debito pubblico sia un fattore di squilibrio intergenerazionale.

Marvin1
Questa tua risposta apre tantissime questioni, procedo con grado e inizierò con una domanda.

Premetto solo che non ho competenze "durissime" di Economia, in particolare di Macro. Sto solo cercando di capire.

Stante la tua modellizzazione, la scelta quindi di ridurre le tasse (o distribuire l'avanzo) si ricondurrebbe ad una scelta temporale, ovvero lo farò quando ci sarà una situazione dei mercati migliore e quando il debito pubblico sarà "abbastanza" ridotto?

A rigore, se riduci l'imposizione fiscale (se non ricordo male, voi economisti la chiamate "politica espansiva") seppur di poco, questo dovrebbe aumentare il reddito disponibile e stimolare i consumi. A questo punto, ti chiederei di spiegarmi cosa intendi per "Infatti, la riduzione fiscale effettiva non è stata percepita dalla popolazione".

Per ultimo, chiudo con una considerazione più "soft". Non ridistribuire l'avanzo del gettito in un periodo dove il livello dei prezzi è in costante crescita non genera solo malumori?


Ammetto di essere stato un po' disordinato nell'esposizione. è che sono stanco, comunque se vuoi rispondermi, nel frattempo io mi schiarisco le idee.

Marvin

Cheguevilla
Stante la tua modellizzazione, la scelta quindi di ridurre le tasse (o distribuire l'avanzo) si ricondurrebbe ad una scelta temporale, ovvero lo farò quando ci sarà una situazione dei mercati migliore e quando il debito pubblico sarà "abbastanza" ridotto?
Si.
La riduzione fiscale è attuabile quando le condizioni lo permettono. Se le entrate correnti non sono sufficienti a coprire la spesa ed a ridurre il debito, una riduzione fiscale è una mossa stupida.

A rigore, se riduci l'imposizione fiscale (se non ricordo male, voi economisti la chiamate "politica espansiva") seppur di poco, questo dovrebbe aumentare il reddito disponibile e stimolare i consumi.
Vero.
Tuttavia, questa politica è praticabile da stati con un'economia in salute.
Il termine "espansiva" dovrebbe essere chiarificante più di mille parole: un'impresa in salute può pensare ad espandersi, mentre un'impresa con un debito maggiore del fatturato dovrebbe pensare a come produrre cassa piuttosto che a consumare liquidità.
Inoltre, considerando che la pressione fiscale si aggira intorno al 43%, una manovra espansiva di un punto percentuale dovrebbe significare un'espansione (direttamente dipendente) quasi altrettanto grande per coprire l'intervento. Naturalmente, ora entriamo nel campo della soggettività ma, a mio parere, l'Italia non ha una struttura industriale/commerciale in grado di sfruttare a tal punto una riduzione fiscale. Anzi, considerato il peso e la forma che la spesa pubblica ha sul PIL (direttamente ed indirettamente), una riduzione fiscale potrebbe paradossalmente portare ad una ulteriore contrazione del PIL.
Queste sono opinioni puramente personali, sia chiaro!

A questo punto, ti chiederei di spiegarmi cosa intendi per "Infatti, la riduzione fiscale effettiva non è stata percepita dalla popolazione".
La riduzione fiscale effettuata dal governo Prodi è avvenuta "a pioggia", in maniera proporzionale, quindi favorendo maggiormente le classi più elevate, ma in misura tale da essere praticamente impercettibile.
L'effetto ridistributivo della prima finanziaria è stato interessante. Purtroppo, non si può dire altrettanto della seconda.
Naturalmente, quando la riduzione fiscale è distribuita in questo modo, oltre a non essere percepita, non produce gli effetti sperati della riduzione fiscale, poichè non aumenta il potere di spesa di qualcuno o il potere produttivo di qualcun altro.

Non ridistribuire l'avanzo del gettito in un periodo dove il livello dei prezzi è in costante crescita non genera solo malumori?
Bella domanda.
Se qualcuno avesse letto il mio post precedente, la cosa non dovrebbe generare malumori. Tuttavia, mi rendo conto che la maggior parte degli italiani non ha tali conoscenze economiche e quindi percepisca come una "sottrazione" la non redistribuzione del "tesoretto" (che nome infelice).
Dal punto di vista tecnico, qualcuno potrebbe essere insoddisfatto pensando che:
- l'aumento dei prezzi ha causato un aumento del gettito fiscale dovuto all'IVA.
- l'aumento del gettito dovuto all'IVA (soprattutto per la parte collegata ai carburanti) è di fatto un'entrata inaspettata.
- lo Stato si rende in questo senso compartecipe dell'aumento dei prezzi (in misura di un quinto dell'aumento).
Tuttavia, non so quanti siano gli italiani che hanno fatto questo ragionamento, che comunque copre solo una minima parte dell'aumento dei prezzi e della composizione del "tesoretto".
Purtroppo, anche questa volta, i mezzi di informazione non hanno contribuito alla chiarezza del messaggio.
Peccato, sarebbe proprio l'obiettivo a cui sono preposti.

Marvin1
"Cheguevilla":

Si.
La riduzione fiscale è attuabile quando le condizioni lo permettono. Se le entrate correnti non sono sufficienti a coprire la spesa ed a ridurre il debito, una riduzione fiscale è una mossa stupida.

Comprendo il tuo punto di vista, soprattutto alla luce del paragone "stato-impresa" che spesso faccio anche io. Di fatto, una ridistribuzione del tesoretto corrisponderebbe, in queste situazioni, ad una impresa indebitata che distribuisce gli utili agli azionisti. e di queste imprese ce ne sono...
Per quel che ne so io, quando una azienda si indebita, l'investitore che presta il denaro obbliga gli azionisti a non distribuire gli utili fintantochè il debito non venga ripagato...il problema in questo caso è che gli investitori (in parte) sono proprio i cittadini!!


"Cheguevilla":

- l'aumento del gettito dovuto all'IVA (soprattutto per la parte collegata ai carburanti) è di fatto un'entrata inaspettata.

Credo invece che molti si siano fatti questi due conti, ed è proprio per questo che la gente s'incavola di più. Da un lato, vede il proprio salario mangiato dal livello dei prezzi, contemporaneamente l'incremento del prezzo dei carburanti contribuisce, come hai detto tu, a generare maggiori entrate per lo stato.

Cheguevilla
Di fatto, una ridistribuzione del tesoretto corrisponderebbe, in queste situazioni, ad una impresa indebitata che distribuisce gli utili agli azionisti. e di queste imprese ce ne sono...
E non è una cosa sbagliata di per sè.
Qualunque impresa indebitata può distribuire anche grandi dividendi.
Ma bisogna andare a vedere qualche indice strutturale e qualche indice di flusso.
Ad esempio, il rapporto tra l'indebitamento ed il capitale proprio.
Il rapporto tra l'indebitamento a lungo termine e le immobilizzazioni.
Il ROI ed il ROE.
Infine, il cash flow può essere interessante.
Ricordiamo che imprese con un forte indebitamento risentono fortemente dell'instabilità dei mercati.
Posso capire imprese che distribuiscono utile nonostante un livello di indebitamento non trascurabile: una posizione stabile sul mercato, una buona redditivià ed un turnover veloce giustificherebbero ottimamente questa scelta, anche con un'ottica conservativa.
Ma noi stiamo parlando di un'"impresa" con un indebitamento superiore al flusso di cassa annuale in entrata.
Stiamo parlando di un'impresa che non ha una posizione stabile sul mercato, essendo una delle meno produttive del mercato in cui si trova (l'area euro).
Parliamo di un'impresa costantemente in deficit negli ultimi decenni.
Parliamo di un'impresa con un sistema produttivo fortemente inefficiente.
Se tu fossi l'amministratore delegato di questa impresa, te la sentiresti di distribuire dei dividendi solo perchè per un effetto congiunturale hai registrato un utile?
Soprattutto, te la sentiresti di distribuire dividendi senza un programma stabile e di lungo periodo che riporti alla produttività?

quando una azienda si indebita, l'investitore che presta il denaro obbliga gli azionisti a non distribuire gli utili fintantochè il debito non venga ripagato...il problema in questo caso è che gli investitori (in parte) sono proprio i cittadini!!
Non è vero.
L'investitore che presta denaro non ha potere di decisione riguardo la distribuzione degli utili.
Tuttavia, la situazione è strana, poichè non è possibile paragonare lo Stato con un'impresa privata oltre un certo livello di dettaglio.
La cosa più semplice, per una socialdemocrazia come può sembrare lo Stato Italiano, è pensare allo stesso come ad una compagnia di assicurazioni.

Marvin1
Rispetto alla prima osservazione, sottoscrivo tutto quello che dici e chiaramente NON distribuirei niente se il fattore che ha generato l'utile è totalmente esogeno, soprattutto se l'impresa è in "perdita strutturale".

Per la seconda osservazione, ora non ricordo bene se a lezione si parlasse di fondi di private equity piuttosto che investitori istituzionali "classici" (..le banche) , so che vi è gran differenza fra i due ma in sostanza si diceva che la parte finanziatrice a volte, ha potere nel definire determinati obblighi a cui i soci devono sottostare - per esempio, finchè vi è un debito all'attivo, non si possono distribuire dividendi. Alla fin fine non è poi così assurdo, no?

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