Corso di laurea in fisica e tempo

fryese167
Salve a tutti, scrivo qui anche se probabilmente sbaglio sezione. Se è così, siete liberi di spostarla opportunamente (ovviamente).
Dunque, vengo da un liceo scientifico e mi sono iscritto quest'anno alla facoltà di fisica della mia città e devo dire che mi sto trovando ASSOLUTAMENTE benissimo con le lezioni. Faccio questa premessa perché fondamentale. I miei dubbi riguardano infatti per lo più il funzionamento dell'università e di come questa sia legata al mondo del lavoro. Molti dicono infatti che c'è gente che si laurea con il 110 e lode, "senza problemi", nel senso che riesce a laurearsi in tempo senza andare fuori corso e trovando magari un impiego fuori Italia, come ricercatori si intende. Ovvio che ci sono "geni" e non geni, ma mi chiedevo: secondo voi, è possibile laurearsi non in tempo (dopo 4-5 anni, per esempio) oppure laurearsi in tempo ma con un voto finale discreto e riuscire comunque "ad avere successo"? Per quanto mi riguarda, infatti, per la mia esperienza personale, i corsi da seguire (Geometria, Analisi 1 e Fisica 1) non sono difficilissimi da capire, il problema è rappresentato dal tempo. Sono uno che dà sempre il massimo, ma sono anche un calcolatore, tra virgolette, e mi chiedevo cosa potrebbe succedere nella peggiore delle ipotesi. Per questo quel preambolo all'inizio: significa che non ho intenzione di mollare niente, ma solo di prepararmi ai casi peggiori. E cosa mi potreste consigliare voi? E' meglio studiare con calma o dare un esame subito, anche se significherebbe non studiare male, ma studiare molto ma MOLTO velocemente? Non so se mi sono spiegato, grazie in anticipo. :D

Risposte
Cmax1
La persistenza di esami ancien régime è un fenomeno notevole. Mi rendo conto di violare diverse policy di privacy del forum, ma se avessi qualche link sui problemi di esame e sui successivi risultati mi interesserebbero molto. Certo, se su cento prenotati solo due superano l’esame sarebbe opportuno esaminare la didattica del docente e l’organizzazione del corso, ma il sostanziale arbitrio che i docenti universitari in ruolo possono ancora esercitare nei confronti degli studenti rende poco probabile una simile analisi.

Nella mia esperienza, ormai (ahimè) datata, nel biennio c’erano due esami in cui si perpetrava il consueto massacro di studenti, eppure a distanza di anni non sono riuscito a ricavarne un’interpretazione univoca.

Il primo era Fisica 1. Il corso era tenuto da una docente, con tre esercitatori, ma era in mano alla docente e a uno degli esercitatori, due ricercatori in terza fascia prossimi alla cinquantina, ormai avulsi dalla ricerca mainstream (una si occupava di didattica, l’altro di storia della fisica, e coltivava altri interessi collezionistici). Gli altri due esercitatori, ricercatori anch’essi ma di qualche anno più giovani, avevano altro a cui pensare che massacrare studenti (e macinavano pubblicazioni con cui di lì a poco avrebbero vinto il concorso per associato). I due docenti portanti del corso praticavano inoltre una politica dei voti bassi, il che significava anche che gli studenti della scuola di eccellenza che frequentavano i corsi rischiavano (e accadeva) di perdere il posto e dovevano sostenere l’esame di riammissione al secondo anno. I problemi presentati alle esercitazioni non erano particolarmente difficili, ma non erano paragonabili a quelli degli esami. Va riconosciuto che noi studenti aggiungevamo molto di nostro alla confusione mentale, d’altra parte se il docente non è in grado di offrire un percorso culturale che aiuti in particolare nei primi anni, le difficoltà che gli studenti si creano da soli arrivano a sfiorare l’autolesionismo. In ogni caso ancora adesso non riesco a capire come fosse possibile conciliare una simile mediocrità con una tale severità.

L’altro era Analisi 2, di tutt’altra impostazione. I docenti erano accademici a pieno titolo e perfettamente integrati nelle linee di ricerca del periodo. Il titolare era un ordinario, credo anche direttore di dipartimento o d’istituto, e a loro volta i due esercitatori avevano buone prospettive di carriera (sono entrambi diventati ordinari). I corsi erano ben tenuti, la ripartizione delle attività equilibrata tra docente e esercitatori, e i problemi d’esame, per quanto mallopposi, in linea con quelli proposti nelle esercitazioni. Eppure anche in questo esame la selezione rimaneva alta. Suppongo che in parte dipendesse anche dai ritardi accumulati nell’anno precedente che impediva una sufficiente concentrazione sulla materia.

Mi accorgo di aver parlato, cioè scritto, troppo, eppure mi rendo conto di aver detto ancora poco. Non è il caso di perdersi in ulteriori dettagli, per problemi di spazio, tempo e voglia. Mi consento solo di aggiungere che a posteriori molte delle difficoltà sembrano riconducibili a problemi di tipo logistico, e alle loro conseguenze sulla disponibilità di tempo. La maggior parte di noi era fuori sede, le code alla mensa universitaria erano lunghe, l’accesso a informazioni supplementari (sempre necessarie per ampliare la visuale) richiedeva lunghe ricerche bibliografiche in biblioteca. Ora esiste il web (le stesse ricerche che a noi richiedevano giorni ora si effettuano in un quarto d’ora, macinando decine di problemi). Inoltre l’autore del thread, Fryese39, frequenta l’università nella sua città, si può presupporre quindi che abbia la possibilità di organizzarsi adeguatamente la propria esistenza, e affrontare brillantemente i suoi studi. Nel nostro corso c'era in effetti una significativa sovrapposizione tra gli studenti più regolari negli studi e quelli locali.

Ah, un’altra cosa, per rispondere a una domanda specifica.
Se non preclude ulteriori tentativi (questo dipende dal particolare regolamento d’esame) e non ci sono costi logistici, all’esame scritto ci si deve presentare SEMPRE. Anche se si è consapevoli di non essere sufficientemente preparati non si consegna, capire l’impostazione del docente, sperimentare subito la sensazione di trovarsi davanti il testo d’esame e imparare a superare l’istintiva sensazione di smarrimento (non capita a tutti, ma alla maggioranza degli studenti si) sono cose molto importanti.

Vikhr
La tua è un'analisi equilibrata e sicuramente in ogni caso valida per chi con il nuovo ordinamento si attarda molto negli studi scientifici (dai 4 anni in su). Però non tiene conto del fatto che alcuni professori sembrano fare resistenza al nuovo ordinamento, insegnando e esaminando come se fosse ancora in vigore il VO (vecchio ordinamento). Allora puoi pensare quello che vuoi di chi nonostante studia resta indietro, però bisognerebbe farsi qualche domanda di fronte a intere classi di, mettiamo, Analisi 1, Algebra Lineare o Meccanica Razionale, bocciate ai primi appelli (il "famoso" 100 prenotati, 2 promossi). La domanda che mi farei sarebbe "è giusto"? È giusto pretendere che si prepari e si passi con ottimi voti e in tre mesi un esame che fa finta che il corso sia vecchio ordinamento? È per forza un problema di mancanza di basi o di metodo o di voglia o quello che si vuole a determinare eventi simili ai suddetti? Il problema di metodo si limita al massimo a qualche manciata di studenti, quello di basi qualcheduno in più, ma se solo 7 o 10 a esser generosi passano l'esame "scoglio" del caso? Potrebbe anche essere accettabile chiedere e premiare quel qualcosa in più che rende ciascuno speciale (perché per preparare in tre mesi un corso che ne richiederebbe di più, preparando nel contempo altri esami per non ritrovarsi fuoricorso, a mio avviso richiede capacità che purtroppo non tutti hanno), ma è giusto esigerlo da chiunque?

Concordo sul fatto che l'argomento spesso lascia il tempo che trova e si presta a interpretazioni completamente opposte e raramente concordanti, ma comunque a volte intelligenti, e tutto il resto sono scelte personali in base alle proprie possibilità oppure, nei casi peggiori, in base alla propria volontà.

Cmax1
Tempo vs. voto è una vexata quaestio su cui probabilmente non si riesce a ricavare un'opinione univoca.
Tuttavia al momento si possono fare alcune considerazioni di base:

i) studiando con regolarità e avendo un minimo di predisposizione per l'indirizzo, anche senza ammazzarsi è difficile andare sotto una certa soglia. Secondo la tradizione, un voto di laurea inferiore a 99/110 (una volta si diceva a "pieni voti") getta qualche dubbio sulla vocazione del laureato verso la materia. Il 97/110 del ministro Poletti (il quale peraltro non è laureato e ha percorso una carriera all'ombra di un partito politico, quindi da considerare con prudenza) mi sembra un po' basso, lo alzerei almeno di due o tre voti.

ii) il tempo oggi è una risorsa preziosa. Da oltre trent'anni esiste in Italia il dottorato (prima esisteva solo alla SNS), un passo ormai necessario se si vuole intraprendere la carriera della ricerca. Uno dei vantaggi del nuovo ordinamento è la probabilità molto maggiore di una regolare organizzazione degli studi. In passato la tesi di laurea era la presentazione del laureato sul mondo del lavoro o della ricerca, ora è solo un tirocinio formale necessario al conseguimento del titolo, con poca importanza successiva. Questo ruolo è ora rivestito dalla tesi dottorato. Bisogna comunque ricordare che il titolo di d.ric. è ancora poco valutato in ambito aziendale. Forse le cose cambieranno, ma tre anni di stipendio, anzianità contributiva e carriera ancora valgono di più.

iii) la grande azienda italiana è basata su un paradigma nepotistico e clientelare, non certo professionale, non ne prenderei i criteri come esempio, anche perché sono tutt'altro che stabili e ben definiti.

iv) un po' diverso è il mondo della consulenza, tradizionalmente orientato a selezionare laureati nei tempi con voti alti. è un criterio come un altro, che comunque dimostra una certa validità statistica. In ogni caso le attività, una volta entrati, sono poco collegate all'effettiva preparazione, quanto al soddisfacimento del cliente che paga. Estremizzo un po', ma non mi distacco poi così tanto dalla realtà: è più importante consolidare un legame con il cliente (quello che ha il potere di pagare, ricordate!), magari procurandogli ragazze, di tutto il lavoro svolto brillantemente con tutta la scienza ingegneristica di questo mondo. In termini più diplomatici, si può dire che è un mondo un po' improntato al servilismo ...

Va bene, in conclusione?
Come consiglio (ma prendetelo come tale), direi che si può sacrificare qualche voto al rispetto dei tempi, ma se (nel nuovo ordinamento) si dovesse riscontrare la difficoltà di rispettare i tempi mantenendo una media almeno del 25 o 26/30, ci si dovrebbe onestamente interrogare sul proprio rapporto con gli studi scelti ...

Vikhr
La verità è che ciascun professore ha la sua opinione in merito e possono essere radicalmente diverse.

Comunque, questo articolo calza a pennello con la discussione.

http://italians.corriere.it/2015/12/03/ ... resh_ce-cp

Intermat
In parte sul fatto che oggi sia tutto più difficile in ambito lavorativo posso concordare (in base ai commenti di genitori e conoscenti), però non bisogna neppure drammatizzare più del necessario. Conosco persone laureate a trent'anni in giurisprudenza (quindi uno dei settori più saturi), senza lode, che hanno trovato un lavoro dignitoso che gli permette di essere autonomi. In ogni caso che il mondo del lavoro in Italia abbia molti problemi è evidente però drammatizzare non serve a nulla.
PS: Una volta un professore ci disse: "Ragazzi, se non vi laureate in tempo e con 110 e lode sarete già nel 50% sbagliato dei neolaureati". Ecco, è la tipica frase esagerata o meglio è vera se ti poni come obiettivo lavorare sin da subito in società particolarmente esigenti ma questo non è l'obiettivo di tutti.

Vikhr
Intermat, il problema però è sempre questo: mancano i soldi e l'economia, almeno per ora, non sta girando certo da boom economico. Quindi è già difficile di per sé essere assunti a prescindere dalle proprie capacità e da quello che si è fatto e quello che non si è fatto mentre si studiava. Il professore di Analisi 2 infatti, oltre a farci una "scena" per ribadirci quanto fosse importante laurearsi in tempo anche se con un voto all'apparenza mediocre (quale il 100), ci augurò anche che, alla nostra laurea specialistica conseguita in tempo, fosse finita la crisi economica. Cioè, non deve essere presa come una scusante per impegnarsi di meno nello studio, soprattutto mentre si fronteggiano le difficoltà che accompagnano inevitabilmente lo studio (e Fryese secondo me ragiona un po' come sono solito ragionare io, cioè seguo, studio tanto, vado a ricevimento se occorre, ma se poi agli esami mi bocciano per un motivo o l'altro che faccio? Seguo i consigli che mi vengono rivolti da professore e/o compagni di studio, ma se mi bocciano di nuovo?), quelle che ti provano di più, però oggettivamente adesso è difficile per tutti far valere i propri titoli di studio, perché essendoci pochi soldi che girano, potendo sia il privato che il pubblico dare posti a pochi è normale scegliere quelli all'apparenza migliori e non quelli all'apparenza peggiori, e se i criteri per scegliere sono insufficienti è normale inventarseli, e così ai primi inceppamenti dell'economia è nata la storia del fuoricorso=sottooccupato o disoccupato (prima solo uno studente laureatosi con veramente tanti anni fuoricorso, dai 5-6 in su, doveva cominciare a preoccuparsi di essere scartato nel privato come oggi si comincia a preoccupare chi ne ha o teme di averne più di uno, solo che a differenza del passato oggi ti scartano pure nel pubblico...). Diciamo che in passato sia il neolaureato con ragionevole fuoricorso che quello in corso poteva essere sicuro di venir preso in considerazione, e a quel punto era veramente solo una differenza di modi di vedere e intendere lo studio oppure questione di combinazioni sfortunate di eventi o comunque cause esterne, inoltre vedasi anche l'anno di servizio militare o civile dei maschi idonei [ot](il tutto a meno di casi di pigrizia accompagnata da notevole immaturità, il voler a tutti i costi la cosiddetta dolce vita, rigorosamente sulle spalle altrui)[/ot], mentre ora è tutto oggettivamente più difficile e aleatorio per tutti, anche i più bendisposti.

Intermat
Vikhr, a parte il fatto che laurearsi in 5 anni copiando a tutti gli esami è assolutamente impossibile (è più facile corrompere tutti i professori a questo punto!), spesso chi si laurea in 5 anni dimostra di essere in grado di fare esattamente quello che tu dici che "probabilmente" non saprebbe fare, ovvero: imparare, velocemente, a fare quello che gli viene chiesto, nel modo migliore possibile, nel tempo previsto. Sicuramente tra chi si laurea in 8 anni ci saranno delle persone assolutamente brillanti (chi lo nega, alcune le conosco anche personalmente) però resta il fatto che non hanno rispettato dei tempi previsti (per i motivi più svariati, tanto che le aziende difficilmente impongono un limite di 5 anni ma spesso lo mettono a 6,7). Inoltre, per la mia piccola esperienza, spesso i laureati in tempo sono anche quelli che prendono i voti più alti. Per dire, nella sessione di laurea dove mi sono laureato io, gli unici 110 e Lode sono stati assegnati a persone laureate in 3 anni (considera che non c'era un bonus per la laurea in tempo!). Quindi effettivamente le due cose, ovvero conoscenza e velocità nel conseguire i risultati, spesso coincidono (almeno per i più bravi). Quello che dici tu secondo me è assolutamente slegato dal tempo di conseguimento della laurea, se una persona non è capace di lavorare e crea danni, lo potrebbe fare sia se si è laureata in 5 anni, sia in 7, sia in 10.

In ogni caso, spesso, chi va "fuori corso" ci va perché fa delle scelte ben precise in base al modo con cui vuole affrontare l'università. Difficilmente se fallisci 1/2 esami finisci fuori corso, ci sono delle sessioni previste appositamente per evitarlo. Spesso se ci finisci è perché, coscientemente (e coerentemente con il proprio modo di vedere le cose), si è preferito sacrificare il tempo di conseguimento della laurea in favore di altro (sport, viaggi, lavoro, relax). Non c'è niente di male nel fare questa scelta però, allo stesso tempo, non ci si dovrebbe neppure giustificare dicendo che questa sia la soluzione migliore perché permette di approfondire di più le materie o cose simili.

PS: Ovviamente c'è poi chi va fuori corso per motivi di salute (personale o di familiari), in quel caso il discorso cambia. Però questa categoria è una piccolissima minoranza (direi fortunatamente!).

Vikhr
Io ti posso solo dire che anche nel caso in cui venga preferito il 100 in 5 anni esatti invece del 110 e Lode in 8 anni, se il 100 in 5 anni esatti una volta assunto non facesse altro che combinare un casino dietro l'altro (facciamo finta che sarebbe quello che il 110 e Lode in 8 anni non avrebbe fatto se fosse stato assunto al posto del 100 in 5 anni esatti, e sempre il 110 e Lode in ritardo avrebbe poi elevato l'azienda al ruolo di multinazionale, ma qualcuno si è fissato sul "devo fare selezione" e, illuso da tanta gioventù e spigliatezza, confusi per genio, ha finito per assumere uno della categoria "tutto fumo e niente arrosto", che magari si è laureato in tempo perché ha trovato un modo per copiare a tutti gli esami, lasciando l'altro in balia dei genitori pensionati oppure a vagare senza meta) o comunque, invece di essere una fonte di produttività e guadagno, si rivelasse un peso per l'azienda, anche nel peggior del peggior dei casi i destini dei due neolaureati alla fine non si dovrebbero discostare di molto, e magari a seguito di ripetute esperienze negative della stessa risma la stessa azienda, soprattutto in caso di cambio gestione, potrebbe subito invertire il proprio target e cominciare ad assumere personale un po' più maturo, soprattutto quando si parla di richieste molto specifiche.

Quindi, l'importante è crederci, qualsiasi disciplina è interessante e una volta fatta la propria scelta quello che sarà sarà (vedi casi come Mark Zuckerberg), inutile improvvisarsi indovini. Anch'io penso di essere un "calcolatore" pessimista.

zerbo1000
"Fryese39":
Salve a tutti, scrivo qui anche se probabilmente sbaglio sezione. Se è così, siete liberi di spostarla opportunamente (ovviamente).
Dunque, vengo da un liceo scientifico e mi sono iscritto quest'anno alla facoltà di fisica della mia città e devo dire che mi sto trovando ASSOLUTAMENTE benissimo con le lezioni. Faccio questa premessa perché fondamentale. I miei dubbi riguardano infatti per lo più il funzionamento dell'università e di come questa sia legata al mondo del lavoro. Molti dicono infatti che c'è gente che si laurea con il 110 e lode, "senza problemi", nel senso che riesce a laurearsi in tempo senza andare fuori corso e trovando magari un impiego fuori Italia, come ricercatori si intende. Ovvio che ci sono "geni" e non geni, ma mi chiedevo: secondo voi, è possibile laurearsi non in tempo (dopo 4-5 anni, per esempio) oppure laurearsi in tempo ma con un voto finale discreto e riuscire comunque "ad avere successo"? Per quanto mi riguarda, infatti, per la mia esperienza personale, i corsi da seguire (Geometria, Analisi 1 e Fisica 1) non sono difficilissimi da capire, il problema è rappresentato dal tempo. Sono uno che dà sempre il massimo, ma sono anche un calcolatore, tra virgolette, e mi chiedevo cosa potrebbe succedere nella peggiore delle ipotesi. Per questo quel preambolo all'inizio: significa che non ho intenzione di mollare niente, ma solo di prepararmi ai casi peggiori. E cosa mi potreste consigliare voi? E' meglio studiare con calma o dare un esame subito, anche se significherebbe non studiare male, ma studiare molto ma MOLTO velocemente? Non so se mi sono spiegato, grazie in anticipo. :D


queste sono cose a cui puoi rispondere solo tu, dipende dai tuoi standard, troverai sempre qualcuno interessato a te, per età o voto di laurea.

Intermat
Oggettivamente molte aziende assumono una politica che regoli, in qualche modo, la scelta dei candidati e quindi spesso pongono una età limite oltre la quale il curriculum viene automaticamente scartato. Ad esempio lo fanno moltissime società di consulenza (praticamente tutte). Probabilmente con una laurea in fisica la situazione è diversa perchè le società che saranno interessate non saranno tanto quelle di consulenza quanto altre aziende che magari puntano ad avere persone magari più qualificate anche se in età più avanzata.

In ogni caso il fatto di laurearsi in tempo e con ottimi voti, checchè se ne dica, è una cosa molto importante per chi, non avendo altri parametri, deve valutare un CV. E' una proxy che rappresenta, abbastanza fedelmente per me, la capacità di una persona di raggiungere gli obiettivi prefissati nei tempi previsti e con la massima qualità possibile (il che non vuol dire che si sia raggiunto il top). Insomma, secondo me, per una società appare molto più affidabile un ragazzo che si è laureato con 100 in 5 anni piuttosto che uno che si è laureato con 110 in 8 in quanto il primo ha raggiunto l'obiettivo nei tempi previsti e con una buona resa il che è molto importante dato che poi sul lavoro difficilmente si hanno dei benchmark con cui fare riferimenti per valutare le prestazioni.

fryese167
E per quanto riguarda il ricercatore, cosa mi sapresti dire?

mazzarri1
Qualche politico ieri ha detto che è meglio laurearsi velocemente con voto basso piuttosto che lentamente col 110, in funzione della ricerca del lavoro.
Non saprei.
Ho un caro amico che si è laureato in fisica a 33 anni.
Un anno che si è laureato in ingegneria a 38 anni.
un terzo che è del 1985 e non ha ancora preso la triennale.
Tutti e tre hanno trovato lavori molto ben remunerati e che gli piacciono.
So che in telecom e quindi presumo in altre aziende rifiutavano curricula con voto di alurea inferiore a 110, non guardanop l'età.
Ma a prescindere da ciò il raggiungimento della posizione lavorativa dipenderà da molti fattori, dei quali il voto di laurea è uno fra tanti
Non ti preoccupare, vivi sereno, fai la facoltà che più ti aggrada, metticela tutta e mettici il tempo che desideri
Quello che diventerai lo deciderai tu quando avrai capito alcune cose della vita
in bocca al lupo!

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